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  1. Nel 1612, l'autore di Giulietta e Romeo scrisse Storia di Cardenio Il testo andò perduto durante l'incendio che distrusse il Globe Theatre "Ecco il Chisciotte firmato Shakespeare" Giallo sul ritrovamento di un dramma DAL nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI È PROBABILMENTE l'accoppiata più forte della letteratura mondiale: il padre di tutti i commediografi e quello di ogni narratore, William Shakespeare e Miguel Cervantes. Immaginiamo che l'autore di Giulietta e Romeo abbia scritto un dramma ispirato dal Don Chisciotte di Cervantes. Immaginiamo che questo dramma sia andato in scena soltanto due volte, al tempo di Shakespeare, e poi il testo sia scomparso in un incendio del Globe Theatre di Londra; che quattro secoli più tardi un direttore della Royal Shakespeare Company riesca miracolosamente a ritrovare il dramma andato perduto e decida di metterlo in scena con una produzione ispano - britannica, in omaggio ai due formidabili scrittori uniti dalla singolare vicenda. È una storia che fa sognare e che diventerà realtà, stando a quanto annunciato l'altro giorno dal direttore della Royal Shakespeare Company, Gregory Doran, a Madrid. Ma è una storia che contiene anche un mistero: cosa ha esattamente ritrovato, il signor Doran? "Certamente non un manoscritto polveroso su uno scaffale", dice un portavoce della Royal Shakespeare Company interpellato da Repubblica qui a Londra. Per capirne di più, come in un giallo che si rispetti, conviene fare un passo indietro. Qualche notizia certa su un'opera di tal genere esiste. Il Don Chisciotte arriva in Inghilterra nel 1612, sette anni dopo la pubblicazione in Spagna, tradotto in inglese da John Shelton. Basandosi su un episodio del romanzo di Cervantes, quello stesso anno Shakespeare scrive un dramma intitolato Storia di Cardenio, aiutato da un altro commediografo, John Fletcher. Il "Cardenio" viene messo in scena due volte l'anno seguente al Globe Theatre, che viene però distrutto pochi mesi più tardi da un incendio (quello che i turisti visitano sulle rive del Tamigi è una copia) in cui vanno bruciati molti originali delle commedie del grande bardo, tra cui anche quella ispirata dal Don Chisciotte. Da allora si perdono le tracce del manoscritto, al punto da insinuare perfino il dubbio che sia mai esistito. Quarant'anni dopo la prima rappresentazione, nel 1653, uno storico dell'arte racconta di avere visto una copia del "Cardenio" firmata sul frontespizio da Shakespeare e Fletcher. Poi il giallo fa un altro balzo in avanti: nel 1727 il drammaturgo Lewis Theobald sostiene di avere scritto il suo dramma Double falshood (Doppia menzogna) traendo ispirazione dal "Cardenio". E veniamo al presente. Già nell'ottobre scorso Doran accennò vagamente al "ritrovamento" dell'opera perduta di Shakespeare. L'altro ieri, secondo quanto riporta il quotidiano spagnolo El Mundo, è stato più esplicito: "Siamo riusciti ad autenticare uno dei manoscritti sulla cui veridicità si facevano infinite supposizioni. Siamo riusciti a trovare degli originali affidabili. C'è un indizio molto chiaro. Confrontandolo con la prima edizione in inglese del Don Chisciotte, ci sono alcuni monologhi quasi identici. Shakespeare trascriveva spesso alla lettera dialoghi da testi originali, per esempio con Plutarco". Ma il giallo non verrà chiarito, né il mistero svelato, sino a quando il "Cardenio" ritrovato non andrà in scena, nel 2009. FONTE
  2. Cesana-Sestriere, il ritorno del mito Da tutta Europa arrivavano i grandi campioni per sfidarsi sui dieci chilometri che portano al Colle Ludovico Scarfiotti in gara nel 1965 CRISTIANO CHIAVEGATO TORINO Decine di migliaia di persone assiepate lungo il percorso. Erano gli Anni Sessanta, quelli del boom economico, la gente usciva dalla città e andava in montagna. La gita, l'aria fresca, il pic-nic, la merenda e soprattutto l'occasione per vedere auto favolose, guidate da campioni del volante dei quali si sentiva parlare solo alla radio, o sui giornali. La Cesana-Sestriere, una delle gare in salita più prestigiose del mondo, ritorna alla ribalta. Si disputerà nuovamente, dopo 15 anni d'interruzione, sul percorso classico. Ma sarà riservata alle vetture da competizione d'epoca, dal 20 al 22 luglio, con partenza della corsa alle 10 di domenica 22 luglio. La tradizione La prima edizione risale al 1961, l'ultima venne effettuata nel 1992, quando il manto stradale fu ritenuto inadatto per bolidi che viaggiavano a quasi 140 di media. Ora l'asfalto, grazie alle Olimpiadi 2006, è stato completamente rinnovato. Proprio sull'onda dei Giochi invernali, e per garantire una ricaduta sul comprensorio, l'Automobile Club torinese ha deciso di riprendere l'evento, che avrà una partecipazione internazionale. Sulla strada che da Cesana porta al colle - 10.400 metri di tracciato tortuoso e ondulato con ben 680 metri di dislivello - si potranno rivedere auto da corsa che hanno fatto la storia. Erano guidate da piloti celebri impegnati anche in F1, perché a quei tempi il Campionato europeo della montagna vedeva la partecipazione di grandi Case. L'elenco dei vincitori comprende nomi importanti. La prime due edizioni andarono alle Maserati 2000 di Boffa e Govoni, poi si alternarono al successo personaggi del calibro di Edgar Barth, Ludovico Scarfiotti, Rolf Stommelen, Gerard Mitter, Peter Schetty (pilota ufficiale e poi direttore sportivo della Ferrari), Arturo Merzario, Johannes Ortner, Mauro Nesti (nove volte vincitore). Lo spagnolo Andrè Vilarino nel 1992 stabilì alla guida di una Lola T298 Bmw 2500 il record in 4'31''58, alla media di 137,977 chilometri orari. Cantarella Fra i promotori dell'iniziativa c'è l'ingegnere Paolo Cantarella, ex numero uno di Fiat Auto: correrà con una sport prototipo Olmas 2500 Alfa Romeo, sta attivandosi per portare al Sestriere il maggior numero di modelli prodotti dall'Abarth, marchio che la Fiat ha rilanciato a pieno regime quest'anno. Alle auto dello Scorpione (fra le quali le mitiche 595 SS e 1000 TC) faranno compagnia vetture turismo come Alfa GTA, Lancia Fulvia HF, Renault Alpine, Lotus Cortina, Mini Cooper, molti modelli di Porsche e i prototipi Osella, March, Lola. Prevista la partecipazione di 150 concorrenti. Una sfilata atipica di auto da concorso, tutte impegnate in una gara. E bisogna dire che molti concorrenti non risparmieranno le loro preziose vecchiette: c'è sempre chi si impegna al massimo per vincere, nelle varie categorie e per l'assoluto. Probabilmente il primato di Vilarino non correrà grandi rischi, sicuramente non mancherà lo spettacolo. Anche perché le vetture che sembrano uscire dal passato restano competitive, le gomme sono migliorate e scrivere il proprio nome sull'albo d'oro della Cesana-Sestriere può essere il sogno di una vita da pilota. FONTE
  3. Dopo racconti di successo in Gran Bretagna, è arrivato il primo romanzo Bestseller per Joe King, figlio di Stephen Per 10 anni si è firmato Joe Hill: non voleva scrivere con la pressione del figlio di un autore famoso. Ora è uscito allo scoperto NEW YORK – Nel 1982, quando aveva 9 anni, fu scritturato da George Romero in «Creepshow» il thriller mozzafiato scritto da suo padre, Stephen King, che 15 anni più tardi gli dedicò il semi-autobiogafico «The Shining», la storia di uno scrittore alcolizzato e del figlio ipersensibile e geniale. Con un pedigree del genere, il secondogenito del romanziere più conosciuto del pianeta avrebbe potuto fare la fine di tanti precoci «figli di papà», talentuosi ma incapaci di misurarsi con l'ombra troppo ingombrante di un famosissimo padre. E invece è successo il contrario. Diventato ormai adulto, non solo Joe ha deciso di seguire le orme del padre, ma è riuscito anche a emularne il successo. Prima con una serie di racconti intitolati «20th Century Ghosts», che nessuno in America voleva ma che, pubblicati in Inghilterra, hanno vinto due Bram Stoker Awards, un World Fantasy Award e un International Horror Guild Award. E adesso con il suo primo romanzo, «Heart-Shaped Box», la storia di un musicista rock sulla via del tramonto che decide di comprare un fantasma a un'asta online. Il libro è stato acclamato dai critici, svettando in cima alla lista dei best seller del New York Times, che gli ha dedicato un lungo servizio sul suo prestigioso Magazine. Un vero trionfo, per il 32enne Joe, che segna anche ciò che il Times definisce «la fine di un elaborato gioco d'identità»: il debutto pubblico dell'uomo dietro uno pseudonimo adottato più di dieci anni fa. Sì, perché fino ad oggi Joe King si faceva chiamare Joe Hill, come il sindacalista organizzatore del movimento operaio, autore di canzoni popolari e rivoluzionarie, vissuto in America tra il 1879 e il 1915. Seguire l'esempio di un genitore famoso non è certo una novità nel mondo delle lettere Usa, come testimoniano gli eredi di Bellow, Mailer, Malamud, Walker, Wolfe e Jong, tanto per menzionarne alcuni. Ma Joe è l'unico ad aver stretto un patto con se stesso: nascondere a tutti la propria origine, fino al giorno in cui sarebbe diventato anche lui famoso. Senza l'aiuto del padre. «Abbiamo appreso la sua vera identità soltanto dopo aver firmato il contratto» giurano Jennifer Brehl, sua editor alla William Morrow, e Akiva Goldsman, sceneggiatrice e premio Oscar dietro «A Beautiful Mind» e «Il Codice Da Vinci», che ha acquistato i diritti cinematografici del libro. Oltre a dover fare i conti con un padre che ha venduto oltre 300 milioni di libri in tutto il mondo, Joe deve misurarsi con una famiglia dove la scrittura è nel sangue. Dalla madre Tabitha, autrice di una decina di romanzi di successo al fratello Owen, stimato romanziere come sua moglie Kelly Braffet. L'unica non scrittrice di casa è la primogenita Naomi, pastore protestante. Ma a rendere particolarmente arduo il suo anonimato è l'incredibile somiglianza allo Stephen King della famosa copertina di «Danse Macabre», pubblicato nel 1981, quando l'autore aveva la sua stessa età. E se ha trascorso la vita a cancellare il padre, che peraltro adora, Joe ha finito per essere identico a lui in tutto. Si è sposato giovane, con la scrittrice Leanora, ha anche lui tre figli e vive in una area isolata del New England. E, se non bastasse, mostra i suoi manoscritti alla moglie prima di darli alle stampe. King fa lo stesso con Tabitha. «Molte persone sposano la loro madre - scherza Joe - Io ho sposato mio padre». Un padre molto diverso dagli altri. «Da piccoli ci sedevamo in cerchio nel salotto, come si usava in America nell'800, e, a ruota, leggevamo ognuno un capitolo dello stesso libro». Coi tre figli lo scrittore inventava i giochi più insoliti e creativi. Come il «Writing game», versione letteraria di "chiapparello", dove uno dei fratelli scriveva per alcuni minuti per poi passare la storia all'altro. I suoi genitori non gli hanno mai detto quali libri e programmi tv poteva vedere e quali, invece, erano off limit. «A 12 anni, per il mio compleanno, invitai tutta la classe a vedere L'alba dei Morti Viventi racconta, «La maggior parte dei miei compagni scapparono a metà film, pallidi e sconvolti di paura. Io me la godevo come un matto a rivedere quel film per la decima volta». E anche la sua riservatezza estrema ricorda quella del padre. «A 12 anni mi sono trovato alla porta un detenuto appena uscito di prigione - ricorda - Mi disse che i libri di papà erano l'unica cosa che l'avevano aiutato a non uccidere in carcere. Me la feci sotto». Alcuni anni più tardi dei fan ossessionati fecero irruzione in casa, di notte. «Da allora sono diventato molto guardingo. E gelosissimo della privacy». Eppure la sua scelta di anonimato non ha nulla a che fare con la paura. «Ho avuto più di 10 anni per scrivere senza la pressione di essere il figlio di un autore famoso - racconta -.Adesso posso finalmente uscire allo scoperto». Alessandra Farkas FONTE
  4. Il nuovo libro sulle donne afgane di Hosseini, l'autore del "Cacciatore di aquiloni" l'Anatolia poetica e crudele di Zaimoglu e l'Iran dalla Persia a oggi di un grande viaggiatore Libri, via dall'Occidente percorrendo le strade dell'est di DARIO OLIVERO AFGHANISTAN Il primo libro di Khaled Hosseini, Il cacciatore di aquiloni, ha venduto sette milioni di copie nel mondo e continua a vendere. Un libro che parla di Afghanistan e diventa un bestseller è uno di quei casi che fanno saltare ogni statistica e previsione del mercato librario. Ora lo scrittore, nato a Kabul ma cittadino americano, che ha fatto il miracolo è atteso alla prova più difficile, la seconda. Si intitola Mille splendidi soli (tr. it. I. Vaj, Piemme, 18,50 euro). Inutile e dannoso fare previsioni su come andrà (intanto l'editore ha tirato 250 mila copie in prima edizione). Veniamo alla trama. Poiché esiste sempre qualcuno più in basso nella scala sociale, ecco l'insegnamento della madre di Miriam, donna afgana che deve crescere una figlia non riconosciuta dal padre: "Imparalo bene e imparalo adesso, figlia mia. Come l'ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell'uomo trova sempre una donna cui dare la colpa". Con un amore che ricorda Almodovar, Hosseini regala il suo libro alle donne afgane, e in particolare alle ultime delle ultime tra loro. Attraverso la vita di Miriam e di Laila, attraverso i racconti del padre di Miriam, che pur non avendola accolta nella sua casa, ogni giovedì la va a trovare, attraverso la rassegnazione della madre disposta a fare di tutto pur di non permettere alla figlia di avere quell'occasione di riscatto che a lei è sempre stata negata, attraverso i fratelli di Laila morti nella jihad prende forma un altro grande affresco dell'Afghanistan degli ultimi cinquant'anni. Dalla caduta di Zahir Shah, all'arrivo dei sovietici a segnare il paese da un'altra guerra. ANATOLIA Feridun Zaimoglu è un tipo sorprendente. Nato in Turchia, vive in Germania da trent'anni. Che sia per la forza dei ricordi o per la trasfigurazione del passato in opera d'arte che è il primo elemento della letteratura, ha scritto un libro altrettanto sorprendente, Leyla (tr. it. M. Belardetti, il Saggiatore, 16,50 euro). Una famiglia in Anatolia con la Turchia in guerra in Corea al fianco degli americani. Il capo famiglia è un ceceno feroce e pieno di odio. Con la moglie e i figli comunica solo a bastonate, odia la terra che lo ha accolto quanto il bolscevismo che l'ha privato di una patria. Il carburante continuo del suo odio è una lettura riga per riga del Corano che lo giustifica in ogni eccesso di violenza. Ma ecco che la piccola della famiglia, abituata come madre e fratelli ad abbassare lo sguardo, riesce a trovare la sua personale e illuminata via verso la salvezza. Uno stretto sentiero che corre tra la dolce saggezza delle donne di Anatolia che circondano Leyla e il rischio continuo che la saggezza diventi superstizione. E che la porta lontano, verso Istanbul e ancora più in là verso la Germania portandosi dietro soltanto la parte migliore di quella dolcezza. IRAN Con la forza, la curiosità e lo stile che soltanto gli inglesi hanno in queste cose, Jason Elliot rinnova la tradizione di grandi viaggiatori ed esploratori che lo hanno preceduto. Raccogliendo i taccuini di tre anni di viaggi, mette insieme un libro poderoso dal titolo Specchi dell'invisibile. Viaggio in Iran (tr. it. V. Mingiardi, Neri Pozza, 28 euro). Racconta la Persia, infinitamente prima del 1979 e prima anche di quando nell'Ottocento divenne meta di romantici dandy inglesi alla ricerca del fascino del passato perduto tra le rovine. Racconta la Persia degli astronomi e degli ottici, dei filosofi e dei sufi, degli imperatori e dei giardini, delle donne e degli eretici, dei matematici e degli alchimisti, di mongoli e moschee, di Erodoto e Byron, di Ciro e Dario, di Susa e Persepoli. Continue incursioni nel passato e ritorni al presente, lo scià e gli ayatollah, Soraya e Khomeini, le strade di Teheran, la difficile condizione di essere sciiti circondati da sunniti, il gusto millenario per la speculazione filosofica nascosto in una chiacchiera con un tassista. Ed evoca il fascino di quella terra di mezzo sospesa tra Occidente e Oriente. FONTE
  5. Inchiesta tariffe adsl in Europa Altroconsumo: navigare costa piu' caro in Italia operatori appiattiti su Telecom 24-05-2007 I contratti dei provider italiani per connettersi in Rete sono spesso più costosi di quelli offerti dagli altri operatori europei. Nel nostro Paese la concorrenza continua a essere praticamente assente. E' quanto emerge dall'inchiesta internazionale che Altroconsumo, associazione indipendente di consumatori, ha condotto sulle tariffe ADSL di otto Paesi europei: oltre all'Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna. Un'importante nota positiva da registrare: il tempo gioca a favore dei navigatori in Italia. Rispetto all'inchiesta di Altroconsumo condotta due anni fa, infatti, il costo mensile dei contratti italiani oggi è diminuito. Se si considera un contratto flat base, oggi si pagano circa 20 euro al mese, contro i 30 euro nel 2005. Anche la velocità di connessione è aumentata a 2000Kbit/s. Ma nel complesso i migliori contratti in Europa distanziano quelli italiani in convenienza e in velocità massima di connessione. Il mercato in Italia è ingessato, la concorrenza non gioca e tutti gli operatori sono allineati sui prezzi dell'ex monopolista, Telecom Italia. Con ripercussioni sull'effettiva convenienza delle offerte. Alcuni esempi in cifre: per un uso medio della Rete (un'ora al giorno di connessione, 30 al mese) la forbice delle tariffe in Europa è ampia: si va dai 10 euro offerti dal provider olandese 12Move ai 47,44 euro dello spagnolo Telefonica. Ai primi posti in classifica si trova l'italiano Tele2 Adsl Flat 2 Mega che costa comunque 18,90 euro al mese, cioè molto di più dei contratti meno cari nei Paesi Bassi e in Francia. Per un uso elevato della Rete (5 ore al giorno di connessione, 150 al mese), ben cinque Paesi su sette sono più convenienti dell'Italia: Francia, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, e Portogallo offrono tariffe più contenute. I contratti più economici del Bel Paese, Tiscali Adsl 12 Mega Flat e Wind Libero Mega sono a 29,95 euro, cioè il doppio rispetto al più conveniente in Europa, il provider francese Club Internet (14,90 euro). Altroconsumo giudica positivamente la delibera dell'AGCOM approvata ieri sulla banda larga all'ingrosso. Dovremmo assistere infatti a riduzioni di prezzi al consumo e migliori prestazioni grazie all'abbandono del costo al dettaglio (retail minus) nella formazione del prezzo all'ingrosso. Altroconsumo chiede all'AGCOM di vigilare in vista dell'offerta che Telecom dovrà fare, in base alla nuova delibera dell'Autorità, entro quindici giorni. Prezzi all'ingrosso da parte di Telecom Italia sproporzionati, rispetto alle pratiche più competitive in Europa, non dovranno essere accettati nell'interesse della concorrenza, dei consumatori, e della modernizzazione del Paese. Con investimenti più efficienti nel settore, e più efficace concorrenza tra operatori, si potrebbe così colmare la distanza che divide il nostro Paese in zone raggiunte dalla banda larga e zone non ancora coperte da infrastrutture di accesso a larga banda, con i cittadini divisi tra chi è privilegiato e chi invece è di serie B. Seguono grafici inchiesta. FONTE
  6. File sharing: Altroconsumo chiede all'Ordine di richiamare gli avvocati dei discografici e si schiera a difesa dei "minacciati" 24-05-2007 Altroconsumo ha invitato, con questa raccomandata (vedi il documento tra le risorse, in fondo alla pagina) l'Ordine degli Avvocati di Bolzano a intervenire con urgenza per violazione del Codice Deontologico Forense nei confronti di Otto Mahlknecht, legale della casa discografica tedesca Peppermint Jam Records Gmbh, e mittente nei giorni scorsi di una "intimidatoria" missiva nei confronti di alcuni utenti della Rete (tra cui alcuni nostri soci). Questa la vicenda. Più di 3.600 utenti di Internet giorni fa hanno ricevuto una tanto perentoria quanto "minacciosa" lettera raccomandata dallo studio legale altoatesino Mahlknecht & Rottensteiner, studio che difende gli interessi della società discografica Peppermint di Hannover. I discografici tedeschi, infatti, accusano gli utenti in questione di aver scaricato e messo in condivisione (attraverso una piattaforma di Peer2Peer) alcuni file coperti da diritto d'autore e intimano, nella raccomandata, il pagamento di 330 euro (a parziale risarcimento di "ipotetici" danni) e l'immediata rimozione dei file contestati. Gli utenti raggiunti dalla raccomandata, infatti, pagando i 330 euro vedrebbero chiudersi "bonariamente" la vertenza con i discografici teutonici, evitando pertanto l'avvio di una causa penale. Si tratta di una procedura sulla quale molto c'è da obiettare, così come crea forti dubbi (violazione della privacy) anche il modo con il quale sono stati acquisiti gli indirizzi IP degli utenti coinvolti. Il lavoro di ricerca e individuazione dei file "abusivi" è stato condotto dalla società svizzera Logistep; attraverso questa attività (sulla legittimità della quale tra l'altro abbiamo sollecitato il Garante per la Privacy a prendere una chiara posizione qui link alla lettera) si è poi risaliti ai nominativi legati agli indirizzi IP grazie anche a un'ordinanza del Tribunale di Roma nei confronti di Telecom (individuata attraverso gli indirizzi IP acquisiti dalla Logistep quale ISP). Purtroppo il caso rischia di allargarsi. Proprio in questi giorni, infatti, ci sarebbero almeno altri due procedimenti cautelari in corso a Roma contro Tiscali e Wind Infostrada, questa volta attivati da una società polacca che opera nel settore dei videogiochi; i legali della stessa società ci avevano già provato poco tempo fa in Francia suscitando anche in quella occasione il disappunto dell'Ordine degli Avvocati e il conseguente avvio di un'indagine per verificare possibili violazioni del codice deontologico (cosa che ci auguriamo, appunto, accada anche da noi). Lo schema, comunque, resterebbe lo stesso utilizzato nella vicenda Peppermint, ovvero l'utilizzo del software della Logistep (ancora lei) per rintracciare gli indirizzi IP dei presunti "pirati" e il ricorso al tribunale di Roma per obbligare i provider a fornire i dati fisici abbinati agli IP. Proprio su questi due procedimenti ancora in corso pare, però, voglia finalmente intervenire il Garante per la Privacy, così come annunciato in un suo recente comunicato. A fronte di un comportamento che noi riteniamo scorretto e lesivo dei diritti dei consumatori, è bene si facciano da subito alcune importanti considerazioni: il coinvolgimento delle persone e l'ammontare del danno va provato caso per caso e Peppermint non può agire, allo stesso tempo, da parte lesa e da giudice, stabilire colpe e quantificare danni; come ha affermato lo stesso Fiorello Cortiana (membro del Comitato consultivo sulla Governance di Internet del Ministero dell'Innovazione) l'azione legale della Peppermint è basata su "un danno presunto e non documentato da prove"; se anche la questione si dovesse chiudere "bonariamente" i consumatori di fatto non evitano il coinvolgimento penale; trovare un accordo con la parte lesa non elimina la perseguibilità in ambito penale del consumatore: il reato infatti è perseguibile d'ufficio e, tra l'altro, il consumatore, accettando la transazione, ammette implicitamente la colpa; i risultati della Logistep non sono affatto "una prova"; la prova va valutata in contraddittorio e davanti al giudice. Inoltre, proprio perché l'IP identifica un Pc (e in molti casi neanche quello, pensiamo alle reti Wifi) non chi lo usa, la responsabilità non può essere addossata automaticamente al proprietario e neanche è possibile costringere il proprietario (ammesso che sia in grado di dirlo) a rivelare chi usa il suo computer o a dedurre la colpevolezza da un eventuale diniego. Ciò detto, invitiamo tutti i consumatori raggiunti dalla raccomandata della Peppermint a contattarci all'indirizzo mail peppermint@altroconsumo.it, per avere ulteriori informazioni, ottenere importanti indicazioni su come comportarsi e conoscere nel dettaglio le iniziative di Altroconsumo atte a far valer i diritti di tutti gli utenti coinvolti in questa vicenda. Altroconsumo continua a ritenere legittima la difesa della proprietà intellettuale, uno dei pilastri della società dell'informazione, ma occorre garantirla nel rispetto dei diritti fondamentali degli utenti. Forme di collaborazione assai meno invasive dell'autonoma investigazione posta in essere dalla Peppermint hanno recentemente dato luogo ad un vero e proprio sollevamento del "popolo della Rete" in occasione della approvazione della direttiva IPRED 2 in prima lettura. Qui però, si va ben oltre l'IPRED 2, stiamo assistendo ad un salto di qualità della lobby in questo settore: non si cerca più di fare in modo che siano approvate leggi discutibilissime ma si utilizza quello che c'è calpestando di fatto il diritto, altro che squadre di investigazione congiunte, qui se la cantano e se la suonano e se questa azione non viene fermata al più presto anche con adeguata punizione di chi ha tentato di mettere in piedi il marchingegno rischiamo che sia legittimato un modus operandi a dir poco aberrante. Richiesta urgente di intervento per violazione del Codice Deontologico Forense da parte del Vostro iscritto Avv. Otto Mahlknecht FONTE
  7. [ben]xxxzippo[/ben] Qui chiudo
  8. Il Politecnico realizza il record mondiale di trasmissione dati senza fili "Una soluzione per ridurre il digital divide tra i paesi industrializzati e il terzo Mondo" WiFi, l'ateneo di Torino batte il WiMax "Trasmettiamo a 300 km con vecchi pc" di VALERIO MACCARI UNA CONNESSIONE internet senza fili in grado di trasmettere a 300 chilometri di distanza, senza ripetitori intermedi. E' un record mondiale, ed è un record tutto italiano. Merito del Laboratorio Ixem del Politecnico di Torino che, sotto la guida del professor Daniele Trinchero, ha creato un sistema di comunicazione wireless potentissimo, utilizzando vecchi computer 386 (quasi antiquariato informatico) e Linux. Le prestazioni sono eccezionali, in grado di far impallidire non solo i normali sistemi WiFi, che hanno un raggio di copertura di 220 metri, ma anche il nuovissimo WiMax. Che raggiunge i 40 Km. Il progetto nasce dall'idea di partecipare a una competizione internazionale tra laboratori di ricerca finalizzata alla progettazione e realizzazione del collegamento wireless in grado di mettere in comunicazione due punti ubicati alla distanza maggiore. "E' una sorta di gara autogestita fra le università e i laboratori attrezzati per lo studio e la progettazione degli impianti wireless", spiega il porfessore Daniele Trinchero, capo del progetto. "Non c'è una giuria che valuta il nostro lavoro o che dia dei punteggi". Ma è già possibile stabilire il vincitore. Il miglior risultato ottenuto fino ad ora è stato un collegamento tra Cipro e Libano che copre 200 kilometri e offre un'ampiezza di banda (la velocità con cui si trasferiscono i dati) di 4 megabit al secondo. Niente in confronto a quanto ottenuto dal Politecnico. "Abbiamo collegato Capanna Margherita, il rifugio più alto d'Europa, a 4556 m di altezza, con Pian Cavallaro, sull'Appennino Tosco-Emiliano, a 295 chilometri di distanza - dice Trinchero - offrendo una velocità stabile di 20 megabit al secondo. La rete di collegamento è stata da subito utilizzata per rendere disponibile la connettività internet a banda larga agli ospiti del Rifugio e per l'installazione di una webcam che ogni 15 secondi trasmette immagini ad alta risoluzione sul sito web del laboratorio iXem del Politecnico di Torino. E questa estate puntiamo a trasmettere anche a 340 chilometri". Il progetto, nonostante l'alto livello tecnico, è stato realizzato con pochissimi fondi. "Quello che ci interessava - spiega Trinchero - era dimostrare cosa era possibile fare utilizzando tecnologia cosidetta povera". Il progetto è tutto stato autofinanziato all'interno del mio laboratorio. Si dice tanto che la ricerca non ha fondi, e quindi noi, per una volta, i fondi ce li siamo inventati. Tutto il sistema è stato creato con l'idea del basso costo in mente. Siamo convinti che per battere il digital divide, ovvero i ritardi di sviluppo economico dei paesi con un basso sviluppo informatico, l'unico modo sia usare tecnologie a costi contenuti. Soprattutto nell'ambito delle comunicazioni. Che dovrebbero essere per definizione 'di massa', ovvero alla portata di tutti". Il risultato, quindi, è un sistema wireless su misura per i paesi del terzo mondo. "Siamo attivi da anni sul fronte della lotta contro il digital divide e lo sviluppo di tecnologia a basso costo per l'informatizzazione del territorio. I risultati ottenuti aprono interessanti scenari di applicazione per la riduzione del divario digitale tra i paesi industrializzati e i paesi del terzo mondo. Nei paesi occidentali non si pone il problema di trasmettere a così grande distanza. Esistono delle reti di trasmissioni dati via cavo che svolgono ottimamente il lavoro. Ma in molti Stati dell'Africa e del Sud America, i 20mila euro a chilometro necessari per costruire reti del genere non sono una spesa sostenibile. La nostra soluzione, invece, ha un costo molto contenuto. Abbiamo attrezzato dei vecchi computer dismessi con schede di trasmissione e li abbiamo fatti girare con una versione "ad hoc" di Linux, scaricabile gratuitamente. Lavorano con potenza bassissima (-2 dBm), trascurabile rispetto a quella di un comune telefono cellulare, nel pieno rispetto della normativa nazionale ed internazionale. Li abbiamo collegati a delle antenne direzionali e siamo riusciti a spedire a 300 km di distanza non solo internet, ma anche servizi di telefonia Voip e di videoconferenze". Il record mondiale, insomma, è stato realizzato con un'attrezzatura che reputeremmo antiquata per le nostre case. Un risultato straordinario, che mette in luce la capacità della ricerca degli atenei italiani e la sua capacità di collaborare con il territorio. "Il progetto non si sarebbe potuto realizzare senza l'entusiasmo e la preparazione del laboratorio e dei miei collaboratori Riccardo Stefanelli, Alessandro Galardini e Enrico Guariso. Ma abbiamo avuto molta disponibilità anche dalle comunità locali - spiega Trinchero. E abbiamo potuto contare perfino sull'Austria, che ci ha permesso di installare una stazione di ricezione anche a Sankt Anton am Arlberg, in Tirolo. Al gruppo di ricerca ha aderito anche il Ministero delle Comunicazioni, che ci ha seguito in tutte le fasi, e la Andrew, che è la più importante azienda al mondo nella fabbricazione di antenne. Ci ha messo a disposizione tutto il materiale del magazzino. Per il nostro laboratorio è stato quasi un sogno". FONTE
  9. Massa: "Io, cattivo e furbo" Felipe si confessa: «Adesso so come gestire la mia Ferrari. Sbaglia chi pensa a una sfida tra me e Hamilton: ci sono anche Raikkonen e Alonso» STEFANO MANCINI, INVIATO A MONTECARLO Montecarlo è il Gran premio che la Ferrari non riesce a vincere dal 2001. Anche nei periodi migliori ci sono sempre stati un incidente, una safety car, una penalizzazione, un imprevisto qualsiasi. Se il pilota qui riesce a fare la differenza - come giurano gli addetti ai lavori -, la buona sorte è capace di miracoli. Trulli vinse nel 2004, l'annata aurea di Schumacher (che nell'occasione fu tamponato da Montoya in regime di safety car), Coulthard nel 2002, altra stagione magica per le rosse. «Sì, è vero, il risultato te lo costruisci a ogni chicane o tornante - spiega Felipe Massa -. Sono tutte curve lente, ci vuole niente a perdere decimi su decimi. Poi però serve fortuna. Per questo non esiste un favorito». Due vittorie consecutive e tre pole di fila: così il pilota brasiliano ha recuperato punti e consensi dopo la gaffe malese, quell'azzardato tentativo di sorpasso su Hamilton concluso sull'erba. Della sua sportellata ad Alonso - Gp di Spagna, prima curva - ancora si parla. «Chi sostiene che sono diventato cattivo non mi conosceva - dice -. Sono maturato, è vero, ma sono altre le cose che ho imparato a fare o a evitare». Racconta di quando aveva una sola cosa in testa: divorare ogni singolo giro come se fosse una qualifica. «Spremevo la macchina al 110 per cento. Con l'esperienza ho capito che ci sono momenti cruciali in cui devi spingere e altri in cui serve pensare al motore, alla strategia, alla visione complessiva della corsa». C'è molto Schumacher nella sua crescita professionale. Stima reciproca, fiducia, scambio di consigli. L'allievo ha assorbito come una spugna. Il maestro è già nei paraggi (martedì sera avrebbe voluto giocare la partita della nazionale piloti, ma per la prima volta è stato costretto al forfait da uno stiramento) e sarà di nuovo ai box sabato e domenica a occuparsi di strategia. «Il set up, invece, me lo vedo io con i tecnici», precisa Massa. Le tattiche sono un rompicapo. «Le nuove regole non consentono di fare il pit stop nel primo giro di safety car», spiega Luca Baldisserri, il capo degli ingegneri del Cavallino. Quindi? «Quindi meno pit stop si programmano, meno rischi si corrono. Però in questo caso bisogna caricare più benzina, rischiando di compromettere la qualificazione. E se poi non succedono imprevisti e la safety car resta posteggiata ai box, perdi la gara». La buona sorte, ecco che cosa serve in alternativa a una sfera di cristallo. «Ma anche una vettura veloce come la nostra rappresenta un bell'aiuto», conclude Baldisserri. L'imprevedibilità appartiene al fascino del Principato. E' persino annunciata pioggia tra sabato e domenica. «Montecarlo è un bel posto per vivere - sostiene Massa -, l'ideale per uno come me sempre in giro per il mondo e quando torna a casa ha bisogno di ricaricare le batterie». E la gara, il tracciato, l'adrenalina di quei guard rail così vicini? «Non è il massimo. Preferisco circuiti veri, tipo Suzuka e Spa, a quelli cittadini». L'anno prossimo la Formula 1 sfreccerà nelle vie di Valencia e di Singapore. «Se fossi io a scegliere...». Massa fa una pausa. «Ma non lo sono, quindi concentriamoci e pensiamo a portare a casa i dieci punti». In classifica generale, il pilota brasiliano è terzo, a -3 dalla McLaren di Hamilton e a -1 da quella di Alonso. «E' un campionato equilibratissimo, dunque è fondamentale essere al vertice in ogni gara. Io e Hamilton favoriti? No, siamo in quattro: aggiungete pure Alonso e Raikkonen». C'è chi insiste nel ritenerlo avvantaggiato dal fatto di avere, come manager, il figlio di Jean Todt. La risposta è tagliente: «Nicolas è una persona in gamba e ci vado d'accordo. Il vantaggio finisce lì: io vengo valutato per i risultati in pista, non per quello che faccio al di fuori». FONTE
  10. L'avventura di un giovane olandese è diventato una sorta di documentario Da Rotterdam al Madagascar in auto Arnoud de Vroomen ha attraversato il Continente Nero su 4 ruote. Quando tornerà a casa, avrà percorso 65 mila km ANTANANARIVO (MADAGASCAR) - All'inizio doveva essere solo un viaggio d'avventura, con protagonisti due giovani squattrinati olandesi alla guida di due vecchie Citroen 2CV che documentavano le infinite bellezze del continente africano. Ma con il passar dei mesi e dei chilometri l'avventura dell'olandese Arnoud de Vroomen è diventata un vero e proprio documentario nel quale non solo si celebrano gli aspetti positivi del "Continente Nero", ma anche le tantissime iniziative intraprese da aziende locali e internazionali per migliorare la vita di tanti paesi del continenti africano. Da Rotterdam al Madagascar per raccontare l'Africa STORIA - «Tutto è cominciato quasi per scherzo» afferma Arnoud de Vroomen, il protagonista di questa ambiziosa avvenuta. «Nel 1995 ero in Africa Occidentale e ho incontrato due ragazzi che con una Land Rover erano partiti da Londra e dovevano arrivare a Città del Capo. Rimasi molto impressionato allora e dissi a me stesso che avrei tanto amato fare un viaggio simile, ma con la mia Citroen 2CV». Una volta tornato a Rotterdam Arnoud coinvolge il suo amico Frans Bruens, possessore anche lui di una vecchia Citroen 2 CV. Il 4 marzo partono da Rotterdam e mano mano che attraversano i paesi africani i problemi si moltiplicano: «Il mio amico Franz ha passato numerose traversie con la sua auto che velocemente si è deteriorata. In più, quando eravamo in Senegal gli sono stati rubati i documenti e le poche cose che aveva. Alla fine una volta arrivato in Ghana ha deciso di tornare a casa». ARRIVO - La partenza dell'amico non ha fermato Arnoud che dopo otto mesi ha raggiunto il Madagascar nel novembre del 2006. Arnoud, anche durante il viaggio, ha continuato a lavorare per la sua azienda, la "BushProof". Questa in passato ha vinto un premio offerto dalla Banca Mondiale per aver prodotto un sistema di filtraggio a basso costo che permette di depurare l'acqua facendola diventare potabile. Il sistema è stato sperimentato positivamente in alcune aree rurali dell'Africa e durante il suo lungo viaggio Arnould ha potuto documentare quali benefici questa iniziativa della sua azienda ha prodotto nei paesi africani. VIAGGIO - Durante la lunga traversata Arnoud ha anche filmato le tante iniziative positive intraprese in Africa da diverse aziende locali e internazionali e che hanno lo scopo di far progredire questo martoriato continente. «Da quando lavoravo in Burkina Faso nel 1995 ho sempre saputo che in Africa esistono iniziative brillanti e positive. Io credo che bastano poche persone forti e tenaci per migliorare le condizioni di molte città africane. Oggi in Africa ci sono centinaia di persone che anche gratuitamente combattono per migliorare il continente. Il mio documentario ha lo scopo di raccontare la tenacia di queste persone». RITORNO - Il 23 maggio è cominciato il viaggio di ritorno di Arnoud. Lasciato il Madagascar spera di arrivare a Rotterdam per il prossimo settembre, dopo aver attraversato in ordine Sud Africa, Monzambico, Malawi, Zambia, Tanzania, Ruanda, Uganda, Kenya, Etiopia, Sudan, Egitto, Italia, Svizzera e Germania. Alla fine, sostiene il giovane olandese, tra viaggio di andata e ritorno avrà percorso circa 65.000 km. Secondo Arnoud uno dei mali più grandi dell'Africa è la corruzione: «La corruzione è ovunque. Anche per passare da uno Stato all'altro devi pagare e sopportare che alla frontiera alcuni dei tuoi beni siano portati via. Ciò è davvero irritante». Tuttavia l'Africa, per Arnoud, è un posto incredibile: «Gli Africani in generale sono fantastici, sono persone accoglienti e calorose. In realtà l'Africa è lontana dal ritratto che dipingono ogni giorno i media. Essa non è solo corruzione e aggressività. Io invito tutti a scoprirla da soli. E' il continente più bello del mondo». Francesco Tortora FONTE
  11. arantino a Cannes: «Regalo brividi di piacere» «Le mie pupe tra Godard e i western» «Non ho paura di parlare degli insuccessi. Se qualcuno dirà che Death Proof è la versione trash di dialoghi d'autore io applaudirò CANNES — «La cultura o sottocultura delle automobili è radicata in America da sempre e, quindi, in Death Proof non fate attenzione solo alle mie protagoniste, che al volante cercano di eliminare lo psicopatico deciso a farle fuori con la sua quattro ruote mortale. Le macchine in Usa — e lo stare al volante — provocano brividi di piacere, un gusto di potere strettamente imparentato con l'erotismo e il possesso. Un aspetto del mio film da non trascurare». Convinzioni di Quentin (Tarantino) che non ha santini in tasca e un'immagine in odor d'incenso e non cerca di convincere nessuno di essere un regista impegnato o un attivista qualche battaglia civile. Però, riempie la sala stampa e quelle dove si proietta il suo atto unico, appunto Death Proof. IRONICO - E' anche ironico dietro le quinte: «Nessuna paura a essere qui dopo un insuccesso ancora tutto da discutere e spiegare, cosa che farò, del nostro film Grindhouse, composto dal duetto tra il mio episodio e quello di Rodriguez. La Francia è la patria di Godard, del suo Week-End apocalittico sul mondo delle automobili e non soltanto: se qualcuno dirà che Death Proof è la versione trash e manierista dei dialoghi tra donne e che queste sono donne di Godard... applaudirò». DIVISIONE CRITICA-PUBBLICO - Di sicuro Death Proof ha subito diviso critica e pubblico. In concorso ieri al Festival è arrivato dal film «gemello» di Rodriguez, con grande rimpianto del protagonista tarantiniano, Kurt Russell, che si è detto attaccatissimo alla versione originale dell'accoppiata, con il titolo Grindhouse: «Sono certo che vincerà la sua battaglia in dvd e che entrerà nella storia del cinema; sarà capito, magari tra dieci anni». Mancano all'episodio di Quentin tutti i trailer presa in giro dei film trash, tutti gli intermezzi che legavano i due film con trovate esilaranti. «Ho voluto eliminarli — ha spiegato il regista — per dare compattezza e unità al mio episodio». E Rodriguez, assieme al produttore Harvey Weinstein, sorveglia dietro le quinte l'incontro e conferma che il suo episodio, Planet Terror, si vedrà a Venezia dove anche Tarantino sarà presente come organizzatore della rassegna dedicata ai western all'italiana. Quentin — che sulla Croisette è già stato presidente della giuria e che qui ha imposto con Le iene e Pulp Fiction le invenzioni e il kitsch di un cinema che prende a prestito stereotipi da tanti generi, ma li scavalca — parla con la consueta comunicativa. Qualche giornalista lo ringrazia «per aver dato forza, possibilità di vendetta, e visibilità a tutte le donne». Intanto i maschi fanno ressa per vedere dal vivo le girls: la sensuale Rosario Dawson, l'acqua cheta capace di ogni conturbante performance Rose McGowan, Tracie Thoms che al volante è una campionessa e la stunt woman più forte e sexy di Hollywood, Zoe Bell, che legata sul cofano della macchina compie prodezze. CULTORE DI B-MOVIES ITALIANI - Ma c'è ancora un senso nel suo cinema provocatorio, ormai quasi un simulacro-cornice di sottogeneri? «C'è — risponde lui — E Grindhouse, che allude proprio al cinema "exploitation" e alle sale americane dove si proiettava, non è certo una sterile prova per rilanciare una moda. In quelle stesse sale si vendevano i fumetti cui il film è ispirato e si presentavano le serie cinematografiche asiatiche e i "B movies" italiani di cui sono un cultore. Cito una scena per tutte: quella di lap dance che serve anche per spiegare la psicologia nevroticomoralistica del killer a tutto gas Kurt Russell: oggi viviamo su tanti boulevard della morte». «Ricordate — prosegue — film come quello di Spielberg , Duel, e La macchina nera, una pellicola thriller -horror? Alla base del mio film ci sono anche queste reminiscenze in un Paese — e forse nel mondo — dove l'automobile diventa un terminale della personalità di chi la guida, un abitacolo protettivo e di rivalse, sopraffazioni. C'è divertimento puro, mi auguro , nella visione del film, ma anche altro, se cercherete. Per esempio nel parlare tra loro e senza ipocrisie, ma sporco e vero, delle donne». Le attrici annuiscono, palesemente lo adorano e ci pensa Rosario Dawson a rappresentarle: «Quentin mi ha insegnato che ogni film è di genere. Noi attori con lui eliminiamo il nostro ego per aderire ai suoi personaggi. Ma i nostri personaggi forti sono donne-donne, non maschi. Esattamente come i suoi film sono cinema- cinema e non ricalchi. La discussione è aperta: siamo al suo fianco anche per questo». Giovanna Grassi FONTE
  12. Addio al profeta dei cristalli liquidi PARIGI Lo scienziato francese Pierre-Gilles de Gennes, premio Nobel per la fisica nel 1991, è morto all'età di 74 anni. La notizia è stata diffusa dalla famiglia ieri, precisando che il decesso risale a venerdì scorso. Fisico di grande popolarità, intellettuale e scienziato brillante, definito il «profeta della materia soffice», perchè si occupava di cristalli liquidi, Pierre-Gilles de Gennes ha ricevuto il Nobel per le sue teorie che stanno alla base, tra l'altro, degli orologi digitali e degli schermi dei computer portatili. Pierre-Gilles de Gennes, nato a Parigi, è uno degli scienziati più popolari e influenti di Francia, vero «maìtre-à-penser». Laureato alla Scuola Normale di Parigi con una tesi sui materiali semiconduttori, ottiene il dottorato in fisica al Centro per l'energia atomica di Saclay e il post-dottorato a Berkeley, in California; dal 1972 insegna al prestigioso College de France di Parigi e dal '76 dirige l'Ecole Superièure de Physique et de Chimie Industrielle. I suoi maestri nel periodo di iniziazione parigina furono Yves Rocard (astrofisica e meccanica), Alfred Kastler (ottica) e Pierre Agrain (fisica). Qualcuno ha paragonato Pierre-Gilles de Gennes a Newton per la sua capacità di ridurre fenomeni complessi a poche semplici verità, altri l'hanno definito il «profeta della materia soffice», vale a dire di quella materia impalpabile di cui sono fatte le cose che contano della nostra tecnologia, i polimeri, i cristalli liquidi, i colloidi. È a queste sostanze e al suo lavoro rimarchevole nei campi molto vari del magnetismo, della superconduzione, dei cristalli liquidi, dei polimeri, che De Gennes deve prima la nomina all'Accademia delle Scienze nel 1979, poi il riconoscimento quale uno dei pionieri della «fisico-chimica della materia» e infine il Premio Nobel per la fisica assegnatogli nel 1991 per le sue teorie che stanno alla base, tra l'altro, dei nostri orologi digitali e degli schermi dei computer portatili. Uomo di scienza e di relazioni interdisciplinari, propugnatore dell'umiltà e del lavoro collettivoì, De Gennes ha moltiplicato negli anni le collaborazioni con differenti centri di ricerca (Cnrs, Cea). Parallelamente alla ricerca ai massimi livelli ha consacrato larga parte delle sue energie all'insegnamento e alla diffusione delle proprie conoscenze. La scuola è un'altra delle passioni di De Gennes, tanto che il suo nome è stato dato a un liceo nel sud-est della Francia: «Ho sette figli (da due mogli, precisa) e sette nipoti - scherzava - e anche per questo mi sono sempre interessato della scuola». FONTE
  13. Qualche anno fa, la notizia fece il giro del mondo: ad Altamura, in Puglia, una piccola focacceria locale decise di fare concorrenza al colosso, aprendo un negozio proprio accanto. E il gigante, dopo un anno, fallì... Così il panettiere sconfisse McDonald's E la storia (vera) adesso diventa film In Puglia le riprese della docufiction "Tu vo' fa' l'ammericano" diretta da Nico Cirasola e prodotta dalla Pablo. Ecco il primo trailer: "E adesso aspettiamo che vengano gli sponsor" di CLAUDIA MORGOGLIONE ROMA - La notizia, qualche anno fa, fece il giro del mondo. Finendo dritta dritta sulle pagine dei quotidiani stranieri, dal New York Times a Liberation. Attratti da una storia in cui il localismo vince sulla globalizzazione, la bravura di un artigiano sul potere di una multinazionale, l'unicità dei sapori sulla riproducibilità dei menù. Grande protagonista della vicenda, un panettiere di Altamura, in Puglia, che sconfisse, umiliò e costrinse alla fuga nientemeno che... il colosso dei colossi, ovvero McDonald's. Con queste premesse, non sorprende che l'episodio in questione - così intrigante, così intrinsecamente cinematografico - sia diventato film. O meglio una docufiction (mix di realtà e ricostruzioni con attori, molto in voga in questi anni) diretta dal regista Nico Cirasola, e prodotto da Gianluca Arcopinto a Alessandro Contessa per Pablo Bunker Lab. Una pellicola ancora in lavorazione, di cui vi mostriamo, in esclusiva, il primo trailer. Ma facciamo un passo indietro. Perché per raccontare questo film dai mille sapori - quello del pane fresco di forno, ma anche quello delle friggitrici per hamburger e patatine - conviene partire dalla vicenda che lo ha ispirato. Tutto comincia nel 2001, quando ad Altamura, provincia di Bari, viene inaugurata, tra la curiosità di tutti gli abitanti, una grande, fiammante sede di McDonald's: un ristorante di 550 metri quadri, con tanto di massiccia campagna promozionale in tutta la zona, portata avanti con le più aggiornate tecniche di marketing. Sembrava un trionfo annunciato. E invece, per questa ennesima filiale del fast food più celebre del mondo, arriva la Nemesi. Nei panni - tranquilli, apparentemente innocui - di Luca Digesù, di professione panettiere. Che, spinto anche da tale Onofrio Pepe, presidente di un'associazione costituita per tutelare la cultura alimentare locale, decide di osare l'inosabile. Di sfidare il gigante, e proprio a un passo da casa sua. In pratica, di aprire una piccola bottega di prodotti freschi, una focacceria, proprio accanto al megaristorante. Morale della favola: la concorrenza di Luca è spietata. E il colosso è costretto a chiudere i battenti: nel giro di un anno e mezzo, il fallimento è inevitabile. E dunque non sorprende che la vicenda abbia interessato anche i media stranieri: non è storia di tutti giorni, che una focaccia (pugliese, nel caso specifico) affossi i Big Mac. Una classica vicenda di orgoglio regionale che ha spinto il regista Nico Cirasola, insieme ad Alessandro Contessa, a ricavarne un soggetto. Che poi è diventato la sceneggiatura di un film dal titolo Tu vo' fa' l'ammericano, che vede - nelle parti non documentarie ma di finzione - comparire, come attori, Onofrio Pepe, Luca Cirasola e Tiziana Schiavarelli. Ecco la trama. Onofrio, altamuriano doc, come ogni domenica assiste allo spettacolo dei pupi, nella villa del Paese. E proprio mentre vediamo in scena Pinocchio e Lucignolo nel paese dei balocchi, lui comincia a raccontare a due bambini la storia vera del grande fast food e della focacceria. In cui i personaggi reali si mischiano e si confondono con quelli, più grotteschi, frutto della fantasia; il macellaio, il netturbino, il barbiere. E poi, immancabile, l'happy end: non solo la vittoria di Davide contro Golia, ma anche i panettieri che vanno in trasferta negli Usa con una missione precisa. Convertire anche gli americani alla bontà della focaccia... Questo il progetto. Solo in parte realizzato: sono state fatte già delle riprese, da cui è stato ricavato questo primo filmato promozionale. "Necessario - come spiega il produttore, Alessandro Canessa - per trovare sponsor. Insomma l'avventura è partita con una grande ricchezza più di idee che di denaro. Con la voglia di dimostrare che il cinema italiano deve recuperare passione e gioia, puntando su storie legate alla cultura e al territorio del nostro Paese". E se i realizzatori avranno anche solo la metà della determinazione dei panettieri di cui celebrano le gesta, possiamo essere certi che l'impresa riuscirà. FONTE
  14. Minori e tecnologie: un sito ministeriale per navigare sicuri ROMA Adeguare le leggi vigenti, colpire chi si rende responsabile di reati sulla Rete e, soprattutto, informare e spiegare ai minori e ai loro genitori quali sono le insidie del Web. Sono queste, secondo il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, le tre "linee d'azione" perseguite dal governo per fronteggiare l'aumento dei reati contro i minori perpetrati tramite Internet. "Un'azione di contrasto deve fondarsi su un'azione informativa", ha detto il ministro alla presentazione di www.tiseiconnesso.it, un nuovo sito creato dal ministero per educare i minori all'utilizzo consapevole della Rete. "Abbiamo sempre considerato irrealistiche le idee secondo le quali un intervento di natura repressiva potesse essere di per sé sufficiente per fermare le minacce ai minori... non esiste una muraglia cinese che possa fermare le minacce", ha detto Gentiloni ai giornalisti. Il sito, creato in collaborazione con l'organizzazione «Save the Children», affronta i temi legati ai pericoli del Web con un linguaggio e una grafica ispirati al mondo dei fumetti e dei cartoni animati. L'intento, ha spiegato Gentiloni, è quello di non demonizzare la tecnologia, ma di educare al suo utilizzo consapevole. Ogni pagina del sito, diviso in tre sezioni - una per i bambini, una per i genitori e una per gli insegnanti - affronterà una tematica legata alla Rete e agli strumenti che si utilizzano per accedervi, dai cellulari al computer. Sul sito, realizzato anche grazie alla collaborazione di alcune scuole della capitale, saranno presenti anche alcune storie raccontate dagli alunni delle scuole sulle proprie esperienze di utilizzo della Rete. Il nuovo sito creato dal ministero: «Ti sei connesso» FONTE
  15. Il 2,9% dei beni durevoli si compra online ROMA Il 2,9% del giro d'affari complessivo del mercato dei beni durevoli di consumo nel 2006 (523 milioni di euro su un totale di 18 miliardi) è transitato da Internet. Un canale, quello online, in continua evoluzione: se il numero dei website da cui è possibile acquistare prodotti è diminuito negli ultimi anni (nel 2004 erano 238, a dicembre 2006 erano 226) il fatturato generato da questo canale è aumentato da 170 milioni del 2004 agli attuali 523 milioni di euro. Un dato significativo che emerge dalle rilevazioni continuative di GfK Marketing Services Italia, azienda leader nelle ricerche di mercato sui beni durevoli di consumo, vendite di beni di consumo durevoli attraverso il canale Internet. La rilevazione ha riguardato 43 siti web a livello europeo, tra Click & Mortar, cioè siti e portali che fanno riferimento a catene e negozi con punti vendita sul territorio, e Pure player, cioè veri e propri negozi «virtuali» che vendono prodotti di tecnologia di consumo. Si tratta di un campione rappresentativo di un universo di 226 siti web, di cui fanno parte 9 dei 10 top player in Italia. In linea generale ad essere preferiti sono ancora gli acquisti attraverso i canali tradizionali: le vendite online costituisco ancora un canale in via di sviluppo, che probabilmente deve ancora dimostrare le sue potenzialità. La ricerca rivela però alcune caratteristiche specifiche, tra le quali la capacità di anticipare il ciclo di vita dei prodotti, come avvenuto ad esempio nel 2006 per l'acquisto delle nuove generazioni di lettori MP4. Il prezzo medio dei prodotti venduti via Internet risulta superiore a quello dei canali tradizionali: una differenza che si spiega soprattutto con il fatto che gli acquisti online riguardano principalmente prodotti di fascia alta e a maggior contenuto tecnologico. Ad esempio, l'incidenza dei grandi elettrodomestici risulta del tutto marginale, mentre i settori merceologici per i quali il peso relativo del canale Internet è superiore alla media sono quelli dell'Information Technology (3,1%) e delle telecomunicazioni (2,3%). Se analizziamo la composizione del fatturato del canale online, i prodotti più importanti sono i telefoni cellulari (16, 6% del totale), seguiti dai laptop (14,85%), TV Lcd (10,1%), TV al plasma (5,3%), stampanti (2,9%), monitor per pc Lcd (2,8%), navigatori satellitari (2,4%) e condizionatori (1,6%). A parità di prodotto, non sempre il canale online è in grado di offrire prezzi più convenienti. Il confronto effettuato tra i prezzi medi di vendita dei primi dieci modelli più venduti nei due canali tradizionale ed online mostra che non sempre, a parità di modello, il canale internet è in grado di offrire prezzi più aggressivi. Domanda e offerta si incontrano in modo diverso nel canale online. Come si è detto, in genere in Internet si effettuano acquisti a prezzo medio più elevato. Ad esempio, per quanto riguarda i TV LCD, a dicembre 2006 nei canali tradizionali il prezzo di vendita dei primi dieci modelli più venduti oscillava tra gli 846 e i 741 euro, mentre in Internet i prodotti più venduti erano posizionati con un prezzo che variava tra i 1.154 e gli 877 euro. Alcuni prodotti invece sono invece offerti a prezzi più aggressivi: questo accade ad esempio per alcuni modelli di lettori MP3. Il prezzo, in ogni caso, non sembra essere l'unico motore della scelta per gli acquisti online, condizionata più in generale da altri fattori, il primo dei quali sembra essere la possibilità di trovare immediatamente il prodotto desiderato, anche se ancora di difficile reperimento sul mercato nei canali tradizionali. Tra le caratteristiche peculiari del canale online, la ricerca evidenzia ad esempio come la stagionalità delle vendite natalizie risulti anticipata al mese di novembre, rispetto al canale tradizionale (3,9% sul totale degli acquisti online nel mese di novembre 2006, 3% nel mese di dicembre 2006), mentre diminuisce più della media nel mese di agosto (2,2% di acquisti in Internet nel mese di agosto 2006 contro una media annuale del 3%). La spiegazione risiede probabilmente nel fatto che, mentre in agosto i consumatori, essendo in vacanza, frequentano meno il canale Internet, nel periodo natalizio tendono ad anticipare gli acquisti in funzione dei tempi di consegna. FONTE
  16. «Le ragazze di Riad», della 25enne Rajaa Al-Sanea, racconta speranze e frustrazioni giovanili in uno dei luoghi più chiusi del pianeta Arriva il Sex and the City saudita In Occidente il libro-evento che infrange i tabù arabi Le ragazze di Riad è un romanzo dove i giovani maschi sono perennemente e inutilmente eccitati, lanciano sguardi libidinosi a giovani donne delle quali indovinano sotto il velo a malapena gli occhi, hanno talvolta il coraggio di lanciare loro bigliettini con il numero di cellulare o di contattarle via Bluetooth, mamai la forza di ribellarsi a mamma, papà e tradizione. Per questo il libro di Rajaa Al-Sanea, saudita 25enne, canta le gesta delle quattro eroine Sadeem, Qamrah, Mashael e Lamees, e ridicolizza gli uomini: hanno tutto il potere ma lo usano — appena sposati — per girare per casa ostentando indecenti mutande bianche, piuttosto che per cambiare le cose nell'oscurantista Arabia Saudita. Rajaa, che ha lasciato Riad e studia da dentista a Chicago, ha scritto il libro-evento degli ultimi anni nel mondo arabo, un romanzo che arriva ora in Occidente: prima dell'estate negli Stati Uniti (Penguin Press), dopo in Italia (Mondadori) e in decine di altri Paesi europei e non. Il valore letterario non è acclarato (ci sono estimatori e critici), ma non è questo il punto: le centinaia di migliaia di copie vendute in due anni in Libano e in Bahrein, dove molti sauditi sono andati a comprare il libro bandito in patria, le fotocopie diffuse al mercato nero a Riad e le email spedite per aggirare la censura, offrono agli arabi wahaabiti l'inedito piacere di leggere storie — finora tabù — di corteggiamenti, feste a base di Dom Perignon, omosessualità e ingiusto odio contro gli sciiti. Per gli occidentali, Le ragazze di Riad è una testimonianza dall'interno di uno dei luoghi più chiusi del Pianeta, raccontata con gli occhi della generazione che avrebbe il compito di farlo progredire. Non c'è molto che incoraggi l'ottimismo. Le quattro giovani studiano all'università, appartengono alla classe alta, amano fare name-dropping buttando lì nella conversazione parole e personaggi anglosassoni, guardano i telefilm americani grazie al satellite e citano Sex and the City come ogni ragazza occidentale faceva prima che Carrie e amiche passassero di moda. Però, Qamrah è costretta a sposare Rashid dopo un matrimonio combinato. I due non si conoscono, dopo molti imbarazzi lei si toglie l'hijab e lui la prega di rimetterselo: non la trova attraente, e poi ama una donna giapponese. La abbandonerà, non prima di averla messa incinta. Sadeem invece si fidanza con Walid, e gli si concede poco prima della festa di nozze. Errore imperdonabile: Walid è entusiasta ma poi la giudica troppo disinibita, sospetta che abbia avuto altre relazioni sessuali, la lascia. Mashael, padre saudita ma madre americana, si imbatte in Faisal un giovedì sera, all'ingresso del centro commerciale. La polizia della Morale e della Virtù vieta l'ingresso ai ragazzi, troppo carichi di testosterone, ma l'intraprendente Faisal offre a Mashael mille Riyal per spacciarsi come sua sorella facendolo entrare. È l'inizio di una grande storia d'amore, che finirà quando i genitori di lui si oppongono al matrimonio perché Mashael non è pura saudita. L'unica storia a lieto fine è quella di Lamees, che ama Nizar dopo l'impossibile sbandata per Alì, colpevole di essere sciita. Lamees mette la ragione al servizio del cuore: si innamora a prima vista del suo collega alla Scuola medica, ma decide di non ripetere gli errori delle amiche e si adopera con determinazione per farlo cadere nella rete. Le sue arti hanno successo, Lamees e Nizar si sposano e vivono felici: in Canada. Le quattro ragazze si vedono spesso a casa del quinto personaggio importante del libro, una kuwaitiana 39enne abbandonata dal marito. Il figlio Nouri è omosessuale, tutti lo deridono chiamandolo con il femminile Nowayer, ma lei ha la forza di non vergognarsene e anzi porta con orgoglio il nome di Um Nowayer, «la madre di Nowayer». Un'altra ragione del successo del romanzo è la struttura che strizza l'occhio alla modernità: 50 email nell'arco di un anno, una dopo ogni Venerdì di preghiera, inviate dalla voce narrante alle amiche di chat su Internet. Le ragazze sono al passo con i tempi ma deboli, i ragazzi stupidi e prepotenti. Eppure Rajaa Al-Sanea giura che, finiti gli studi negli Usa, tornerà a Riad. Stefano Montefiori FONTE
  17. Rilasciato e-Mule 0.48a installer binari changelog
  18. [ben]sderenellina[/ben]
  19. Sconosciuto il compratore, pare svizzero, che ha trattato al telefono Ferrari, asta record: oltre 6 milioni di euro La Testa Rossa ha abbattuto il primato di Soteby's per le auto storiche. Regina della giornata una Berlinetta Competizione del 1953 MARANELLO – È della 330 Testa Rossa il record dell'asta di Ferrari storiche organizzata da RM Auctions in collaborazione con Sotheby's, che a Maranello ha riscosso un successo straordinario. La vettura, costruita nel 1962, è stata battuta a 6.250.000 euro: sconosciuto il compratore, si dice uno svizzero, che ha trattato al telefono. La Testa Rossa ha superato il valore minimo di valutazione (6 milioni di euro) abbattendo il primato della casa londinese per quel che riguarda un'asta di auto storiche che era di 2.760.000 euro. All'incanto sono andate vetture bellissime, l'unica a non essere stata venduta è uno degli otto prototipi di F40 del 1987 per il quale il banditore Peter Bambridge (un assatanato londinese che ha parlato ininterrottamente per 5 ore e 5 minuti) non ha potuto accettare l'offerta finale di 460 mila euro. Le belle Ferrari all'Asta BERLINETTA - Ma se la Testa Rossa ha collezionato il record della giornata, il titolo di reginetta va alla Berlinetta Competizione 340/375 MM del 1953 che ha spuntato 3.850.000 euro, 650 mila in più della sua valutazione massima. Anche questa macchina pare sia stata acquistata dallo sconosciuto compratore svizzero che, con due degli acquisti fatti, i più importanti, ha speso dieci milioni di euro. Conosciutissimo, invece, il barone Rotschild che ha acquistato tre vetture: due monoposto (una di Barrichello e una di Massa) e una F512 S del 1970 a 2.400.000 euro. MEMORABILIA - In tutto oltre 5 milioni di euro. Fra le vetture più ammirate, e quindi contese, la F250 GT SWB Berlinetta competizione battuta a 1.900.000 euro; la 340MM Spider del 1953 che ha fruttato 2.100.000 euro; la Dino 206 SP del 1966 venduta a 2.200.000 euro; la 365 California, leggermente sottovalutata, venduta a 650.000 euro. All'asta Memorabilia, dove sono stati venduti all'incanto i cimeli dell'automobilismo, particolare successo hanno avuto il poster del GP di Cuba (1958) venduto a 14 mila euro contro una stima di 1000; e il Trofeo Mille Miglia 1951 che è stato battuto a 26 mila euro, 7 mila in più del casco iridato di Michael Schumacher. Nestore Morosini FONTE
  20. [ben]lauraf[/ben] Qui chiudo
  21. Buona domenica!
  22. Libri/ Un uomo senza patria di Kurt Vonnegut di Marco Barbonaglia "In caso non l'aveste notato, oggi noi americani siamo temuti e odiati in tutto il mondo proprio come lo erano un tempo i nazisti. E a ragione. Perciò io sono un uomo senza patria". Non sono parole di un no-global, né di un terrorista e neppure di un integralista islamico travestito da cittadino statunitense. Questa frase è scritta sul retro della copertina di Un uomo senza patria, di Kurt Vonnegut, celebre scrittore americano, autore, tra l'altro, del famoso romanzo Mattatoio numero 5. Con quel libro, ormai divenuto un classico, riuscì, dopo 23 anni di tentativi, a forgiare il suo più grande successo dall'incubo più terribile della sua esistenza: il bombardamento di Dresda. Vonnegut, catturato nella battaglia delle Ardenne, lo visse da prigioniero. Da quell'esperienza terrificante, che lo mise di fronte all'orrore della guerra, trasse l'ispirazione per un'opera, troppo frettolosamente etichettata come best-seller di fantascienza, oggi da molti considerata un capolavoro del pacifismo moderno. Vonnegut, membro dell' American Academy and Institute of Arts and Letters dal 1992, eletto Artista dello stato di New York per l'anno 2001/2002, è purtroppo recentemente scomparso. Il 10 aprile scorso è morto per i danni riportati in seguito ad una brutta caduta avvenuta tra le mura di casa. L'America ha perso così una delle sue voci più libere e intelligenti. Pacifista convinto, anticonformista, un umanista, come lui stesso si definiva. Un uomo senza patria è l'ultimo libro che Vonnegut ci ha regalato, prima di andarsene. E' una raccolta di dodici interventi dello scrittore apparsi sulla rivista radicale In These Times. Snobbato dalla grande editoria statunitense, il saggio è stato pubblicato da una coraggiosa casa editrice indipendente, ripagata dalle ottime vendite dell'opera. Solo in America le copie vedute sono state più di 350000. In dodici capitoli, introdotti da una serie di illustrazioni dello stesso autore, Vonnegut ci parla della sua nazione, un Paese nel quale non riesce più a riconoscersi. Ci descrive i difetti della modernità e tutto quello che ci stiamo, con essa, perdendo. Ma non è la voce di un vecchio che non riesce a stare al passo con i tempi a parlare. C'è tutta la verve dei momenti migliori dello scrittore, il suo tono comico e caustico, la sua vena polemica. Gli ingredienti della grande prosa di Kurt Vonnegut, insomma. Nei giorni della guerra all'Iraq e all'Afghanistan, l'autore mette alla berlina il neo-imperalismo dell'amministrazione Bush, il capitalismo sfrenato delle multinazionali, la follia di un mondo che va troppo veloce, senza mai fermarsi a riflettere. E lo fa in un modo originale, distinguendosi da qualsiasi altra voce critica sull'America di oggi. Con uno stile frizzante ma asciutto, si ferma, volta per volta, per raccontare qualche cosa che ha a che fare con la letteratura, la filosofia o, più semplicemente con i ricordi: dallo spinello fumato con i leggendari Grateful Dead, al bombardamento di Dresda. Dell'esperienza più tragica della sua vita dice: "Fu un atto distruzione assurdo, insensato. L'intera città venne rasa al suolo: un'atrocità commessa dagli inglesi, non da noi (...) Fu un esperimento militare per scoprire se si poteva distruggere un'intera città con una pioggia di bombe incendiarie". Frasi lapidarie, provocazioni intelligenti, paradossi. E' la materia con la quale è costruito il libro. "Il sistema immunitario del pianeta sta cercando di sbarazzarsi degli esseri umani" dice. Oppure cita il libro di Craig Unger, House of Bush, House of Saud " pubblicato nel 2004-aggiunge Vonnegut- un anno umiliante, vergognoso zuppo di sangue". Come nella migliore tradizione della controcultura e dell'underground statunitense, accanto ad una critica serrata alla società nella quale vive, c'è il rimpianto per il sogno di un'altra America perduta. E allora, ecco che lo scrittore indica personaggi come Mark Twain o Abraham Lincoln, come simboli di un grande Paese che avrebbe anche potuto prendere altre strade. Del sedicesimo presidente cita una frase, pronunciata quando era ancora solo un deputato, a proposito dell'allora leader della nazione Polk e della guerra scatenata contro il Messico. " Confidando di poter sfuggire sempre a ogni giudizio, indirizzando lo sguardo dell'opinione pubblica sull'eccezionale fulgore della gloria militare- affascinante arcobaleno che si leva dopo piogge di sangue, occhio di serpente che incanta per distruggere- si è lanciato a capofitto verso la guerra". Era il 1848. E' difficile pensare a qualche cosa dell'epoca che sia rimasto attuale come questo discorso. Si potrebbe pensare che qualcuno lo abbia pronunciato l'altro ieri... Un uomo senza patria. Kurt Vonnegut. minimum fax, 116 pagine. 11,50 euro FONTE