nonnoriccardo

Quella Volta Che ....

53 messaggi in questa discussione

Ho pensato di proporre una nuova discussione intitolata

"Quella volta che ..."

che si propone di frugare fra i propri ricordi e di raccontarli come per esempio:

- fatti importanti vissuti in prima persona

- persone note conosciute

- cose viste che ci hanno fortemente colpito

- realizzazioni personali fonte di soddisfazione

- drammi che hanno segnato la nostra vita (solo se si vuole raccontarli)

Ho citato solo degli esempi, giusto per dare degli spunti, ma non ci sono limiti se non quelli della decenza e del rispetto previsti dalle regole di questo Forum.

Ovviamente i Senior (over 50), a fronte di una vita più lunga, hanno vissuto un numero maggiore di esperienze e forse hanno qualcosa di più da raccontare.

Ma sono certo che tutti, con un po' di buona volontà, possono partecipare.

--------------------

Comincio io con un ricordo ancora molto vivo.

Quella volta che ...

Nel 1953 molti giovani effettuavano dimostrazioni per la riassegnazione di Trieste all'Italia, e la polizia era molto impegnata a contrastarli.

Senza essere mai stato in prima linea fui coinvolto anch'io,senza volerlo, in una retata di cammionette (nei dintorni della scuola che frequentavo in centro a Milano) e portato in Via Fatebenefratelli a Milano dove tutt'ora ha sede la Questura di Milano. Fummo radunati nel cortile interno insieme a rapinatori, borseggiatori e tutta una serie di piccoli delinquenti caduti nella retata.

Era curioso vedere la differenza tra le facce spaesate e spaventate degli studenti come me (le dimostrazioni erano fatte solo con slogan) e quelle oramai assuefatte dei deliquentelli che ceravano di non farsi riconoscere dai celerini!

Ma la paura fu forte. Non ci fu fatto nessun male, ma l'incertezza di quello che ci sarebbe successo ci faceva presagire situazioni tanto gravi quanto irreali: prigione, confino ....

In realtà fummo tenuti segregati in Questura fino al primo pomeriggio poi gradualmente rimandati a casa con una bella reprimenda !

Avevo 15 anni, ma me lo ricordo ancora !!

Se ne volete sapere di più su quei fatti visitate questo sito:

Trieste Italiana

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Quella volta che ...

Quella volta che.....

Abitavo, per lavoro, in una città lontanissima da quella di origine ed avevo il morale a veramente a terra, essendomi capitata la cosa più brutta della mia vita; mi aggiravo inebetita per le strade di quella città, quando mi imbattei in un conoscente che mi era stato presentato da un'amica comune; mi fermò, mi condusse al bar, mi fece parlare, e non si staccò più da me per mesi e mesi , facendomi ridere, ridere; mi portava a ballare, mi portava in gita, mi portava a camminare e non mi chiese mai nulla in cambio; poi pian piano, cominciò a rarefare le sue visite, intanto venne l'estate ed io come ogni anno tornai nella mia città; tornata la lavoro, incontrai quello che adesso è mio marito. Il mio amico, davvero l'angelo custode di quei momenti bui, tornò di tanto in tanto a farmi delle brevi visite, per poi sparire per sempre dalla mia vita.

E' con gratitudine e stima che ricordo questa persona straordinaria.

Auguro una buona serata a tutti

Modificato da imparerò

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Ho letto i due racconti e non so cosa scrivere: senza parole :)

Entrambi profondissimi, che raccontano dei momenti importanti:

-Nella vicenda narrata da Riccardo, ho potuto immaginare la situazione dell'Italia in quel tempo( in un film una frase mi è rimasta impressa: "Non sono gli uomini che devono avere paura del governo, è il governo che deve aver paura di ciò che lo stato rappresenta");

In quegli anni il governo aveva paura, e l'unico modo per avere tutto o quasi sotto controllo era agire con violenza: spaventare! indurre le menti dei cittadini a non organizzarsi per non finire in situazioni pericolose, anche più estreme della prigione.

Per Riccardo quello è un ricordo che può ancora raccontare con un po' di sollievo, per come è andato a finire, ma c'è gente che ancora si sveglia di notte, con quell'incubo...

-Nel racconto di "Imparerò" si può notare come a volte siamo destinati a incontrare gente per caso che magari ti sembrano di averle sempre conosciute, ti danno felicità e conforto, ti danno la possibilità di parlare con tranquillità e ancora oggi possiamo dire che alcuni "migliori" amici si sono incontrati per caso...o forse non esiste il caso o la fortuna, questo nessuno può dirlo.

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Nonnoriccardo, complimeneti per la vivida rappresentazione dell'italia degli anni '50.

Un grazie a NGSoftWork.

Speriamo che questa iniziativa abbia numerosi aderenti e che serva a farci conoscere meglio

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:) Lo speriamo tutti, una bellissima iniziativa...

Chissà pure io... :P

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Quella volta che ... fu prima rapito poi ucciso Aldo Moro.

Non voglio raccontare il fatto: ci sono stati un numero infinito di processi, migliaia di pagine scritte, infinite trasmissioni televisive e anche un mucchio di stupidaggini dette.

Ma pochi hanno raccontato le sensazioni e le emozioni che si sono scatenate fra la gente.

Il 16 marzo 1978 (giorno del rapimento) i giornali e le televisioni ne parlarono subito, ma chi era al lavoro non poteva facilmente accedere a queste informazioni. Iniziò un tam-tam di telefonate, di visite porta a porta, di passaparola e la gente cominciò a defluire dalle fabbriche, agli uffici, dalle fabbriche e a concentrarsi nelle piazze.

Io lavoravo vicino al centro di Milano ed ho assistito, avendo partecipato, al riempimento fino all'inverosimile di Piazza del Duomo: grida, urla ma soprattutto sgomento.

Ci si guardava l'un l'altro, si cercava di capire. Le informazioni erano ancora frammentarie.

"Come? Perchè? Chi è stato? Ma è morto? E la scorta?"

Qualche tentativo di esporre striscioni d'insulti fu subito scongiurato (gli imbecilli ci sono in ogni epoca e situazione).

Soprattutto si percepiva un sentimento fortissimo contro quell'eversione. Una volgia di dire NO a quel estremismo assolutamente senza futuro, come la storia ha poi dimostrato.

Il 9 maggio 1978, 55 giorni dopo, Moro fu ammazzato.

Questa volta si era tutti attenti allo sviluppo della questione, e quando il fatto fu confermato le piazze si riempirono ancora più rapidamente e con una presenza ancora più massiccia.

E questa volta mi accorsi delle bandiere.

Forse per la prima volta nella storia del nostro paese, in piazza c'erano una quantità incredibile di bandiere di tutti i colori e di tutte le formazioni: rosse, bianche, azzurre, verdi,

La gente che scese in piazza si sentiva profondamente unita, al di là delle diverse convinzioni politiche.

Inizialmente il tutto avvenne in un silenzio profondo: nessuno si sentiva di urlare, di parlare.

Una sensazione di sconfitta e di amarezza.

Ma poi man mano che la rabbia montava aumentò anche il grido della piazza sempre a dire NO a questo modo di ferire l'Italia.

E forse proprio quel comportamento delle piazze contribuì a sconfiggere le Brigate Rosse.

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Complimenti Riccardo ottima iniziativa.

volevo ricordare anch'io

Quella volta che.....

Feci la mia prima protesta: Il fatto è molto recente ma volevo ricordarlo con voi.

Protestavamo contro il nostro primario,per ottenere degli orari decenti per i turni,prima con semplici scioperi del personale paramedico,poi di quello addetto alla manutenzione,e poi tocco a noi medici e chirurghi. Io non volevo scioperare,anche perchè fino a quel momento avevo avuto sempre turni con orari decenti(si fa per dire).Comunque fui trascinato anch'io dalla massa.Siamo usciti fuori dall'ospedale e abbiamo iniziato a tirare fuori cartelli del tipo:

Orari equi,paghe eque!

Io non avevo i cartelli ma gridavo lo slogan,e alzavo lo stetoscopio in segno di protesta.

Poi ci fu una pausa di una trentina di minuti, e in quei trenta minuti il primario ha scatenato l'inferno:

Eravamo tutti accampati davanti al pronto soccorso a mangiare,quando sentimmo una voce dire:

Tornate dentro la protesta è finita.

Così rientrammo nell'ospedale felici,perchè credevamo di aver ottenuto quello che volevamo.

Non è andata esattamente così: Il primario ci aspettava in sala medici,ci hà fortemente rimproverato, e la protesta si è conclusa con un turno di punizione per tutti!

Grazie per l'attenzione

Modificato da chirurman

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Grazie chirurman. E' uno spaccato di vita vissuta significativo.

Chissà quanti episodi di vita e di morte ti può suggerire la tua professione.

Ma vorrei ora cambiare argomento e parlare di:

Quella volta che ... conobbi Fred Buscaglione.

Forsi non tutti se lo ricordano ma era un cantante molto famoso alla fine degli anni '50.

Le sue canzoni erano scherzose e scanzonate, su basi musicali ricche di swing e simili al jazz.

In quel periodo, non ricordo esattamente l'anno, trascorrevo le mie vacanze estive nella riviera romagnola, più precisamente in una pensioncina a Miramare: i soldi erano quelli di papà e dovevo fare molta attenzione !

Un mio lontano parente era imprenditore teatrale e musicale a Rimini ed una sera mi invitò ad assistere ad uno spettacolo di Fred Busacaglione.

Mi trovai quindi a sedere al tavolo con questo parente e con Fred, dove si accomodava tra un pezzo e l'altro. Era una persona allegra e scherzosa come le sue canzoni.

Ma quello che mi colpì molto erano i suoi ... vizi.

Fumava una sigaretta dietro l'altra, naturalmente tra una canzone e l'altra, e beveva whisky in quantità industriali. Ne rimasi stupito perchè ogni volta che si avvicinava al tavolo si beveva almeno mezzo bicchierone di liquore ed alla fine della serata la bottiglia era quasi finita (non date la colpa a me, il whisky non mi piaceva!).

Ma non mi è mai sembrato ubriaco o in stato di ebberezza particolare.

Come è noto morì prematuramente nel 1961 in un incidente d'auto.

Pare che le prime indiscrezioni parlassero di tasso alcolico molto elevato, ma di seguito questa causa dell'incidente fù assolutamente scartata.

Ma il whisky lo beveva, e come .......

Se ne volete sapere di più su Fred guardate quì

Fred Buscaglione

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Quella volta che ... conobbi Fred Buscaglione.

Ricordo bene Fred Buscaglione, con i suoi baffetti alla Clark Gable...."eri piccola, piccola, piccola....così"; uno dei personaggi non convenzionali della mia gioventù.

Auguro una buona serata a tutti

Modificato da gelsominoprofumato

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Quella volta che ... conobbi Fred Buscaglione.

Ricordo bene Fred Buscaglione, con i suoi baffetti alla Clark Gable...."eri piccola, piccola, piccola....così"; uno dei personaggi non convenzionali della mia gioventù.

Auguro una buona serata a tutti

Quella volta che....di corsa, come ieri, esausta x il giro dei negozi in cerca di regali, ho cercato di entrare in questo forum ma il mio pc si è surriscaldato e si è spento.

Approfitto oggi per fare a tutti i miei più cordiali auguri di buone feste a tutto il forum, non so se fino al 25 avrò tempo di entrare ancora.

Modificato da gelsominoprofumato

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Contraccambio gli auguri.

Questa volta volevo parlare di

Quella volta che ... sono andato a vedere i presepi di Napoli.

Non facciamoci oscurare la mente. Napoli non è solo ciò che descrive drammaticamente Saviano e quello che ci raccontano le cronache.

Napoli è anche tradizione e cultura.

Basta andare alla Certosa di San Martino, che oltre ad essere splendida di suo, raccoglie forse uno dei più bei presepi esistenti in Italia: il presepe di Cuciniello, dal nome del donatore, che risale al 1879.

Comprende circa 200 figure ambientate in un mondo di sogno.

Come esempio vi allego una mia foto.

3120538866_52ecce1fc9.jpg

Ma Napoli natalizia non è solo questo.

A Spaccanapoli, una incredibile via che divide in due la città, ci sono negozi che presentano statuine, decorazioni, finimenti e diorama in sughero di una incredibile bellezza e fattura.

Ma anche alla Reggia di Caserta c'è un presepio, forse meno famoso, ma sempre stupendo.

Anche di questo vi allego la foto di un particolare.

3119711585_97e9d0f302.jpg

E' stata una bellissima esperienza, oltre a quella di bere il famoso caffè napoletano.

Tazzina rovente, caffè bollente ma prima bisogna bere un sorso di acqua fredda per non bruciarsi.

I napoletani lo sanno ma i baristi non dicono niente ai turisti, come me, e si divertono a sentire le urla inevitabili !!!

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Quella volta che .... ho passato la notte di Natale in una stalla !

Devo anticipare che mia mamma, in seconde nozze, ha sposato un tedesco e si è trasferita a vivere (per circa trent'anni) in Germania, nella regione del Baden Wurtenberg che per metà è cattolica e per metà evangelista.

Spesso abbiamo passato il Natale presso di lei sia per starle vicino sia per vivere l'intensa tradizione natalizia che si percepisce in Germania: il gusto e l'accuratezza con cui addobano case, giardini e strade è notevole.

In uno di questi Natali, a mezzanotte io e mia moglie abbiamo desiderato partecipae ad una messa.

Solo che la chiesa cattolica era chiusa. Quella evangelista era aperta, ma più che seguire riti, i fedeli erano raccolti intorno al prete per parlare e cantare. Con la nostra conoscenza del tedesco, non andavamo molto lontano !!

Chiedendo quì e là abbiamo scoperto dove si sarebbe tenuta un messa con rito cattolico, si in tedesco, ma con una liturgia a noi nota.

Lasciata la macchina sullo stradone che unisce due cittadine, ci inoltriamo per un stradina in collina fino ad arrivare in una fattoria illuminata.

Ebbene nella stalla di questa fattoria un gruppo di ragazzi avevano organizzato e gestito una messa in modo singolare. Era presente anche un prete cattolico (per dare valore eucaristico), ma tutti i passi della messa sono stati gestiti dai giovani con letture, chitarre e canti.

La stalla era piena di fedeli e di ... mucche !!

Si, mucche che ogni tanto muggivano e facevano i propri bisogni con scrosci rumorosi !

Molte persone erano accomodate in cima a cataste di fieno ed intorno ai recinti delle mucche.

Ora, io sono cattolico all'acqua di rose, non molto praticante, ma la suggestione di quell'ambiente e la leggerezza di quella messa mi avevano commosso immensamente.

Giunta la mezzanotte poi alcune ragazze sono passate fra i fedeli con dei cestoni pieni di pannolini (simbolo di un bambino appena nato) e li distribuivano a tutti.

Questo è stato un tocco di originalità, veramente simpatico e fuori dal comune !

Una esperienza che non dimenticherò.

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Da Napoletano ti ringrazio per le bellissime parole spese a favore della mia città che grazie a certi personaggi sta diventanto un luogo invivibile pure per coloro che ci abitano.

Per contribuire in tema....quella volta che:

sono andato a posillipo, sul piazzale della chiesa di sant'antonio, dove secondo me, insieme a quello di San Martino è il panorama più bello di Napoli:

post-5901-1230076423_thumb.jpg

non si vede tanto bene perchè è scattata di sera col telefonino, ma qui potete rendervi conto meglio: http://www.panoramio.com/photo/5363656

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Aggiungo un secondo intervento se mi è concesso :P

Quella volta che ho ascoltato per la prima volta dal vivo, il mio maestro, e mito Carlos Santana. :)

Doveva esserci con lui anche Pino Daniele, ma cancellò la serata e suonò solo Santana(forse è stato meglio cosi, perchè la sera dopo mi riferirono che fu na palla di concerto)

Potevano essere un 100 o 200 mila persone, ora non ricordo, ma quando suonava quelle note, davanti ai miei occhi non c'era nessuno e quella musica mi dava un'adrenalina e grinta che l'avrei ascoltato allo stesso modo pure con il doppio delle persone.

Ulteriore nota positiva, fu il fatto che era tutto gratuito!

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@ falco360 - (raddoppiato perchè promosso sul campo). Posillipo è veramente incantevole con tutta la vista su Mergellina e sul monte Somma/Vesuvio

Ora vorrei lasciare un po' di divertimento per la fine dell'anno.

E' una storia vera vissuta e raccontata da me. Un po' romanzata e arricchita ma con un fondo di verità che vi garantisco!

Quella volta che ... sono andato in barca con un amico!

UN CARO AMICO

(ovvero: come amare la barca a vela)

Egidio è certamente un caro amico ma bisogna riconoscere che quando si mette in testa di fare una cosa non esiste nessun mezzo per dissuaderlo. Quell'anno ebbe la possibilità di portare sul Lago di Ledro una barca a vela e su questo non c'è niente da dire: fu una buona idea. Anch'io infatti potei usufruirne, avvicinandomi a questo sport che in verità mi ha sempre affascinato. Ma con Egidio le cose in genere non sono poi cosi semplici ed alla fine uno ne esce con i nervi a pezzi; non lui però!

Lui mantiene sempre il suo entusiasmo e la sua serenità anche quando l'ultima risorsa che rimane a noi poveri mortali è quella di pregare intensamente.

La barca era un Flying Junior in vetroresina, trasportata sul tetto della FIAT 128 di Egidio. Il Flying Junior è una barca notoriamente leggera se confrontata con altre categorie veliche ma conserva comunque un suo peso proprio veramente ragguardevole. La prima operazione fu ovviamente quella di tirare giù la barca dal tetto della macchina e, dopo i primi disperati tentativi, mi doman­dai come diavolo aveva fatto ad arrivarci sopra.

La prima idea fu quella di capovolgere il tutto, la barca sotto in posizione di varo e la macchina dì sopra con le ruote rivolte verso l'alto, ma qualcuno osservò che, a parte lo sforzo, non riusciva ad immaginare come tirare giù la macchina dalla barca. Altre soluzioni come sollevare la macchina dalla parte posteriore per far scivolar la barca in avanti lungo il cofano, furono presto abbandonate per l'irremovibile opposizione di Egidio. Nel frattempo si era radunata parecchia gente molto incuriosita dallo spettacolo che stavamo dando e gratis oltretutto ! Ognuno si sentiva in dovere di dare il suo non richiesto parere astenendosi scrupolosamente però dal muovere un dito per aiutarci!

Alla fine decidemmo a grande maggioranza di far proseguire la macchina fin all'acqua e di farla affondare in modo che la barca galleggiasse liberamente sulle limpide acque del lago; ma anche in questo caso incontrammo una incomprensibile resistenza da parte di Egidio che fra l'altro avrebbe dovuto restare al volante.

La soluzione fu naturalmente la più semplice: quattro persone sollevarono la barca ed Egidio sfilò di sotto la macchina passando naturalmente con le ruote sui piedi dei malcapitati che peraltro resistettero stoicamente non potendo mollare la barca sospesa sulle loro teste. Posata comunque la barca in acqua la folla si disperse rapidamente con un mormorio di delusione; la speranza di qualche osso rotto o addirittura di un cadavere, era sfumata miseramente.

Vennero poi i momenti delle uscite a vele spiegate e furono sensazioni veramente meravigliose: sentire la barca fremere per la velocità e nelle mani la forza del vento che inclinava lo scafo.

E tutto sarebbe stato semplicemente sublime se non fosse intervenuto Egidio con le sue proposte candide ed entusiaste. Prima di tutto il suo senso del tempo. La prima volta mi invitò: "Andiamo una mezzoretta in barca" Essendo già circa mezzogiorno calcolai che per la una meno un quarto al massimo avrei potuto essere di ritorno ed accettai con entusiasmo. Le cose però non furono così semplici ! Arrivati al pontile mi ordinò ( i vecchi lupi di mare, soprattutto se sono stati a Caprera, danno ordini non consigli) di armare la barca ed ammetto che a quel punto restai un po' sconcertato. Non riuscivo ad immaginare quali pericoli avremmo potuto incontrare sul Lago di Ledro, dove si è sempre ad un tiro di voce da un centro abitato, tali da doversi difendere con delle armi. Egidio non apprezzò molto questi miei dubbi ma comunque, col suo fare comprensivo, mi spiegò che "armare" una barca voleva semplicemente dire di dotarla di quegli accessori necessari per una navigazione decente come l'albero, le vele, il timone ed le varie sartie. Come vedete imparai subito alcuni termini come "sartiame" perché dopo avere azzardato un prima volta il termine "corde" mi ritrovai, non so come, appeso alle stesse a testa in giù !

Per ritornare al problema della quanto meno soggettiva valutazione del tempo fatta da Egidio, imparai ben presto che tra armare la barca, uscire, affrontare le prime inevitabili difficoltà dovute alla mia inesperienza, veleggiare un po', ritornare e disarmare la barca trascorsero quasi quattro ore. Il fatto di per sé non era molto grave ma aveva comportato il salto del pasto a mezzogiorno, il che mi aveva reso piuttosto nervoso.

Ma l'episodio più emblematico delle nostre esperienze veliche fu la partecipazione ad una gara organizzata sul lago proprio in quel periodo.

Egidio, come sempre pieno di entusiasmo, disse : "Dài Riccardo. partecipiamo anche noi; con la mia esperienza qualcosa riusciremo a fare". Accettai naturalmente, non dopo aver sentito un strano brivido percorrermi il filo della schiena.

Egidio al timone ed alla randa, io al fiocco, ci scaldammo un po' provando il vento e passando davanti al pubblico con atteggiamento da vecchi navigatori. Peccato che quando udimmo lo sparo della partenza ci stavamo dirigendo noncuranti esattamente dalla parte opposta del campo di gara. La manovra per virare rapidamente fu drammatica perché la sequenza diabolica dei precisi comandi di Egidio mi gettò in uno stato di prostrazione incredibile. Secondo me la lingua italiana è una delle più articolate del mondo ed è in grado di esibire una parola precisa per ogni azione umana. Ebbene i velisti, non conoscendo a fondo forse tutte le possibilità della stessa, hanno coniato un proprio linguaggio ermetico, a volte anche con termini che a me sono sembrati osceni, e a mio giudizio abbastanza pericoloso se utilizzato con i poveri mortali che non lo sanno interpretare. Sì, perché, prima che uno possa assimilare il significato di tali termini, ha preso almeno due volte il boma sulla testa e le mani presentano lunghe ferite fumanti provocate da cime ribelli. In qualche modo riuscimmo ad accodarci agli ultimi e non vi dico le urla di gioia quando addirittura superammo una imbarcazione apparentemente più prestigiosa della nostra.

Venne comunque il momento della verità.

Noi stavamo ancora risalendo il campo di gara quando i primi cominciavano già a ritornare.Le rotte iniziavano ad incrociarsi e la faccenda diventò un po' complicata. Fui assalito da autentica angoscia quando Egidio disse: "Non ti preoccupare, ci penso io" e cominciò a puntare direttamente sulle barche avversarie per spaventarne gli equipaggi con un atteggiamento deciso e provocatorio. Ci fu solo il piccolo particolare che le altre imbarcazioni non mutarono di un millimetro le loro rotte, molto più interessate all'esito della gara che alle nostre esibizioni di protervia. Ancora oggi non so come abbiamo fatto ad evitare un naufragio alla "Titanic" ma ricordo le incredibili parolacce che ci piovvero da ogni parte per cui da quel momento ritenemmo più opportuno navigare a pochi metri dalla costa per paura di incontrare anche un semplice canotto. Ma il peggio lo vivemmo all'ultimo giro. Tutti sanno che sul Lago di Ledro intorno alle quattro del pomeriggio il vento cala di colpo e non c'è verso che riprenda fino al giorno successivo. Fu cosi che mentre i primi avevano già brindato e stavano caricando le barche sui loro carrelli noi eravamo dalle parti di Molina con le vele che si stavano afflosciando insieme al nostro animo. Giungemmo comunque al traguardo e fu una vera gioia perché, al di là di tutto, non avevamo avuto incidenti ed avevamo riportato la pelle, debitamente scottata, a casa.

Ed è questo che mi piace in Egidio: malgrado la sua incosciente intraprendenza con lui le avventure finiscono sempre bene. Fu l'unico anno che abbiamo avuto una barca a vela tutta per noi permettendoci di trascorrere un'estate veramente indimenticabile. Era questa la considerazione che feci mentre guardavo Egidio ripartire con la barca sul tetto della sua 128. Avrei voluto salutarlo con un cenno di mano ma non potevo perché un braccio lo avevo immobilizzato al collo e con l'altro mi appoggiavo ad una stampella.

Perché ?

Dunque, nel caricare la barca sulla 128 … bè, lasciamo perdere, in fondo Egidio è veramente un caro amico!

Riccardo

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Che verve, Riccardo, sei un affabulatore nato! Ho veramente gustato il tuo racconto, come ho apprezzato quelli precedenti.

Un saluto ed ancora un augurio a tutti :)

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Ho veramente gustato il tuo racconto, come ho apprezzato quelli precedenti.

...non sei l'unico :)

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Quella volta che ....

sono uscita da sola in macchina per fare acquisti;tornata alla macchina, mi sono seduta dalla parte del passeggero e stavo impaziente in attesa che la macchina partisse; solo dopo qualche minuto e sotto gli occhi curiosi di alcune persone, ho realizzato che dovevo essere io a guidare....non vi dico l'imbarazzo, anche se con nonchalance sono uscita dalla macchina e mi sono seduta al posto di guida. Sono sempre stata una gran distrattona! :):P

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Bella la tua sincerità e semplicità.

Ma la distrazione fa parte della nostra età!

Ogni tanto ho l'incarico di andare a prendere i miei due nipotini a scuola.

Ebbene, un giorno, impegnato sul computer (no, wininizio ancora non lo conoscevo!) me ne sono dimenticato. E' partito un giro di telefonate dalle scuole a mio figlio e mia nuora: sono stato tacciato di nonno snaturato !!

Ma volevo raccontarvi di

Quella volta che ... ho fatto le ferrate del Brenta (Trentino).

Nel tempo, con la maturità, sono diventato amante della montagna. Niente arrampicate e scalate ma trekking sui sentieri delle montagne che conosco: Giudicarie, Brenta, Adamello, Presanella. Sentieri, rifugi, passi ma niente cordate: il coraggio non è il mio forte.

Tranne una volta quando un mio carissimo amico mi convince a percorrere le "Bocchette basse". Per chi non ne ha mai sentito parlare si tratta di un percorso di montagna sul Brenta costellato di passaggi su cengie, salite su scale ferrate, roccette, passamani di corde d'acciaio.

Niente di impossibile, in verità, ma con il mio senso della vertigine ho passato momenti abbastanza inquietanti.

In particolare uno, quando abbiamo dovuto percorrere una cengia di circa un centinaio di metri, un sentiero di circa 1 metro di larghezza. Sulla sinistra un muro di roccia che si arcuava sopra la testa, lungo il quale correva un cavo di acciaio debitamente fissato e sulla destra uno strapiombo di circa 150/200 mt.

Saldamente "abbarbicato"con le mani al cavo comincio il mio tragitto.

Man mano che proseguivo la vertigine cominciava a impossessarsi di me sotto forma di "attrazione del vuoto".

Sembra incredibile ma, pur essendo cosciente delle conseguenze, venivo invaso da un desiderio sempre più forte di lasciarmi andare e di cadere libero nel vuoto.

L'angoscia diventava sempre più intensa e le nocche delle mani sempre più bianche nello sforzo intenso di restare aggrappato alla vita.

Sono riuscito finalmente a terminare il passaggio ed al primo slargo mi sono adagiato contro la roccia a riprendere il controllo di me stesso.

Ho continuato ad andare in montagna ma percorsi del genere non li ho più fatti: quel giorno me lo ero ripromesso !!

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Beh, la vita riserva proprio delle sorprese !!

Vorrei raccontarvi di

Quella volta che ... feci il servizio militare.

Avendo ignobilmente fallito l'avventura universitaria (Ingegneria) nel 1963 fui costretto a effettuare il servizio militare, allora obbligatorio. Tre giorni al Distretto Militare per le visite di prassi.

Poi via a Bari per fare il CAR (Centro Addestramento Reclute). Tre mesi per imparare a marciare insieme, a sparare con fucili mod. 91/38.

Si trattava di fucili inventati nel 1891 e modificati nel 1938. Mi hanno detto che c'erano già i Garand ma non li ho mai visti.

Qualche tiro con le bombe a mano che spesso venivano fatte brillare dagli artificieri perchè era dura che esplodessero da sole. Prima del poligono di tiro ci allenavamo a tirare sassi in caserma contro un muro.

Il giorno del Giuramento arrivarono da tutta l'Italia parenti ed amici ed è stata una giornata di festa.

A mezzogiorno le mense militari avevano preparato un sontuoso pranzo a base di pollo anche per tutti i visitatori.

Per me, per un concatenarsi di eventi, non potè venire nessuno, per cui finito il pranzo, fatto a parte con alcuni commilitoni, sono andato in libera uscita girando per Bari.

Al ritorno in Caserma, mi pare verso le ore 22, trovai tutte le luci accese anche nelle camerate ed un via vai di medici ed infermieri.

I viali erano pieni di militari mal messi con una forte propensione al vomito.

Non vi dico che cosa ho trovato in camerata: un forte odore acre ed una facilità a fare degli scivoloni su ... beh potete immaginarlo!

Era semplicemente successo che buona parte dei polli era avariata e sia militari che parenti sono stati male. I Militari in caserma. Parenti ed amici sui treni che li riportavano a casa.

Ho saputo di treni fermati a Foggia, Lecce ed altre città per fare scendere gli intossicati e portarli all'ospedale più vicino.

Il giorno dopo sui giornali nazionali e locali non comparve un rigo del fatto.

Dopo i tre mesi tradizionali fui trasferito al reparto: Padova, Caserma Pierobon, Reggimento trasmissioni.

Ho imparato l'alfabeto morse, mi sono esercitato a muovere le manopole delle radio da campo (non c'erano le valvole per cui non funzionavano).

Era l'anno della tragedia del Vajont (9 ottobre 1963) e i commilitoni più anziani furano inviati sul luogo per garantire le comunicazioni ed al loro ritorno erano sconvolti per quello che avevano visto: una valle spazzata dalle acque, paesi spariti, corpi umani raccolti dalle pale delle scavatrici.

Poi, scaricando delle casse da un camion, ho sentito una fitta all'inguine piuttosto forte.

Marco visita: ernia inguinale. Vengo mandato all'Ospedale Militare di Padova dove mi confermano la diagnosi e mi propongono l'intervento operatorio. Allora ci si poteva opporre e io l'ho fatto perchè l'Ospedale Militare di Padova di allora meriterebbe un racconto a parte.

Vengo rimandato in camerata, marco visita, camerata, marco visita e così per un po' di giorni.

E quì intervenne mio padre.

Con una faccia di tolla a lui caratteristica, si presentò al Colonnello del mio Reggimento spacciandosi per grande amico di Giulio Andreotti (allora Ministro della difesa).

Si complimentò col Colonnello per come era gestita la Caserma Pierobon assicurandolo che ne avrebbe parlato a Giulio appena lo avesse rivisto.

Due giorni dopo fui rispedito a casa con il foglio definitivo di congedo RAM (Ridotte Attitudini Militari).

A Milano fui poi operato di ernia inguinale di cui consevo ancora un pallida cicatrice.

Questa volta quanto raccontato è la pura e semplice verità della mia esperianza. Non ho aggiunto nulla di fantasia: anzi forse ho tralasciato qualche cosa !

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hei riccardo hai un notevole bagaglio di esperianza di vita, perchè non raccoglierla in un libro :)

mi ero perso quasi tutto il 3D, domani leggo tutti i tuoi racconti, stasera mi si chiudono gli occhi :P

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Quella volta che ... feci il servizio militare.

Bello come sempre il tuo racconto,semplice e vero.

i tuoi racconti hanno sempre il valore aggiunto di essere uno spaccato di precisi periodi storici della nostra vita.

Complimenti.

Un saluto a te ed a tutti il forum

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La vita riserva sempre delle sorprese, anche in fatti semplici, come

Quella volta che .... ho conosciuto un uomo.

Non mi fraintendete. Per uomo intendo un essere umano, una persona semplice e comune che mi ha aperto la mente.

Molti anni fa lavoravo in una delle più importanti aziende ceramiche italiane e dovevo effettuare un analisi di lavoro.

Analizzando i vari processi che questo lavoro contemplava, ad un certo punto ho seguito un documento che veniva compilato all'origine in più copie, fino ad arrivare ad un collega che dopo aver effettuato controlli e registrazioni doveva smistare le varie copi.

Non si usava più la carta carbone, ma comparivano le prime applicazioni di carta copiativa chimica.

Il collega era anziano, anche se oggi mi rendo conto che aveva molti meno anni di quelli che ho io oggi.

Una persona attenta e puntigliosa che ogni giorno controllava decine e decine di documenti tutti uguali.

Era quello che in termini quasi dispregiativi veniva una volta chiamato "travet".

Definite tutte le azioni che lui compieva dovevo rilevare la destinazione delle varie copie (mi pare fossero 5 o 6). La prima ad A, la seconda a B e così via.

L'ultima non aveva più destinatario ed alla mia domanda su che cosa ne facesse il collega rimase un po' interdetto e poi, aprendo titubante l'ultimo cassettone della sua scrivania mi fece vedere che le conservava tutte.

Perchè ?

Mi rispose un pò incerto: " ... non si sa mai !"

Bene, la cosa può sembrare banale e comune, ma quel "non si sa mai" mi fece capire l'attaccamento di quella persona al suo lavoro, che senza aver ricevuto istruzioni in merito sceglieva la conservazione invece dell'innovazione, che tutto sommato aveva una forte identificazione con l'azienda con cui lavorava e non voleva creare problemi.

E questa identificazione c'è in tantissimi lavoratori dipendenti. Molti criticano e combattono le scelte aziendali.

Ma diranno sempre : la "mia" azienda ha fatto questo, la "mia" azienda ha fatto quello !!

Ma soprattutto ho imparato che nessuna azienda, nessun processo di lavoro possono sopravvivere se non si tiene conto dell'individuo, che non è un essere immaginario, ma che è il Sig. Mario, la Sig. Luisa, la Sig.a Margherita e così via.

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Si si...sono d'accordo con te!

"Quel non si sa' mai" non è una frase buttata lì a caso, anzì fa capire come (forse più prima) c'è dell'attaccamento da parte di alcuni lavoratori(in genere chi non guadagna tantissimo) e il fatto stesso di conservare un qualcosa di apparentemente obsoleto fa pensare: certamente il suo obiettivo era quello che, nel caso la tecnologia non avesse funzionato, si sarebbe ritornati alla vecchia e cara carta carbone, trall'altro senza apparenti difetti!

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Quella volta che .... ho conosciuto un uomo

Bella storia.

Mi ricordo quando, sedicenne, lavoravo da un commercialista ovviamente senza stipendio (tirocinio o ladrocinio?).

Tutte le mattine alle 9 in punto uscivo dallo studio con una cartella stracolma di pratiche da svolgere nei vari uffici, (Camera di Commercio, Intendenza di Finanza, Tribunale, Ufficio Imposte, Posta, Borsa, ecc..

Tutti questi uffici, in Torino, erano dislocati molto distanti l'uno dall'altro per cui, all'inizio, usavo i mezzi pubblici e mi venivano rimborsate le spese (biglietto lire 25 per corsa) dietro presentazione del cartaceo.

Dopo un po' di tempo, per ragranellare qualche soldino, questi spostamenti li facevo tutti a piedi e ad ogni fermata del tram raccoglievo i biglietti che alcuni passeggeri buttavano perchè ormai inutilizzabili: da qui scattava l'operazione rimborso.

Lato positivo: in quel periodo ho imparato cose che non insegnavano di certo a scuola di ragioneria e che mi sono tornate utili in diversi momenti della mia vita.

A presto con un'altra storia. :)

P.s. Il tuo collega anziano potrebbe essere definito "il progenitore del backup"

Modificato da Giusto

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