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Spiriti Romantici

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VIAGGIO NELLA STORIA

Spiriti Romantici

Turner, Monet, Pollock e gli altri. Al Museo d'Arte della città di Ravenna, una grande mostra presenta gli artisti che, per critico Francesco Arcangeli, rappresentavano le pietre miliari di una linea romantica dell'arte contemporanea

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Ravenna - Turner, il pittore di Covent Garden, che nella sua contemplazione diretta della natura, scoprì la "percezione della luce", imparando così a vedere le cose come puri effetti di luce. Monet, il pittore della Senna, affascinato dall'acqua del suo fiume - come dal mare - dal suo potere trasfigurante, da quell'elemento naturale mai stabile e in continua evoluzione. Pollock, il padre dell'action painting, animato di lucido delirio, che lavorava in uno stato di continua eccitazione, che non abbandonava mai la bottiglia d'alcool, spossato dall'angoscia e dall'ansia, reso febbricitante dall'estasi del dipingere mentre ascoltava musica jazz, Strawinskij e John Cage. Sono loro tre, in una scansione temporale, le figure chiave di una ideale spirito romantico dell'arte. Sono le tre icone di un rivoluzionario impeto creativo, così come lo ha decantato, studiato e sostenuto il grande critico d'arte Francesco Arcangeli, bolognese, uno dei maggiori studiosi italiani del Novecento. Alle sue intuizioni e spassionate letture dell'arte contemporanea è dedicata la mostra "Turner Monet Pollock. Dal Romanticismo all'Informale, omaggio a Francesco Arcangeli" ospitata, sotto la cura di Claudio Spadoni, al Museo d'Arte della città di Ravenna, negli spazi della rinascimentale Loggetta Lombardesca, dal 18 marzo al 23 luglio 2006.

Una rassegna imponente che raccoglie oltre 120 opere di tutti quegli artisti che nell'ottica di Arcangeli rappresentano delle pietre miliari di una linea romantica della storia dell'arte contemporanea, che va, appunto, "Dal Romanticismo all'Informale", secondo il titolo scelto per i due volumi pubblicati da Giulio Einaudi nel 1977, a tre anni dalla prematura scomparsa del critico bolognese, e che raccoglievano buona parte degli scritti più significativi. Arcangeli spiazzava il gotha degli intellettuali dell'arte, superando la consueta abitudine a considerare Caravaggio pioniere primatista dello spirito romantico. Arcangeli, infatti, cominciò a considerare la "rivoluzione romantica" come un "crescendo di vibrazione" e di coinvolgimento ormai lontani dalla rivoluzione caravaggesca, tanto celebrata da Roberto Longhi, alla cui scuola il critico bolognese si era formato. Lo spirito romantico per Arcangeli viene alimentato dalla natura. Per lui c'è un "nuovo significato dato alla parola natura: un significato che include tutto l'irrazionale degli elementi del cuore", come indicava lo studioso, "Il momento in cui l'artista, invaso da una intensa febbre psichica, investe di questa sua temperatura il mondo del rappresentabile, e radicalmente lo riforma entro la sua interiorità, quel momento è tipicamente romantico".

Ed ecco che Arcangeli cede il primato agli inglesi. L'esposizione, infatti, parte dai romantici d'oltremanica, ai quali il critico dedicò le sue acutissime letture, davvero rivelatrici e non solo in Italia. Protagonisti, ovviamente, Turner, che coglieva lo stesso luogo in momenti diversi del giorno, dall'alba al tramonto, per documentare il ciclo naturale della luce, così che i suoi colori diventavano "atmosferici", anticipando la rivoluzione cromatica dell'impressionismo, a braccetto con le nuove teorie del colore di Goethe. Come documentano i tre acquerelli della Whitworth Art Gallery (University of Manchester), e un olio della Tate Britain di Londra del 1798, e Constable, impegnato in un studio costante e approfondito della natura, che liquidava i soggetti generici e idealizzati, ma indagava luoghi precisi, riconoscibili, colti ad una determinata ora del giorno, cogliendone le condizioni atmosferiche. Senza trascurare le premesse di Reynolds e Gainsborough.

Come racconta Spadoni, per Arcangeli, Turner era "incontestabilmente il genio più grande della pittura romantica", che giunse a sconvolgere i canoni della rappresentazione "rendendo incertissimi i confini fra visione esterna ed espressione interiore". E' poi Constable, che invece prediligeva la pittura ad olio, e insisteva sull'"arte di vedere la natura", e tornando spesso sul solo tema che lo avvinceva, sostenenesse che "paesaggio non è altro che una parola per dire sentimento". Poi si passa alle figure della pittura francese, Corot, maturato tra Parigi, la foresta di Fontainbleau, la provincia francese, e trasfigurato dalla luce mediterranea dell'Italia, che lo portarono ad un gusto pittorico libero e impetuoso, basato sulla ricerca di valori luministici.

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E soprattutto Courbet, ritenuto capostipite nell'Ottocento per un nuovo pensiero della natura che Arcangeli ha analizzato nei suoi sviluppi moderni, e che trova nell'impressionismo - nel pur diverso ruolo svolto da Cézanne, Renoir, Sisley e Monet - un passaggio decisivo. Courbet e Monet, per Arcangeli, sono i due poli del nuovo universo moderno. "Ciò che Monet e Courbet hanno dipinto nasce dal loro essere entrati nel segreto della materia, da una interrogazione interna, da un capovolgimento dentro la realtà". A proposito di Monet, con tre pezzi in mostra, tra cui "Le Ninfee" del 1904 dal Museo Malraux di Le Havre, e una veduta del Tamigi a tecnica mista, del 1903, e del suo atelier-battello, Arcangeli scriveva "qualche cosa di grandioso e di vivente è pure in quella barca rossa sospesa su di un oscuro mar dei sargassi, dove alghe e brividi d'onde s'arruffano in una matassa infinita, in un misterioso racconto impossibile da sbrogliare". E di Courbet, che in mostra è documentato da cinque oli di collezione privata, diceva: "Egli sente, con poesia e forza estreme, la natura e la vita come densissimo magma, primamente indifferenziato, di materia".

Sfila anche l'Ottocento italiano. Dai prodromi romantici di Fontanesi, pervaso sempre dalla sua vena intimista espressa da una luminosità fluida e sottile, ai macchiaioli Fattori e Lega, a Segantini, l'outsider, l'eremita, pittore di solitaria meditazione, nella sua totale immersione nel panorama della montagna, un altro pittore che deve ad Arcangeli una sostanziale rivalutazione. E si sbarca nel primo Novecento, con alcuni artisti tanto cari al critico. In particolare Klee, con sette opere in mostra da collezioni private, che "come nessun altro, forse, è rivolto ad attraversare e confondere con poetica levità i confini di luoghi materiali e di luoghi della coscienza". La sua opera d'arte "restituendo parvenze del visibile, rende al tempo stesso visibili occulte visioni".

Ancora, Soutine, amico di Modigliani, il pittore d'istinto che nel paesaggio scoprì emozioni angosciose e repentini scatti lirici, Permeke, l'espressionista che stendeva masse di colore sulla tela quasi a voler restituire come stratificazioni fossili, gli elementi della natura. E gli italiani Carrà, De Pisis e soprattutto Morandi, per il quale scrisse una straordinaria monografia. Fino all'informale, che ha caratterizzato la scena artistica internazionale dal secondo dopoguerra, che rappresentò per Arcangeli la condizione in cui arte ed esistenza risultavano inscindibili, con Van Gogh come "precedente morale", "suicidi o potenziali suicidi", che amavano "andare fino all'estremo di se stessi". Protagonisti furono Wols, Fautrier, Dubuffet, de Staël, De Kooning, Kline e, soprattutto, Pollock. E, in parallelo, gli italiani Burri, Leoncillo, gli "ultimi naturalisti" Morlotti, Mandelli, Moreni, Vacchi, Bendini, Romiti, i più vicini al grande studioso.

LAURA LARCAN

Notizie utili - "Turner Monet Pollock, dal Romanticismo all'Informale. Omaggio a Francesco Arcangeli", dal 18 marzo al 23 luglio 2006, Museo d'Arte della città di Ravenna - Loggetta Lombardesca, via di Roma 13, Ravenna. La mostra è curata da Claudio Spadoni.

Orari: martedì - domenica 9-19, venerdì 9-21, lunedì chiuso.

Ingresso: intero € 8, ridotto € 6, studenti € 3.

Informazioni: 0544-482017.

Catalogo: Electa.

(20 marzo 2006)

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