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Diablo

Moccia, Fabio Volo E Gli Altri

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LIBRI / Contendono la classifica a Dan Brown, la critica li snobba

ma parlano a milioni di persone, in gran parte giovani

Moccia, Fabio Volo e gli altri

il segreto di scrivere bestseller

Oltre ai due colossi "Ho voglia di te" e "Un posto nel mondo"

il romanzo della strana coppia Albinati-Timi e i racconti di Aloia

di DARIO OLIVERO

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Fabio Volo

Escono e scalano le classifiche. Vendono migliaia o addirittura milioni di copie. Sono il polmone finanziario degli editori, i pochi, pochissimi a tenere il passo di colossi come Dan Brown o Tiziano Terzani. Spesso snobbati dalla critica, spesso bollati come fenomeni commerciali privi di anima, blockbuster. Ma questi scrittori hanno dalla loro un'evidenza: riescono a intercettare qualcosa, ad agganciare ciò che sentono nell'aria ragazzi o anche trentenni e quarantenni. E quando lo buttano sulla pagina viene da dire: è come dice lui, e lui lo dice meglio. Quelli che seguono sono due superbestseller e due che meriterebbero di diventarlo.

METRI SOPRA I CIELI

Ormai i muri delle città sono sempre più pieni di quella scritta: "Io e te tre metri sopra il cielo". Quando Federico Moccia scrisse quel suo primo libro intitolandolo così, come una scritta su un muro, entrò nei radar di milioni di lettori. Semplicemente allestendo un affiatato e credibile gruppo di adolescenti, un clan. Poi un giovane antieroe violento ma capace di innamorarsi di una ragazza così diversa da lui da sembrare di un altro pianeta. E costruire un amore che sembra destinato al lieto fine. Ho voglia di te (Feltrinelli, 16 euro) è il sequel del primo libro. Si ricomincia con un ritorno che tutti i lettori attendevano e una domanda: si possono rimettere in piedi le storie d'amore quando il tempo è passato, le persone sono cambiate e le ferite sono aumentate?

AMICI ASSOLUTI

D'accordo, lui è un personaggio televisivo, è comico, è un attore, ha un programma radiofonico, ha tutti gli elementi per ottenere grande visibilità. Eppure quando scrive Fabio Volo ha un'altra voce. Un posto nel mondo (Mondadori, 15) è una storia raccontata come molti dei nostri vecchi amici, quelli che conosciamo da quando eravamo bambini, la racconterebbero. Con quel tipo di parole, con quella complicità specialmente maschile che si instaura in serate passate al bar del paese, a fantasticare di andarsene, a cercare la quadra con quella nuova ragazza con cui si esce, a organizzare i primi viaggi in interrail o le prime vacanze da soli a Rimini con la speranza di andare a bersaglio, o l'Olanda e la sua ingombrante libertà. E' la storia di due amici, uno che lascia tutto e se ne va a cercare di vivere meglio la sua vita, l'altro che resta. E' una ricerca della felicità in mezzo ai tanti svarioni che la vita può metterci davanti.

SENZA LA PAURA DI MORIRE

Uno è un insegnante che lavora al carcere di Rebibbia, l'altro è un attore teatrale. Hanno scritto a quattro mani il racconto di un ragazzo nato e cresciuto in un piccolo paese umbro in una famiglia povera, sovrappeso, sudaticcio, impacciato, che balbettava quando leggeva in chiesa, che fece cadere la statua del santo in processione, che scoprì che è meglio essere accettati dal gruppo come buffoni che esserne esclusi, che scoprì anche che la passione per la danza e il pattinaggio non erano gli unici elementi e renderlo diverso dagli altri, che soffriva per una cugina nata, vissuta e morta disabile senza un goccio di felicità. Triste no? No. Perché quello che Albinati e Timi raccontano in Tuttalpiù muoio (Fandango, 17,50) in certi momenti commuove, ma in altri fa indiscutibilmente ridere. Ridere di quella comicità tragica che solo i grandi spiriti sanno portarsi addosso.

A NOSTRA IMMAGINE

Ernesto Aloia non scrive molto e quando la fa scrive soprattutto racconti. Per chi ha avversione verso questo genere - e sono in molti - Sacra fame dell'oro (minimum fax, 10) è la cura ideale. Sono soltanto quattro, purtroppo. Ne scegliamo uno, l'ultimo. Parla di bond argentini e di come un'ipotetica società di credito riesca, attraverso una manovra di depistaggio precisa e perfetta, a gabbare migliaia di investitori truffati convincendoli a non fare causa alle banche che avevano consigliato quei titoli. O forse parla dell'avidità dell'uomo e di come sia facile e prevedibile seguire le sue evoluzioni quando è alle prese con bisogni primari come la sete di ricchezza. O forse parla di come un uomo in particolare si è lasciato dietro ogni capacità di guardare il mondo se non attraverso il denaro. O forse parla di mancanza d'amore. O di eventi inspiegabili come una strana invasione di cavallette in Piemonte. Sicuramente parla di cose che conosciamo bene quando ci guardiamo allo specchio nei nostri momenti peggiori.

(30 marzo 2006)

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