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Diablo

[ARTE]Bucci, Romantico Naturalista

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Novecento italiano

Bucci, romantico naturalista

A Monza, una doppia mostra tra il Serrone di Villa Reale e l'Arengario Civico, celebra Anselmo Bucci a cinquant'anni dalla morte. Oltre 110 dipinti e 90 opere grafiche ripercorrono la carriera dell'artista, protagonista del primo Novecento

Monza - Stare alla finestra, guardare la gente e scriverne, per mezz'ora al giorno. Un consiglio letterario, dato da Gustave Flaubert ad un giovanissimo Guy de Maupassant e che Anselmo Bucci fece suo. Fu così che, giunto ventiduenne a Parigi, non potè fare a meno di guardare. Davanti aveva la strada: la strada di Parigi. Ciò che colpiva l'immaginazione del giovane Bucci era il movimento urbano, quel tourbillon nei boulevard. La strada diventava palcoscenico della vita della metropoli. Così nacquero le opere pittoriche ma soprattutto incisorie di questo picccolo grande artista marchigiano, lombardo di adozione, protagonista del Novecento, che ben presto si rivelerà non solo artista versatile, ma anche scrittore, poeta, saggista e giornalista. Dall'imprinting parigino parte tutta la sua carriera di transfugo da avanguardie profondamente diverse. A Parigi per sette anni si abbandona ad un'epopea esistenziale tipicamente da Belle Epoque, in balia di terribili stenti, di passione sfrenata per l'arte, di amicizie bohémien - Modigliani primo fra tutti, poi Severini, Picasso, Utrillo, Dufy - di lenti ma fedeli riconoscimenti critici per la sua pittura dal sapore post-impressionista. Allo scoppio della guerra, poi, ventisettenne, si arruolava volontario, seguendo l'impeto patriottico dei futuristi Marinetti, Boccioni e Sant'Elia, e diventava uno dei più acuti pittori di guerra.

Negli anni Venti, la famigerata militanza nel gruppo Novecento, di cui lui stesso coniò il nome, per poi uscrire dalla cerchia della promotrice Margherita Sarfatti e tornare, negli anni Trenta, alla ricerca su un naturalismo dai delicati cromatismi, verso quel "vero aureolato di poesia", come amava definire. Una vita artistica, dunque, in piena sintonia con la scalpitante fase del secolo scorso incastonata tra i due conflitti bellici, che viene ripercorsa dalla doppia mostra "Anselmo Bucci (1887 - 1955). Pittore e incisore tra Parigi, Milano e Monza", che dal 15 settembre al 13 novembre al Serrone della Villa Reale di Monza, porta in scena a cinquant'anni dalla sua scomparsa, una ricca selezione di 110 dipinti, provenienti dalle più importanti collezioni private e pubbliche italiane insieme, per la prima volta, ad un consistente nucleo di opere custodite nello studio monzese dell'artista, in via Talamoni, sotto la cura di Enrico Crispolti e Paolo Biscottini, in collaborazione con Alberto Montrasio e Mario Fossati. Mentre, dal primo ottobre al 13 novembre, all'Arengario Civico, sfilerà tutta la sua attività di grafico e illustratore attraverso 60 incisioni e 30 disegni. Una particolare dedizione tecnica, iniziata proprio a Parigi, dalla fascinazione per le scene di vita parigina veloci, scattanti e mondane, assaporate con la curiosità e l'attenzione di un cronista, tanto da comprare ogni giorno, dal lattoniere, una lastrina di zinco da sei soldi, cercare una panchina su cui sedere, un lampione cui appoggiarsi, una balaustra da cui sporgersi sulla strada. Tanto da avere in mano, fra le dita che facevano il callo, la punta d'acciaio come fosse una matita o un pennello.

Una passione di osservatore tradotta nella serie di incisioni "Paris qui bouge (Parigi che vive)", un vivacissimo ritratto della vita moderna, stampate da Devambez, un importante editore parigino. La predisposizione a raccontare spaccati urbani, paesaggi ravvicinati, si ritroverà anche negli altri brevi cicli di lastre incise in mostra, dedicati ad Algeri notturna (sei lastre), del 1912, e Bretagna (otto lastre), del 1913. Fino ai più noti cicli bellici, connessi alla non lunga ma certamente straordinaria esperienza nel Battaglione lombardo Volontari Ciclisti e Automobilisti, nel 1915, fra l'addestramento a Gallarate, l'ulteriore preparazione a Peschiera, e l'immissione in prima linea sull'Altissimo, sopra il lago di Garda. Sono le cinquanta puntesecche dei quattro album di "Croquis du Front italien", pubblicati a Parigi da D'Alignan, nel 1918 (tutte riferite all'esperienza nel Battaglione). Per poi stemperare i toni con le puntesecche realizzate nel 1925 per illustrare "Il libro della Giungla" di R. Kipling. E "L'immediatezza corsiva del segno alla puntasecca permette a Bucci una disinvoltura, motilità, e prontezza di registrazione grafica che propongono il suo stile di segno incisorio come molto personale, di grande rilevanza nella storia di questa tecnica in Italia", spiega Crispolti.

Il cuore della rassegna di Monza, poi, punta a sciorinare dettagliatamente le tappe salienti della carriera di Bucci. Si parte da Monza, dalla sua Monza d'adozione, dove giunse nel 1904 dalla sua nativa Fossombrone e dove, in questa prima fase d'iniziazione all'arte, risiedette fino al 1906, quando si trasferì a Parigi. Si ritrova tutta la ricerca pittorica di Bucci, dal simbolismo e dal post-impressionismo dei primi anni del secolo, da quando inizia a dipingere giovanissimo e compie gli studi classici in Veneto, dove la sua famiglia si era trasferita, alle sue brevi lezioni, nel 1905, all'Accademia di Brera, fino al 1906, momento di svolta, in cui lascia l'Italia e si trasferisce nella capitale francese. Si ritrova la sua esperienza col gruppo del "Coenobium", cenacolo culturale frequentato da pittori, scultori e letterati tra cui Eugenio Bajoni, Guido Caprotti e Leonardo Dudreville. Dopo l'intervallo parigino, ancora Monza nel secondo dopoguerra, che diventò lasua casa fino alla morte, avvenuta nel 1955, diventando una delle figure culturali di riferimento, fondando il "Gruppo degli Indipendenti" con Natalia Mola, Antonio Arosio e Nicolò Segota, e adoperandosi attivamente anche nell'àmbito della critica d'arte e della letteratura.

Si sbarca a Parigi, dal 1906. La vita di Bucci è tutta a Montmartre, dove frequenta Modigliani, Severini, Picasso, Utrillo, Dufy e altri artisti. Le avanguardie lo incuriosiscono, lo intrigano, ma si lascia solo sfiorare dalla loro ebbrezza, rimanendo fedele a una figurazione post-impressionista, che racchiude anche memorie della classicità italiana. La sua pittura, oscillante tra i modi fauve e un linguaggio simbolista, intorno al 1910 si orienta decisamente verso questa seconda via, innestata però su una base naturalista. Ottiene notevoli apprezzamenti per la grafica. Nel 1907 espone al Salon des Arts Décoratifs, nel 1909 al Salon d'Automne, nel 1911 e nel 1913 al Salon des Indépendants. Poi i viaggi. Tra il '12 e il '13 si allontana da Parigi, compiendo in Sardegna, in Africa, e sulla costa francese lunghi viaggi, di cui rimane traccia nella sue opere, quando realizza Inverno in riviera(1912) e la serie di paesaggi di Cagnes, dipinti con particolare felicità cromatica durante un viaggio nel sud della Francia.

Seguirà la crudezza di una guerra affrontata in giovane età, ma anche con pieno orgoglio artistico. Quando nel '14, si arruola volontario nel "Battaglione Ciclisti", il suo impegno è quello di fotoreporter del pennello, da cui nascerà l'intenso Funerale dell'eroe. E poi la svolta classica, intorno al 1919-20. Pur senza abbandonare i contatti con Parigi, Bucci si avvicina alla cerchia della Sarfatti e nel '22, insieme con Sironi, Funi, Dudreville, Malerba, Marussig, Oppi dà corpo e anima a "Novecento", senza astrazioni metafisiche e senza rigidezze arcaiche alla Valori Plastici, movimenti per i quali la Sarfatti non nutriva alcuna simpatia. In mostra spicca il celebre "Pittori", esposto con successo alla Biennale di Venezia del 1924, Biennale che regalò una doppia soddisfazione al gruppo perché non aveva ammesso i futuristi. Nel 1926 partecipa alla I Mostra del Novecento Italiano alla Permanente di Milano, e appare subito chiaro che le carte si sono completamente rimescolate, perché la Sarfatti raccoglie tutti gli artisti più significativi del momento, allargando le spire del suo controllo anche su ex futuristi, ex metafisici, ex valori plastici, coinvolgendo anche outsider come Ottone Rosai e Felice Casorati. E' il momento del distacco per Bucci, che negli anni trenta torna ad impostare la sua ricerca su un naturalismo lirico, di cui massimo esempio è Quercia del 1932. "Non ho mai cercato di mentire in uno stile , ma di dire la verità in lingua corrente", commenterà questa scelta l'artista.

Come ha sottolineato Paolo Biscottini, "Bucci non appartenne a Novecento perché non appartenne a nulla e a nessuno, restando sempre quell'indipendente, come scrisse Carlo Bo, che a diciannove anni era impaziente di respirare l'aria di Parigi. E se a quell'età non vi è ragazzo che non nutra un analogo desiderio, in lui dice anche una propensione al viaggio, nel senso ancora romantico del termine, che non lo lascerà mai, come mai lo lascerà del tutto la memoria della pittura di matrice impressionista, dai colori accesi e dalla vibratile qualità atmosferica, e della vita bohemienne, che invano ricercherà in seguito, quando le guerre, l'età e i disinganni renderanno amare le sue meditazioni, ma non la sua pittura, fino all'ultimo energica, fantasiosa e libera".

Notizie utili - "Anselmo Bucci (1887 - 1955). Pittore e incisore tra Parigi, Milano e Monza", dal 15 settembre al 13 novembre 2005, Serrone della Villa Reale (Viale Brianza, 2), Monza. La mostra è curata da Enrico Crispolti e Paolo Biscottini, in collaborazione con Alberto Montrasio e Mario Fossati.

Orari: da martedì a domenica 10-13 / 15-19. Chiuso lunedì

Ingresso: intero €5, ridotto €3 (studenti, over 60, soci Fai, soci TCI, Icom, accompagnatori di gruppi min. 10 persone); ingresso libero under 12.

Informazioni: tel. 039.322086; fax 039.361558 eventiespositivi@comune. monza. mi. it

Catalogo: Silvana Editoriale

(19 settembre 2005)

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Anselmo Bucci - "La Guercina", 1920, olio su tavola, 50x40 cm

post-3078-1127316619_thumb.jpg

Grazie Diablo :P:)

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