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Diablo

[ARTE]Manet

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LA RASSEGNA

Manet

Non fu impressionista, eppure il leader riconosciuto del movimento. A Roma, al Vittoriano, una mostra ripercorre la carriera di Edouard Manet in 150 opere, tra grafiche, oli e disegni

Roma - "Manet è importante per noi quanto Cimabue e Giotto per gli italiani del Rinascimento", parola di Renoir. E Pissarro gli fa eco: "E' molto più abile di tutti noi, ha trasformato il nero in luce". E Degas, alla morte dell'amico, dirà: "era più grande di quanto pensassimo". Non è stato mai un impressionista, non ha partecipato a nessuna delle otto mostre impressioniste, tra il 1874 e il 1886, eppure era considerato il leader del grande movimento d'avanguardia. Pochi anni di vita, in

quel pieno scalpitante Ottocento, eppure una progressione creativa impressionante. Cinquantun anni di vita, per trenta di carriera segnata dall'amore per l'arte italiana e spagnola, per le ricerche sul nudo e sulla natura morta, sui ritratti e sui paesaggi marini. Un artista che ha trasfigurato la tradizione con la scintilla della modernità. Tutto questo era Edouard Manet, magnifico, virtuosistico, energico e sintetico pittore, "grande borghese e spirito ribelle, boulevardier raffinato ed elegante", devoto alla sua Parigi, ma allo stesso tempo spavaldo, caustico, sicure nelle idee, disturbato dalla beffa di quella vocale che lo divideva dal collega Monet.

Diversamente dagli altri artisti che scelgono una strada di affermazione alternativa e in aperta polemica con il Salon ufficiale, Manet è convinto che la battaglia per un'arte nuova debba essere combattuta e vinta proprio in sede accademica. Il suo talento, la sua personalità artistica, sono rievocati dalla mostra monografica "Manet", in scena al Complesso del Vittoriano fino al 5 febbraio, che si avvale di un comitato scientifico composto da Maria Teresa Benedetti, Renato Barilli, Claudio Strinati, Ann Dumas, Diane Kelder. A rievocare l'artista francese, morto nel 1883 a soli 51 anni, sfilano, in un allestimento di parati e tappezzeria che ricorda tanto i Salon ottocenteschi di Parigi, un repertorio di 150 lavori, in gran parte opere grafiche, tra disegni, litografie, e acqueforti, e quadri.

Un corpus che, obbiettivamente non sfodera memorabili capolavori, ahinoi inamovibili dai grandi musei, e che deve fronteggiare la proverbiale difficoltà di prestito delle opere di Manet, ma che comunque nella penuria di risorse tenta una documentazione della produzione del pittore articolata per temi. D'altronde, come avverte caldamente Claudio Strinati: "Manet è uno di quegli artisti che rientra nell'aura dei grandi classici, vale a dire di quegli artisti che vantano in alcuni musei opere inamovibili. Come sono inamovibili La Gioconda dal Louvre, L'amor sacro e l'amor profano di Tiziano dalla Galleria Borghese. Ci sono quasi più opere inamovibili di Manet che di Caravaggio o di Tiziano. Sono opere che hanno le stigmate del valore aggiunto per un sacrale rispetto dell'ubicazione cui il destino storico le ha riservate". Per questo, allestire una mostra di qualità su Manet è impresa titanica se non utopica.

L'operazione del Vittoriano rimane ambiziosa, appunto, solo nell'intento. Di Manet si scorre la formazione legata alla lezione dei maestri italiani e spagnoli, tra Tiziano e Velàzquez, Andrea del Sarto e Goya. Le marine, la figura femminile, la natura morta e la vita parigina. "Manet non è stato mai impressionista, eppure il leader del movimento - ha detto Maria Teresa Benedetti - Grande viaggiatore, ha amato l'Italia, raccontata dalle copie di Andrea del sarto e del Beato Angelico. Poi l'esperienza spagnola. L'amore per il mare che riflette la sua aspirazione giovanile a diventare ufficiale di marina. Il Manet ritrattista di donne, lui che le amava tanto, anche se sposò una donna paciosa, tollerante, poco più grande di lui. L'incontro con la città e la sua idea politica, da oppositore di Napoleone III, rievocata con e gli studi della Fucilazione di Massimiliano, della guerra civile. Il tutto ovviamente rapportato a Goya alle sue Fucilazioni del 1808".

Non ci sono i capolavori che rendono viva e suggestiva la memoria dell'artista francese, come gli scandalosi "La colazione sull'erba" e "Olympia", entrambe custodite al Musèe d'Orsay, non c'è "Il battello", non c'è "Un bar alle Folies Bergère", né la struggente "La fucilazione di Massimiliano". Ma la personalità di Manet scorre comunque nella lunga galleria di opere grafiche che accoglie il visitatore. Gli schizzi annotati nel suo grand tour italiano, dagli affreschi di Andrea del Sarto, dal Ghirlandaio come dal Beato Angelico. I disegni ad inchiostro, come "L'uscita dal bagno" del 1860, acquistata da Degas in occasione della vendita postuma delle opere di Manet nel 1884. Ancora, la copia ad acquaforte de "I piccoli cavalieri" da Velàzquez, le composizioni spagnoleggianti che valsero a Manet il primo successo di pubblico al Salon. Poi, la sezione delle marine, l'amato mare cristallino, irruento e cangiante. Tele frutto di quella antica passione di adolescente, quando a 16 anni si imbarcò sulla nave diretta a Rio de Janeiro, contrastando la volontà del padre, che aveva desiderato per lui una carriera nella pubblica amministrazione.

Un viaggio che lasciò impresso lo spettacolo unico dei riflessi di luce sullo specchio d'acqua. Il blu turchese, incrostati di pennellate blu, il ritmo delle onde e le increspature del cielo, danno ai lavori di Manet una suggestione tutta esotica. Tra i ritratti mondani del bel mondo parigino, spicca "Marcellin Desboutins" del 1875, il pittore e incisore, immortalato in piedi col cane, scena al chiuso che viene giocata con sapienti effetti di luce. E tra le nature morte, le delizie gustose e morbide delle "Prugne", "Pesche", e le bellissime "Peonie", d'un bianco strutturato. Come sottolinea Renato Barilli: "Manet viene da lontano e va lontano, Monet fu il perfetto conquistatore del suo oggi. Manet guarda al museo, al grande Goya, una lezione che attualizzerà, riducendo la profondità prospettica. Le Dejeuner sur l'erbe creò scandalo per quella giovane nuda accanto a borghesi vestiti, ma il vero scandalo fu che Manet schiacciava la spazialità. Monet evita l'essere umano, Manet lo insegue. Monet non crede nel disegno, ma nello sfumato leonardesco, Manet è un virtuoso del disegno".

di LAURA LARCAN

Notizie utili - "Manet", dall'8 ottobre al 5 febbraio 2006, Complesso del Vittoriano, via di San Pietro in Carcere (Fori Imperiali). La mostra è organizzata da Comunicare Organizzando.

Orari: lunedì-giovedì, 9:30-19:30, venerdì-sabato, 9:30-23:30, domenica, 9:30-20:30.

Ingresso: intero €9, ridotto €7.

Informazione: tel. 066780664.

Catalogo: Skira

(7 ottobre 2005)

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Edouard Manet che spettacolo :)

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