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Gogo

"il Bacio": Qualcuno L'ha Per Caso Letto?

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IL BACIO

q.gifuelli del Nord Europa, si sa, hanno fama di essere un po' freddini. Insomma, nell'immaginario italiano, vanno più direttamente al sodo e non si perdono in tanti convenevoli. Nulla di più falso. I Nordici hanno un animo delicato e romantico, indugiano più che volentieri nei preliminari, anzi, ne fanno materia d'arte e, oggi, anche di studio. Un mio collega dell'università di Turku, il professor Hannu Salmi, ha scritto un bellissimo libro intitolato Suudelma, che in finlandese, lingua non proprio per chi ha fretta (infatti "ti amo" si dice minä rakastan sinua) vuol dire appunto "bacio". Se la lettura del libro (edito da Faros di Turku) può risultare un po' ostica alla stragrande maggioranza degli italiani a causa di una lingua appunto non proprio trasparente, le bellissime figure ne renderanno esplicito il messaggio. Che è dolce e tenero. Stavamo per dire "come un bacio Perugina". A dire il vero, in questo dotto saggio sulla storia culturale del bacio (Hannu Salmi insegna storia della cultura) manca proprio il bacio di cioccolata, famoso oramai in tutto il mondo e che fa concorrenza per dolcezza all'oramai inflazionato bacio dei transalpini. Ma si può conferire dignità culturale ad un gesto in fondo così comune? Certamente, del resto già da decenni la nouvelle histoire, ah, di nuovo i francesi con le loro pretenziose invenzioni..., ci ha condotto sui sentieri non facili della ricerca in campi mai esplorati prima. Oggi dunque sappiamo che sogni si facevano nel medioevo, siamo edotti sulla storia dell'infanzia, sia di quella felice delle corti signorili che di quella abbandonata, abbiamo esplorato i meandri delle ricette gastronomiche e delle pozioni stregoniche. Ma il bacio ci mancava. O meglio, qualcosa c'era già stato, e nel 1995 presso l'editore Donzelli era uscita la Storia del bacio di Kristoffer Nyrop, ma l'argomento è vasto e il materiale da trattare non manca.

In effetti, Hannu Salmi sembra privilegiare tra le proprie fonti il Vecchio Testamento e i Vangeli. Non sembri inopportuno il riferimento, anzi, metodologicamente lo storico fa un'operazione del tutto corretta, dato che le radici culturali del bacio come viene vissuto, e dato, in Occidente, stanno proprio nella Bibbia. A questo punto sarà chiaro che il bacio cui stiamo maliziosamente pensando da alcuni minuti non è affatto quello più importante, anzi, tutto sommato in questo libro non occupa neppure tante pagine.

Eh, sì, il bacio è ben altro. È segno di amicizia, di fedeltà, di cortesia, di ossequio, di spergiuro e di tradimento e solo quando ci si spinge più in là, verso le desiate e tenere labbra del partner, anche di passione. Ma tutto, ci ricorda il dotto finlandese, comincia dalla bocca. La sua funzione è quella di nutrirci, sia in senso biologico, l'assunzione del cibo, sia psicologico, l'assunzione del sentimento. La bocca serve al neonato per conoscere il mondo e la sua curiosità passa, per lo sconforto e la paura di genitori e nonni, da quella boccuccia rosea che tende ad ingoiare qualsiasi cosa le passi a tiro. Labbra e capezzolo formeranno un tutt'uno per molti mesi e di questa nutrifica funzione non ce ne scorderemo mai (almeno noi uomini) per tutta la vita e ad essa, oramai svezzati, continueremo ad anelare. Ma il bacio è anche il segno dell'anima, tanto che il giovane Werther, al solo udire pronunciare dall'amata il nome di Klopstock, si commuove al punto da baciarle delicatamente la mano. Oggi quanti dei nostri giovani si lascerebbero andare a tanto trasporto al ricordo del Messias di Friedrich Klopstock? Il fatto è che, a parte la poesia preromantica, poco praticata, i giovani di oggi non cominciano dal bacio dato sul dorso di una mano, né lì finiscono.

Il bacio però è una convenzione. Dicono gli etologi che è proprio l'unirsi delle labbra a distinguere l'uomo dall'animale, a fare del sesso riproduttorio un incontro tra due anime. Ma è anche vero che il bacio è un istinto naturale, tanto che Tarzan, che mai ha vissuto da essere umano, ma da onorata scimmia, sa baciare, e come bacia!, la sua Jane, così senza che nessuno glielo abbia mai insegnato. Altrettanto vorrebbe fare King Kong nell'ultimo remake, ma per motivi di dimensioni proprio non ce la fa. Non tutti però sentono questo naturale trasporto, ed ecco intervenire quella che in antropologia si chiama l'acculturazione e il bacio viene concepito non come rifleso naturale, ma come comportamento appreso. Ma non da tutti, infatti nel 1897 l'antropologo francese Paul d'Enjoy sostenne che i cinesi restavano disgustati alla vista del bacio "all'occidentale", ritenendolo un atto di cannibalismo. Quale differenza con il Romeo di Shakespeare, per il quale la bocca dell'amata Giulietta era "la porta dello spirito"!

Il bacio, si è detto, ha molte valenze. La stessa Passione di Cristo inizia con il bacio del discepolo Giuda. Non si tratta di una novità, infatti nella cultura classica il bacio ebbe spesso la funzione di rappresentare l'inganno, velato dal gesto più amichevole che l'uomo potesse concepire. L'episodio evangelico narrato da Matteo ci rimanda all'abitudine di salutarsi col bacio, ovviamente ancora praticata. Il problema, oggigiorno, è quello di sapere quanti baci si debbano dare, e si passa dall'inflazionato baciarsi sulle guance dei francesi al più contenuto omaggio del gentiluomo che solo sfiora la mano della dama. Ma non tutti amano il saluto sotto questa forma, che se è comune nel sud dell'Europa non lo è nel nord, dove il bacio sulle guance provoca imbarazzo e arrossamento più del bacio sulle labbra. Ma andando verso oriente le cose cambiano e giungiamo al bacio russo, variante politica del bacio francese. Famosissima è la foto che ritrae l'unirsi delle labbra, ad occhi chiusi, di Leonid Breznev e Erich Honecker, il leader della Germania est, che sugellava un rapporto sulla cui natura gli anticomunisti di una volta non ebbero mai dubbi. Ma la malignità era fuori luogo, infatti gli uomini russi si baciano sulle labbra e non lo fanno solo a partire da Stalin, ma lo facevano già in epoca zarista. In una fotografia degli inizi del Novecento si vede lo zar Nicola II dare il bacio tradizionale di Pasqua ai semplici marinai della sua flotta, che in fila, attendono il loro turno. Certo, anche qui ci furono dei Giuda, e, qualche anno più tardi, dalla corazzata Potemkin non partiranno baci volanti ma bordate rivoluzionarie.

Molti sono i baci fatidici, e anche il professore finlandese ricorda quello di Paolo e Francesca, bacio tragico, il cui dolce sapore presto si trasformerà in atroce dolore. Ma esistono anche baci di vita e non di morte (ma il bacio della triste Signora affascina e i giovani repubblichini aspiravano, nella canzone "Le donne non ci vogliono più bene" proprio a farle la corte). Il più celebre è quello con cui il principe ridesta la bella addormentata nel bosco. Il bacio come linfa vitale dunque, ma anche come assunzione della medesima. In questo si distingue il Conte Dracula, che vive dei baci che avventate signorine e signore gli permettono di dare. Insomma, di baci straziami, ma anche di baci saziami e il nutrimento del corpo diviene proprio l'amore che passa attraverso le labbra dell'amato o dell'amata.

Il bacio è anche gesto di potere o di ossequio al medesimo. È il virile baciamo le mani dei siciliani, magnificamente esemplificato nel film Il padrino. Ma esistono, fortunatamente, anche altre forme di potere. Difficile è l'arte del bacio al santo anello episcopale o papale, e chinarsi per farlo correttamente richiede una notevole esperienza. Il bacio entra nelle lettere, si fa formula di saluto e il grado di affetto che ci lega al nostro corrispondente va dal semplice bacio mandato frettolosamente su cartolina da Rimini al complesso bacio della santa porpora al quale ci inchiniamo nelle ampollose formule di saluto epistolare destinato, almeno una volta, alle alte gerarchie ecclesiastiche.

La storia del bacio accompagna la storia stessa dell'umanità, la sua arte come la sua letteratura, la vita pubblica come quella privata. Ma è del resto logico. Il primo bacio non si scorda mai. Il problema comincia quando, col passare degli anni, non ci ricordiamo più quando abbiamo dato l'ultimo.

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