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Diablo

[ARTE]Gian Domenico Cerrini, Il Cavalier Perugino

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Riscoperte

Il cavalier perugino

A Perugia una mostra ripercorre attraverso settanta dipinti la storia di Gian Domenico Cerrini, pittore seicentesco nato nel capoluogo umbro ma che trovò la gloria tra Roma e Firenze

Apollo e la Sibilla Cumana

Perugia - Ci sono delle immagini che nella testa della gente etichettano una città. Perugia, per esempio, è città medievale e rinascimentale. Ci sono anche le origini etrusche, ma una volta superate le magnifiche mura sei preda solo di stradine che sono una specie di taboga, chiese e palazzi in pietra come fortezze, palazzi traforati da leggiadre finestre. Qualche cosa che si riferisse al Seicento, al barocco, sarebbe un "corpo estraneo". Ma Perugia ha questi "corpi estranei", spettacolari. Come la chiesa di San Filippo Neri, replica minore della romana Santa Maria della Vallicella, con sull'altar maggiore la pala dell'"Ascensione" elaborata da Ciro Ferri su modello di Pietro da Cortona. Cominciata nel 1627 la chiesa ha mantenuto in 130 anni un unico modello di decorazione di splendida eleganza, dal pavimento alla cupola. Un "corpo estraneo" come la collezione donata da Valentino Martinelli al Comune e che riempie il museo del Palazzo della Penna che dovrebbe chiamarsi "La gloria del Bernini". Perché Martinelli, uno dei più importanti specialisti del genio del barocco, ha scoperto e riunito deliziosi modelli in terracotta o in bronzo dorato di capolavori berniniani come "il Cristo ligato", il "Cristo vivo", il "Cristo morto".

Ma il "corpo estraneo" più sorprendente è l'oratorio di San Francesco in via degli Sciri. Si passa da un candido vestibolo con le lievi decorazioni in stucco della Passione, opera del berniniano Jean Reguaud (Giovanni da Sciampagna), ad una grande sala che è navata di chiesa e sala per riunioni. Il lato in facciata è un finestrone che inonda di luce l'interno ricoperto, anche qui dal pavimento al soffitto, di sedili e seggi intagliati (Giampietro Zuccari), di teleri quattro metri per quattro, di un soffitto a cassettoni, fra cornici dorate e intagliate, colonne dorate sull'altar maggiore, in una sorta di "Horror vacui". Gli otto dipinti quattro per quattro sui lati lunghi sono una tenebrosa sequenza cinematografica con le storie di Cristo e della Vergine, realizzata nel 1611 dal perugino Giovanni Antonio Scaramuccia, caravaggesco "senza il naturalismo del Caravaggio".

Ma Perugia ha anche un pittore del Seicento che ha dato occasione a questa riscoperta. Perugino anomalo perché a Perugia è solo nato (1609), è andato a cercare gloria a Roma e Firenze, a Perugia è tornato una sola volta, ma i cui dipinti erano nelle collezioni delle famiglie più importanti della città. Questo artista è Gian Domenico Cerrini al quale è ora dedicata la prima mostra. Una doppia buona notizia perché la mostra (dal 17 settembre all'8 gennaio 2006) si svolge nel Palazzo Baldeschi al Corso che la Fondazione Cassa di risparmio di Perugia ha restaurato e rinnovato per mostre e per la propria collezione fra cui spicca la "tavoletta" del Perugino, "Madonna col Bambino e due cherubini" custodita in una teca nella sala del consiglio di amministrazione.

La mostra comincia al terzo piano, a scendere, fino al piano nobile con stanze deliziose, tappezzate e dipinte, "bomboniere" che hanno imposto graticci teatrali lontani dalle pareti per sostenere le opere. I dipinti del Cerrini sono di grandi e grandissime dimensioni (due-tre metri) e avrebbero bisogno di sale come piazze per essere apprezzati al meglio, ma questo era lo scotto da pagare. Sono presentati circa 70 pezzi, quasi tutti dipinti, di un catalogo che non supera i 120 e che sono tutti illustrati con schede sintetiche nel catalogo Silvana Editoriale. Numerosi i dipinti restaurati (15 fra Roma e Firenze). Una pala d'altare considerata perduta, "Il miracolo di San Biagio", è stata individuata in una collezione privata dell'Italia centrale. Non è presentata "perché non entrava nelle porte". Motore e curatore della mostra Francesco Federico Mancini, che insegna storia dell'arte moderna all'università di Perugia, specialista del Cerrini che ha già attirato l'attenzione di storici dell'arte come Hermann Voss, Roberto Longhi, Marco Chiarini, Evelina Borea. L'interesse è dato anche dalla parabola di Cerrini, famosissimo ai suoi tempi e poi caduto nel dimenticatoio fino ai primi anni Venti del Novecento.

Sacra Famiglia, S. Giovannino e due angeli

Il titolo della mostra, "Cerrini il Cavalier perugino tra classicismo e barocco", dà il senso dell'artista anche se il periodo della formazione deve essere ancora chiarito. Quando Cerrini lasciò Perugia sotto l'invito del primo maestro (lo Scaramuccia dell'oratorio di San Francesco) a cercare altra aria e fermenti, Gian Domenico si trasferì a Roma. Secondo lo storiografo perugino Lione Pascoli, Cerrini entrò nella bottega di Guido Reni, ma Pascoli fa i conti sbagliati perché quando il perugino arriva a Roma a metà degli anni Trenta, il "Divino Guido" l'ha già lasciata. Il fatto è che nella pittura del Cerrini entrano "i modi della seconda generazione dei bolognesi in Roma, mentre sta già per sollevarsi il polverone del barocco". Guido Reni "decisamente", ma anche suggestioni da Domenichino, Guercino, Lanfranco, Andrea Sacchi, il Pomarancio Cristoforo Roncalli. E la mostra si apre con alcuni esempi di queste fonti. Il "San Giovanni Battista" di Guido Reni, dalla Galleria Sabauda. La sontuosa "Sibilla Cumana" del Domenichino, la versione della pinacoteca Capitolina. La "Sibilla Cimmeria" del Guercino e l'"Apollo e Marsia" dello stesso autore con i due protagonisti fra luce, penombra e ombra (uno schema su cui Cerrini lavorerà molto come si vede negli sfondi di Sacre Famiglie, narrazioni bibliche). Chiariti questi ascendenti c'è una considerazione fondamentale fatta da Evelinea Borea: "Oltre la cultura classicista di fondo", Cerrini rivelò "un certo spirito di indipendenza nei confronti delle tendenze dominanti, un certo anticonformismo e intolleranza tra i seguaci di chicchessia, una libertà mentale che produce alla fin fine la sua originalità". Cerrini fu sostanzialmente un isolato, non entrò in botteghe o cerchie, e non ha lasciato discepoli.

Il fatto è che negli anni Trenta-Quaranta del Seicento i dipinti del Cerrini, "cavaliere" per nomina pontificia, sono in chiese come San Carlino alle Quattro Fontane, capolavoro del Borromini, San Carlo ai Catinari e nelle principali collezioni romane come Barberini, Chigi, Colonna, Corsini, Pallavicini, Rospigliosi, Spada. E questo la dice lunga sui rapporti con personaggi che fanno il bello e il cattivo tempo a Roma, come il cardinale Bernardino Spada. "David con la testa di Golia", opera della piena maturità (1649), dimostra un "linguaggio originale e alternativo rispetto alla cultura dominante" di Pietro da Cortona. Nelle pennellate morbide e dense dei contorni si riconoscono spunti da Guido Reni. Le profonde ombreggiature secondo Guercino e Lanfranco, "svelano un paesaggio misterioso, dai toni romantici". A terra si scorge l'elsa di uno spadone in riferimento al committente.

"Cristo e la Samaritana al pozzo", con una materia pittorica "liscia e smaltata" nella veste rossa e nel manto azzurro del Cristo, soprattutto nel manto rosa della donna, con una composizione "limpida e spaziata", è collegato ad un altro grande personaggio, il cardinale Antonio Barberini, e questo significa anche Urbano VIII (con i relativi contraccolpi della morte del papa Barberini, della lotta con i Farnese e dell'esilio del cardinale). Il collegamento con Giulio Rospigliosi, futuro Clemente IX, è ancora più significativo perché probabilmente fu questo il misterioso committente dell'opera pubblica che segnò la carriera (e la vita) del Cerrini. La decorazione della cupola di Santa Maria della Vittoria con "San Paolo che ascende al terzo cielo", realizzata fra il 1654 e il 1655 per i carmelitani scalzi. La cupola è attigua alla cappella Cornaro dove il Bernini nel 1652 aveva depositato la celeberrima "Estasi di Santa Teresa", quintessenza del barocco romano. A Cerrini veniva quindi richiesto di "raccordarsi con il nuovo assetto, di armonizzarsi con la presenza forte sia di Bernini" sia del Guercino, Reni, Domenichino, Grimaldi, Abbatini che lo avevano preceduto, "declinando l'ultima cadenza del classicismo barocco". Nella cupola, Cerrini si "collegava alla tradizione dei cieli barocchi romani" del Lanfranco e di Pietro da Cortona, ma ne dava "una versione pausata e ritmica attraverso l'inserimento in basso di grandi figure di angeli musicanti".

Per questo "delitto di leso barocco", piuttosto per l'invidia dei colleghi verso un "artista di provincia" al quale era andato un lavoro che fa entrare nella storia, Cerrini fu subissato di critiche ed anche peggio se in una lettera a Leopoldo dè Medici del 17 luglio 1666, scrive di temere di essere "amazato dà miei nemici". Il pittore si lamenta anche di non aver mai potuto vedere dal basso il lavoro sulla cupola, e che se fosse stato lasciato in pace avrebbe potuto fare molto meglio.

Un gruppo di 32 amici del Cerrini compongono nel 1656 poesie in suo onore (il volumetto è stato ritrovato da Mancini ed è in mostra). Lo stesso Cerrini si consola con l'"Allegoria della pittura con autoritratto", una delle opere più belle della mostra, in cui la Pittura presenta il ritratto di Gian Domenico cavaliere, di scorcio, con lo spessore del telaio e i fili sfilacciati della tela. Sulla tavolozza i colori sono raggrumati con spessore materico. Dietro, nell'ombra, una vecchia (l'Invidia) si morde le mani.

Ormai però attorno a Cerrini i detrattori hanno fatto terra bruciata e il pittore fugge a Firenze (dal 1656 al 1661). Lavora per i Medici e i clienti dei Medici con numerose opere di "sobrio classicismo". In mostra c'è un fantasma di tela con Sant'Onofrio, scoperta nei depositi del Cenacolo di San Salvi. E' stata rimessa insieme con "accanimento da restauro", deformata come era, strappata in molti frammenti, con numerose cadute di colore, senza più aderenza. Ma si è salvata la lunga scritta posteriore dalla quale si ricavano date precise e che il grande dipinto (228 per 301 centimetri) apparteneva ad un personaggio importante della corte granducale, Tommaso Fantacci, "maestro di dispensa". Il Sant'Onofrio faceva parte di quattro teloni del Cerrini (tre non più ritrovati) che Fantacci donò alla granduchessa Vittoria della Rovere per la villa di Poggio Imperiale.

Al periodo fiorentino appartiene "San Girolamo" avvolto da un mantello rosso. Secondo Evelina Borea "la qualità pittorica brilla come in poche opere del Cerrini". Il restauro in vista della mostra ha reso ancora più evidente la qualità: "le pennellate sottili dei particolari naturalisti della muscolatura, dei capelli appiccicati al collo, dei peli della barba, del teschio e del libro poggiati sulla roccia".

Gli ultimi venti anni, fino alla morte nel 1681, Cerrini li trascorre a Roma dove cede alla "ventata barocca". Le pieghe profonde di vesti e panneggi, "ritmicamente agitate", "a gorgo", diventano il suo "marchio di fabbrica". Accompagnato da una tavolozza con "intonazioni che passano dal rosa tenero, all'azzurro intenso, all'arancio", o da sovrapposizioni di tinte fredde blu, azzurre, grigioverdi e lilla come nella bellissima "Circe" intenta a preparare un filtro magico. Ne "Il Tempo aggredisce la Bellezza", Cerrini realizza "un'amplificazione della mimica gestuale e del volteggiare dei panneggi", come se "volesse tradurre in pittura la vitalità della scultura berniniana".

Molti dei personaggi femminili del Cerrini hanno probabilmente il volto della seconda moglie del pittore, Margherita, molto bella, molto chiaccherata. Rimasto vedovo, sposò una ragazza fiorentina poco più che quindicenne, Vittoria. Alla morte del pittore, la giovane vedova, risposatasi, piazzò subito sul mercato i 76 dipinti che Gian Domenico aveva conservato per sé.

Notizie utili - "Gian Domenico Cerrini il Cavalier perugino tra classicismo e barocco". Dal 17 settembre all'8 gennaio 2006. Perugia. Palazzo Baldeschi al Corso. Promossa dalla Fondazione Cassa risparmio di Perugia. Curatore Francesco Federico Mancini dell'università di Perugia. Comitato scientifico internazionale. Catalogo Silvana Editoriale. Organizzazione Civita.

Orario: tutti i giorni 10-19. Chiuso il 25 dicembre e il 1° gennaio.

Biglietti: intero 8 euro, ridotto 6. Informazione scuole 075-987306; gruppi 02-43353522.

(20 settembre 2005)

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Gian Domenico Cerrini - La maga Circe

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Per informazioni sulla mostra: sito ufficiale

PS: Perugia è una splendida città

Grazie Diablo :P:)

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