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Diablo

[ARTE]Le Radici Del Contemporaneo

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LE RADICI DEL CONTEMPORANEO

Burri e gli altri

Sacchi, plastiche, legni, lische di pesce, ali di farfalle. Alle Scuderie del Quirinale di Roma, va in scena un'indagine sulla materia nell'arte, dal dopoguerra ad oggi, da Alberto Burri a Damien Hirst

Roma - Il bello del catrame. La suggestione della pietra pomice, della segatura e della polvere di alluminio. La forza espressiva di vecchi sacchi di juta, la fierezza di plastiche combuste, la forza ritmica di legni e ferri arrugginiti. E' un gioco spericolato alla scoperta della bellezza nella materia più "rifiutata", quello di Alberto Burri, il maestro italiano che per primo, dopo aver scontato gli orrori del secondo conflitto mondiale, ha dato dignità artistica a materiali poveri, figli di una quotidianità fino ad allora mortificata dal preconcetto della banalità. Poveri ma belli. Dopo di lui, l'arte non è stata più la stessa. Via pennelli, via colori, bando al disegno e ad una figurazione precostituita. Sono comparsi sulle tele cemento, pezzi di stoffa, sassi, lische di pesce, piatti rotti, insetti, ali di farfalle. Una sfida all'ordine, alla calma piatta dell'apparenza oggettiva delle cose. E' la genesi dell'informale. E la storia della ricerca materica, una stagione "maledetta" dell'arte, con i suoi sessant'anni di febbricitanti assemblaggi, viene ripercorsa dalla mostra "Burri. Gli artisti e la materia 1945 - 2004", in scena dal 17 novembre al 16 febbraio 2006, alle Scuderie del Quirinale sotto la cura di Maurizio Calvesi e Italo Tomassoni con la collaborazione degli storici dell'arte Lorenzo Canova, Chiara Sarteanesi, Rosella Siligato e Maria Grazia Tolomeo.

E' un percorso articolato in quasi cento opere di 37 artisti italiani, europei, americani, di cui ben venti pezzi appartengono a Burri e fungono da cuore propulsivo della rassegna. E' un piccolo grande corpus di lavori, datati dagli anni Cinquanta, quando l'artista umbro di Città di Castello, debuttò con i suoi rivoluzionari sacchi vecchi e logori, pieni di dozzinali cuciture e rammendi, raggiungendo subito, in barba a scandali e polemiche, una affermazione internazionale, per approdare al '94, ad un anno prima della sua morte, ottantenne, toccando le varie fasi creative legate essenzialmente ai materiali. Perché l'aspetto più intrigante di Burri, è la sua capacità di rinnovarsi, di dinamicizzare il suo approccio alla ricerca. Lui che aveva studiato medicina e che la guerra prima

lo confina diciotto mesi in Tunisia prigioniero degli inglesi, poi lo catapulta altri diciotto mesi nel campo di prigionia americano di Hereford, nel Texas. Lui che comincia a dipingere le desolate e infuocate distese di terra che vedeva al di là del recinto di detenzione, ma che poi ha preferito degradare la pittura a prelievo della materia per renderla sublime, recuperando l'idea dei collage cubisti di Picasso e quelli futuristi di Prampolini, e quelli dada di Schwitters.

In mostra, sfilano lavori come "Grande sacco", 1952, "Composition", 1953, della stagione classica di Burri, la svolta più audace nell'arte degli anni Cinquanta, "Rosso", 1953, "Rosso plastica", 1962, "Combustione", 1963, dove subentrano le plastiche bruciate sulla tela e Burri introduce l'uso del fuoco come mezzo espressivo, e ancora nuovi materiali in "Legno SP", 1958, "Ferro", 1959, e i cretti, misture di caolino, vinavil, pigmenti tipici degli anni Settanta. Le strade di Burri si incontrano con gli altri personaggi di questa avventura della materia. Chi la usa per esemplificare le atrocità della guerra, chi per raccontare la propria alienazione o quella dei malati mentali, chi per testimoniare la fragilità della natura, o il consumismo della società contemporanea. La materia sembra adattarsi ai decenni che si susseguono nel Novecento. La mostra ha l'ambizione di passarli in rassegna tutti, forzando, forse, i confini di una così eclettica collettività di artisti.

Nella Parigi del secondo dopoguerra, c'è Jean Fautrier (1898-1964), supercontemporaneo di Burri, che lancia la sfida alla pittura con le sue "hautes pâtes", accumuli di materia cromatica densa e grumosa, ottenuti con strati successivi di tempera e colla. E spicca il visionario e folle Dubuffet che già alla fine degli anni Quaranta fa esplodere i suoi "assemblages" mescolando catrame, intonaco, fango stesso, carta stagnola, impasti di terre e sassolini; ma anche elementi botanici. Nella Spagna catalana di Barcellona, Tàpies, manipola la materia pittorica conferendole una morfologia terrosa e fangosa, dal carattere fortemente a rilievo, giocando con gli effetti di smottamenti tellurici emessi attraverso asperità, solchi, canali e grumi. E Yves Klein, scomparso a trentaquattro anni nel 1962, noto soprattutto per i suoi straordinari monocromi blu, ma che sperimenta l'uso del fuoco bruciando in superficie cartoni compressi, sui quali, lascia impressa l'orma alonata delle vampate.

Sono le "pitture di fuoco" di Klein (dopo le "Cosmogonie" del 1960 realizzate esponendo la tela agli agenti atmosferici) che risalgono al 1961. Compare nel percorso anche lo scultore César, autore di assemblaggi con relitti di officina meccanica e di "compressioni" di carrozzerie di auto schiacciate da una pressa. Arman, le cui "accumulazioni" propongono alla rinfusa non solo pennelli, spatole e tubetti di colore, ma anche oggetti tra i più vari, come ferri da stiro o violini. Nell'Italia del boom, si aggirano Mimmo Rotella, il padre dei de-collage, dei "manifesti strappati", attivo tra Roma e Parigi, nella cui genesi, a partire dal 1954, è trasparente l'influenza burriana. Inizialmente l'artista, una volta staccati dal muro gli affissi, ne esponeva il rovescio e non le immagini, giocando con la trama informale delle macchie, dei grumi e slumacature di colla. C'è Ettore Colla che assembla ferraglia da meccanico per costruire le sue figure, Michelangelo Pistoletto, di cui ritorna alle Scuderie la "Venere degli stracci", 1967, icona dell'Italia sull'orlo della rivoluzione del '68.

In terra d'oltreoceano, brilla l'eccezionale esperienza New Dada di Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Jim Dine e Cy Twombly, seguita poi dalla nascita della Pop Art. Rauschenberg mette sulla tela i suoi reperti originali di una società sempre più consumistica, pezzi di stoffa o di legno, chiusure lampo (già adottate dallo stesso Burri), ma anche ritagli di giornale, frammenti di scritte, strisce di fumetti, riproduzioni di capolavori come la Primavera di Botticelli, fotografie da albo di famiglia o di personaggi pubblici e atleti in gara. Johns crea invece un contesto continuo e ben amalgamato, che lascia affiorare gli oggetti sommersi come scope, campanelli o calchi di figure, ma anche barattoli di colore, pennelli, telai, non altro che gli strumenti stessi del fare pittura.

Per approdare agli anni Ottanta e oltre, col raffinato Julian Schnabel, che poi diventerà anche sorprendente regista, che conquistava pubblico e critica con le sue tele rivestire di piatti di porcellana rotti, simbolo di quella effimera bellezza patinata promossa sontuosamente dall'opulenza di quella decade. E il trasgressivo e incontenibile Damien Hirst, che gioca sornione e caustico con l'elemento naturale, esemplificato da "Gospel", 2004, in cui tesse una fitta trama di ali di farfalle imbalsamate sotto vetro. Fino al travolgente Anselm Kiefer, l'artista tedesco che Burri segnalò quando era ancora poco conosciuto, che trasfigura la realtà della tela con piombo, fotografie, gabbie di ferro, animali in terracotta, felci e altri materiali naturali. E' il trionfo della materia, che stordisce e suggestiona.

LAURA LARCAN

Notizie utili - "Burri. Gli artisti e la materia 1945 - 2004", dal 17 novembre 2005 al 16 febbraio 2006, Scuderie del Quirinale, via XXVI Maggio, 16. Roma. La mostra è curata da Maurizio Calvesi e Italo Tomassoni con la collaborazione di Lorenzo Canova, Chiara Sarteanesi, Rosella Siligato e Maria Grazia Tolomeo.

Orari: da domenica a giovedì 10.00-20.00; venerdì e sabato 10.00-22.30.

L'ingresso è consentito fino a un'ora prima della chiusura.

Ingresso: intero € 9 - ridotto € 7.

Informazioni: 0639967500.

Sito web: www. scuderiequirinale. it

Catalogo: Silvana editoriale.

(16 novembre 2005)

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veramente interessante..lo sto studiando snche all'università.. :up1:

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:):P

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