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  1. Ecco quanto guadagnerà Michael Jackson a Londra Un quotidiano britannico ha già stimato quanto guadagnerà Michael Jackson con la sua permanenza di dieci giorni alla O2 Arena di Londra. E, per una volta, a farlo non è il solito tabloid; a fare i conti in tasca a Jacko è il più che rispettabile "Times". Il quotidiano londinese fa due conti e spara la cifra, che poi è poco più d'una semplice moltiplicazione. Che si prenda il costo del biglietto, cioé circa 70 sterline, che lo si moltiplichi per i posti dell'Arena, 22.000, e poi per le dieci serate. Fanno 15 milioni e 400.000 sterline. Al cambio di oggi, 17 milioni e 303.000 euro. Occorre però togliere a tale cifra l'affitto della O2, i costi di promozione, le tasse, la produzione e il salario dei musicisti. Se ne va via una bella fetta, non specificata. D'altro canto arrivano però altri soldi: il merchandising (e chi non si compra perlomeno una maglietta come ricordo dell'avvenimento?) e la ricaduta dei concerti londinesi sul back catalogue dei dischi. In più i diritti di ripresa saranno venduti. E poi sicuramente Jacko ne tirerà fuori un bel DVD. Il "Times" afferma che, considerando tutto ma proprio tutto, alla fine i 17 milioni di euro che Jacko si porterà a casa potrebbero raddoppiare. Fonte
  2. cold foto a colori o in bianco e nero?
  3. A qualcuno piace giallo, il festival del giallo a Brescia Tra il 17 e il 22 marzo a Brescia si terrà, come ogni anno da quasi un decennio, “A qualcuno piace giallo”, il festival della letteratura poliziesca, che quest’anno ha scelto come baricentro tematico la figura di Giorgio Scerbanenco, una vera e propria icona della giallistica italiana, e del suo personaggio più celebre, l’investigatore Duca Lamberti, protagonista di alcuni tra i romanzi dell’autore italo-ucraino che più hanno avuto successo (Venere privata, per esempio) e che lo hanno portato ad diventare un punto di riferimento scontato per gli scrittori nostrani. “A qualcuno piace giallo”, arrivato ormai alla nona edizione, offre quest’anno numerosissimi appuntamenti veramente da non perdere per gli appassionati del genere, in continuo aumento in Italia, e altrettanti ospiti di assoluto spessore che sicuramente terranno gli spettatori attaccati alle poltrone per i cinque giorni del festival. Interverranno, tra gli altri, autori come Valerio Massimo Manfredi, Loriano Macchiavelli, Giuseppe Genna, Pietro Colaprico, le ragazze dell’antologia femminile “Alle signore piace il nero” e moltissimi altri, in un edizione, questa del 2009, che si annuncia come la più ricca di sempre. Fonte
  4. :rotfl: quello lo posterò prossimamente :rotfl::rotfl:
  5. esatto Cold Deep: 291 Raskolnikov: 278 FollowTheNemesis: 226 Eagleman: 225 Kokekokko: 64 Falco: 48 Kokkamilla: 30 Isileth: 22 Orsetta: 16 Angelique: 8 Min3rva: 3 Lucac: 3 a te
  6. eheh Cold Deep: 291 Raskolnikov: 278 FollowTheNemesis: 226 Eagleman: 222 Kokekokko: 64 Falco: 48 Kokkamilla: 30 Isileth: 22 Orsetta: 16 Angelique: 8 Min3rva: 3 Lucac: 3 nuovo video, chi sarà il personaggio misterioso?
  7. Alesha Dixon - The Boy Does Nothing
  8. esatto Cold Deep: 288 Raskolnikov: 278 FollowTheNemesis: 226 Eagleman: 222 Kokekokko: 64 Falco: 48 Kokkamilla: 30 Isileth: 22 Orsetta: 16 Angelique: 8 Min3rva: 3 Lucac: 3 a te :ciao1:
  9. sempre più primo :rotfl: nuovo video
  10. Nirvana - Lithium?
  11. cover da poco uscita Impressioni di settembre originale PFM cover Marlene Kuntz mi piacciono moltissimo i Marlene Kuntz, ma chissà perchè preferisco sempre l'originale
  12. Ian Gillan, album solo e ricordi: 'Pavarotti invidiava la mia libertà' “Mi trovavo in Polonia per il Capodanno, una settimana tra le montagne innevate a bere vodka e spassarmela. Dopo una visita alle miniere di sale di Wieliczka ero seduto in un caffè del quartiere ebraico di Cracovia, nella zona in cui Spielberg ha girato ‘Schindler’s list’: il mio amico Tommy era tutto intento a spiegarmi la storia quando dietro di lui, all’improvviso, è apparsa una donna stupenda e mi sono distratto. ‘Ehi, hai un occhio rivolto al Caucaso e l’altro al Marocco!’, mi ha fatto notare, citando un tipico modo di dire polacco. Me ne sono ricordato mentre preparavo il mio nuovo disco. Il Caucaso per i polacchi significava Mosca e il Cremlino, ma per me voleva dire Deep Purple. E questo album era il mio Marocco, una fantasia e un viaggio tutto mio”. Ian Gillan, grande affabulatore incline a preamboli, parentesi e divagazioni, introduce così “One eye to Morocco”, primo disco solista in dieci anni fitti di impegni con i Purple, rinati a nuova vita dopo l’innesto del chitarrista Steve Morse e del tastierista Don Airey. La metafora del titolo, spiega, viene utile a spiegare una collezione di canzoni che rappresentano anche “una sorta di viaggio mistico e onirico, una strada che ti si srotola davanti. Qui dentro ci sono musiche che con i Deep Purple non avrei mai potuto incidere. Questo disco è un atto d’amore, è stato un piacere registrarlo”. Più difficile accettare compromessi con altri musicisti o caricarsi, come in questo caso, tutto il peso sulle spalle? “La vita intera è un alternarsi di queste situazioni, non puoi separare la musica dalle relazioni personali. A volte funzionano, a volte è come trovarsi nella bocca di un vulcano. Guarda i fratelli Davies dei Kinks…A metà anni Sessanta giocavo spesso a pallone con loro per beneficenza: finivano inevitabilmente per azzuffarsi e per prendersi a pugni. Ray allora guidava come un pazzo, per guadagnare tempo quando il semaforo era rosso passava direttamente sui marciapiedi. Per fortuna era domenica mattina, ed erano poco frequentati dai pedoni. Ma finiva lo stesso che Dave si incavolava e dava inizio a una scazzottata. E’ nella natura delle cose, no? I giovani si accapigliano più volentieri degli anziani. Crescendo si diventa più filosofici, più interessati alla spiritualità. Quando cominci a diventare adulto e ad avere dei figli senti il peso delle responsabilità, devi trovare altri modi di incanalare la ribellione e lo spirito avventuroso. E’ per questo che oggi porto i capelli corti! Me li ero fatti crescere, da ragazzo, perché cavalcando a torso nudo, nei giorni d’estate, mi facevano sentire come un primitivo. Passati i quarant’anni, ho pensato che fosse stupido continuare a tenerli lunghi sulle spalle. Trovo ridicole tutte quelle teste argentate con la coda di cavallo che si vedono in giro… finisci per diventare una caricatura di te stesso”. Non tutti nei Deep Purple la pensano magari allo stesso modo: ma tant’è, quella è la sua famiglia. “Eh sì”, annuisce Gillan, “una famiglia organizzata, disciplinata: come il Cremlino, appunto. Un gruppo di persone che ha sempre tratto forza dalla diversità dei suoi componenti. Jon Lord aveva un’educazione musicale classica alle spalle. Ritchie Blackmore, al fianco di Joe Meek, è stato forse il primo chitarrista free lance a lavorare a tempo pieno negli studi di registrazione londinesi. Ian Paice era cresciuto con le big band dell’epoca swing, e Roger Glover era attratto dal folk. Quanto a me, avevo un nonno cantante d’opera e mio zio suonava il piano jazz in un gruppo boogie woogie. Io ho cominciato come soprano nel coro della chiesa; poi ascoltai il rock’n’roll e pensai che era arrivata la rivoluzione. Siamo così uniti, oggi, che quando qualcuno di noi sta male facciamo in modo che nessuno se ne accorga. Otto anni fa, alla vigilia di un tour, Steve Morse si fratturò il polso in un incidente motociclistico. Si presentò all’appuntamento con la mano ingessata: poteva arpeggiare con le dita ma non eseguire gli assoli. Si arrangiò tagliando un pezzo dell’ingessatura e noi lo ‘coprimmo’ dando più spazio agli assoli di tastiere. Un’altra volta, e sempre alla vigilia di un un tour, Ian Paice venne colpito da un dolorosissimo attacco di calcoli al fegato. Ed eccolo seduto alla batteria, il giorno dopo, a pisciare sangue da un tubicino. Nessuno ne aveva idea, a parte noi. Quando ho sofferto di problemi alle corde vocali gli altri mi hanno detto di non preoccuparmi: abbiamo cambiato la scaletta inserendo pezzi più facili da cantare e ce la siamo cavata anche quella volta. Siamo come fratelli, ci prendiamo cura uno dell’altro”. “One eye to Morocco”, che esce domani nei negozi, suona ovviamente diverso dai Purple: molto più blues, molto più funky, e quasi privo di assoli di chitarra (nonostante la presenza di Morse in due brani). “Rodney Appleby, il mio bassista, ogni tanto mi prende in giro sostenendo che il blues lo possono suonare solo i neri. Ma sai cosa ti dico? Che ho imparato a memoria la musica di Little Walter e di Lazy Lester, il blues del Delta, quello del Kansas e di Chicago, e penso che dobbiamo smetterla di provare quel senso di colpa. Non più di quanto gli italiani ne debbano provare perché Giulio Cesare schiavizzò gli inglesi! I testi del blues trasmettono emozioni primitive che tutti possono capire: parlano di sesso, di ubriacature, di lamenti per i supposti torti subiti da una donna. Resta il filo conduttore del mio modo di fare musica, insieme al desiderio di raccontare una storia”. E infatti fin dal titolo “One eye to Morocco” suggerisce panorami esotici, viaggi intercontinentali… “E’ una vita che viaggio per il mondo. Sono stato negli Urali, in Mongolia e in Giappone in tempi in cui raggiungere quei paesi era ancora un’avventura. Quando cominciai a scrivere canzoni con Roger Glover (nella band pre-Purple Episode Six, ndr) volevo imitare lo stile di Chuck Berry ma non ne ero in grado. Non avevamo esperienza, non eravamo stati abbastanza on the road, non c’erano aneddoti da raccontare. Poi le cose sono cambiate: ‘Woman from Tokio’ è una canzone che parla del nostro primo viaggio in Giappone, ‘69’ un brano che rievoca i nostri ricordi di quell’anno, quando suonavamo al Marquee, allo Speakeasy e al Paradiso di Amsterdam girando con un van carico di strumenti…Non potevamo scriverlo allora, un pezzo così, i ricordi erano ancora troppo freschi”. Desideroso di una vacanza dalla famiglia Purple, Gillan per il suo disco solo s’è tenuto stretto il mentore di tanti dischi: il produttore canadese Nick Blagona, presso i cui studi di Toronto è andato a registrare. “Già. Nick è il produttore di ‘Perfect strangers’ e di ‘The house of blue light’. E di ‘Accidentally on purpose’, il disco che ho pubblicato nel 1988 con Roger (Glover). E’ il mio guru, tecnicamente avanti anni luce rispetto a chiunque altro con cui abbia lavorato in vita mia. Aveva perso la vista, ora l’ha recuperata grazie a un trapianto di cornea. Per dieci anni ha lavorato solo con le orecchie, senza poter vedere i cursori del mixer. A dire il vero non li guarda neppure ora che ci vede benissimo… Io sto attento alle sfumature del suono, e nessuno come lui è in grado di curare i piccoli dettagli che fanno la differenza. Non mi piacciono i suoni tronchi, anodini, zuccherosi, voglio che la musica abbia spazio per respirare. Nick sa fare tutto questo, è incredibilmente inventivo. Una volta ha convinto Ian a usare un piccolo altoparlante come microfono per la grancassa: il miglior suono di batteria che abbia mai sentito! Perché cambiare, quando hai a disposizione qualcuno così capace e che ti capisce perfettamente? Abbiamo lavorato in modo tradizionale: scrivendo le canzoni, provandole e riprovandole con i musicisti fino a trovare la chiave interpretativa adatta, il tempo, l’atmosfera e le dinamiche giuste. Poi ci siamo trasferiti in studio, a registrarle esattamente nello stesso modo. Come faceva Frank Sinatra, come facevano i Beatles con due o quattro piste a disposizione. L’80 per cento del disco è venuto fuori così, interamente dal vivo. Non ci sono click a dare il tempo. E non ci sono assoli di chitarra, è vero: volevo che il chitarrista (Michael Lee Jackson) si preoccupasse soprattutto di dare un contributo melodico. E come batterista (Howard Wilson) ho voluto un Ringo Starr, uno capace di tenere il tempo. Non si tratta di essere degli scienziati, ma ci vuole molta esperienza per far funzionare le cose in questo modo. Nick ha lavorato con Tom Jones e Dusty Springfield, sa come ottenere certi risultati”. Come farà Gillan a portare in tour il suo amato album, con il poco tempo a disposizione che gli lasciano i Deep Purple? “Tutto sta nel trovare due o tre mesi liberi per provare le canzoni con la band di sette elementi e i tre coristi che vorrei portare con me: tre voci maschili fantastiche, in grado di armonizzare come facevano i Jordaneries con Elvis Presley…Mi piacerebbe che sul palco ci fossero anche dei ballerini. Perché, come mi disse una volta Roger Glover, un disco non è buono se non lo puoi anche ballare. Non puoi apprezzarla solo cerebralmente, la musica, qualche parte del corpo deve mettersi in movimento. Finita una seduta fotografica con Tommaso Mei, qui a Milano, ho messo su ‘One eye to Morocco’. E’ stato uno spettacolo vedere tutti ballare, la stylist, la truccatrice e la parrucchiera. Missione compiuta!”. Chi, del resto, non ha mai mosso il piedino o imbracciato una immaginaria air guitar ascoltando il riff di “Smoke on the water”: tuttora, da recenti sondaggi, il più amato dal popolo rock. “A essere sinceri, con la sua genesi io c’entro molto poco. Era Blackmore il maestro dei riff e quella è una frase molto semplice di derivazione blues; la stessa sequenza di note con qualche variazione di tempo e di accenti. Non sarebbe neppure finita su ‘Machine head’, non fosse stato per l’incendio a Montreux. La inserimmo come un riempitivo, solo quando cominciammo a suonarla dal vivo capimmo dalla reazione del pubblico che si trattava di un brano speciale. Fu un direttore artistico della casa discografica, a Los Angeles, a convincerci che avevamo un hit in mano. Si trattava solo, ci disse, di accorciare la durata del pezzo per adattarla al formato del 45 giri: ecco un discografico che sapeva fare il suo mestiere. Per me quella canzone è come un puledro, una motocicletta parcheggiata fuori casa che posso cavalcare ogni volta che lo desidero. Quando Luciano Pavarotti mi telefonò a casa per propormi di cantare con lui a Modena mi disse che voleva fare ‘Smoke on the water’. Io replicai che preferivo fare ‘Nessun dorma’, e così andarono le cose. Ma una sera, a cena, mi confidò di essere molto invidioso di me perché ogni volta che cantavo quel pezzo potevo cambiare tempo, fraseggio e intonazione. Lo facessi io con un’aria classica, mi spiegò sospirando, verrei crocifisso sul posto…Ecco cosa vuol dire, la libertà del rock’n’roll!”. Fonte
  13. Classifiche UK: U2 primi e record “No line on the horizon” è diventato il decimo album degli U2 ad aver raggiunto il primo posto nelle classifiche britanniche. Il nuovo disco di Bono e soci ha avuto facilmente ragione della concorrenza e consegna al gruppo un record: gli U2 si stanno avvicinando ai grandissimi perché “No line on the horizon” raggiunge Rolling Stones e Madonna a quota dieci. Davanti al gruppo irlandese rimangono solamente Elvis Presley, che è a quota undici album in prima posizione, e i Beatles, molto più avanti, ma forse non più così inarrivabili come una volta, a quota quindici. “Invaders must die” dei Prodigy, al vertice la scorsa settimana, passa sulla piazza d’onore. Il resto della Top 10 vede solamente aggiustamenti di posizione. Dopo quello degli U2, per un altro debutto occorre scendere al numero tredici dove fa la sua apparizione “Fine fascination” dei Red Light Company, quintetto indie londinese che è andato in tour con gli Editors e ha qualche punto di contatto con Elbow e Radiohead. Il gruppo si esibirà nel nostro Paese dal 1° al 4 aprile. Tra i singoli è da notare il ciclone Flo Rida, che entra direttamente al primo posto con “Right round” facendo arretrare la regina “My life would suck without you” di Kelly Clarkson al numero quattro. La nuova classifica britannica della settimana: Album: 1. U2 – 'No line on the horizon' 2. Prodigy – 'Invaders must die' 3. Kings Of Leon – 'Only by the night' 4. Lady GaGa – 'The fame' 5. Lily Allen – 'It's not me, it's you' 6. Duffy – 'Rockferry' 7. Take That – 'The circus' 8. Elbow – 'The seldom seen kid' 9. Ting Tings – 'We started nothing' 10. Fleet Foxes – 'Fleet Foxes'. Singoli: 1. Flo Rida Ft Kesha – 'Right round' 2. Saturdays – 'Just can't get enough' 3. Lady GaGa – 'Poker face' 4. Kelly Clarkson – 'My life would suck without you' 5. Taylor Swift – 'Love story' 6. Ti Ft Justin Timberlake - 'Dead and gone' 7. Lily Allen – 'The fear' 8. Lady GaGa – 'Just dance' 9. Shontelle – 'T-shirt' 10. Pussycat Dolls/Missy Elliott – 'Watcha think about that'. Fonte
  14. Guns N’Roses in tour con i Van Halen? E’ sempre molto elevato, sebbene “Chinese democracy” non sia stato il botto annunciato, l’interesse nei confronti del prossimo tour dei Guns N’Roses. Inevitabile, quindi, che parallelamente alle aspettative crescano anche le voci. Si starebbe lavorando, secondo l’ultimissima indiscrezione che palesemente non ha alcun riscontro ufficiale, ad un “co-headlining tour” composto da Axl Rose e soci più i Van Halen. Tramontata l’ipotesi, chissà se poi veramente sorta, d’andare on the road con i Metallica come era stato teorizzato a metà dello scorso gennaio, i GNR starebbero scalpitando per effettuare una serie di date negli stadi già nel corso della prossima estate. Il fatto che la band sia effettivamente orientata ad esibirsi il prima possibile è stato confermato anche da “Rolling Stone”, il quale ha citato Irving Azoff, il manager dei Guns N’Roses. Fonte
  15. Liam: ‘Vorrei tornare presto in studio per un nuovo album degli Oasis’ Nonostante il loro ultimo album, “Dig out your soul”, sia stato pubblicato solamente nello scorso ottobre, Liam Gallagher degli Oasis vorrebbe già tornare in studio per il successore. Il cantante, intervistato nel corso del programma televisivo portoghese Top+, ha riferito che gli piacerebbe ritornare in sala di registrazione appena sarà terminato l’attuale tour del gruppo. “Se andassimo in studio in questo momento”, ha detto Liam, “avremmo metà del materiale già pronta. Personalmente penso che, dopo il tour, dovremmo riposarci per un paio di mesi. Non un periodo troppo lungo, diciamo al massimo sei mesi. Poi credo che dovremmo tornare in studio per fare un altro album. Però non sono cose che dipendono da me, cioè, non sono un artista solista”.”Dig out your soul”, che in Italia ha venduto circa 70.000 copie, è stato anticipato dal primo estratto “The shock of the lightning”. Fonte
  16. Bob Dylan, i dettagli sul nuovo disco Includerà dieci brani inediti il nuovo album che Bob Dylan pubblicherà il mese prossimo: il Cd, prodotto dallo stesso artista sotto l'usuale pseudonimo di Jack Frost, è stato registrato con la band che accompagna dal vivo il menestrello di Duluth, oltre che con David Hidalgo dei Los Lobos alla fisarmonica. Tra i brani inclusi dovrebbero figurare "Beyond here lies nothin'', "If you ever go to Houston", "This dream of you", "My wife's home town" e "It's all good". Fonte
  17. Corrispondenti di guerra, di Mario Soldati È appena uscito per i tipi di Sellerio, curato da Emiliano Morreale, Corrispondenti di guerra di Mario Soldati, un libro che fa pendant con il precedente Fuga in Italia, uscito sempre per Sellerio, benché sostanziali differenze non manchino. L’altro libro narrava di un’Italia all’alba dell’armistizio e del rocambolesco viaggio di Soldati, che da Roma lo fece approdare in una Napoli già occupata dagli alleati. Era un viaggio alla scoperta di una nuova Italia. Qui, invece, nonostante la destinazione sia ancora una volta andare oltre la Linea Gustav, la sfida di Soldati è un’altra: nelle vesti di giornalista, insieme per l’”Avanti!” e per “l’Unità”, vuole raccontare il soldato italiano. E non è roba da poco. «Un mio amico che ha vissuto all’estero» scrive Soldati, «mi diceva: “Ci sono due cose di cui gli stranieri non si convinceranno mai: che la nostra vecchia letteratura sia inte-ressante, e che i nostri soldati siano valorosi”». Bene, questa frase contiene un po’ tutto il libro. D’altra parte, lo stesso Soldati proveniva da una famiglia di militari, il bisnonno aveva arrestato Garibaldi nel 1867 dopo i fatti di Mentana, e in generale il soldato ideale dello scrittore torinese avrebbe dovuto far parte di una sorta di «esercito democratico». Quasi un ossimoro, due termini che probabilmente non sono destinate a convivere nello stesso contenitore: «Ma l’apologia del soldato» scrive Emiliano Morreale nella prefazione, «è per Soldati, mediamente, apologia della piccola borghesia, del travet, alla rinascita del quale lo scrittore vede legato, più che a ogni altra classe, il destino del paese». In ogni caso, per una volta i nostri soldati del Corpo Italiano di Liberazione combattono dalla parte giusta, al fianco degli Alleati. Il punto però è prendersi la briga di far capire che non si tratta di semplici spettatori: a ridosso della Linea Gustav, i nostri soldati combattono con non meno vigore degli Alleati contro le truppe tedesche che nel frattempo continuano a perpetrare efferatezze. Con la fine della guerra e l’arrivo della libertà, arriva anche la ripresa economica e con essa purtroppo anche l’oblio: «Quando mai la libertà» scrive Soldati in uno dei suoi ultimi “pezzi”, «è stata più vicini ai nostri cuori di quel momento supremo?». Autore: Mario Soldati Titolo: Corrispondenti di guerra Collana: La memoria Num. di collana: 775 Anno: 2009 ISBN: 88-389-2357-4 Pagine: 136 Prezzo: 10.00 Euro Fonte
  18. QuickTime X, ecco i primi screenshot E’ ormai noto che con il lancio di Snow Leopard Apple aggiornerà un buon numero di componenti software integrati in Mac OS X. Uno di questi componenti è il motore multimediale del sistema operativo di Cupertino, vale a dire QuickTime, di cui si attende la versione X. I rumors diffusi finora suggeriscono che finalmente Apple non opererà più la distinzione fra QuickTime e QuickTime Pro perché partire da Snow Leopard le funzioni avanzate dell’attuale versione “professionale” del software faranno parte della dotazione standard. A seguito della distribuzione dell’ultima versione preliminare dei Mac OS X 10.6 agli sviluppatori, sono trapelati anche i primi screenshot dell’interfaccia rinnovata di QuickTime X. Come si nota dall’immagine di apertura, non ci saranno differenze profondissime. A parte il look “marble”, la differenza sostanziale sembra stia nell’assenza dei comandi sul fondo della finestra, sostituiti da un pannellino fluttuante, come quello che viene visualizzato dall’attuale versione di QuickTime nella modalità a tutto schermo. Nei prossimi mesi ne sapremo sicuramente di più, in attesa della presentazione ufficiale di Snow Leopard che si suppone possa avvenire in occasione del WWDC 2009. Fonte
  19. La prima immagine di QuickTime X A prima vista, almeno al momento, sembrerebbe che non cambierà molto dall’attuale interfaccia, stiamo parlando di QuickTime X, la prossima versione del player di Os X che sarà lanciato contestualmente a Snow Leopard. L’immagine ci è giunta dall’ultima beta di Os X 10.6 in mando degli sviluppatori da qualche giorno. Quello che sappiamo, al momento, è che QuickTime X offrirà le stesse funzioni attualmente offerte da Quick Time Pro. Le novità di rilievo, però, potrebbero essere aggiunte a pochi giorni dalla versione finale del sistema operativo. Fonte
  20. Plug-In Audio: l’equalizzatore Gli equalizzatori (chiamati spesso semplicemente EQ) sono i primi strumenti di elaborazione con i quali ci si deve confrontare quando si vuole fare musica. Li troviamo in tutte le apparecchiature audio che ci circondano e li utilizziamo tutti i giorni, ma quando si vuole produrre musica seriamente non basta regolare i toni bassi e alti “ad orecchio”… c’è forse qualcosa in più da sapere per far sì che il nostro brano suoni al meglio. Infatti registrando un brano in tracce separate possiamo intervenire sull’equalizzazione di ogni singolo strumento e, possibilmente, migliorarne la resa sonora. Per conoscere la teoria sui vari tipi di equalizzatore (parametrico, a bande, etc.) vi invito a ricercare su internet e sono certo che troverete tutte le informazioni che volete. Quello che interessa a noi è che un equalizzatore ci permette di ridurre o enfatizzare determinate frequenze. La prima cosa da sapere è che un timbro musicale è un insieme di più frequenze armoniche; se suoniamo un LA a 440 Hz con uno strumento in realtà non è solo quella frequenza ad essere interessata, ma sono presenti moltissime altre frequenze che, sommate tutte insieme, ci fanno distinguere quel determinato timbro. Senza scomodare l’analisi di Fourier (un complicato calcolo matematico che permette di scindere una forma d’onda in tutte le sue componenti sinusoidali) a noi quello che interessa sapere è che con l’equalizzatore possiamo modificare sensibilmente il timbro di uno strumento. In base al suono interessato ci saranno quindi alcune frequenze importanti ed altre che, se presenti, saranno solo di disturbo. GarageBand ci mette a disposizione un pratico equalizzatore in ogni traccia che permette di lavorare 4 bande indipendenti e, addirittura, di monitorare graficamente il segnale (spuntando “Analyzer”) così da poter vedere, oltre che sentire, gli effetti delle nostre correzioni. Per contro non abbiamo un controllo totale sulle 4 bande potendo solo agire su frequenza e guadagno senza poter modificare a piacimento la larghezza della “campana” (chiamato fattore Q e misurato in decibel per ottava). Se riteniamo insufficienti i controlli dell’equalizzatore standard in ogni traccia possiamo aiutarci con i plug-in Audio Unit (di serie o di terze parti installabili gratuitamente) in modo da avere un controllo completo e totale sulle frequenze. Sarà interessante vedere nel dettaglio (in un prossimo articolo) come usare l’equalizzatore sugli strumenti più comuni, quali frequenze aumentare e quali ridurre per modellare il suono. Per adesso vi invito a fare un po’ di pratica lasciandovi guidare dal vostro orecchio e dai preset di equalizzazione di GarageBand. Anche se un preset non sarà certamente subito adeguato alla vostra registrazione vi darà comunque una precisa indicazione su quali frequenze siano più influenti in un timbro. Aggiungo soltanto alcuni consigli generali personali: Lavorate al contrario! No, non vi sto chidendo di mettervi a testa in giù. Intendo dire che per essere sicuri che la frequenza sulla quale state lavorando è quella giusta, provate ad invertire il guadagno. Ad esempio: se un tom o un rullante hanno una nota di coda troppo lunga che vi disturba e state attenuando una frequenza per cercare di eliminarla, provate ad enfatizzare quella frequenza. Noterete subito se è quella giusta. Esagerate! Per individuare in modo preciso la frequenza mettete il guadagno al massimo (o al minimo) e fate una scansione avanti e indietro con la campana più stretta possibile. Dovreste sentire più chiaramente quale è il punto su cui lavorare. Poi, mi raccomando, riportate Q e guadagno su valori normali e intervenite solo il minimo indispensabile… interventi “pesanti” di equalizzazione possono creare problemi di fase della forma d’onda e, di fatto, peggiorare il suono. Tagliate i bassi e gli alti non necessari. Il problema delle frequenze di disturbo è spesso irrilevante se sentiamo uno strumento da solo, ma diventa estremamente importante in un missaggio finale perché i “disturbi” presenti in ogni traccia possono sommarsi andando di fatto a rendere confusionario il prodotto finale. Non chiedete l’impossibile. Un equalizzatore può enfatizzare una certa frequenza solo se questa è presente nella forma d’onda e ovviamente non tutti i timbri hanno al loro interno tutte le frequenze. Può inoltre capitare che la strumentazione utilizzata in fase di ripresa non fosse di ottima qualità e quindi certe frequenze non siano registrate nella forma d’onda. Non è affatto difficile infatti che una bella voce, tonica e ricca, se registrata con strumentazione scadente risulti poi povera in registrazione. L’equalizzazione può certamente correggere alcune carenze, ma se il microfono non ha catturato come si deve sarà molto difficile che si riesca a recuperare ciò che non c’è A questo proposito vi lascio con un piccolo aneddoto: chi ha sentito dal vivo Maria Callas dice che la sua vera voce, ascoltata in teatro senza alcuna amplificazione elettrica, fosse molto più bella di quella che è arrivata a noi nei dischi. Qualcosa, evidentemente, manca nelle registrazioni e questo in fondo è il motivo per cui si spendono centinaia (ed anche migliaia) di euro in microfoni, preamplificatori e convertitori capaci di catturare fedelmente tutte le frequenze armoniche. Fonte
  21. Tucan: Download Manager per Scaricare da Rapidshare, Megaupload ed altri, disponibile per Windows e Linux Download manager, software che ci permettono di scaricare file dal web in modo molto più veloce rispetto all’utilizzo di quelli integrati nei browser. Software molto spesso utilizzati anche per scaricare file dai più importanti siti di file-hosting, tipo Rapidshare o Megaupload. Software usati anche per aggirare i limiti di download, imposti dai siti precedentemente elencati, verso gli utenti che non hanno un account premium. Per i sistemi Windows, ne esistono fin troppi. Per chi usa Linux………c’è Tucan Manager! Tucan Manager, è un software scritto in python e multipiattaforma, disponibile per i sistemi Windows, Linux e FreeBSD, molto leggero e veloce, che permette di gestire i download multipli, da siti come Rapidshare, Megaupload, Mediafire, Gigasize ecc, utilizzabile sia da chi dispone di un account premium, sia da chi ne è sprovvisto. Utilizzarlo è semplicissimo: basta incollare gli url dei file che si intendono scaricare e selezionare la cartella di destinazione. Può essere integrato con dei plug-in per estendere il supporto anche per altri siti di file-hosting. Tra le impostazioni di Tucan Manager, è possibile impostare l’italiano come lingua del programma; anche se la traduzione non è propriamente ben fatta, può essere utile per chi con l’inglese è completamente negato. Il programma, è ancora in fase Alpha ma risulta già abbastanza stabile. Avendo un alto potenziale di crescita, considerando la sua natura Open-Source, vale la pena di dargli un occhiata. Fonte
  22. Le major musicali sono pronte alla rivoluzione La domanda che è stata sulla bocca e nella mente di tutti per anni ha finalmente trovato un'insperata risposta. Perchè le etichette musicali continuano a perseguire una strada fallimentare nella lotta alla pirateria e nel business dei CD? Perchè è tutto parte di un piano più grande. A rivelarlo al mondo è Michael Arrington di TechCrunch in un post nel quale racconta di una conversazione con un alto funzionario dell'industria musicale del quale preferisce non rivelare l'identità. L'alto funzionario spiega proprio che sono perfettamente consci che la loro strategia è fallimentare e sanno benissimo che in un prossimo futuro la musica sarà gratuita, che tutto cambierà e che quelli che oggi sono i nemici a cui fanno causa domani saranno i loro alleati. La questione però è che perchè tutto ciò avvenga bisogna aspettare che si esauriscano le vendite dei CD. Ad ora il calo dei compact disc è del 20% annuo, ma finchè quella quota non arriva a zero continua ad essere conveniente per le etichette fare cause, promuovere l'antipirateria e osteggiare il commercio online. La cosa ha senso, specialmente perchè è più sensato pensare che le etichette musicali non siano guidate da strategie sconsiderate, ma che abbiano esigenze economiche particolari. L'anno del cambiamento sembra debba essere il 2013, anche se lo stesso alto funzionario non si stupirebbe se poi fosse il 2011. A quel punto il sistema di revenue dagli artisti dovrebbe diventare a percentuale su ogni stream. Certo rimane un'incognita cosa possa accadere se nel frattempo altri artisti decidano di fuggire dalle etichette e andare in proprio come hanno fatto Radiohead e Nine Inch Nails. Come del resto rimane un'incognita quale possa essere il ruolo in tutto questo delle nuove società che stanno emergendo come iTunes e Amazon Mp3. Il post di Techcrunch inoltre rende ancora più sterili le polemiche sull'antipirateria che girano anche nel nostro paese, i rimedi di chi sostiene che «Internet non serve a niente» le intromissioni sul lavoro del governo e tutte le fobie sul futuro dei contenuti digitali. Dall'altra parte nei giorni scorsi il blogger e giornalista Cory Doctorow presente a Milano per Meet The Media Guru ha dichiarato: «aggiornare gli atteggiamenti consolidati richiede un po' di tempo. Io faccio spesso l’esempio dell'Inghilterra vittoriana in cui era proibito masturbarsi, per legge. Era un reato: eppure le persone lo facevano, e a un certo punto la società e le regole ne hanno preso atto. Lo stesso sta avvenendo rispetto ai download che vengono considerati violazioni del diritto d'autore». Fonte
  23. Google Docs, un piccolo grave problema Se un servizio online ha un problema che coinvolge lo 0.05% dei casi, il problema non è tale ma il tutto si riduce generalmente ad una parentesi presto dimenticata. Se invece un problema coinvolge Google, e mina la privacy degli utenti che hanno riposto fiducia nel brand, allora anche la minima imperfezione merita il giusto rilievo. Anche perché il tutto viene moltiplicato per almeno 4.4 milioni di utenti unici, ovvero coloro i quali nel mese di Settembre hanno visitato Google Docs (dati Compete). Il caso è emerso a seguito di una presa di coscienza da parte di Google di un bug che affliggeva Google Docs e che avrebbe minato la sicurezza di alcuni documenti composti dagli utenti. In una piccola percentuale, infatti, tali documenti "privati" sarebbero stati invece condivisi con utenti terzi con cui già si condivideva in precedenza altro materiale. Gli utenti coinvolti, pertanto, possono aver lasciato in libera visione documentazione propria senza tuttavia esserne consapevoli. L'accesso a tale documentazione non sarebbe comunque stata totalmente libera: una precedente condivisione di materiale è un requisito fondamentale in grado di sbloccare il bug ed aprire l'errata apertura dei permessi di accesso ai file. Un'email inviata da Google all'utenza coinvolta ha evidenziato come i documenti condivisi per errore possono essere file testuali o slide di Google Presentation, non invece fogli di calcolo. Per sicurezza Google ha rimosso da tali file ogni qualsivoglia permesso di accesso e gli utenti avvisati dovranno pertanto reimpostare i permessi vedendo così tornare alla normalità la situazione. Una stima "spannometrica" avanzata da Garett Rogers indica in 220 mila circa il numero dei documenti messi a rischio dal problema. «Ci scusiamo per gli inconvenienti che questo problema può aver causato. Vogliamo assicurarvi che abbiamo trattato il problema con la massima priorità»: il Google Docs Team non può che scusarsi, promettendo massima solerzia nel risolvere problemi di questo tipo. Rimane il fatto che, a distanza di pochi giorni dal black-out di Gmail, un nuovo problema stempera un velo di diffidenza circa la gestione centralizzata dei servizi, con affidabilità e sicurezza totalmente affidate al controllo di aziende terze e totalmente al di fuori della propria portata (che si limita a sua volta ad una scelta tra un servizio piuttosto di un altro). Il caso nato morto: del problema si è venuti a conoscenza quando Google l'aveva già risolto. Se non si è ricevuta la missiva da Mountain View si può star tranquilli, altrimenti occorre seguire le indicazioni inviate e ripristinare i permessi di accesso ai file. Ma il caso, sia pur se morto, non sarà presto dimenticato, fermo restando la totale trasparenza ancora una volta dimostrata da Google nel pubblicizzare e risolvere il problema. Fonte