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Diablo

[LIBRI]Il Romanzo Di Pérez-reverte

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LIBRI/ Il primo romanzo di Pérez-Reverte sul vero volto del campo di battaglia

La redenzione di un conquistador spagnolo e un poeta tra i ghiacci

Di guerra, schiavi e altri orrori

I nuovi "cuori di tenebra"

E poi un illuminista rivoluzionario sulla nave di un grande esploratore

un danese che ripercorre il genocidio coloniale e uno spagnolo perso a New York

di DARIO OLIVERO

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Arturo Pérez-Reverte

Un giovane soldato pieno di entusiasmo che scopre che la guerra non ha niente a che fare con quello che credeva. Un conquistador spagnolo che si spoglia di tutto e rinasce nel nuovo mondo. Un illuminista tedesco al seguito di un grande esploratore dei mari che impara molto di più sugli europei che sui nuovi popoli. Un viaggiatore dei ghiacci che violenta il suo silenzio. Un danese sulle tracce delle ex colonie e del genocidio africano. Uno scrittore spagnolo alla faticosa e dolorosa scoperta di New York. Tutti partiti per placare le inquietudini, tutti arrivati dove non pensavano. Tutti segnati nel profondo e trafitti in quel cuore di tenebra di cui parlava Joseph Conrad.

DELLA GUERRA

L'ussaro (tr. it. S. Sichel, Tropea,è 16 euro) è il primo romanzo di Arturo Pérez-Reverte, ed è stato scritto quando quello che in seguito diventerà lo scrittore famoso del Club Dumas, della Pelle di tamburo e del ciclo del Capitano Alatriste si guadagnava ancora da vivere come inviato di guerra. Il romanzo è di quelli del Reverte storico e appassionato di epoca napoleonica. Il giovane Frederic Gluntz è al seguito del reggimento degli ussari, la fedele e infallibile guardia imperiale di Napoleone. E' giovane, è forte, ha una sciabola e un compagno d'arme da prendere a esempio, non ha paura di morire di per sé, ha paura di morire senza avere avuto il tempo di coprirsi di onore in questa campagna di Spagna. La guerra è giusta come gli ideali della rivoluzione che esporta, il comandante supremo merita fedeltà e vita, il vessillo dell'aquila imperiale sventola per portare la pace francese su tutta l'Europa. E' la notte che precede la prima battaglia del soldato Gluntz, è l'ultima notte in cui il ragazzo penserà il mondo in questo modo. L'indomani il campo di battaglia gli insegnerà che cosa si nasconde davvero sotto le bandiere che vanno in guerra.

DELLA REDENZIONE

Raro trovare così tanto in così poche pagine a cominciare dalla prefazione scritta da Henry Miller: "Gli uomini che governano il mondo promettono questo e quello, libertà, onore, sicurezza; e lavoro. Sono promesse vuote, e vuote si sono dimostrate tante e tante volte. Ma le promesse vuote piacciono agli uomini vuoti. L'uomo che consiglia: 'Guarda in te stesso, il potere è dentro di te!' è considerato un sognatore, un pazzo". Un pazzo o un sognatore è il personaggio che racconta, riveduta e corretta da Haniel Long, La meravigliosa avventura di Cabeza de Vaca (tr. it H. Benazzo Boesch e G. Arduini, Adelphi, 8). Nel 1528 un gruppo di spagnoli fa naufragio sul litorale del Golfo del Messico, sono rimasti quattro da una spedizione di 550. Affamati, rosi dal sole, soli per chilometri, schiantati dalla fatica e dalla disperazione, arresi a ogni tentativo di rimettersi in mare, trattati come bestie da soma da tribù indigene.

Il capo spedizione Cabeza de Vaca ricorda e racconta al suo re quanto accadde: di come insieme ai vestiti cominciarono a sdrucirsi anche i pensieri, di come il sole bruciò pelle e giudizi, il silenzio parole e certezze fino a quando a quegli uomini non restò nulla, neanche la fame. E fu allora che un nuovo potere e una nuova consapevolezza si fecero strada, diventarono guaritori di indios, strumenti di una forza sconosciuta e venuta fuori dal mutare così radicale del loro mondo.

DEI LUMI

Georg Forster era il prototipo dell'intellettuale di fine Settecento. Rispettato in patria da Schlegel, Goethe e Von Humboldt. Figlio adottivo dell'Inghilterra e imbevuto dell'empirismo di Locke e Hobbes. Dotato di merci rare come lo spirito di avventura e l'onestà intellettuale, si imbarcò nel 1772 non ancora ventenne al seguito della seconda spedizione nel pacifico del grande esploratore britannico James Cook. La sua rotta: l'Atlantico fino al Capo di Buona Speranza, la Nuova Zelanda, le acque polari antartiche, l'Isola di Pasqua, Tahiti, ancora Oceania e ritorno a casa dal Capo Horn. Quando rimise piede in Inghilterra aveva un baule di appunti, eccoli in una riedizione di quella curata a suo tempo da Nicolao Merker: Viaggio intorno al mondo (Laterza, 20). Forster è un osservatore rivoluzionario (non a caso finì in prima linea durante la rivoluzione francese): nelle sue pagine la fede nella ragione è alleata del disincanto.

Nei suoi appunti sbeffeggia la teoria dello stato di natura di Rousseau, ridimensiona le critiche europee al cannibalismo, specie se fatte da popoli che si fanno saltuariamente la guerra per saziare gli appetiti di qualche principe. Trova la morale sessuale degli idigeni quantomeno più sana di quella partorita in certi quartieri dei teatri londinesi del tempo, smaschera le ingiustizie sociali di qualsiasi latitudine e la tendenza naturale del potere e sottomettere gli ultimi. Denuncia la religione che si portabandiera del colonialismo. Aveva già capito tutto il giovane Forster.

DEGLI SCHIAVI

E' una storia poco e mal raccontata in patria e quasi nulla da noi quella dell'impero coloniale danese. I solerti mercanti del Baltico misero in piedi, come i colleghi spagnoli, francesi e inglesi, il fiorente commercio che partiva con le navi da Copenhagen cariche di armi e acquavite che venivano scambiate per uomini in Nuova Guinea che partivano per le Indie occidentali di sua maestà Cristiano (di nome e di fatto) V. Thorkid Hansen torna oggi a far visita a quei luoghi dove si consumò la più grande deportazione di massa di essere umani e il più grande genocidio culturale della storia moderna. Perché raccontare tutto questo? L'autore: "Là dove un uomo può comprarne, possederne e rivenderne un altro vengono allo scoperto aspetti dell'esistenza che forse si possono trovare a tutte le latitudini, magari in una forma più camuffata e meno accessibile. E' questo il lato edificante della storia degli schiavi. Parla della vita come è in realtà". Tra i tanti pregiudizi che crollano scorrendo questo grande taccuino, alcuni lo fanno più rumorosamente. Per esempio è dura scoprire che i danesi non spararono un colpo, ma furono i capitribù locali a cedere loro uomini e donne da portare via in cambio di fucili che avrebbero usato per sconfiggere i loro nemici confinanti e in cambio dell'oblio racchiuso in quella sostanza alcolica per loro misteriosa. Di europeo, i danesi e gli altri riuscirono a esportare soltanto quello che forse, scrive Hansen, è il maggior contributo dato dalla nostra parte di mondo all'umanità: "l'insoddisfazione, il desiderio insaziabile, l'avidità". Si intitola La costa degli schiavi (tr. it. M. V. D'Avino, Iperborea, 17,50).

DEL GHIACCIO

Un viaggio attraverso l'estremo nord, dove la natura è così spoglia di orpelli da rivelare tracce e forme di vita ancora più sorprendenti perché non ci si aspetterebbe di trovarne alcuna. Licheni e buoi muschiati. Villaggi disabitati e resti di animali conservati nel ghiaccio, ricordo di un pasto di centinaia d'anni prima. E un uomo che viaggia attraverso tutto questo approfittando dei passaggi che gli attraversano la strada: eschimesi, pescatori, cacciatori, pittori, fotografi, gente del Nord. E poi la difficoltà di strappare al silenzio di quelle lande le parole: "Cosa mi aveva indotto, mi chiedevo, a inchinarmi davanti a un'allodola dalla gola gialla? In che modo gli umani immaginano i paesaggi in cui si trovano? In che modo il territorio dà forma all'immaginazione di chi ci abita? In che modo il desiderio stesso, il desiderio di comprendere plasma la conoscenza?" E' Sogni artici di Barry Lopez (tr. it R. Rambelli, Baldini Castoldi Dalai, 16,50).

DEL VIAGGIO

Per fare un viaggio iniziatico spesso non serve attraversare la linea dei tropici o sprofondare nelle paludi della Florida. Prendiamo Antonio Munoz Molina. Gli è bastato raccogliere le sue impressioni dei suoi soggiorni americani, New York soprattutto. Chi nella vita si è già trovato di fronte alla barriera del controllo dei passaporti alla fine di un volo internazionale sa che cosa si prova. Molina descrive quello stato d'animo, quell'umanità incerta davanti agli sguardi degli agenti di forntiera, quelle file ordinate e infinite di gente che guarda sfrecciare a fianco i cittadini americani passare senza fatica, le domande degli addetti, quella strana sensazione di colpevolezza autoindotta. Oppure l'elenco dei piatti del giorno recitato in fretta e con infinite varianti da una cameriera in un ristorante. O il biglietto del bus a scalare con la fila di gente dietro che non ha tempo di attendere la goffaggine del nuovo arrivato. O le luci, la tristezza dei bar che chiudono in stile Hopper. O le finestre, di cui parla Molina in questo libro come pretesto per raccontare la difficile arte di cambiare paese e imparare a conoscerlo giorno dopo giorno osservando i nostri giudizi entrare in crisi a mano a mano che vediamo crescere la nostra ignoranza. Si intitola appunto Finestre di Manhattan (tr. it. M. Nicola, Mondadori, 17,50).

(23 febbraio 2006)

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