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pollicina

Le Fiabe

24 messaggi in questa discussione

questa e la fiabe che 'i miei nonni mi raccontavano sempre prima di addormentarmi ed ecco il perche' del mio nickname

Molto tempo fa viveva una donna che desiderava moltissimo avere un bambino. Disperando ormai di poterlo avere, si recò a trovare una vecchia strega molto conosciuta.

- Vorrei avere un bambino; dimmi come posso fare.

- Niente di più facile, - replicò la maga. - Ecco questo granello d'orzo: non appartiene ad una specie comune di cui si cibano gli uccelli. Piantalo in un vaso di fiori e vedrai...

- Grazie - disse la visitatrice.

Pagò la strega con dodici monete e poi ritornò a casa dove, piena di speranza, piantò il granello d'orzo.

Ben presto spunto dalla terra un grande fiore simile al tulipano, ma con i petali chiusi intorno al pistillo. All'improvviso risuonò un leggero scoppio; i petali rossi e gialli si aprirono mostrando all'interno una piccolissima bambina delicata e graziosa. Alta come una pulce, graziosa come la principessa di una favola, la bambina fu chiamata Pollicina. Il suo lettino era un guscio di noce colorato; il materasso era di foglie di violette; la coperta un petalo di rosa.

Di giorno la bambina giocava sulla tavola dove c'era un bicchiere colmo d'acqua. Pollicina si sedeva sul bordo di una foglia del tulipano, poi aiutandosi con due crini bianchi di cavallo usati come remi, si spingeva da una parte all' altra del recipiente. Offriva così uno spettacolo affascinante mentre cantava con voce pura e melodiosa. Con grande gioia della sua mamma adottiva, che l'adorava, alla bambina piaceva molto cantare! Ahimè! Una notte, mentre dormiva, un brutto rospo saltò nella stanza. Enorme ed appiccicoso, vide Pollicina che dormiva sotto il petalo di rosa.

- Che graziosa bambina ho trovato, adatta a mio figlio, - disse il rospo.

Impadronendosi del guscio di noce, scappò dalla finestra. In fondo al giardino c'era uno stagno. Il rospo abitava là con il suo brutto e sporco figlio.

- Crac! Crac! - gracidò il figlio vedendo la fidanzata che il padre gli aveva scelto.

- Sss! Svegliala dolcemente, - gli consigliò il vecchio rospo. - Agile com'è, ci potrebbe scappare facilmente. Mettiamola su quella grande foglia di lappola in mezzo al vicino ruscello. Sarà come su un isola e non potrà più scapparci. Nel frattempo prepareremo, in mezzo allo stagno, una grande camera che diventerà il vostro alloggio.

E così fecero. Quando il mattino seguente la sfortunata bambina si risvegliò, scoppiò in singhiozzi non trovando via di fuga. Le onde provocate dai due rospi agitarono pericolosamente il guscio di noce e il più vecchio di loro, inchinandosi profondamente davanti a Pollicina, le disse:

- Ecco mio figlio, il tuo futuro sposo; abiterai con lui sul fondo dello stagno. Adesso ti metteremo con il tuo ridicolo guscio di noce, indegno della sposa di un rospo, su quella bellissima foglia verde.

Rimasta sola, la bambina scoppiò in pianto, pensando al suo triste futuro. I pesciolini che avevano sentito le parole del vecchio rospo accorsero intorno alla bambina.

- Questo matrimonio è inaudito! - esclamarono. Tagliando il gambo della foglia la liberarono e, portata dalla corrente, Pollicina si allontanò dal suo brutto fidanzato. Mentre passava davanti agli alberi che ornavano le rive, la bambina sentiva cantare gli uccelli:

"Ah! che divertimento. Buon viaggio, ragazzina!"

Cammin facendo, un'incantevole farfalla tutta bianca incominciò a volteggiare intorno al fragile scafo. Pollicina fece un nodo scorsoio con la sua cintura attaccandone un' estremità alla foglia. L'altra la legò alla vita della farfalla. Quest'ultima, riprendendo il volo, trascinò rapidamente la barca e la sua felice passeggera. L'acqua dorata scintillava sotto il sole, mentre Pollicina canticchiava. All'improvviso un grosso maggiolino si gettò sulla bambina e, bruscamente, la prese con le zampe, poi si alzò in volo, mentre la foglia continuava la sua rotta, tenendo prigioniera la farfalla legata al suo gambo. Che spavento per la bambina, e che dispiacere per la farfalla in pericolo. Sarebbe morta di fame prigioniera della foglia?

Il maggiolino dopo aver posato Pollicina su di un ramo di quercia le fece mille complimenti e le servì per cena polline d'acacia.

- Puah! Com'è brutta senza ali e senza antenne! Abbandonala!

Così dichiarò la tribù dei maggiolini, riunita intorno alla nuova venuta. Contrariato per lo sdegno che manifestava la sua famiglia, il grosso insetto prese Pollicina e con sgarbo la depose ai piedi dell'albero. Per alcune settimane la bambina visse felicemente, nutrendosi del succo dei fiori e dissetandosi con quello delle rose. Ahimè! ben presto arrivò il vento e dopo le fredde piogge cadde anche la neve sulla spoglia foresta. Poiché stava per morire di fame e di freddo, Pollicina si arrischiò ad entrare in un grande campo di grano gelato. Un topo di campagna vi aveva fabbricato la sua casa. Sottoterra aveva arredato una confortevole cucina, seguita da un salone e da una cantina piena di grano. Il bravo topo, impietosito dall'infelicità della bambina, le offrì un grano d'orzo, poi le rispose:

- Se mi racconterai belle favole e mi curerai la casa, ti concederò di trascorrere l'inverno qui con me al caldo.

Pollicina accettò riconoscente. Poco tempo dopo andarono a visitare il signor Talpa, grande amico e vicino di casa. In seguito Pollicina trovò, in fondo alla sua stanza, una rondinella che stava morendo. La bambina, che adorava gli uccelli e soffriva di vivere quasi al buio, si affrettò a riscaldarla. Riuscì a rianimarla e durante tutto l'inverno, all'insaputa dei suoi due amici, le portava cibo ogni notte. In effetti la talpa confessava spesso di detestare gli uccelli, perché troppo imprevidenti: in estate cantavano "cip! cip!" e in inverno morivano. I due roditori ritenevano una maledizione nascere uccelli, obbligati a vivere nell'aria. Quando arrivò la primavera la rondinella si accomiatò dalla bambina:

- Vuoi salire sulle mie spalle e raggiungere la foresta, buona Pollicina? Questi luoghi sotterranei sono così tristi!

Ma la bambina rifiutò sapendo che il topo le si era affezionato. Maledizione! Dopo qualche tempo il signor Talpa la domanda in moglie e il topo, felicissimo le fece il corredo. Durante i lunghi mesi estivi in cui la natura era lussureggiante, Pollicina, con tristezza, tagliò, cucì e orlò sotto lo sguardo paterno e vigilante del topo. Il grano, divenuto alto, formava sull'entrata del sotterraneo una foresta impenetrabile per la minuscola bambina, diventata così doppiamente prigioniera. Come sospirava, la poveretta! Il signor Talpa, pretenzioso, miope e panciuto, non le era mai stato simpatico. L'idea di passare tutta la vita in una galleria scura e soffocante la rattristava.

Una bella sera, Pollicina, si avvicinò all'uscita della tana del topo. Senti sopra di sé una voce: "Cip! Cip!". Due ali nere tagliarono l'aria fresca di quella bella serata d'autunno, mentre la rondinella amica si posò vicino alla bambina meravigliata,

- Parto verso i paesi caldi, - Disse l'uccello. - Vieni con me, piccola cara, dove il sole risplende: l'estate è eterna e i numerosi fiori profumano l'aria leggera!

- Accetto con gioia, - Disse Pollicina.

Saltò sul dorso dell'uccello e attaccò la sua cintura al collo della rondinella che rapidamente prese i volo, abbandonando per sempre quel triste luogo sotterraneo! Nel cielo, a quella altezza, faceva troppo freddo e l'aria pungente le arrossì la punta del naso; con il corpicino minuscolo, si rifugiò fra le calde piume. Ma si guardò bene dal riparare il visino per poter ammirare l'incantevole spettacolo della terra vista da quella altezza: i ghiacciai rosati dal sole, il susseguirsi di verdi foreste e le sinuosità di luoghi e calmi fiumi! Le due amiche si fermavano ogni notte per ristorarsi e riposarsi e la rondinella si preoccupava di sistemare Pollicina in alti nidi per proteggerla da animali malvagi.

Dopo alcune settimane arrivarono nei paesi caldi, là dove la vite cresce in tutti i fossati e i frutteti di aranci e limoni si stendono a perdita d'occhio. Lungo le strade polverose i bambini giocavano con grosse farfalle variopinte. La meta del loro viaggio era un chiaro lago, in cui si specchiava un antico castello di marmo. Colonne slanciate si ergevano nel parco che discendeva dolcemente verso il lago. La rondinella depose a terra Pollicina.

- Piccola amica, siamo arrivati alla fine del nostro viaggio. Il mio nido è deposto sopra un'alta colonna e sarebbe troppo pericoloso per te. Scegli tu stessa un fiore e io ti ci porterò.

Pollicina scelse un grande giglio dall'alto calice immacolato. Quando l'uccello se ne andò, dopo un ultimo saluto, Pollicina rimase stupefatta nel vedere sul pistillo del fiore un omino tutto bianco, trasparente come il vetro. Aveva sulla testa una corona d'oro e due paia d'ali di madreperla sulle spalle. Era il genio dei gigli, il re di ogni minuscola coppia che viveva in quei fiori. Quando annunciarono il loro matrimonio, Pollicina ricevette in regalo un paio d'ali trasparenti, mentre coppie lillipuziane, danzando su tutti i fiori dei dintorni, le rendevano omaggio, e la offrivano altri regali.

- Adesso ti chiamerai Maia, - Le disse il genio - un nome degno della tua bellezza. Ascolta! Sento un uccello che sta cantando per noi.

- Addio, - disse la rondinella - andrò a raccontare la tua storia a tutti i bravi ragazzi del mondo. Cip! Cip! Regina Maia.

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questa è la fiaba che i miei nonni mi raccontavano sempre  prima di addormentarmi ed ecco  il perche' del mio  nickname

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Che bravi nonni, è proprio bella... :)

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Che bravi nonni, è proprio bella... :)

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si e mi mancano tanto :P grazie :P

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Io ricordo quella dell'Uccellin Bel Verde ma è lunghissima.

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Questa è una fiaba irlandese... S'intitola "Tom Moore e la donna foca"

C'era una volta in un villaggio sul mare un giovane pescatore che si chiamava Tom Moore: era rimasto orfano e da tempo stava cercando una moglie, ma malgrado fosse un ragazzo bello ed intelligente non riusciva a trovare nessuna fidanzata.

Un mattino, all'alba, vide su uno scoglio vicino a casa sua la più bella donna che avesse mai visto e se ne innamorò immediatamente.

Stava salendo l'alta marea e Tom ebbe paura che la ragazza affogasse.

La chiamò, ma lei si buttò in acqua e scomparve dalla sua vista.

Per tutto il giorno Tom pensò a lei, senza riuscire a lavorare.

Il mattino dopo la rivide: a terra, vicino a lei, c'era una pelle di foca, che subito Tom prese. Lei gli disse di restituirgliela, ma lui rifiutò, perchè aveva sentito parlare delle donne foche e sapeva che non doveva ridare loro la pelle per nessuna ragione, altrimenti le avrebbe perse. A questo punto la ragazza accettò di andare a casa con lui e di diventare sua moglie, e Tom nascose la pelle di foca in una cassapanca.

Passarono gli anni e dal matrimonio nacquero tre bei bambini, ma con una membrana tra le dita delle mani.

Un giorno scoppiò una terribile tempesta che allagò la casa, e Tom e la moglie si misero al lavoro per tirare fuori l'acqua.

Ad un tratto dalla cassapanca venne fuori la pelle di foca.

La moglie guardò Tom con aria triste, prese la pelle e si buttò in mare.

Non fece più ritorno, ma continuò a proteggere Tom e i suoi bambini, mandando loro cibo e fortuna.

Si dice che tuttora i discendenti di Tom vivano lì, e di tanto in tanto nasca qualcuno con la membrana tra le dita delle mani o dei piedi.

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molto bella ctrl alt + canc mi sembra di essere ritornata bambina :P:P:wub::)

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Io amavo questa da bambina:

I cigni selvatici di H. C. Andersen

- Miei cari ragazzi, - annunciò il re, - entro pochi giorni mi risposerò...

A questa notizia, Lisa e i suoi undici fratelli ebbero lo stesso presentimento: la loro esistenza viziata di principi felici stava per terminare. Quando videro la nuova regina, con l'aria dura e lo sguardo glaciale che rivelava egoismo e cattiveria, i loro timori furono confermati.

Lisa fu la sua prima vittima... Il giorno immediatamente successivo alle nozze, la matrigna mandò Lisa presso una famiglia di contadini che la fecero vivere come la gente rude di campagna.

Questa cattiva matrigna aveva persuaso il re che il soggiorno sarebbe stato benefico, anche se in realtà la bambina era trattata come una sguattera. In seguito cominciò a denigrare gli undici fratellini: ci mise tanto rancore e accanimento che, rapidamente, il re fece allontanare i suoi figli.

- E ora volate con le vostre ali, - aggiunse la perfida donna, - volate... volate fino in capo al mondo!

A queste parole, i principi si trasformarono in undici magnifici cigni immacolati e presero subito il volo.

A quindici anni la principessa ritornò al palazzo, con gran dispiacere della matrigna che credeva di essersene sbarazzata per sempre. Quando vide quella bella adolescente, dolce, intelligente, sentì raddoppiare il suo odio. Invidiosa di tutte le qualità riunite in una sola ragazza, architettò un piano machiavellico per eliminarla definitivamente e attese pazientemente il momento opportuno per eseguirlo...

La ragazza apprezzava in modo particolare un lussuoso salone di marmo. Al centro c'era una vasca d'acqua dove le piaceva specchiarsi, seduta su morbidi cuscini di seta e di broccato, sfiorando l'acqua con le dita esili.

La megera vide in quell'acqua lo strumento della sua vendetta. Mise nella vasca tre enormi rospi pieni di pustole e ordinò loro:

- Saltale sulla testa, attaccati ai capelli e trasmettile la tua incredibile stupidità... - disse al primo.

- Saltale in faccia, - disse al secondo, - e falla diventare brutta e foruncolosa come te!

- In quanto a te, che sei il terzo, rendila crudele, fai in modo che il suo cuore sia duro come la roccia, che la sua vita sia solo sofferenza!

Quando la principessa arrivò, per approfittare di un po' di calma e di freschezza, i tre rospi vollero attuare il sinistro incarico. Ma il contatto di una ragazza così pura e innocente ruppe il sortilegio: le immonde bestiole si trasformarono in tre splendide rose, soavemente profumate...

Allora la regina, colma di rabbia, si gettò sulla poveretta, sporcò il suo visino con la fuliggine e ridusse i suoi capelli come una zazzera ruvida come la canapa. In un momento diventò irriconoscibile persino al padre che, credendola una mendicante, la fece scacciare dal castello.

Trionfante, la spaventosa strega gioì in segreto per non destare sospetti nel sovrano.

Nel frattempo, l'infelice ragazza aveva incominciato il suo triste errare. Lisa camminò tutto il giorno. Quando giunse la sera, in mezzo ad una profonda foresta, si dissetò alla sorgente di un ruscello, si lavò il viso e i capelli prima di addormentarsi, sfinita. Ahimè! Brutti incubi rovinarono il suo sonno: che cosa era accaduto ai suoi fratelli? Al risveglio, incontrò una vecchia che le parlò di undici cigni in un lago vicino.

La ragazza vi arrivò troppo tardi, ma coraggiosamente, continuò le ricerche. Arrivata sulle rive dell'oceano, il rumore di ali possenti che fendevano l'aria le resero un po' di speranza. Undici uccelli apparvero all'orizzonte... Le dita palmate dei volatili sfioravano la sabbia.

All'improvviso, ripresero l'aspetto umano. L'incontro fu commovente, pieno di gioia e di tristezza. Parlarono lungamente: la principessa raccontò le sue avventure, il più grande dei fratelli fece lo stesso:

- Condannati all'esilio eterno in un magnifico paese che non sostituirà mai la nostra amata patria, dobbiamo, ogni sera, ritornare sulla terra per ridiventare uomini. All'alba, il nostro regno diventa ancora il cielo!

- Perché siete qui, allora? - domandò Lisa.

- Qualche giorno all'anno siamo autorizzati a volare sul palazzo di nostro padre a rivedere il luogo della nostra felice giovinezza. Domani torneremo in esilio. Vieni anche tu con noi?

La ragazza non esitò. Al mattino, Lisa si mise in una solida tela di lino tenuta fermamente dai becchi di tre suoi fratelli e intraprese un lungo viaggio sopra i mari. Gli altri ragazzi, anche loro trasformati in cigni, le fecero da scorta. Al tramonto, arrivati a destinazione, deposero il loro prezioso carico all'entrata di una grotta che era il loro rifugio. Il freddo della sera, la stanchezza e le emozioni del viaggio spossarono Lisa che si addormentò facilmente. Ma una grande preoccupazione tormentava i suoi sogni: come avrebbe potuto aiutare i fratelli a riprendere definitivamente le sembianze umane?

In un sogno, apparve una fata. Malgrado la sua giovinezza e la sua bellezza, la principessa riconobbe la vecchia donna che l'aveva guidata nella foresta, quando stava cercando i fratelli.

- Conosco il tuo desiderio, - le disse - e posso esaudirlo, ma ti occorrerà molta volontà e tenacia. Sei pronta a sopportare silenziosamente alcune prove terribili?

- Sì, sono pronta! Niente mi fermerà...

- Dovrai raccogliere molte ortiche, filarle come la lana, tesserle e cucire il tessuto ottenuto per confezionare undici abiti. Quando saranno terminati, li getterai sui cigni e il cattivo sortilegio scomparirà immediatamente. Durante questo lavoro resterai sempre zitta. Un solo suono uscito dalla tua bocca renderà inutile il tuo sacrificio e abbrevierà la vita dei tuoi cari che vuoi salvare. La liberazione dei tuoi fratelli ha questo prezzo...

Al suo risveglio, Lisa si mise attivamente all'opera, colse le piante irritanti che inflissero alle sue mani bruciori lancinanti. Con la bocca chiusa, soffocò singhiozzi di dolore.

Come ogni sera, i cigni ritornarono a terra e ripresero il loro aspetto principesco. Interrogarono la sorella sulla causa delle sua mani gonfie e degli occhi pieni di lacrime, ma Lisa non disse nemmeno una parola E continuò con ostinazione il suo lavoro doloroso.

Un giorno in cui Lisa stava facendo provviste di ortiche, alcuni cacciatori si fermarono per chiederle la strada. Erano condotti dal sovrano del paese, giovane e seducente, che fu immediatamente conquistato dal suo fascino e dalla sua grazia. Il continuo silenzio della ragazza lo imbarazzò ma, preso dall'improvvisa passione, la mise in groppa al suo cavallo e la portò nel suo palazzo.

Vestita di broccato e di seta, adorna di sontuosi gioielli, Lisa fu presentata a corte. Lacrime di sofferenza bagnarono i suoi occhi e tutti crederono fossero lacrime di felicità!

Il matrimonio inaspettato, suscitò rancori e gelosie: da dove arrivava questa sconosciuta? Aveva soggiogato il re, era una strega!

Per farle ritornare il sorriso e la voce, il giovane re ebbe la delicatezza di riportarla alla grotta dalla quale l'aveva portata via così bruscamente. C'era tutto; i vestiti già cuciti, il necessario per cucire gli altri. Lisa riprese il lavoro con entusiasmo... ma un giorno le ortiche finirono. Allora andò a coglierne al vicino cimitero, ricco di quelle pianticelle. Ahimè, un cortigiano invidioso del suo felice destino la seguì, scoprì il segreto e corse a rivelarlo al giovane marito.

Il poveretto, malgrado il suo amore, dovette cedere alle insistenze della sua corte che accusava la sfortunata. Lisa, con il suo silenzio, non poté difendersi dall'accusa di stregoneria e fu gettata in prigione. Per miracolo, vi trovò il suo lavoro e poté terminarlo, all'insaputa delle guardie.

Condannata ad essere bruciata viva, la poveretta camminò stoicamente verso il rogo, stringendo disperatamente fra le braccia i preziosi vestiti.

Incuriositi dal rumore della folla, gli undici cigni si posarono nel luogo del supplizio e con grande emozione della folla ripresero l'aspetto umano appena Lisa ebbe lanciato i vestiti magici.

Liberata dal giuramento, la principessa poté infine raccontare la sua storia e quella dei suoi fratelli.

Di buon cuore, Lisa perdonò il suo sposo e, felice, ritornò con lui a palazzo...

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uhm... allora quasi quasi potremmo inaugurare il 3d de "la fiaba della buonanotte..."

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Oppure le filastrocche della buonanotte...

Questa l'avrò ripetuta un milione di volte a mia figlia:

Stella stellina

la notte s’avvicina

la fiamma traballa

la mucca è nella stalla

la mucca col vitello

la pecora e l’agnello

la gatta coi gattini

la chioccia coi pulcini

ognuno la sua mamma

e tutti a far la nanna

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io ricordo molto volentieri PINOCCHIO

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Riccidoro

C'erano una volta tre Orsi, che vivevano in una casina nel bosco. C'era Babbo Orso grosso grosso, con una voce grossa grossa; c'era Mamma Orsa grossa la metà, con una voce grossa la metà; e c'era un Orsetto piccolo piccolo con una voce piccola piccola. Una mattina i tre Orsi facevano colazione e Mamma Orsa disse: - La pappa e troppo calda, ora. Andiamo a fare una passeggiata nel bosco, mentre la pappa diventa fredda. Cosi i tre Orsi andarono a fare una passeggiata nel bosco. Mentre erano via, arrivò una piccola bimba chiamata Riccidoro. Quando vide la casetta nel bosco, si domandò chi mai potesse vivere là dentro, e picchiò alla porta. Nessuno rispose, e la bimba picchiò ancora. Nessuno rispose: Riccidoro allora aprì la porta ed entrò. E là, nella piccola stanza, vide una tavola apparecchiata per tre. C'era una scodella grossa grossa, una scodella grossa la metà e una scodella piccola piccola. Riccidoro assaggiò la pappa della scodella grossa grossa: Oh! E' troppo calda! disse. Assaggiò la pappa della scodella grossa la metà: Oh! E' troppo fredda! Poi assaggiò la pappa della scodella piccola piccola: Oh ! Questa sì che va bene ! - E se la mangiò tutta. Poi entrò in un'altra stanza, e là vide tre seggiole. C'era una seggiola grossa grossa, c'era una seggiola grossa la metà e c'era una seggiola piccola piccola. Riccidoro si sedette sulla seggiola grossa grossa: - Oh! Questa è troppo dura! - disse. Si sedette sulla seggiola grossa la metà: - Oh! Questa è troppo molle! Poi si sedette sulla seggiola piccola piccola: Oh! Questa sì che va bene! E vi si sedette con tanta forza, che la ruppe. Entrò allora in un'altra stanza e là vide tre letti. C'era un letto grosso grosso, c'era un letto grosso la metà, e c'era un letto piccolo piccolo.

Riccidoro si stese sul letto grosso grosso:

Oh! Questo e troppo duro! disse.

Provo il letto grosso la metà:

- Oh! Questo e troppo molle!

lnfine provò il letto piccolo piccolo:

Oh! Questo si che va bene! sospirò, e subito prese sonno. Mentre Riccidoro dormiva i tre Orsi tornarono dalla passeggiata nel bosco.

Guardarono la tavola, e Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa:

- QUALCUNO HA ASSAGGIATO LA MIA PAPPA .

Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà:

Qualcuno ha assaggiato la mia pappa !

L'Orsetto piccolo piccolo disse con la sua voce piccola piccola:

- Qualcuno ha assaggiato la mia pappa e se l'e mangiata tutta!- I tre Orsi entrarono nella camera accanto.

Babbo Orso grosso grosso guardò la sua seggiola e disse con la sua voce grossa grossa:

- QUALCUNO Sl E' SEDUTO SULLA MIA SEGGIOLA ! Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: - Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola !

E l'Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola:

- Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola e l'ha rotta!

I tre Orsi entrarono infine nella camera da letto.

Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa:

- QUALCUNO Sl E' STESO SUL MIO LETTO

Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: - Qualcuno si è steso sul mio letto !

E l'Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola:

- Qualcuno si è steso sul mio letto, ed eccola qui!

La voce acuta dell'Orsetto piccolo piccolo svegliò Riccidoro, e voi potete ben immaginare come si spaventò nel vedere i tre Orsi che la guardavano. Balzò giù dal letto, attraversò la stanza di corsa, saltò fuori dalla finestrella bassa, e fuggì via nel bosco tanto in fretta come mai le sue gambe l'avevano fatta correre.

:)

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io ricordo molto volentieri PINOCCHIO

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beh la puoi scrivere :P:)

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uhm... io intanto ne penso una breve per domani dai! (Pinocchio mi sa che è troppo lunga Polli!) :):P

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Anche a me piaceva la favola dei cigni.

Era bellissima anche il Brutto Anatroccolo, così dolce e triste.

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io ricordo la volpe e il corvo che all'incirca narra coai': Chi si compiace di falsi elogi, di solito lo sconta e se ne pente, pieno di vergogna. Il corvo aveva rubato da una finestra un pezzo di formaggio; appollaiato sulla cima di un albero, era pronto a mangiarselo, quando la volpe lo vide e si mise a parlargli così: "Che lucentezza hanno le tue penne, corvo! Che nobile portamento è il tuo e che volto! Se avessi una bella voce, nessun uccello sarebbe superiore a te". Allora quello sciocco, mentre voleva esibire la sua voce, lasciò cadere dalla bocca il formaggio, che la volpe astuta fu pronta ad afferrare con i suoi avidi denti. Solo allora il corvo ingannato deplorò la sua stupidità.

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Certo che non si smette mai di essere piccini :P

io conservo ancora le audiocassette che i miei mi comprarono da piccolo

la più bella che ricordi è una canzoncina/favola intitolata Il Gufo e la gattina.

Qualche giorno ve la racconto :)

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Il Piccolo fiore

Nella luminosa distesa della steppa, dove all'orizzonte tutto e' silenzio, viveva un piccolo fiore.

Era un fiore senza sfumature e senza profumo, era tanto delicato quanto resistente e forte.

Viveva di piccole cose, gioiva nel vedere il chiarore della luna, il sorgere del sole, si faceva cullare dai sospiri del vento.

Era colmo d'amore e di bonta', sensibile e premuroso con tutti gli altri abitanti di quella terra .

Il suo stelo non aveva foglioline e le formiche facevano a gara ad arrampicarsi fin lassu', dove i piccoli petali iniziavano ad aprirsi timidamente.

E quando la prima di esse giungeva al traguardo, ad attenderla c'era un suo meraviglioso sorriso.

"Buongiorno piccolina, sei in ritardo questa mattina!"

disse il fiore all' amica.

"E' stato impossibile addormentarsi questa notte, fiorellino.. Faceva tanto freddo anche laggiu', sotto terra".

E cosi' dicendo la formichina si adagio' sui petali per riposare.

Il piccolo fiore della steppa, come per proteggerla, la strinse a se' teneramente.

"Se continua a fare cosi' freddo non so se riusciro' a resistere ancora per molto"

commento' il fiore tristemente.

"Ogni nuovo giorno è una vittoria per me ma mi rendo conto che sono cosi' indifeso. Non ho foglie, non ho radici robuste che scavano la terra, non ci sono insetti che si posano sulla mia corolla, non ci sono altri fiori qui, vicino a me".

E cosi' dicendo alzo' gli occhi al cielo per salutare, pieno di meraviglia, il passaggio delle nuvole che ondeggiavano di qua e di la' e si commosse dinnanzi a tanta bellezza.

La formichina si limito' a sorridere a quella creatura cosi' speciale.

"Ti senti stanco e senza forze ma non hai nulla da invidiare agli altri fiori. Io li conosco, sai? Non contano i colori e i profumi. La vita ti ha regalato tanto, dolcezza e sensibilita', e questo dono tu lo puoi condividere con chi ti ama: con me, per esempio"

disse la formica salutandolo.

"Ora ritorno dalle mie sorelle, c'è ancora tanto lavoro da fare".

E si lascio' scivolare giu', ruzzolando a terra.

Il buio non tardo' ad arrivare: il piccolo fiore della steppa si racchiuse in se' e si dondolo' quasi per farsi coraggio.

"Non sara' sempre cosi'.. esiste la speranza, la gioia di vivere sara' la mia forza .."

e si addormento'.

I suoni, l'aria, i profumi lo avvolsero in una delicata ninna nanna. :P:)

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Certo che non si smette mai di essere piccini :wub:

io conservo ancora le audiocassette che i miei mi comprarono da piccolo

la più bella che ricordi è una canzoncina/favola intitolata Il Gufo e la gattina.

Qualche giorno ve la racconto :P

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Mi hai fatto tornare alla mente quelle audiocassette...ce n'era una in particolare che mi piaceva...il titolo era (e dico era perchè mia sorella ha distrutto la cassetta) "gionni torta"...però non ricordo bene la storia...Ricordo solo che c'era una torta che cadeva(o scappava) da sopra un davanzale veniva inseguita da un orso...:)

Dovrò farmi coraggio un giorno e andare a cercare in soffitta il fascicolo che era allegato con la cassetta...

:P

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ed ecco la fiaba della buonanotte

C'era una volta, in fondo al mare, la famiglia del re del mare, che era composta da sirene. Il re aveva sei bellissime figlie, tutte sirene: le prime cinque erano felici di vivere in mare, mentre la più giovane avrebbe voluto conoscere il mondo degli umani. Il giorno del sedicesimo compleanno di ognuna delle sirene, la festeggiata poteva salire sulla superficie e guardare il mondo fuori. La sorella più giovane aveva ascoltato con trepidazione i racconti delle sue sorelle: la prima aveva assistito ad una festa in riva al mare, la seconda aveva visto due giovani che si sposavano su una nave, la terza era salita d'inverno in mezzo agli iceberg e a foche e pinguini, la quarta aveva visitato i Paesi dell'Oriente e la quinta le coste abitate dagli animali selvatici. Fu il turno infine della sesta: la sirenetta si diresse verso un paese abitato dagli uomini e vide una sontuosa nave che faceva vela in mare aperto. Sopra c'era il principe di quel Paese, che partiva per un viaggio di studio. La sirenetta lo vide e le sembrò il giovane più bello che avesse mai visto. Di colpo scoppiò una tempesta spaventosa, e il principe fu spinto in acqua: la sirenetta nuotò per salvarlo, riuscì ad afferarlo e lo portò in superficie, verso una vicina spiaggia. Lo lasciò lì e vide una ragazza con altre giovani che si precipitavano al suo soccorso. Si era innamorata del principe, ma sapeva che una sirena non poteva amare un mortale, sapeva che esistevano leggi ferree nel suo mondo. Ma i giorni passavano e la sirenetta era sempre più triste, sentiva che voleva provare a fare qualcosa per salvare il suo amore. Nelle profondità di un abisso c'era una strega, temuta da tutti, ma di cui si diceva sapesse fare prodigi eccezionali. Tutti ne avevano paura, anche la Sirenetta, che però si convinse che era l'unica che poteva aiutarla. Per cui partì alla volta dell'abisso, passando in mezzo a meduse, piovre, serpenti ed altri mostri marini che proteggevano l'antro della maga. La Strega la accolse dicendole: Sai che noi creature del mare non possiamo amare un mortale, salvo che al prezzo di sacrifici immensi. Posso prepararti un filtro, ma tu dovrai in cambio darmi la tua voce. Ogni volta che camminerai sulle tue gambe avrai dei dolori tremendi, ma dovrai sopportare in silenzio. Sappi che se il tuo principe ti preferirà un'altra, tu morirai e ti trasformerai in spuma marina. Ed ora decidi tu se accettare o meno! La Sirenetta accettò: perse la sua voce subito, ed andò in superficie con in mano il filtro magico della strega. Giunta sulla spiaggia bevve dall'ampolla: subito sentì un dolore improvviso, che la fece svenire. Quando riprese conoscenza la sua coda da pesce si era trasformata in due bellissime gambe. La Sirenetta si alzò in piedi, ma ad ogni passo che faceva sentiva un dolore lancinante. La trovarono il principe e la sua corte, e il principe fu subito incantato dalla sua dolcezza. La Sirenetta non poteva più parlare e cantare, ma in compenso sapeva suonare divinamente l'arpa, e cuciva degli splendidi arazzi. Il principe la prese al suo seguito, ad allietare le sue giornate. Le parlava e provava piacere a confidarsi con lei. Sai, le disse un giorno, mio padre vuole combinarmi un matrimonio, ma io non voglio sposarmi. Io sono innamorato della fanciulla che mi ha soccorso quel giorno in cui ho avuto il naufragio, amo solo lei... Piuttosto mi sposerei con te, che sei dolce e devota, che con una persona che non conosco! La Sirenetta stava zitta ma era felice di sentire quelle parole. Venne poi il giorno in cui la figlia di un re vicino arrivò per fidanzarsi con il principe. Il giovane era disperato, e si confidò ancora con la Sirenetta. Ma quando incontrò la promessa sposa riconobbe in lei la giovane che l'aveva raccolto sulla spiaggia. I miracoli avvengono!, disse il principe alla sirenetta. Lei era disperata: sapeva che era tutto perduto. Ci furono grandi feste per il fidanzamento dei due principi, su una splendida nave. La Sirenetta guardava il mare, sapendo che quella notte sarebbe diventata spuma. Ad un tratto vide uscire dalle onde le sue sorelle: avevano fatto tagliare i loro meravigliosi capelli lunghi.Abbiamo parlato con la strega, dissero loro, ed abbiamo sacrificato i nostricapelli per avere questo pugnale magico. Dovrai uccidere il principe e la sua fidanzata, e poi buttarti in mare: ridiventerai sirena e sarai felice con noi per sempre! La Sirenetta prese il pugnale magico ed era tentata di mettere in atto il suggerimento delle sue sorelle. Ma poi capì di non poterlo fare e si buttò in mare, sperando di avere una morte rapida. Ma non diventò spuma: vide che saliva verso il cielo, sotto forma di bollicine. Intorno a lei c'erano altre creature come lei: Benvenuta tra noi, la tua generosità ti ha salvato: veglierai sugli uomini per i prossimi secoli, e poi avrai anche tu un'anima come loro! Per cui, ricordatevi che da qualche parte, che veglia su di voi, c'è anche l'anima di una piccola sirena.

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Il lupo e i sette caprettini

C'era una volta una capra che allevava da sola i suoi sette piccoli capretti. Essa li amava teneramente, ma le davano molte preoccupazioni, perché erano spesso disubbidienti e sbadati. Inoltre temeva sempre per la loro vita, perché questi piccoli imprudenti pensavano solo a giocare, sgambettando senza tregua ai margini della foresta, là dove si aggirava il loro nemico di sempre ed il più sanguinario: il grande lupo.

Un giorno prima di andare nel bosco a cercare freschi germogli d'arboscelli per il pasto della sera, la capra radunò i suoi piccoli per metterli di nuovo in guardia.

- Devo assentarmi per alcune ore, non lasciate entrare nessuno dentro casa. Siate diffidenti perché il lupo è astuto, può falsare la sua voce e mascherare il suo aspetto. Ma voi potrete riconoscerlo a colpo sicuro dalle zampe che sono nere.

- Saremo saggi e prudenti - promisero i capretti - non apriremo la porta a nessuno se non mostrerà le zampe bianche.

La capra se ne partì abbastanza tranquilla. Qualche minuto dopo alcuni colpi furono battuti alla porta.

- Aprite, aprite miei cari piccoli, è vostra madre che ha dimenticato il suo scialle e le sue cesoie.

- Uuh! Uuh! - dissero scherzosamente i sette capretti - abbiamo riconosciuto la tua brutta voce, brutto diavolo di un lupo e non ti apriremo la porta.

Il lupo se ne andò via umiliato, ma lungo il cammino comperò un pezzetto di zucchero filato che succhio per addolcire la sua voce rauca. Ritornò di soppiatto e da dietro la porta disse con una voce melliflua:

- Aprite miei cari figli, è la vostra mamma che porta dolciumi per voi.

Purtroppo per lui, il lupo, sbadato, aveva posato le sue zampe nere sull'orlo della finestra e fu quindi subito riconosciuto. I capretti gridarono scherzosamente:

- Uuh! Uuh! Signor lupo zampe nere, ti sei tradito!

Contrariato e affamato il lupo concepì un nuovo inganno. Corse zoppicando dal fornaio e gli disse:

- Mi sono ferito, mettetemi un impiastro di pasta cosparso di farina, mi allevierà il dolore.

A quei tempi era un rimedio abituale, pertanto il fornaio non sospettò i neri disegni del lupo che ripartì con la zampa destra imbiancata come desiderava. Ingannati dalla voce mielosa e dalla zampa bianca i poveri capretti alla fine aprirono la porta. Apparve il lupo, terribile, con la schiuma alla bocca, tutto nero, con fuori una grande e avida lingua rossa.

- Aiuto! Soccorso! - belarono i poveri piccoli, saltando sotto la tavola, nel letto, nell'armadio o nella vasca da bagno, nella speranza di sfuggire all'orribile bestia.

Ma il lupo, eccitato e morto di fame, li trovò tutti e l'inghiottì in un boccone uno dopo l'altro, con il pelo e gli zoccoli. Uno solo di loro scampò alla carneficina, perché si era nascosto nell'orologio a pendolo, rannicchiato sotto il pesante bilanciere di rame. Dopo poco tempo mamma capra bussò alla porta e trovando la sua casa devastata, scoppiò in singhiozzi. Nessun belato rispondeva alla sua chiamata. Comprese allora che il lupo l'aveva preceduta. Ad un tratto la poveretta drizzò le orecchie: dalla cassa dell'orologio proveniva un debole rumore e infine, sotto la pressione dei piccoli zoccoli, la sua porticina si aprì e ne uscì un capretto in lacrime che si precipitò ad abbracciare la madre raccontandole le astuzie del lupo e la triste fine dei suoi fratelli. La capra disse tra sé:

- Non deve essere andato molto lontano dopo una tale scorpacciata. Ingordo com'è, può darsi ci sia una speranza di ritrovare vivi i tuoi fratelli.

Afferrata la sua borsa per il cucito, si diresse di corsa verso la foresta. La capra non dovette andar lontano. Sazia, sdraiata ai piedi di un albero, la cattiva bestia si muoveva curiosamente. Con molta abilità la capra gli tagliò la pancia con un gran colpo di forbici. Il lupo dormiva così bene che si mosse appena e non si accorse di niente. Con grande gioia della loro madre i capretti uscirono sani e salvi, uno dopo l'altro, dallo stomaco del lupo. Per ordine della capra essi portarono sei grosse pietre che furono poste nella pancia del lupo che fu ricucito alla perfezione. Corsero poi tutti insieme ad appostarsi sul parapetto di un ponte. Quando il lupo si svegliò, fu preso da una gran sete. Appesantito, corse verso la riva del fiume e per bere si sporse, ma trascinato dal peso delle pietre, colò a picco e s'annegò. I capretti e la loro mamma ne furono molto felici.

:P:)

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bella questa sezione!!! :)

io da piccola adoravo un libro:

"la volpe e la luna d'argento".. :P

purtroppo non mi ricordo niente della storia, mi ricordo bene invece i disegni..

che carina la volpina che romantica guarda la luna sotto un cielo stellato!!! :P

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questa e una favola moto saputa spero che qualcuno/a la ricorda

.................. La Principessa del pisello .....................

C'era una volta un principe che voleva prendere moglie. Desiderava una vera principessa e si mise a cercarla per mesi e mesi in tutti i paesi del regno, ma non riusciva a trovarla. Il re suo padre era preoccupato e una sera di primavera mentre pioveva molto forte, qualcuno busso' alle porte del palazzo. Il re si affaccio' e vide una ragazza, con gli abiti e i capelli inzuppati di pioggia, e le chiese non molto gentilmente chi fosse. "Sono una principessa", rispose lei. Il re comincio' a ridere, perche' non credeva ad una sola di quelle parole. Allora sua moglie intervenne: "Con questo brutto tempo si prendera' una malattia, dobbiamo darle un riparo per la notte". E cosi' la ragazza venne accolta nel castello. Vista da vicino, anche se era di bell'aspetto, non pareva proprio una principessa, ma il principe volle metterla alla prova e diede ordine alle cameriere di metterle un pisello sotto il materasso. "Se riuscira' a sentirlo, nonostante tutto, capiremo che e' una principessa". Il mattino dopo la ragazza si presento' nella sala del trono con gli occhi cerchiati e il volto pallido. "Hai dormito bene?" le chiese in coro la famiglia reale. "Non ho chiuso occhio - rispose - C'era un sasso, nel mio materasso, che mi ha tolto tutto il riposo". Il principe non stava piu' nella pelle dalla felicita'. Cominciarono subito i preparativi per le nozze, che furono celebrate pochi giorni dopo davanti a centinaia di invitati. e vissero felici e contenti :):P

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Ricci d'Oroorsi.gifC'erano una volta tre Orsi, che vivevano in una casina nel bosco. C'era Babbo Orso grosso grosso, con una voce grossa grossa; c'era Mamma Orsa grossa la metà, con una voce grossa la metà; e c'era un Orsetto piccolo piccolo con una voce piccola piccola. Una mattina i tre Orsi facevano colazione e Mamma Orsa disse:

- "La pappa e troppo calda, ora. Andiamo a fare una passeggiata nel bosco, mentre la pappa diventa fredda."

Cosi i tre Orsi andarono a fare una passeggiata nel bosco. Mentre erano via, arrivo una piccola bimba chiamata Riccidoro. Quando vide la casetta nel bosco, si domandò chi mai potesse vivere là dentro, e picchiò alla porta.

Nessuno rispose, e la bimba picchiò ancora. Nessuno rispose: Riccidoro allora aprì la porta ed entrò. E là, nella piccola stanza, vide una tavola apparecchiata per tre. C'era una scodella grossa grossa, una scodella grossa la metà e una scodella piccola piccola. Riccidoro assaggiò la pappa della scodella grossa grossa:

- "Oh! E' troppo calda! disse. Assaggiò la pappa della scodella grossa la metà: Oh! E' troppo fredda! Poi assaggiò la pappa della scodella piccola piccola: Oh ! Questa sì che va bene!"

E se la mangiò tutta.

Poi entro in un'altra stanza, e là vide tre seggiole. C'era una seggiola grossa grossa, c'era una seggiola grossa la metà e c'era una seggiola piccola piccola. Riccidoro si sedette sulla seggiola grossa grossa:

- "Oh! Questa è troppo dura!" - disse.

Si sedette sulla seggiola grossa la metà: - "Oh! Questa è troppo molle!"

Poi si sedette sulla seggiola piccola piccola: "Oh! Questa sì che va bene!"

E vi si sedette con tanta forza, che la ruppe.

Entro allora in un'altra stanza e vide tre letti. C'era un letto grosso grosso, c'era un letto grosso la metà, e c'era un letto piccolo piccolo. Riccidoro si stese sul letto grosso grosso:

- "Oh! Questo e troppo duro!" disse.

Provò il letto grosso la metà: - "Oh! Questo e troppo molle!".

Infine provò il letto piccolo piccolo:

-"Oh! Questo si che va bene!" Sospirò, e subito prese sonno.

Orsetto.gif Mentre Riccidoro dormiva i tre Orsi tornarono dalla passeggiata nel bosco. Guardarono la tavola, e Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa:

- "Qualcuno ha assaggiato la mia pappa."

Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà:

- "Qualcuno ha assaggiato la mia pappa!"

L'Orsetto piccolo piccolo disse con la sua voce piccola piccola:

- "Qualcuno ha assaggiato la mia pappa e se l'e mangiata tutta!" - I tre Orsi entrarono nella camera accanto. Babbo Orso grosso grosso guardò la sua seggiola e disse con la sua voce grossa grossa:

- "Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola!"

Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà - "Qualcuno si e seduto sulla mia seggiola!"

E l'Orsetto piccolo piccolo gridò con la sua voce piccola piccola: - "Qualcuno si è seduto sulla mia seggiola e l'ha rotta!"

I tre Orsi entrarono infine nella camera da letto. Babbo Orso grosso grosso disse con la sua voce grossa grossa:

- "Qualcuno si è steso sul mio letto!"

Mamma Orsa grossa la metà disse con la sua voce grossa la metà: - "Qualcuno si è steso sul mio letto!"

E l'Orsetto piccolo piccolo grido con la sua voce piccola piccola: - "Qualcuno si è steso sul mio letto, ed eccola qui!"

La voce acuta dell'Orsetto piccolo piccolo svegliò Riccidoro, e voi potete ben immaginare come si spaventò nel vedere i tre Orsi che la guardavano. Balzò giù dal letto, attraversò la stanza di corsa, saltò fuori dalla finestrella bassa, e fuggì via nel bosco tanto in fretta come mai le sue gambe l'avevano fatta correre.

orso2.jpg :angel_not: :):P

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