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Diablo

[ARTE]Macro Suspance

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ARTE CONTEMPORANEA A ROMA

Macro suspance

L'arte come illusione, inganno, intrigo, "giallo". E' quella del romano Gianni Dessì, esponente della Nuova scuola romana, e dell'argentino Leandro Erlich, che viene messa in scena a Roma dal Macro

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Roma - Gianni Dessì e Leandro Erlich, l'italiano e l'argentino, uno orchestra colore e materia per sperimentare nuove frontiere della pittura astratta, l'altro gioca con le illusioni dello spettatore, costruendo installazioni ambientali, che spiazzano completamente le aspettative della logica. Entrambi raccontano una loro personale visione della realtà, o meglio la fanno scoprire gradualmente, attraverso giochi scenografici in cui il pubblico compie un'esperienza immersiva. Dessì evocando le strategie del teatro, Erlich quelle cinematografiche. Sono loro due i protagonisti del nuovo ciclo espositivo del Macro, il Museo d'arte contemporanea di Roma, che dal 3 febbraio al 7 maggio, invadono, nel vero senso della parola, le sale del museo.

Per Dessì, romano classe '55, esponente insieme a Piero Pizzi Cannella, Bruno Ceccobelli, Domenico Bianchi, Marco Tirelli, Nunzio, Giuseppe Gallo, di quella che è stata definita la Nuova Scuola Romana, si tratta di un'ampia retrospettiva, curata da Danilo Eccher, dove sfilano una ventina di grandi opere a documentare vent'anni di carriera all'insegna della sperimentazione linguistica tra pigmento e materiali anomali. Per Erlich, di Buenos Aires, classe '73, è la sua prima personale italiana in un museo pubblico, dove sfodera quattro installazioni ambientali a cura di Irma Arestizábal.

Dessì arriva all'arte da una formazione legata alla significativa attività del teatro d'avanguardia, seguendoi il corso di scenografia con Toti Scialoia, all'Accademia di Belle Arti, che lo ha portato ad esordire intorno alla metà degli anni Settanta e a collaborare con il gruppo teatrale "La gaia scienza" di Giorgio Barberio Corsetti: "D'altronde, Toti Scialoja - racconta Dessì - è stato l'approdo naturale per molti giovani che volevano frequentare l'Accademia di Belle Arti a Roma e diventare artisti. Per diverse generazioni è stato un importante polo d'attrazione. Non era tanto la passione per il teatro a far fare quella scelta, quanto la sua autorevolezza come artista e come intellettuale. La mia passione per il teatro è venuta dopo". Ma da lì ne è scaturita tutta la smania e curiosità di combinare linguaggi espressivi diversi, che ha conferito da subito al suo lavoro un carattere del tutto innovativo.

Tutto impostato su un codice che fonde luce, colore, materia e simbolo, una spettacolare mise en espace di cromatismi luminosi e impasti materici, un mix sontuoso ed esuberante di bitume e catrami con fibre sintetiche e vetroresina. Per poi inserire nei suoi impasti figure astrattamente enigmatiche, immagini misteriose, quasi alchemiche, che diventano simboli segreti da decodificare. Ed accade l'inevitabile. Attraverso la ricercatezza pittorica, l'artista si avvicina alla plasticità scultorea, lavorando la tela con energia virtuosa e sintesi gestuale, attraverso stratificazioni materiche. Dagli anni Ottanta in poi, c'è il trionfo di un colore aspro, torbido, con cui Dessì elabora immagini elementari ed allo stesso tempo evocative. Esplodono i suoi gialli accecanti, quelli che diventano i "gialli Dessì", come, per fare un rimando stilistico, i "greige Armani", il "rosso Valentino", il "blu Balestra". Compaiono rossi fuoco, blu decisi ma anche grigi e neri acuti, adottati in chiave sintetica e accesi di bagliori.

Un potere cromatico con cui Dessì arriva ad inventare la tridimensionalità del quadro conferendo all'opera pittorica il valore delle forme, come in "Rilievo Giallo" del 2004. E questo giallo conturbante, accecante, di pura fascinazione estetica si ritrova tutta, all'ennesima potenza, nella sua inedita "Camera Picta", l'intervento site-specific che porta al Macro una portentosa soluzione ambientale che prevede l'estensione della pittura su tutti i piani spaziali della sala, dal pavimento al soffitto, in cui le declinazioni cromatiche del giallo, moltiplicano la percezione sensoriale dell'opera. Non esiste più l'opera frontale, unidirezionale, mono-lettura, Dessì stravolge l'opera pittorica, la trasfigura come in "Campione", di grandi dimensioni del 1988, caratterizzato per la metà superiore dall'inconfondibile "giallo Dessì" e per quella inferiore dal colore opale, in "Corona" (1993), così come in "Brillo Ebbro" (1998), dove l'elemento centrale del quadro torna a bloccare l'immagine e ad essere l'elemento dinamico e focale della composizione. Fino a "Edicola Notte" (1991), una struttura di sette metri per un metro, dove l'autore dipinge le pareti, il pavimento e il soffitto.

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Per Leandro Erlich, il "giallo" è più un genere espressivo. Lui è un "birichino" dell'arte, un mago Merlino delle sensazioni, un giocatore d'azzardo, un sapiente incantatore e un inventore d'atmosfere. Gli elementi che si attivano nelle sue opere sono la suspance, la finzione, l'illusione, l'inganno, l'intrigo. Piace l'idea di accostare i suoi ambienti a scene clou di film-thriller di culto: "Credo che non si tratti di rintracciare nelle mie opere uno specifico rimando al genere "giallo" - racconta Erlich - quanto piuttosto di cogliere un più generale e forte senso cinematografico. Questo accade, credo, per il carattere scenografico che molte delle mie opere possiedono e per la mia intenzione di generare un'esperienza narrativa. Un'esperienza che deve essere vissuta e interpretata da tutti coloro che per l'opera transitano. In relazione ai riferimenti specifici con il cinema, accanto a Hitchcock ci sono tanti altri registi che hanno fatto uso della quotidianità come scenario per realizzare la finzione ottenuta attraverso il sovvertimento psicologico degli spazi quotidiani. Mi viene da pensare, tra gli altri, ai primi films di Roman Polanski o anche alle opere cinematografiche di David Lynch".

Erlich lavora sul concetto di "spaesamento", allestendo ambienti e situazioni, suggerendo immagini che innescano nell'osservatore sensazioni principalmente illusorie. Basta catapultarsi in "Doors" (2004), una sequenza di quattro stanze separate ciascuna da una porta. Il gioco illusorio della percezione consiste nel far vedere una luce al di sotto della porta, dando la netta sensazione che l'ambiente, aldilà della porta, sia illuminato. Ma aprendo la porta lo spettatore si ritrova in una stanza completamente al buio. E in "The Staircase" (2005), ecco una tromba delle scale allestita in modo da farla percepire attraverso una successione di piani frontali e non verticali. Ecco il modellino di "Bâtiment", la famosa opera che nelle dimensioni originali è stata presentata in occasione della Nuit Blanche a Parigi del 2004, dove l'artista aveva steso a terra una gigantografia (800x600 centimetri) che riproduceva nel dettaglio la facciata di un palazzo, e la massa dei passanti, che si stendevano naturalmente sulla fotografia, appariva riflessa su uno specchio inclinato, tramite sofisticati meccanismi, come se si stesse arrampicando effettivamente sul palazzo. E "Broken Glass" (2005), installazione che ricrea attraverso alcuni dettagli l'ambiente domestico del bagno (100x240x15), dove si scorge il frammento di uno specchio rotto con sotto una mensola che sorregge un bicchiere di vetro contenente uno spazzolino da denti. Secondo la poetica di Erlich, lo specchio, con precisione scientifica, riflette solo una porzione di realtà e non lo spettatore postosi di fronte all'opera. Erlich capovolge le prospettive, altera lo spazio. Il tutto, per stimolare un modo nuovo di immaginare.

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Notizie utili - "Gianni Dessì", "Leandro Erlich", dal 3 febbraio al 7 maggio 2006, Macro - Museo d'arte contemporanea di Roma, Via Reggio Emilia 54, Roma. Le mostre sono curate rispettivamente da Danilo Eccher e Irma Arestizábal.

Orari: da martedì a domenica, 9-19, festivi 9-14.

Ingresso: €1, gratis sotto i 18 e sopra i 65 anni.

Informazioni: 06-671070415.

Catalogo: Electa.

(2 febbraio 2006)

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