Accedi per seguire   
Seguaci 0
Diablo

Speciale: Festival di Cannes 2006

48 messaggi in questa discussione

Presentato il film Usa «Shortbus», sesso come provocazione politica

Cannes, il giorno dell'esordiente Rossi Stuart

Standing ovation alla proiezione del film «Anche libero va bene» con Barbara Bobulova e la rivelazione Alessandro Morace

CANNES - Sulla croisette è il giorno degli italiani e dell'America anti Bush. Che ha il nome di «Shortbus», un film sul sesso come provocazione politica che non ha mancato di suscitare polemiche a Cannes. «È un cri de coeur per noi» ha spiegato in conferenza stampa il regista americano John Cameron Mitchell. Una «chiamata alla armi», un grido che viene dal cuore contro la politica del capo della Casa Bianca, contro il conservatorismo imperante negli Stati Uniti, dove si vive nella «repressione e nella paura» dell'era Bush. «Se non si possono avere nuove elezioni, tanto vale avere erezioni» ha aggiunto il regista quarantatreenne. Il film è una continua provocazione giocata sulle corde dell'eros: orge, storie di gay «liberati» e sessuologhe che non riescono ad avere orgasmi. Destinata a sollevare forti critiche negli Usa è la scena di un rapporto sessuale gay a tre, durante il quale uno dei protagonisti canta con gioia «The Star Spangled Banner», l'inno degli Stati Uniti.

AL GORE - Ma gli Stati Uniti a Cannes hanno anche il volto del democratico Al Gore. L'ex vice presidente degli Stati Uniti è apparso sulla Croisette come protagonista del film documentario di Davis Guggenheim «Una verità scomoda», proposto nella sezione «Un certain regard». Il film pedina Al Gore nel suo incessante viaggio, ormai una crociata quotidiana fatta di presentazioni in pubblico stracolme di spettatori appassionati, in difesa dell'ecologia climatica del nostro pianeta. Il tema del buco dell'ozono, delle politiche da adottare per ridurre le emissioni gassose che mettono in pericolo l'ecosistema terrestre, è stato un cavallo di battaglia dell'uomo politico, poi senatore, poi vice presidente e infine presidente mancato per un soffio, fin dai giorni dell'Università. «Il problema - dice - è che ogni giorno che passa si riduce la dose di tempo a nostra disposizione per cambiare il corso delle cose. Siamo a uno stato di allerta che i tecnici definiscono 5 e cavalchiamo sull'orlo dell'abisso. Per fortuna, se vogliamo, c'è ancora il tempo necessario per invertire la rotta. Ma la decisione appartiene ormai ai grandi politici della Terra e la mia speranza è che la politica è un'energia riciclabile».

BELLOCCHIO E ROSSI STUART - L'avventura italiana a Cannes comincia con i primi applausi e le prime critiche favorevoli assieme a una riaffermazione di orgogliosa diversità, da parte di Marco Bellocchio. Mentre sbarca sulla Croisette Nanni Moretti, che lunedì col suo «Caimano» passerà in concorso e che ha già cominciato la promozione internazionale del film, Kim Rossi Stuart con «Anche libero va bene» e Bellocchio con «Il regista di matrimoni», escluso dal concorso, ricevono un'ottima accoglienza. Il film di Bellocchio, definito «vitale» da Le Monde, incassa due applausi convinti al termine della proiezione per il pubblico della sezione «Un certain regard». L'esordiente Rossi Stuart incuriosisce il pubblico francese, che si sottopone a una lunga fila per per vedere la storia, aspra e intensa, del piccolo Tommi e della sua famiglia sgangherata. Un'accoglienza oltre ogni aspettativa, con oltre cinque minuti di applausi che sono diventati una standing ovation per regista e attori. «Davvero non me lo aspettavo», è stato il primo commento del regista esordiente, che aveva al suo fianco Barbora Bobulova e la rivelazione Alessandro Morace. Domenica sarà la volta di «Marcello, sweet life», il documentario su Marcello Masrtroianni e martedì è il turno di «Volevo solo vivere», altro documentario sulla shoa firmato da Mimmo Calopresti. A chiudere le presenze della pattuglia italiana sarà giovedì «L'amico di famiglia» di Paolo Sorrentino.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

IL GIORNO DEGLI ITALIANI A CANNES: L'AUTORE DEL «REGISTA DI MATRIMONI» POLEMICO PER LA SUA ESCLUSIONE DAL CONCORSO

Cannes, Bellocchio contro Moretti: io non ho padrini

Marco Bellocchio polemizza per l'esclusione del suo «Il regista di matrimoni» dal concorso per la Palma d'Oro, a cui partecipa invece «Il Caimano» di Nanni Moretti

21/5/2006 Fulvia Caprara

CANNES. Gli italiani sbarcano a Cannes nel fine settimana, numerosi e solidali, alcuni emozionati, come Kim Rossi Stuart, per la prima volta sulla Croisette in veste di regista, accolto da file interminabili all'entrata delle proiezioni di «Anche libero va bene». Altri rodatissimi come Marco Bellocchio e Nanni Moretti che del Festival sono stati ospiti spesso e in diverse collocazioni. Quest'anno succede che Moretti sia in concorso con «Il caimano» (e insieme a lui gareggia Paolo Sorrentino con «L'amico di famiglia», in arrivo a metà della prossima settimana) e che Bellocchio sia stato selezionato per il «Certain regard» (sezione che prevede un premio, ma non la Palma d'oro riservata al concorso). Il primo mangia un'insalata da «Cannelle», a due passi dal Palais, insieme con lo staff del film, Angelo Barbagallo in testa, e l'attrice Jasmine Trinca, l'aria felice e primaverile, uno spolverino blu, ballerine bicolori. Il secondo incontra i giornalisti in un salotto del «Majestic», gli fanno compagnia Ganni Cavina e Donatella Finocchiaro, pelle d'ambra e sorriso enigmatico, metà solare e metà ombrosa, principessa del Sud come nel film.

«Il regista di matrimoni» è stato accolto con molti applausi e ancora una volta, viene da chiedersi perchè il film non sia stato scelto per il concorso: «Preferirei non parlarne, è una questione di stile, scivoleremmo nel cattivo gusto, c'è una commissione che ha selezionato, punto e basta. E poi, quando si presenta un film, si è sempre in competizione, nel senso che si viene sottoposti ai giudizi di chi lo vede». D'altra parte per Bellocchio sono altre le cose che contano: «Non ho mai avuto, per mia volontà, nessun padrino, nè a destra, nè a sinistra, nè al centro, sono evidentemente destinato a una posizione aristocratica, e in effetti l'unica cosa che davvero m'interessa è mantenere integra la mia personalità. Faccio un cinema d'immagini e le immagini corrispondono alla propria vita». Del «Regista di matrimoni», che ha già ricevuto una splendida critica da «Le Monde», l'autore dice che è «sconcertante, gli spettatori restano sorpresi di fronte a qualcosa di molto nuovo rispetto al cinema italiano in generale». Intanto riflette sui prossimi progetti, uno teatrale, legato a «Buongiorno notte», da realizzare con gli Artisti Associati per andare in scena al Teatro Valle di Roma: «L'idea è stimolante, prende spunto dal "Grande fratello"» Oddio, che c'entra il «GF» con il maestro dei «Pugni in tasca»? «Si, attraverso un gioco di telecamere vorremmo mettere in scena, con gli stessi attori, tutto quello che avveniva fuori e intorno alla prigione di Moro. Anche lì, come nel programma tv, c'era una casa abitata da varie persone e poi una specie di gabbia dove era chiuso qualcuno. La differenza è che lì i brigatisti tenevano Moro con il progetto di ucciderlo». L'altra idea, ma più che un'idea è una provocazione, riguarda il cinema: «Ho pensato a un titolo, "Il giornalista", potrebbe essere un racconto sulla condizione disperata di chi fa oggi questo mestiere».

Forse sull'esecrata categoria Moretti e Bellocchio sono d'accordo. Il regista del «Caimano», che torna in concorso al Festival dopo la Palma d'oro per «La stanza del figlio», commenta in un'intervista a «Le Monde» l'esito delle elezioni in Italia. A chi gli chiede come mai tanti italiani abbiano deciso di dare nuovamente fiducia a Berlusconi, Moretti ricorda che «Forza Italia ha perduto in realtà moltissimo rispetto al 2001, anche se resta il primo partito del Paese. D'altro canto bisogna dire che la campagna elettorale di Berlusconi, molto aggressiva, è stata portata avanti in modo abile e ha dato i suoi frutti. Sicuramente si è ottenuto l'obiettivo di convincere gli indecisi». In effetti, spiega Moretti, il produttore in crisi del «Caimano», interpretato da Silvio Orlando, mostra bene come Berlusconi non sia che il prodotto dell'Italia di questi anni: «Ha votato per Berlusconi, come ha fatto tanta gente in questo Paese. Il disastro della sua situazione sentimentale ha evidentemente qualche cosa a che vedere con il disastro della società e della politica italiana». Moretti risponde anche alla domanda sulle eventuali pressioni subite durante la lavorazione del film: «No, non ne ho avuta nessuna, per la semplice ragione che, stavolta, a differenza che in passato, non ho voluto realizzare il film con il sostegno della Rai. Mi sembrava più giusto fare così. "Il caimano" è coprodotto con una società francese, la Bac Film, il cui contributo finanziario è stato determinante».

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cannes: "Shortbus", Va Di Scena L'Hard Anti-Bush

(AGI) - Cannes, 20 mag . - Arrivo' il giorno di "Shortbus", un film sul sesso come provocazione anti-Bush, ed e' subito polemica a Cannes. "E' un 'cri de coeur' per noi", ha spiegato in conferenza stampa il regista americano John Cameron Mitchell. Una "chiamata alla armi", un grido che viene dal cuore contro la politica del capo della Casa Bianca, contro il conservatorismo imperante negli Stati Uniti, dove si vive nella "repressione e nella paura" dell'era Bush. "Se non si possono avere nuove elezioni, tanto vale avere erezioni", ha affermato il regista quarantatreenne. Il film e' una continua provocazione giocata sulle corde dell'eros: orge, storie di gay 'liberati' e sessuologhe che non riescono ad avere orgasmi. Destinata a sollevare forti critiche negli Usa e' la scena di un rapporto sessuale gay a tre, durante il quale uno dei protagonisti canta con gioia "The Star Spangled Banner", l'inno degli Stati Uniti. Il protagonista, PJ Deboy, ha raccontato di avere sentito di dovere dare prova che anche lui e' un cittadino americano, nonostante le discriminazioni che gli omossessuali subiscono un po' ovunque nel Paese. "Mi sono chiesto se potevo farlo e ho deciso di si', perche' e' un gesto patriottico", ha spiegato, "non c'e' nulla di anti-americano e anti-patriottico nel sesso tra gay". -

Fonte

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

il festival Sulla Croisette con la Finocchiaro per "Il regista di matrimoni". Accoglienza positiva

«Porto "Buongiorno notte" a teatro»

Bellocchio a Cannes: «E se facessi un film sui giornalisti?»

Ottima accoglienza per Marco Bellocchio E per il suo film Il regista di matrimoni al Festival di Cannes: «La sua poesia cinematografica ci trasporta in regioni che i comuni mortali non possono raggiungere», riporta Screen International; «un film misterioso e chiaroveggente», dice Le Figaro. E ieri nel corso della conferenza con la stampa italiana i giornalisti sembravano soprattutto preoccupati del "risarcimento" che meriterebbe il film per il mancato inserimento in concorso. «Molti mi hanno chiesto perché non il concorso: c'è stata una selezione, hanno deciso, ho accettato. Sono destinato ad avere una posizione aristocratica nel cinema italiano, perché non ho nessun potere, se non dalla forza che viene dal film. A volte il cinema popolare conviene di più».

E' un'asserzione maliziosa.

«Allora mi fermo qui. Come diceva la zia Maria ne L'ora di religione: meglio trovarsi padri, padrini o l'Istituto Gramsci. Io non ho padrini, né di destra, né di sinistra».

Preferisce vincere il David da morto, come nel suo film?

«No, perché non vale la pena di rischiare la vita per un premio. Ne sono sempre stato convinto. Ora di più. Tu fai le immagini che ti corrispondono. Non ne puoi fare altre».

Però nel film il morto vince un premio?

«E' interessante che questa domanda ricorra nelle interviste, perché c'è una cultura dominante che è soffocante. Poi c'è il discorso cattolico: da morti si rinasce. E mi ha colpito l'affermazione di Ozpetek su Massimo Girotti: lui doveva morire per essere premiato».

La stampa ha ricondotto questo film a «L'ora di religione» e «Buongiorno, notte».

«Nonostante siano film diversissimi c'è un movimento simile che li accomuna. Qui lui si spinge fino a scoprire dove è la principessa e le impedisce di rovinarsi».

Quali critiche l'hanno colpita di più?

«Noi che abbiamo fatto il film abbiamo potuto constatare che sconcerta, stupisce, però c'è sempre un sentimento forte di base. Questo tipo di sorpresa è nuova nel cinema».

Che tipo di sorpresa?

«E' come se fosse stata trasmessa una vitalità, un contagio positivo. Questo per me è nuovo».

E' un film onirico. A distanza di tempo cosa cambierebbe?

«E' passato troppo poco tempo per poterlo dire. Non userei la parola onirico, parlerei di immagine non cosciente, perché essendomi io formato con il surrealismo, non è sogno. Cerca di tenere un filo, ma non sul piano del sogno».

Un premio al "Certain Regard" lo considererebbe come una piccola rivincita?

«Certo. Ma cosa vuol dire rivincita? Nel momento in cui presenti un film al pubblico, questa non è retorica, sei in competizione comunque. Il film ha una sua identità e va per la sua strada, sia che prenda premi oppure no».

Interviene Gianni Cavina: «Lavorare con Marco vuol dire entrare senza difficoltà dentro al film. A me è piaciuto moltissimo. E Avati mi deve perdonare».

Replica Bellocchio: «Lui è cattolico e ti deve perdonare».

Vedrà a Cannes il film di Moretti?

«Domani parto. Tutti gli altri italiani li vedrò poi al cinema».

Quale cinema italiano le è piaciuto?

«Adoro Ciprì e Maresco, sono due geni che hanno scoperto delle loro immagini, hanno una visionarietà. Garrone e Sorrentino qualche volta, anche se i loro contenuti li sento meno. C'è una generazione giovane che cerca immagini, non solo parole».

Progetti?

«Sarei tentato di dirlo, ma poi me ne pentirei moltissimo. Ecco un titolo fantastico: "Il giornalista". E' una condizione in qualche modo disperata. Il giornalista deve informare ma è costretto a fare una cosa sommaria, se non superficiale».

Piuttosto dica pure «inventare».

«Inventare? Allora è un lavoro esaltante! Ma in fondo questa non è un'idea nuova: anche la Dolce vita era la storia di un giornalista».

C'è anche un progetto teatrale.

«Vorrei fare una rappresentazione teatrale di Buongiorno, notte, sulla falsariga de Il grande fratello. Cioè come vedere a teatro il rapimento Moro dall'esterno, con delle telecamere in una stanza che non è sulla scena, naturalmente in una rappresentazione complessa e allo stesso tempo molto sintetizzata. E' un po' il seguito de Il regista di matrimoni e dovrei allestirlo al Teatro Valle di Roma».

Daniela Bisogni

Fonte

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Elton John furioso coi fotografi: «Dovrebbero spararvi a tutti»

A Cannes anche il «fantasma» di Mastroianni

Otto minuti di applausi per il film di Bellocchio. Film del giorno «Iklimer» del regista turco Nuri Bilge Ceylan, sulla crisi di coppia

CANNES - Tra un vip e l'altro, a Cannes si parla ancora del successo dei film italiani di Rossi Stuart e Bellocchio, mentre cominciano i primi segnali di nervosismo per il continuo assalto di fotografi e paparazzi. Elton John ha addirittura interrotto una premiazione per dire che non gli dispiacerebbe se finissero tutti ammazzati. Di fronte all'attonita platea del premio «Chopard» (premiata anche Jasmine Trinca come attrice emergente), il cantante inglese ha dato una brusca sterzata a un serata tutto sommato tranquilla e quando un fotografo ha cercato di richiamare la sua attenzione, ha perso le staffe. «Tu, testa di c... - lo ha apostrofato -! Dovrebbero spararvi a tutti, fottuti fotografi». Il premio attribuito dalla casa di moda ai giovani talenti e consegnato dal cantante insieme all'attrice Elizabeth Hurley, è andato al canadese Kevin Zegers, 21 anni, interprete di «Transamerica».

RICORDANDO MARCELLO - E tra le tante bellezze che attirano a sé tutti gli sguardi della Croisette (due su tutte la biondissima Avril Lavigne e la cinese Bai Ling, irresistibile in un tubino di pizzo nero), la programmazione del festival continua a fare onore al nostro paese. Dopo gli otto minuti di applausi riservati dal pubblico al film di Marco Bellocchio «Il regista di matrimoni» che corre nella sezione «Un Certain Regard», domenica è comparso il «fantasma» di Marcello Mastroianni. L'attore è protagonista di un bel documentario proposto nella sezione «Cannes Classics» dal titolo «Marcello, una vita dolce». Realizzato da Mario Canale e Annarosa Morri, il lavoro ripercorre la vita e la carriera del divo italiano attraverso interviste fatte in diversi momenti della sua esistenza, brani tratti dai suoi film più famosi, immagini riprese sui set che frequentava, ricordi delle figlie Barbara e Chiara, ma anche degli attori, dei registi e delle persone a lui vicine. Il documentario recupera anche le immagini di una rara intervista realizzata da Antonello Branca nel 1964, quando Mastroianni era all'apice del successo. Il tutto con la voce narrante di Sergio Castellitto, l'attore che forse più di chiunque altro può oggi dire di aver raccolto l'eredità di Marcello.

CRISI DI COPPIA ALLA TURCA - Tra i film in concorso, la domenica è tutta per il giovane americano Richard Kelly, con la sua deludente opera seconda «Southland Tales», ma in competizione passa anche «Iklimer» (ovvero «I climi»), nuova fatica dell'apprezzato regista turco Nuri Bilge Ceylan. Autore che ama lo scandaglio interiore e l'analisi del rapporto tra individui alla luce delle attese esistenziali tradite, Ceylan torna a Cannes con un film che racconta l'impasse in cui si trova una coppia composta da un professore universitario di mezza età (interpretato dallo stesso regista) e una giovane donna che lavora in televisione. Una vacanza al mare lascia implodere la loro insoddisfazione interiore in una reciproca incapacità di sopportarsi e il rientro a casa li trova separati per la classica pausa di riflessione. Le loro esistenze sono destinate a riunirsi nella noia di una incapacità di stare bene con se stessi, ma prima i due avranno modo di confrontarsi con altre persone, dalle quali ricaveranno la consapevolezza del proprio vuoto.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

«Over The Hedge», i ragazzini rapiti dal cartoon d'avventura

22/5/2006 di Alessandra Levantesi

CANNES. Nella strategia della Dreamworks, la Croisette di sicuro rappresenta una tappa scaramantica: in competizione nel 2001 e nel 2004, i cartoni animati tridimensionali «Shrek» 1 e 2 hanno incassato nel mondo rispettivamente la bellezza di 484 e 920 milioni di dollari. Ragione per cui, puntualmente, la società di Spielberg ha presentato quest'anno «Over The Hedge» (uscita USA in contemporanea, da noi a ottobre) anticipando i mondiali di calcio e precedendo di tre settimane «Cars» della Pixar, temibile avversario che vede fra i protagonisti la storica 500 Fiat. E' senza esclusione di colpi la guerra in atto fra gli studios per strapparsi il mercato dei film per i più piccini, ma le enormi cifre in gioco parlano da sole; e ben venga una sfida che comporta livelli tanto alti di qualità.

Pur preceduto da qualche parere riduttivo del tipo «i personaggi non sono molto originali e neppure la storia», «Over the Hedge» è infatti una vera delizia, divertente e intelligente come l'omonima striscia quotidiana di Michael Fry e T.Lewis alla quale si ispira. Una satira della società dei consumi vista attraverso gli occhi di un eterogeneo gruppo di animaletti del bosco (due opossum, cinque porcospini, una puzzola e uno scoiattolo), capeggiati dallo spregiudicato procione RJ (cui dà voce nell'originale un eccellente Bruce Willis) e dalla saggia tartaruga Verne. Diretto con brio da Karey Kirkpatrick e Tim Johnson, il film è un "prequel" che racconta la nascita di questa strana coppia. Risvegliandosi dal letargo in un bel giorno di primavera, le bestiole della foresta la scoprono dimezzata da un'alta siepe (l'hedge del titolo) che delimita una nuova zona suburbana. Si sparge il panico: dove troveranno di che alimentarsi? Niente paura, spiega loro lo scafato RJ, basta frugare nelle case degli uomini dove ce n'è per tutti: tanto quelli non mangiano per vivere, vivono per mangiare. Osteggiato solo dal cauto Verne che rimane inascoltato, il procione ha in realtà un suo segreto motivo per indurre la combriccola a rubare (deve restituire a un orso il cibo che gli ha sottratto). Ma quando l'avventura si farà perigliosa, la simpatica canaglia si trasformerà in eroe e ogni cosa si concluderà per il meglio. Perché nel mondo dei cartoni, almeno lì, i puri e i giusti trionfano (quasi) sempre.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

SULLA CROISETTE E' IL GIORNO DEI VENTI MINUTI SHOCK DI «WORLD TRADE CENTER» CON LE TRAGICHE IMMAGINI PERFETTAMENTE RICOSTRUITE. OGGI «IL CAIMANO» DI MORETTI

Twin Towers, la ferita aperta

Stone: «Così ho esplorato l'eroismo americano»

22/5/2006 di Fulvia Caprara

La scossa emotiva è forte, non sarà facile, soprattutto per il pubblico americano, rivivere la tragedia del crollo delle Torri Gemelle attraverso lo sguardo lucido di Oliver Stone, l'autore che, più di ogni altro, ha saputo mettere il dito nelle piaghe della storia statunitense, basti ricordare la ricostruzione dell'assassinio di John Kennedy in «JFK». Ieri sera il Festival ha reso un ampio omaggio al regista, venti minuti-pugno nello stomaco di «World Trade Center» e poi la versione restaurata di «Platoon», il film esemplare dedicato dall'autore, ex-marine, a un' altra delle grandi tragedie americane, per il quale, oltre a Stone, sono intervenuti i tre protagonisti: Willem Dafoe, Tom Berenger e Charlie Sheen.

In «World Trade Center» la ricostruzione delle agghiaccianti immagini viste su tutti i telegiornali del mondo è fedelissima fino allo spasimo; sulla scena dei grattacieli appena distrutti, nell'inferno di fuoco, polvere, gente in fuga e urla di terrore, Stone sceglie di inquadrare la figura del poliziotto Nicolas Cage, rimasto intrappolato, insieme con il suo collega WilliamJ. Jimena (interpretato da Michael Pena), durante le operazioni di soccorso. La celebrazione di quegli atti di coraggio estremo, di quei poliziotti che rischiarono (e persero) la vita tentando di salvare altri esseri umani, è il cuore del film: «Volevo compiere -ha spiegato l'autore - un'esplorazione dell' eroismo nel nostro Paese». Cage offre la sua maschera malinconica e spaesata a un personaggio destinatoa colpire profondamente l'immaginario del pubblico. La zona dell'attentato è stata ricostruita, per le riprese, a sud di Los Angeles, in un quartiere industriale di Marina Del Rey. La difficoltà di chiudere la ferita è ancora e sempre fortissima e infatti il dibattito sull'opportunità o meno di riproporre in forma di cinematografica il dramma dell'11 settembre è, negli Stati Uniti, ancora,duramente, aperto.

Il solo trailer di «United 93», presentato fuori concorso qui al Festival, aveva sollevato vibrate proteste da parte degli spettatori statunitensi fin dalla presentazione dei primi trailer. Diretto dall'inglese Paul Greengrass, l'autore di «Bloody Sunday», il film ricostruisce la storia vera dei passeggeri imbarcati sul volo della United Airlines diretto daNewYork a San Francisco e precipitato a Shankville, una località sperduta della Pennsylvania. Nelle intenzioni dei terroristi l'aereo avrebbe dovuto schiantarsi aWashington, obiettivo Pentagono, ma i passeggeri, insieme all'equipaggio, riuscirono aribellarsi ai kamikaze, sacrificando se stessi per evitare una strage di dimensioni ancora più ampie. Davanti alle prime immagini, proiettate in alcunicinemadiManhattan, gran parte del pubblico non aveva retto allo shock. Anche alla prima presentazione ufficiale del film, in apertura del «Tribeca Film Festival», ci sono state lacrime, emozione, incapacità di reggere alla ricostruzione di un dramma incancellabile, soprattutto per i familiari delle vittime che hanno comunque dato il loro consenso alla realizzazione dell'opera. In moltihannodichiarato dinonessere ancora pronti per quel processo di metabolizzazione collettiva che il cinemaha già offerto tante volte, in passato, per altre guerre, per altri drammi. Oltre all'opera di Stone, è inpreparazione il progetto di un'altra pellicola tratta da «102 Minutes», il libro scritto da alcuni giornalisti americani sullo spazio di tempo trascorso tra l'impatto del primo aereo e la caduta del primo grattacielo. Intanto il National Geographic Channel realizza un documentario sul tema e poi c'è la serie in otto puntate della rete televisiva Abc. Le rievocazioni di quelle ore spaventose finiscono per rientrare nel filone classico del cinema catastrofico, con la gente comune in pericolo e un piccolo gruppo di salvatori temerari, senza macchia e senza paura, pronti a qualunque sacrificio in nome del bene altrui. Resta il fatto che, a quasi cinque anni dall'attentato dell'11 settembre, c'è un solo condannato per la strage e nessuna indagine è tuttora riuscita a scovare Osama Bin Laden. Quell'uomo che, poche ore dopo il massacro, sembrava lì lì per essere catturato, è ancora libero e vivo chissà dove. Forse sulle reazioni a «World Trade Center» peserà anche questo.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

C'è consenso al festival per Bellocchio, Moretti, Sorrentino, Rossi Stuart

Il regista del "Caimano" figura carismatica di un Paese che vuole cambiare

Cannes, la carica degli italiani

le nostre pellicole tornano di moda

"Il regista di matrimoni" ha raccolto un giudizio molto positivo da "Le Monde"

di NATALIA ASPESI

CANNES - Arriva Nanni Moretti ed è come se portasse con sé l'Italia nuova uscita dalle elezioni. Arriva Il caimano, in concorso domani e subito dopo su tutti gli schermi francesi, e qui lo aspettano ansiosamente, come se gli si potesse attribuire un sia pur piccolo merito per il cambiamento politico del nostro Paese. Giustamente Moretti lo nega, perché il cinema può niente rispetto alla televisione che in periodo elettorale ha parteggiato spudoratamente per il governo oggi pensionato; ma certo potrà allietare i suoi molti cinefan raccontando della montagna di scemenze dette e scritte in Italia sul suo film giudicato, soprattutto da chi non l'aveva visto o addirittura non va mai al cinema, una pericolosa arma di guerra politica, vuoi pro destra vuoi pro sinistra.

I francesi lo attendono devoti e qui ricordano quanto fosse rabbuiato, cinque anni fa, quando era arrivato con La stanza del figlio: era il 2001, in Italia le elezioni erano state vinte da pochi giorni, a forte maggioranza, dal centrodestra. Poi il suo decimo film vinse la Palma d'Oro e fu almeno una grande consolazione professionale, non sufficiente a distrarlo da una situazione politica che lui immaginava disastrosa e che poi si rivelò tale.

Sono tanti cinque anni tra un film e l'altro, pure per il riflessivo, cauto Moretti; ma anche in Francia hanno seguito il suo intermezzo di impegno politico, i suoi interventi in piazza, soprattutto quello del settembre 2002 a San Giovanni davanti a un milione di persone, quando senza volerlo divenne il portavoce della sinistra civile scontenta della sinistra politica confusa e spaventata. Moretti è atteso a questo Festival come la massima star del bel cinema, dopo l'umiliante luccichio imposto dalle star dell'imbalsamato megacinema commerciale; e la stampa internazionale che negli ultimi anni si è occupata dell'Italia quasi esclusivamente per raccontare, stupita, ironica, scandalizzata, il fenomeno Berlusconi, è pronta ad accoglierlo non solo come autore rispettato e amato ma anche come figura carismatica di un Paese che vuole cambiare, dimenticare, ricostruire.

Già i giornali francesi sono pieni di lunghe interviste che certo vogliono sapere tutto della genesi del Caimano, dei quattro volti che Moretti attribuisce all'ex premier, quello del vero Berlusconi stesso di memorabili documentari, quello degli attori De Capitani e Placido e infine il suo stesso, che diventa una immagine di minaccia ed eversione; ma anche dell'Italia che sta per cominciare un cammino diverso anche sotto gli occhi, vigili, di gente come Moretti. E c'è già al Festival chi gli attribuisce doti di veggente, visto che dopo la sconfitta elettorale, c'è chi nella destra ha pronunciato realmente frasi eversive non diverse da quelle che chiudono il film.

Il cinema italiano sta tornando di moda, e c'è molta curiosità anche per il secondo film in concorso, L'Amico di famiglia di Paolo Sorrentino veramente inedito in quanto non ancora visto neppure in Italia. Ieri è stato accolto con buon successo nella sezione "Un Certain Regard" Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, molto amato in Francia sin dai tempi dei Pugni in tasca. E Le Monde, definendo Bellocchio "l'ultimo dei mohicani della Nouvelle Vague italiana", sembra preferire il suo film anche al Caimano di Moretti.

Ottima accoglienza ugualmente per Anche libero va bene, di Kim Rossi Stuart, film che è stato una bella sorpresa anche in Italia: quando una persona è così bella, si pensa che non possa fare che l'attore. Invece Kim, che pure del suo film è protagonista, si è rivelato un autore profondo, capace di dirigere gli attori e di commuovere il pubblico. Concorre, nella sezione "La Quinzaine des Réalisateurs", al premio Caméra d'Or per l'opera prima.

Ieri c'è stata molta allegria, il nuovo modo di accogliere i cosiddetti film scandalo, alla proiezione ovviamente fuori concorso di Shortbus del simpaticamente scorretto e irritante John Cameron Mitchell. Melodramma porno a prevalenza gay, il film ha per protagonista non, come dal titolo, il piccolo bus che porta a scuola i ragazzi cosiddetti sottodotati, ma il famoso orgasmo, che almeno per quel che riguarda le signore, risulta talvolta una chimera persino dal punto di vista politico. L'estroso regista avverte che sono stati gli interpreti a inventare di volta in volta il soggetto, il che fa pensare che già che c'erano, tutte le scene di sesso (in ogni versione, dalla masturbazione all'orgia) siano, beati loro, autentiche.

Trama: una coppia di bei giovanotti gay molto innamorati va da una consulente matrimoniale e sessuologa per sapere se fanno bene a diventare coppia aperta. Lei stessa però avrebbe bisogno di un esperto, dato che pur continuamente sbattuta in ogni angolo della casa da un marito per altro insignificante, resta fredda come un baccalà. Ne succedono di ogni colore, compreso un tentato suicidio. Per il resto intreccio di membri di misure encomiabili, cose davanti di dietro su e giù in un allegro locale dove non si fa altro, a suon di musica. Scene divertenti: un giovanotto tipo bambolotto e molto ginnico riesce a farsi da solo una fellatio; una eiaculazione si abbatte su un quadro tipo De Koonig e lo completa artisticamente.

(21 maggio 2006)

Fonte

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cinema. Cannes: è la volta de "Il caimano" di Moretti, scarso entusiasmo della critica

Cannes, 22 maggio 2006

Dopo i buoni riscontri avuti da film come "Il regista di matrimoni" di Bellocchio e "Anche libero va bene" di Rossi Stuart, viene presentato oggi il primo film italiano in concorso, "Il caimano" di Nanni Moretti.

Numerose riviste specializzate avevano rivolto l'attenzione al film di Moretti, come "Studio" o i "Cahiers du Cinema", facendo conquistare al regista italiano un rilievo particolare e un posto di primo piano nelle pagine della stampa internazionale.

Nella sala Lumiere, dove si svolgono le proiezioni mattutine per la stampa specializzata, un breve e composto applauso ha salutato la prima proiezione de "Il caimano".

Moretti torna a Cannes cinque anni dopo la palma d'oro per "La stanza del figlio", con un film che ha fatto molto discutere, sia per il suo contenuto politico che per il periodo d'uscita, pochi giorni prima delle elezioni politiche italiane.

In molti hanno posto lo stesso interrogativo al regista, ovvero se questo abbia inciso sulla vittoria del centrosinistra.Ma Moretti, rispondendo come aveva già fatto con la stampa italiana, ha detto che un film non ha la capacità di influenzare il voto degli elettori, ricordando che aveva annunciato l'uscita prima che fosse stabilita la data delle elezioni.

Le speranze di vittoria per il regista non sono poi così flebili, visto che finora il livello del concorso non è stato così eccelso.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

In prima pagina su Le Monde: «Il film più forte di Nanni Moretti»

Cannes, il giorno del Caimano

Cinque minuti di applausi alla prima del pubblico Il regista italiano: «In Italia è successo qualcosa di assurdo, evitare che si ripeta»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

CANNES — È iniziata la seconda settimana del Festival e si continua a parlare del cinema italiano dopo i successi di Bellocchio e Rossi Stuart. Ieri il Moretti's day, come lo chiamerebbe lo stesso Caimano, è andato secondo previsioni. Consueto applauso di circostanza dei critici al mattino; consensi più calorosi al primo pomeriggio («è un film politico ma anche comico» hanno detto alcuni); alla sera il gala: cinque minuti di battimani (due già durante i titoli di coda e poi tre, con molte grida di consenso), e il regista ha salutato a pugni alzati. Titoloni sui giornali, Nice Matin scrive: Moretti 1-Michael Moore 0, riferito all'autore del documentario su Bush. «Berlusconi, satire à l'italienne. L'Italie a perdu» titola Le Figaro l'intervista col regista del Caimano che, amato in Francia, è tra i favoriti del Festival vinto cinque anni fa con La stanza del figlio. E se l'autore, da due giorni sulla Croisette per promuovere il suo film (più di 8 milioni in Italia d'incasso) già venduto in moltissimi Paesi, ha avvisato che a suo parere Berlusconi non resterà cinque anni all'opposizione, gli attori hanno parlato del Caimano con i giornalisti italiani che sapevano tutto del catechismo morettiano e, del resto, sono stati accuratamente evitati dal regista.

«Quando ho letto la storia — dice Silvio Orlando, David meritato come protagonista — ho pensato che fossero due, una poetica e privata e una politica, contrapposte. Il film è riuscito perché le ha riunite ed è proprio l'Italia ai tempi di Berlusconi». «Io credo che nel Caimano ci sia molto amore per il cinema e una gran voglia di parlarne — assicura Margherita Buy — e, se il progetto era ambizioso per le diverse corde che tocca, il dosaggio così equilibrato degli elementi è segno della sua riuscita». Ci sono anche la giovane Jasmine Trinca, a lungo indecisa se fare la archeologa o l'attrice ed Elio De Capitani, il primo Caimano, bravo attore regista del Teatro dell'Elfo: «Pensavo di somigliare più al produttore Barbagallo, invece un giorno ho dovuto guardarmi allo specchio e scoprire che sembro Berlusconi. Ho fatto un'indagine antropologica sulla tipologia dei molti Berlusconi che, vivendo a Milano, conosco bene. Chiedono sempre che influenza possa avere avuto questo film sulla vittoria di Prodi, ma perché non chiedono mai l'influenza della nostra tv sulle elezioni?».

Oggi, accanto ad autori cinéphiles come Iñárritu e Bruno Dumont, è anche la giornata di Mimmo Calopresti che presenta fuori concorso al Festival il documentario Volevo solo vivere prodotto dalla Shoah Foundation di Spielberg e da Rai Cinema, in cui nove cittadini italiani ricordano l'esperienza terribile della deportazione ad Auschwitz. «Sono stato scelto per il mio passato di documentarista — dice il regista della Seconda volta —. Spielberg mi ha in realtà proposto di fare il film che avevo sempre sperato di fare, a volte accade. Sarà usato ora dalla Rai per la Giornata della memoria, è stato acquistato anche per le sale da molti Paesi e sarà venduto in dvd. Spielberg ne è contento, è grato a chiunque faccia un investimento professionale ed emotivo su questo tema. In particolare dice che il mio film è bello perché non solo didattico ed è colpito dell'interesse suscitato». Da due anni Calopresti lavora di fino sul documentario, ha lavorato fianco a fianco con i ragazzi e ora sta per inaugurare una nuova iniziativa. «Con la Città della scienza di Napoli e l'Istituto Luce — dice Luciano Sovena, sponsor della bella iniziativa socio-culturale — stiamo per aprire la prima scuola italiana del documentario a Napoli, di cui si occuperanno Luciana Castellina e Calopresti che insegnerà insieme ad altri registi internazionali ». Dice il regista: «È bello sfruttare questo momento di fortuna del genere per trasmettere un patrimonio storico espressivo tutto italiano. Mi piace Napoli, mi piace la scuola laboratorio e vorrei entro i primi due anni produrre un film insieme ai giovani».

Maurizio Porro

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cannes, arriva Maria Antonietta

In concorso il film di Sofia Coppola

Dopo il successo di "Lost in Translation", Sofia Coppola porta in concorso a Cannes "Marie Antoinette" con protagonista Kirsten Dunst. In Francia il film e già un caso e i giudizi sono divisi. C'è chi si è lamentato delle libertà storiche che la regista americana si sarebbe presa. "Non giudico storicamente le cose fatte dalla regina, ma racconto il suo passaggio dall'adolescenza alla maturità", è stata la replica di Sofia Coppola.

Per i sostenitori di "Marie Antoinette" invece il tocco moderno della Coppola (che include anche musica rock nella colonna sonora) sarà rivitalizzante per la storia della moglie di Luigi XVI. Tra questi c'è Jean-Michel Frodon, dei Cahiers du cinema, secondo cui il film "è diretto con eleganza e generosità" e ha un'energia che gli farà "superare gli ostacoli che di solito indeboliscono i film storici".

E' evidente infatti che i francesi 'sentono' il film, di produzione americana, quasi come un loro prodotto e la Pathè, che lo distribuisce in Francia, punta molto su questo titolo e sul suo esito a Cannes, tanto da farlo uscire subito, molto prima dell'uscita americana prevista per ottobre. Gli americani della Sony, invece, ha sottolineato Variety, hanno investito una "frazione minima" dei soldi spesi per "Il Codice da Vinci" e la maggior parte dei dirigenti Sony sono già partiti da Cannes. Non solo: secondo Variety, le 300 copie previste per l'uscita in Francia, per di più sottotitolate, "sono un numero modesto per un film di alto profilo".

In ogni caso, prima dell'italiano Paolo Sorrentino, "Marie Antoinette" è l'ultimo titolo di grande richiamo di questo 59/mo Festival di Cannes. Stando ai giudizi dei critici, sintetizzati come sempre da Le film francais, in testa al molto provvisorio toto-Palma c'è sempre "Volver" di Almodovar (ha ottenuto quattro palmette d'oro), seguito dal "Il Caimano" (tre) e da "The wind that shakes the barley" di Loach, "Les lumieres du Faubourg" di Kaurismaki e "Iklimer" del turco Ceylan (due).

Fonte

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cinema. Nastro d'argento a Cannes per il documentario sulla Shoah di Mimmo Calopresti

Cannes, 24 maggio 2006

Nastro d'Argento a sorpresa ieri nel corso del Festival di Cannes per 'Volevo solo vivere', il documentario sulla Shoah di Mimmo Calopresti, presentato nella selezione ufficiale, fuori concorso.

E' in assoluto la prima volta che un Nastro d'Argento varca i confini nazionali.

"E' una vera emozione - ha detto il regista calabrese - e una sorpresa assoluta in un festival che segna per me quest'anno un momento particolarmente importante, considerata l'accoglienza del pubblico e della stampa internazionale per il mio documentario".

Il lavoro dedicato da Mimmo Calopresti alla memoria della deportazione degli ebrei romani e dello sterminio ad Auschwitz, racconta la storia di nove superstiti del campo di sterminio nazista, e ha visto coinvolta la Shoah Foundation di Steve Spielberg.

''E' un film che dovrebbe essere proiettato in tutte le scuole per il suo valore di recupero della memoria e di condanna della follia nazista - ha detto il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero - e bisognera' adoperarsi perche' cio' avvenga''.

"Il nastro d'argento assegnato a Cannes al nostro Mimmo Calopresti - ha continuato Loiero - e' un premio che inorgoglisce tutta la Calabria. Bravo Mimmo!".

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Fischi per la «regina» di Sofia Coppola

«Marie Antoinette» non impressiona i critici. Un dramma in costume girato con un occhio moderno

CANNES - Sofia Coppola ha portato Maria Antonietta sullo schermo cinematografico, per un ritratto suntuoso, a tempo di rock, di una giovane e incompresa regina, ma non sembra essere riuscita a impressionare i critici al festival cinematografico di Cannes.

Kirsten Dunst veste i panni di Antonietta, un'amabile e ingenua adolescente persa tra gli obblighi della Corte francese, giunta in Francia dall'Austria ad appena 14 anni per sposare l'erede al trono. La reazione al film, uno dei 20 del concorso principale, è stata ampiamente negativa nel corso della proiezione per la stampa, oggi, prima che stasera vada in scena l'anteprima mondiale.

In molti hanno fischiato, pochi hanno applaudito, sebbene le reazioni di questo tipo non siano rare, alle proiezioni per la stampa. «Non so dei fischi alla proiezione», ha detto Coppola a chi le chiedeva delle prime reazioni. «E' una notizia per me... è spiacevole da sapere».

Il moderatore della conferenza stampa ha poi liquidato i fischi come azioni di "petits bourgeois", piccoli borghesi. Coppola ha mascherato il disappunto. «Penso che sia meglio suscitare una reazione. O la gente apprezza davvero o non apprezza: penso che sia meglio di una risposta mediocre, così forse a qualcuno piacerà, e non è per tutti».

REGINA INCOMPRESA - Il film è basato sulla biografia scritta da Antonia Fraser nel 2002, che sfida l'interpretazione un tempo popolare, quella che vorrebbe Antonietta insensibile e stravagante mentre il popolo francese muore di fame. «Dategli della brioche», è la risposta attribuita alla regina a chi le faceva notare che il popolo, senza pane, moriva di fame, e che nel film viene considerata come un'invenzione malevola, anche se per alcuni storici è ancora vera. «Per me, prima che lavorassi a questa storia, lei era il simbolo della decadenza e della frivolezza», ha detto nel corso della conferenza Sofia Coppola, sotto lo sguardo protettivo del padre Francis Ford. «E' stato molto interessante leggere e fare altre ricerche su Maria Antonietta, e scoprire più cose sull'esperienza umana di una giovane che arrivò a Versailles quando aveva 14 anni, e su come è cresciuta alla corte di Versailles».

Quello di Coppola è un dramma in costume girato con un occhio moderno, sullo schermo predominano il rosa brillante e il giallo, e pezzi New Romantic si mischiano con arie d'opera e musica da camera del 18esimo secolo. Coppola si è concentrata quasi esclusivamente sulla vita della regina a corte piuttosto che sull'agitazione sociale che la circonda. Il solo momento in cui i due mondi si toccano è la scena in cui Maria Antonietta si affaccia al balcone di Versailles davanti a una folla inferocita. La 35enne regista si prende gioco senza pietà delle convenzioni che regnavano alla corte di Francia, con una folla di nobildonne che seguono e venerano Antonietta dal momento in cui si sveglia a quello in cui va a dormire. Coppola offre un quadro comprensivo del matrimonio senza passione di Antonietta, di cui i francesi accusano lei e non il re, che nel film viene interpretato da un cugino della regista, James Schwartzman. Il film termina prima dell'arresto e dell'esecuzione della regina, nel 1793. "Marie Antoinette" è il terzo film di Coppola, con un budget di circa 40 milioni di dollari. I suoi due primi film, «Il giardino delle vergini suicide» e «Lost in Translation» sono stati ben accolti dalla critica.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Il secondo lavoro italiano al Festival

Cannes, applausi per «l'Amico di famiglia»

Un film complesso, disturbante e di non facile lettura

CANNES - Un applauso ha salutato 'L'amico di famiglia' di Paolo Sorrentino alla prima proiezione stampa, un film complesso, disturbante e di non facile lettura.

Lui è brutto, sporco e cattivo ed è anche un usuraio. È Geremia De Geremei (Giacomo Rizzo), questo il suo nome. Ed è anche un poì filosofo (cita quando può Reader's Digest), ma si sente 'L'amico di famiglia' perchè in fondo è un buono. O, almeno, non è peggiore degli altri. Missione di Geremia è quella di aiutare gli altri. Sarto di professione, vive con la madre obesa ormai ridotta in un letto. Ossessivo, pignolo, avaro, fisicamente disgustoso, ha dalla sua anche quella di venire da una famiglia di usurai, ma il suo modo di portare aiuto alla gente è subdolo, invadente. Presta soldi per cercare affetto. Li presta per matrimoni, per funerali, per far vivere «alla gente il suo sogno», ma poi torna per farsi pagare «per riportarli - come dice lui - alla realtà».

Braccio destro di Geremia, Gino (Fabrizio Bentivoglio), un solitario che ama il country e sogna di trasferirsi prima o poi in Tennessee. C'è solo una cosa che può scardinare l'ingranaggio di Geremia: l'amore. La scintilla scoppierà per Rosalba (Laura Chiatti), figlia di un uomo costretto a ricorrere ai suoi favori. Apparentemente per aiutare il padre, la figlia cede al mostro. Ma nulla è come sembra e Geremia scoprirà, a sue spese, che c'è qualcuno ancora più cattivo di lui.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cannes, un documentario molto particolare su Zidane giovedì, 25 maggio 2006 1.09 spacer.gif

CANNES (Reuters) - Con l'attesa per la Coppa del Mondo all'apice, l'asso francese del calcio, Zinedine Zidane, è apparso sul grande schermo al festival cinematografico di Cannes in un eccentrico documentario che ha colto di sorpresa molti spettatori.

"Zidane: A 21st Century Portrait" è un film impressionista e sperimentale, ben lontano dal tipico approccio documentaristico nei confronti delle persone celebri.

Il centrocampista è seguito in presa diretta da 17 telecamere diverse nel corso di una partita in casa svoltasi ad aprile dell'anno scorso fra la sua squadra, il Real Madrid, e il Villarreal, alternando primi piani del suo volto, delle sue caviglie, delle mani, delle gambe e del torso o allargando l'inquadratura per mostrare l'intero stadio.

Le immagini sono a tratti sfocate e il suono diventa a volte un boato assordante e altre volte si abbassa fino al silenzio. La musica elettronica sottolinea la tensione e la colonna sonora include anche la registrazione di una partita di calcio giocata in una scuola.

A differenza dei servizi televisivi sullo sport, c'è ben poco sul contesto generale del match, solo totale focalizzazione su un giocatore e i suoi movimenti nella partita.

Zidane, 33 anni e vicino al ritiro dal calcio, previsto dopo la Coppa del Mondo, dispiega la sua consueta abilità e visione di gioco e ad un certo punto scompare dietro tre difensori per calibrare un cross squisito per la testa di un suo compagno che trasforma.

A metà film, diretto dallo scozzese Douglas Gordon e dal francese Philippe Parreno, si passa ad un servizio televisivo su un attacco suicida in Iraq. Un ragazzo ripreso sulla scena del massacro porta la maglietta di Zidane.

I critici hanno avvertito il pubblico che, se qualcuno si aspetta un documentario tradizionale su Zidane, sarà deluso.

"Il film offre un ritratto audiovisivo di un'icona del 21esimo secolo in un nuovo approccio" ha scritto la rivista di Hollywood Variety.

Zidane ha vinto la Coppa del Mondo nel 1998 con la Francia ed è diventato il calciatore più costoso del mondo quando il Real Madrid ha pagato 66 milioni di dollari per comprarlo dalla Juventus nel 2001.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

L'attrice, 24 anni, sulla Croisette per "L'amico di famiglia"

di Paolo Sorrentino. Un film d'autore per uscire dal cliché di "solo bella"

Laura Chiatti, dalle fiction tv

alla passerella dorata di Cannes

Per lei un battesimo del fuoco al Festival più blasonato, dopo tanta gavetta: dai concorsi di bellezza al film con Kledi. "Critici, siate buoni con me..."

di CLAUDIA MORGOGLIONE

Dal sentimentalismo buonista per fan di Maria De Filippi, al film più disturbante di un autore complesso come Paolo Sorrentino, il passo non è breve. Specie se sei una bellissima ragazza di 24 anni, destinata inevitabilmente a essere notata più per il fascino - i capelli biondi, gli occhioni azzurri - che per il talento. Eppure Laura Chiatti, oggi star sulla passerella cinematografica più celebre del mondo, questo "salto" l'ha fatto. E con molta naturalezza. Emigrando dal tranquillo set di Passo a due, pellicola per ragazzini col ballerino Kledi Kadiu protagonista, a quello dell'Amico di famiglia. Ovvero la storia non certo convenzionale di usuraio sgradevole, incestuoso e invadente, di scena oggi al Festival di Cannes.

E così questa mattina, sulla Croisette, insieme al regista Paolo Sorrentino e ai due interpreti maschili - Giacomo Rizzo nel ruolo dello strozzino, Fabrizio Bentivoglio in quello del suo socio - c'è proprio lei, Laura. In scollatissimo abito con disegni blu, e coi capelli raccolti all'indietro. Insomma una gioia per i fotografi presenti, incusiositi da una ragazza italiana che non passa inosservata. "Critici, non siate cattivi con me - dichiara poi alla stampa - sono due mesi che non dormo...".

Una confessione scherzosa, per esorcizzare l'inevitabile ansia da battesimo del fuoco festivaliero. Ma bisogna dire che, qui in Italia, Laura è già una veterana, con alle spalle tanta fiction televisiva: da Un Posto al sole a Compagni di scuola (con Massimo Lopez). Passando per le partecipazioni a Carabinieri, Incantesimo, Don Matteo.

Insomma, a suo modo, la Chiatti è una certezza, nel mondo dello spettacolo nostrano. Anche perché ha cominciato quando era poco più di una bambina: classe 1982, nata a Castiglione del Lago ma residente a Perugia, Laura si fa notare nel 1996, quando, appena quattordicenne, vince il concorso di bellezza Miss Teenager Europa. Ma la sua passione è la musica, tanto che incide due dischi (i quali, va detto, non hanno lasciato traccia).

Poco dopo, comincia la carriera televisiva. E anche gli spot: l'attrice, ad esempio, fa da partner a Paolo Bonolis e Luca Laurenti in una dei celebri sketch per la Lavazza.

E poi, inevitabilmente, il cinema. Dopo una particina in Vacanze sulla neve (1999) La Chiatti ottiene infatti un ruolo principale in Mai + come prima di Giacomo Campiotti. A cui segue Passo a due: pellicola di Andrea Barzini in cui duetta (anche danzando) con Kledi, il ballerino adorato dalle spettatrici dei programmi di Maria De Filippi. Eppure, malgrado le aspettative di catturare il pubblico televisivo, il film passa quasi inosservato.

Ma non del tutto. Visto che Paolo Sorrentino, reduce dai trionfi delle Conseguenze dell'amore, sceglie proprio Laura ("sono l'ultima a cui ha fatto il provino, forse ha ceduto per stanchezza") per uno dei ruoli principali nella sua ultima fatica, L'amico di famiglia. Per interpretare Rosalba, una ragazza il cui padre si rivolge all'usuraio, per il quale lei rappresenta - almeno all'inzio - una sorta di premio.

Una prova che potrebbe cambiare per sempre la sua carriera: non più solo giovane bellezza, ma attrice che aspira a ruoli importanti. Ci riuscirà? Questo si vedrà da qui ai prossimi anni. Nel frattempo, Laura tira dritto per la sua strada. Dopo Sorrentino, infatti, è stata reclutata sul set di A casa nostra di Francesca Comencini. Al fianco di due "bravi & affascinanti" come Luca Zingaretti e Valeria Golino: "Io sono una modella cocainomane - ha raccontato in un'intervista - fidanzata, per amore, a un uomo molto potente. Insomma, è una storia sulla corruzione". E conoscendo il rigore della regista, c'è da scommetterci che sul grande schermo la Chiatti sarà davvero convincente.

(25 maggio 2006)

Fonte

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Downey jr, Reeves e Winona Ryder trasformati in fumetti

Dal Texas i mutanti del cybercinema

CANNES—Deve fare un certo effetto girare un film e poi ritrovarsi sullo schermo trasformato in disegno animato. I tratti del viso sono quelli, la somiglianza resta, ma con un essere umano che ormai non esiste più. Al suo posto una strana creatura virtuale, ricreata a colpi di matita elettronica dal computer. Benvenuti nel cybercinema, nuova frontiera di un'arte che, sopravvissuta a tanti scossoni, dal bianco e nero al colore, dal muto al sonoro, dalla pellicola al digitale, sta mostrando una gran voglia di cambiar ancora pelle. In senso quasi letterale, visto che l'attore in carne e ossa può ora cedere il passo a un suo «doppio», ricreato secondo i canoni del fumetto. Il 2006 sarà ricordato a Cannes come l'anno zero dei film mutanti. A darne esempio ieri al Certain Regard è stato A Scanner Darkly di Richard Linklater, tratto da un romanzo di Philip K. ****, profezia fantascientificama non troppo di un'America prossima ventura. Nel 2013 una droga chiamata Sostanza D. induce quanti la usano a sospettare in modo paranoico di tutto e di tutti, compresi se stessi. Si scatena così un'epidemia di delazioni incrociate funzionale al potere, che con la scusa del terrorismo, mira al controllo assoluto dei cittadini.

Protagonisti del film servito come base per l'animazione finale, interpreti di grande nome: da Keanu Reeves a Winona Ryder, da Robert Downey jr. a Woody Harrelson. Tutti impegnati in riprese no-stop su un set in Texas, imbacuccati dentro larghe tute, poi destinate a venir cancellate e sostituite dal costumista digitale.Aloro volta, le facce dei divi hanno subito nella lunga fase di post produzione, il trattamento di 50 maghi del computer che, su altrettanti schermi, li hanno smaterializzati, ricomposti e colorati in puro stile strip. «Con un budget piccolo come il nostro non avremmo potuto mai realizzare certe scene, portare i nostri eroi in luoghi fantastici e intere città dentro i nostri studi — spiega il regista—. Questo è un film nato due volte, la prima su un set, la seconda al computer ». «È stata un'esperienza interessante, divertente, anche se abbiamo dovuto imparare altri ritmi di recitazione», aggiunge Keanu Reeves.

Ma l'attore in questi esperimenti non rischia di sparire? «Non credo —ribatte Reeves — anzi, la trasformazione finale può mettere in risalto alcune sfumature, darci più libertà di espressione emaggior risalto a una storia, che pare fantascienzama è già realtà ». «Io spio, tu spii, noi spiamo. Questo il succo dell'apologo di **** e del film. Succedeva ai tempi del maccartismo, succede oggi—interviene Robert Downey jr. —. Se non vuoi che lo stato s'intrufoli nella tua vita ti fanno passare per asociale. Davvero micidiale la Sostanza D. Dopo 25 anni di esperienza di droghe, questo era il mio film». «Basta pensarla come qualcosa solo per bambini, l'animazione può diventare un linguaggio per adulti», conclude Linklater. La conferma viene da altri ibridi presenti al festival. Film oltre le frontiere dei generi, che tracimano nella video art, nell'istallazione, nel cartoon. Come il danese Princess, racconto morale sul mondo del porno in forma di «manga», dove la protagonista è una bimba di 5 anni.

Tema e scene affrontabili solo da una piccola attrice virtuale. Altro esempio l'elegante Azur et Asmar di Michel Ocelot, maestro di contaminazione tra animazione e teatro d'ombre. Mentre Daft Punk's Electroma è opera contigua alle arti plastiche per raccontare l'odissea di due robot che cercano di diventare uomini. Infine, se siete amici degli animali non andate a vedere Free Jimmy cybercartone del norvegese Christopher Nielsen. Politicamente e animalescamente scorrettissimo, inizia con un gruppo di ecologisti che liberano le cavie di un laboratorio. Col risultato che i gatti mangiano i topi e vengono a loro volta dilaniati dai cani... Un massacro horror per introdurre la storia di Jimmy, elefante da circo, nutrito a pillole allucinogene per esibirlo in pista. Con buona pace di Dumbo.

Giuseppina Manin

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cannes, Depardieu porta alla ribalta cantante da sala da ballo venerdì, 26 maggio 2006 3.42 spacer.gif

CANNES, Francia (Reuters) - Gerard Depardieu mette in mostra le sue doti canore nel suo nuovo film francese in cui interpreta un solitario cantante di sale da ballo, in un lungometraggio che è il nostalgico ritratto di una professione ormai antiquata e minacciata da Dj, bar e karaoke.

In "Quand J'étais chanteur" l'anziano intrattenitore Alain Moreau (Depardieu) conquista il cuore di pensionati e donne di mezza età con le sue canzoni strappa lacrime eseguite nelle case di cura per anziani, nelle discoteche del villaggio e nei festival locali.

Moreau canta versi come "Farei di tutto per un'avventura con te", e "Vivi la vita al massimo!" -- per poi tornare nella sua casa vuota, dove i suoi unici compagni sono un juke box, una capra e una lampada abbronzante.

La sua vita cambia quando incontra l'affascinante Marion (Cecile de France), un'energica agente immobiliare di molti anni più giovane di lui. Moreau infatti finisce per innamorarsi della ragazza, che si prende gentilmente gioco di lui.

Depardieu, 57 anni, ha detto che il film non è la parodia della vita dei cantanti da sala da ballo, il cui lavoro ritiene che sia molto commovente.

"Il cantante (di sale da ballo) è qualcuno che si esibisce per soddisfare le persone e per farle ballare", ha detto Depardieu ai giornalisti a Cannes, dove "Quand J'étais chanteur" è in concorso per la Palma d'Oro.

"E' straordinario quanta umiltà la musica può portarti ... E' raro trovare un soggetto così commovente (per un film)", ha detto Depardieu, che ha interpretato film come "Cyrano de Bergerac" e "Green Card, matrimonio di convenienza" e che interpreta in prima persona le canzoni del film.

Il regista Xavier Giannoli ha detto di essere andato ad assistere a esibizioni di cantanti da sala da ballo nella regione della città di Clerimont-Ferrand, dove il film è ambientato.

"Io sono parigino e questo mondo mi ha veramente commosso", ha detto Giannoli.

L'attrice belga Cecile De France concorda quanto espresso dal regista.

"La gente laggiù conosce quei balli e ascolta la musica col cuore", ha detto De France, "ho pensato che fosse magnifico il fatto che ballassero tutti insieme".

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Il "toto-Palme"

Miglior film

«Volver» contro «Babel» e Maria Antonietta

Tutti dicono che è l'anno di Volvèr di Almodóvar, dopo la sconfitta patita nel '99 con Tutto su mia madre per colpa dei Dardenne e di Dumont, intestina lotta tutta europea. E se il presidente di giuria Wong Kar-wai non è allineato per stile con Pedro, il discorso sentimentale gli appartiene, eccome: sarebbe l'occasione per consacrare un autore che ha già l'Oscar e che ultimamente ha molto maturato il suo stile. Inoltre la presenza di quattro signore in giuria—per l'Italia Monica Bellucci— gli darà man forte. Nelle pagelle dei quotidiani del Festival la rivale è la giovane Sofia Coppola per il kolossal Marie Antoinette, già nelle sale in Francia: lo spagnolo ha ricevuto dai critici un punteggio medio di 3.4 «palmine» , la reginetta franco- austriaca ha preso 2.6, poco meno dell'altro ben piazzato, il turco Iklimler (2.8). Ma è piazzato ancora meglio Babel del messicano Inarritu (2.9 di media) e qualcuno punta anche su Kaurismaki in un film duro e puro come Lights in the dusk (2.7) O sul cinefilo Bruno Dumont con Flandres (2.1) che mostra la guerra più tremenda dopo Kubrick. Le Film francais dà per superfavorita la Coppola, reginetta delle copertine di tutte le riviste, mentre graficamente le Palme dovrebbero andare a Volvér, a Babel, al film di Loach sull'Irlanda o anche al Moretti (amatissimo in Francia) dell'italianissimo Caimano. In percentuale si può dire che Volvèr ha il 70 % di chanches seguito da Babel con il 20 %.

Maurizio Porro

FONTE

Miglior attore

L'«irlandese» di Loach sfida il mito Gérard

Si dice, statistiche alla mano, che le sorprese arrivano negli ultimi giorni del festival: sarebbe quindi perfetta la Palma all'amato e ottimo cantante Gerard Depardieu (la seconda, dopo Cyrano, non accade spesso) per la commedia Quand j'etais chanteur (si sente pure «Chissà... chissà... chissà» che piace tanto al Wong Kar-wai di In the mood for love). Il popolare divo potrebbe contare su circa il 50% dei pronostici e sul fatto di essere un mito per il pubblico di casa nonostante qualche recente polemica. Qualcuno cita i due italiens da exploit, i napoletani purosangue Silvio Orlando e Giacomo Rizzo (5% ciascuno) per il film di Moretti e quello di Sorrentino, accolto però con molte critiche dalla stampa: dipenderà dall'economia totale dei Palmarés. Altre chances: se si decide di lanciare uno sconosciuto, va bene il protagonista del film di Kaurismaki, l'impronunciabile e mesto Janne Hyytiainen, umiliato e offeso (10%); se si opta per un non professionista il bravo giardiniere Samuel Boidin reso attore da Dumont in Flandres corrisponde ai requisiti, ama e spara (5%); se si preferisce invece un emergente è il momento di Cillian Murphy, uno dei fratelli di sangue irlandese di Loach (l'altro è Padraic Delaney, magari anche insieme) che conterebbe su un 15%. C'è un altro attore francese fantastico, Jean-Pierre Bacri, ma purtroppo fa parte di un cast corale nel film di Nicole Garcia, dove offre una bella prova anche Vincent Lindon.

Maurizio Porro

FONTE

Miglior attrice

Penélope mai così brava, la rivale è Kirsten

Sarebbero tutti pronti a tassarsi di persona qui a Cannes perché vinca il premio Penélope Cruz, rivelata dal film di Almodòvar, pur nel pieno di una fortunata carriera che comprende il film del nostro Castellitto, ma mai così brava e bella. La diva è considerata al top in questo momento e i pronostici la vedono strafavorita con un 60%. E molti sarebbero felici se (talvolta è successo : a Venezia con il cast tutto virile di Streamers diretto da Altman) si premiasse per intero il gruppo delle donne di Volvèr, una meglio dell'altra, fantasmatiche e-o reali: così si farebbe contenta anche Carmen Maura, tornata dopo 17 anni a lavorare con il regista che l'aveva scoperta. La vera alternativa, col 20 %, è la brava, bionda — coraggiosa nel parlare americano a Versailles—Kirsten Dunst (spesso considerata a Hollywood la rivale di Scarlett Johansson): è lei la Maria Antonietta, la mangia torte della Coppola, cui Maria Teresa d'Austria invia le sue preoccupate lettere: ti ha detto niente la mamma? Ed è da prendere in considerazione anche una giovane attrice bella e sensibile, mai banale, Cécile de France (10%) partner di Depardieu nel ruolo di un'agente immobiliare. Poi ci sono sempre le alternative meno glamour: l'attrice inglese di Red road, Kate Dickie, ha uno di quei volti che rimangono dentro e anche la giovane studentessa di cinema voluta da Dumont nelle sue Fiandre, Adelaide Leroux, potrebbe essere una giusta segnalazione.

Maurizio Porro

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

IN CONCORSO

Perduti nell'inferno degli orchi

28/5/2006 di Lietta Tornabuoni

CANNES. Gli Orchi della Storia (nazisti, franchisti, dittatori militari) sono sempre qui. Nella realtà possono risultare scomparsi, ridotti a gruppi isolati, revisionati. Ma nella narrativa, nel cinema (e nella memoria, forse) risultano sempre minacciosi e vivi. Franchisti nell'ultimo interessante film in concorso,«El laberinto del fauno» di Guillermo Del Toro, con Sergi Lopez e Maribel Verdu. In Spagna nel 1944, le atrocità compiute da un vanesio arrogante capitano dell'esercito di Franco, impegnato con i suoi uomini nella caccia agli oppositori del regime in montagna, vanno parallele alle immaginazioni fiabesche (insetti parlanti, reami incantasti, fauno guardiano) di una bambina infelice. Governo militare argentino in «Cronica de una fuga» di Israel Adriàn Caetano:a Buenos Aires nel 1977,accusato senza fondamento, un uomo viene portato dalla polizia segreta in una villa che è una prigione clandestina, la Casa Seré, un luogo da incubo senza legge né logica dove persone di sinistra vengono torturate per farne dei delatori; al timore di non saper resistere al dolore resta un'unica via d'uscita, la fuga.

Nazisti combattenti e distruttori nel Kolossal che vuol rendere omaggio alle decine di migliaia di tunisini, algerini, marocchini che contribuirono nella seconda guerra mondiale alla campagna d'Italia e alla liberazione della Francia meridionale. L'episodio storico è poco noto, per ragioni politiche viene ricordato assai raramente. «Indigèànes» di Rachid Buchareb è molto interessante. L'«esercito d'Africa» pagò cara la difesa dell'impero coloniale francese: dal giungo 1940 al maggio 1945, morirono 55 mila nordafricani; 63 mila erano morti nella prima guerra mondiale. Il film racconta l'arruolamento e l'addestramento nel 1943, i fatti d'armi in Provenza, sui Vosgi, in Italia, di quattro soldati in particolare (Jamel Debbouze, Samy Nacéri, Roschdy Zen,Sami Bouajila). Nell'esercito si tenta di trattarli, appunto, da «indigeni», con insolenze, vitto peggiore, compiti più rischiosi: appena c'è da compiere un'azione contro i nazisti su terreno scoperto, sono subito loro a venirvi spediti e a morire sotto il fuoco. Le rivolte di soldati magrebini sono molto rare, mentre sono frequenti il loro coraggio ed entusiasmo («Vive la France, vive la Mèàre Patrie!»), il loro canto corale della «Marsigliese». Oltre mezzo secolo dopo, in Alsazia, di fronte a un cimitero di guerra dove le croci si alternano a molte piccole cupole musulmane, un reduce ricorda e si emoziona.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Cannes, 10 "suggerimenti" della critica per la Palma d'Oro domenica, 28 maggio 2006 2.22 spacer.gif

CANNES, Francia (Reuters) - Il Festival del Cinema di Cannes finisce stasera con la cerimonia di premiazione, concludendo 12 giorni di proiezioni, pubblicità e divertimento sulla Riviera francese.

Ecco una lista di 10 suggerimenti dei critici fra i 20 film impegnati nella gara principale per la conquista dell'ambita "Palma d'Oro".

Con le giurie di Cannes notoriamente refrattarie ad assecondare le previsioni, non c'è alcuna garanzia che il vincitore uscirà proprio da questo elenco di 10 pellicole.

BABEL (Messico)

- Fra i favoriti per la vittoria finale, il regista messicano Alejandro Gonzalez Inarritu esplora le barriere -- personali, culturali e nazionali. Protagonisti Brad Pitt e Cate Blanchett, tre storie su tre diversi continenti si intrecciano.

CLIMATES (Turchia)

- Il regista turco Nuri Bilge Ceylan ha conquistato l'apprezzamento della critica per il suo racconto minimalista di una coppia, interpretata da lui stesso e da sua moglie, le cui emozioni vengono riflesse dai cambiamenti delle stagioni.

DAYS OF GLORY (Algeria)

- Il regista francese Rachid Bouchareb racconta la storia di "eroi dimenticati" -- musulmani delle ex colonie francesi che combatterono per difendere la "madrepatria Francia" durante la Seconda guerra mondiale senza che prima avessero mai messo piede nel Paese.

LIGHTS IN THE DUSK (Finlandia)

- Il prolifico regista finlandese Aki Kaurismaki completa quella che è stata battezzata la sua "trilogia dei perdenti" sugli emarginati sociali con il racconto buffo e tragico di un uomo che non ha amici.

MARIE ANTOINETTE (Stati Uniti)

- Kirsten Dunst interpreta la sventurata regina francese nello spettacolare film di Sofia Coppola sull'intrigo di corte del 18esimo secolo. Antoinette ha una trasformazione benevola e per la colonna sonora viene utilizzata la musica rock New Romantic.

RED ROAD (Gran Bretagna)

- Andrea Arnold, regista britannica esordiente, ha impressionato gli spettatori con la sua dura storia minimalista colpita dalla tragedia fra i complessi abitativi di Glasgow. Molte delle scene sono state riprese da videocamere di sicurezza.

IL CAIMANO (Italia)

- Nanni Moretti attacca cinematograficamente l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, interpretato nel film da tre diversi attori (fra i quali Moretti).

THE SINGER (Francia)

- Gerard Depardieu potrebbe conquistare il premio come migliore attore per il suo ritratto di un malinconico cantante di una sala da ballo nel film di Xavier Giannoli.

THE WIND THAT SHAKES THE BARLEY (Gran Bretagna)

- Ken Loach esamina la lotta per l'indipendenza irlandese dalla Gran Bretagna nel 1920 attraverso il racconto di amici che finirono sui due schieramenti opposti del conflitto.

VOLVER (Spagna)

- Pedro Almodovar si fa affiancare ancora da Penelope Cruz e Carmen Maura in un racconto agro-dolce di abuso, abbandono e riconciliazione. La pellicola è la favorita della critica per la conquista del premio come miglior film, e la recitazione della Cruz è stata definita come la sua miglior prova di sempre.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Trionfano tre film sulla guerra, passata o presente

Cannes, palma d'oro a Ken Loach

Migliori attrici le 6 donne di Volver. Migliori attor i 4 protagonisti di «Indigenes». Ad Almodovar solo il premio per la sceneggiatura

CANNES - A Cannes vincono i film di guerra: sulla guerra, i suoi effetti spaventosi che disumanizzano, l'eroismo e l'abnegazione dei soldati e degli eroi. Sono infatti ben tre i premi che trattano storie di guerra, passate o presenti.

Ken Loach vince la palma d'oro al festival di Cannes con il film «The Wind that shakes the barley», pellicola sulla guerra d'indipendenza dell'Irlanda negli anni Venti. Il regista scozzese ha detto in un'intervista all'inizio del festival che la lotta irlandese per l'indipendenza contro un impero che imponeva la sua volontà su un popolo straniero aveva similitudini con l'occupazione dell'Iraq da parte degli Usa ai giorni nostri. «Il nostro film è un piccolo, piccolissimo passo per i britannici che fanno i conti con la loro storia imperialista»,ha detto Loach alla premiazione. «Forse se diciamo la verità sul passato diciamo la verità sul presente».

Premio collettivo per le attrici di «Volver» di Pedro Almodovar: l'applauditissima Penelope Cruz, Carmen Maura, Lola Duenas, Blanca Portillo, Yohana Cobo e Chus Lampreave.

Anche il premio per la miglior interpretazione maschile è condiviso: è andato ai quattro protagonisti di «Indigénes» del franco-algerino Rachid Bouchareb. Si tratta di Jamel Debbouze, Roschdy Zem, Sami Bouajila e Sam che hanno interpretato i soldati africani (20 mila) e magrebini (110 mila) dell'esercito francese che, partendo dalle colonie africane, contribuirono a liberare la Francia e altri Paesi europei (tra cui l'Italia, dove alcuni di loro di macchiarono di violenze sessuali sulle donne, per conoscenza vedere il film di Vittorio De Sica «La cociara» con Sofia Loren) dall'occupazione nazi-fascista.

Doppio riconoscimento per «Volver», premiato anche per la miglior sceneggiatura firmata da Pedro Almodovar, che però non ha preso i due premi maggiori: Palma d'oro e regia.

Il premio per la regia se l'è conquistato il messicano Alejandro Gonzales Iñarritu, per il film «Babel», interpretato da Cate Blanchet, Gael Garcia Bernal e Brad Pitt: quattro episodi che si accavallano e hanno per filo conduttore l’incomunicabilità dei sentimenti.

Il Gran Premio della giuria è stato assegnato al controverso film belga «Flandres» di Bruno Dumont.

Il Premio della giuria è andato alla britannica Andrea Arnold, per «Red Road», una storia su una donna che per lavoro deve controllare le strade di Glasgow attraverso telecamere di sicurezza.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Almodóvar gran sconfitto

Il premio alla sceneggiatura magra consolazione

Delusa anche «Maria Antonietta» della Coppola

29/5/2006 di Lietta Tornabuoni

Tra tanto cosmopolitismo, tra spagnoli, arabi, inglesi, cinesi, rumeni, messicani, e belgi, neppure un italiano: e sì che concorrenti di qualità ne avevamo. Tuttavia il verdetto è stato sin troppo equilibrato e ragionevole. Ken Loach, l'inglese settantenne amico del popolo, è un gran regista e un uomo di eccezionale coerenza e il suo «The Wind That Shakes the Barley » è un bellissimo film, che oltre agli scontri ricostruisce la violenza aggressiva insita nella natura umana, specie dei giovani e dei bambini; la lotta irlandese e la brutalità della polizia speciale inglese. Segue la struttura classica d'ogni guerra in ogni Paese del mondo: l'attacco, l'impulso a diventare feroci, le tregue vittoriose ma infide, la scissione del movimento indipendentista, i sacrifici totali gettati al vento, le morti inutili.

I premi ai due gruppi di interpreti (alle attrici di Almodòvar capeggiate da Penelope Cruz, agli attori arabi di «Indigènes» di Rachid Bouchareb) sottolinea pure la tendenza contemporanea ai film corali o non individuali, che nel concorso del festival erano numerosi. Il Gran Premio a Bruno Dumont per «Flandres », bel film che racconta come la guerra possa degradare anche i forti e i semplici, è ben dato e aiuta un film non facile. Perdenti? «Marie-Antoinette » di Sofia Coppola, «Le luci del faubourg» di Aki Kaurismaki, naturalmente gli italiani e in fondo pure Pedro Almodòvar, già «punito » ai tempi di «Tutto su mia madre» con il premio alla regia, anche se stavolta il riconoscimento alle attrici tempera la pochezza del premio alla sceneggiatura di «Volvèr».

E il 59° Festival? Modesto. Molto modesto, almeno per quanto riguarda i film in concorso. Nelle sezioni parallele erano belli il passato rivissuto, le presentazioni di capolavori restaurati, i documentari rari, le mostre. Quanto alle novità, la loro ricerca è tanto affannosa e spesso tanto vana anche per la competizione ufficiale, che forse sarebbe meglio lasciar perdere Un certo sguardo, la Settimana della critica, la Quindicina dei registi, se essi non fossero diventati per tanti una comoda nicchia. Queste rassegne sono nate dopo il 1968 per consentire alla gente del mestiere di manifestare ideologie, gusti, trend propri: ma servono davvero ancora, adesso che il concorso ufficiale non respinge alcun ardimento e mette in gara un film notevole, ma di silenzio e di ripetizione come «Juventude em marcha» di Pedro Costa?

Esasperati dal cinema standardizzato, gli autori cercano salvezza nell'eccentricità, e non sempre con buoni risultati. Del resto i film d'autore diventano ormai un'isola, una zattera nel gran mare tumultuoso degli «eventi», che sarebbero poi i grossi film commerciali che escono il giorno dopo, accompagnati da lanci pubblicitari soffocanti. Neppure Cannes, così elegante, riesce a mettere freno alla pubblicità. Come sempre, la parata delle star e l'organizzazione sono state buonissime (salvo l'assenza di Brad Pitt e un paio di proiezioni repentinamente sbagliate o interrotte). Gli accordi con il Comune per l'avvenire sono già perfezionati. Il Palazzo del cinema, che è il più grande d'Europa, l'anno prossimo sarà ancora più vasto. Aiuto.

FONTE

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per partecipare

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!


Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.


Accedi Ora
Accedi per seguire   
Seguaci 0