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«il Codice Da Vinci è Pura Finzione»

60 messaggi in questa discussione

E poi, se è all'inizio del film, uno che arriva in ritardo non vede il messaggio e poi magari si fa una cattiva idea... :):P

:P:wub::P

Sagace.... ;-) ;-) ;-)

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Per quanto riguarda Dogma, non l'ho visto ma qualcosa mi hanno raccontato... è un film assolutamente demenziale, per cui, direi che lo si poteva tranquillamente ignorare e lasciarlo nel proprio ambito, quello della demenzialità appunto (visto l'ambito, devo vederlo quanto prima... :P:P ).

:)

Vai ad affittarlo subio Lorenzo (declino ogni responsabilità) :wub:

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Dogma è demente "alla n" ... veramente ... peccato che non l'abbia visto tutto <_<

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:):P:P

Sagace.... ;-) ;-) ;-)

Merci... :):(

Vai ad affittarlo subio Lorenzo (declino ogni responsabilità) ;)

Fai senza declinare le responsabilità... durante il mio breve stato influenzale di qualche giorno fa, per tirarmi su mi sono visto "Una pallottola spuntata" e "Fracchia la belva umana"... Dogma mi fa un baffo... :wub::P;)

Vabbé, perdonate l'OT... :angry:;)

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Inviato (modificato)

il vero problema mi pare questo: un film forma la mente, sei lì a ciucciarti due ore senza replica, e sei coinvolto col meglio del meglio quanto a emotività e suggestione; lo capiremmo con facilità se pensassimo a un nostro parente messo sulla graticola da un film, per non parlare di come reagiscono altre culture... insomma, che cosa costa dire con chiarezza: ragazzi, è solo show? per il codice poi è così...

invece molti film denunciano fatti veri commessi da cattolici, mentre sui fatti positivi ci sono cose con budget minimi; come han fatto magdalene, perchè non un film a grande distribuzione sulla tonelli, la missionaria che ha spiegato in africa che l'infibulazione non è dovuta se si è musulmani e l'han uccisa dei fanatici? o su carlo urbani? o sulla suora uccisa dalle sataniste che le perdonava a ogni coltellata? su queste cose di solito roba italiana a basso costo, da serata in famiglia...

credo che un pò giochi l'esotico: noi non wasp siamo per gli anglosassoni quello che la scozia dei fantasmi e mostri è per noi: nell'800 si scrivevano romanzi sui "misteri di milano" o di napoli; ci vedono come un misto dei personaggi popolari di dario fo e il nome della rosa, e con pizza e mandolino ma anche con il mitra da gangster... :) ok, esagero...poi le lotte dei secoli passati fra cattolici e anglicani, da maria stuarda alla congiura delle polveri... :P ok, roba vecchiotta... forse ci sono anche potentati economici che sarebbero ben lieti di sostituire la chiesa e guidare gli animi... :P boh, magari è solo un filone che vende, come un altro, chissà...

non volevo però ora e qui difendere la chiesa, quanto suggerire un metodo che vale per tutto:

la prima cosa è la realtà che conosciamo, vedere se la caritas della mia città fa quanto dice, se no richiamarla, se sì aiutarla, etc.

siamo spesso in balìa dei media, più massa che popolo; amo questo sito che secondo me aiuta un confronto; ma poi usciamo e incontriamo la gente, sennò parliamo a vuoto... no?

beh, ho detto lamia e me ne vo; con la consueta amicizia e con affetto per tutti,

giovanni

Modificato da johnJ

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Il cardinale Arinze, prefetto della Congregazione per il culto

divino, esorta i cattolici a rivolgersi ai magistrati

Il Vaticano e il Codice da Vinci

"Fedeli, portate il film in tribunale"

Oltre 40 milioni di copie nel mondo, più di 3 in Italia:

il best-seller di Dan Brown è un fenomeno planetario

di MARCO POLITI

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Il cardinale Arinze

CITTÀ DEL VATICANO - Boicottare il film di Dan Brown. La parola d'ordine si sta diffondendo in Vaticano. Ora un autorevole cardinale scende in campo con una proposta ancor più dura: perseguire e colpire il film sul "Codice da Vinci" nei tribunali.

L'idea è del cardinale di Curia Francis Arinze, che ha proclamato: "Esistono mezzi legali per ottenere che alcuni rispettino i diritti di altri". Il porporato nigeriano sostiene che il rispetto del credo religioso è un diritto fondamentale: "Devono rispettarci e rispettare il nostro fondatore, Gesù Cristo. I cristiani non possono restare con le braccia incrociate e dire: "Dobbiamo perdonare e dimenticare"".

L'appello del cardinale risuona nel documentario "Il Codice da Vinci: un inganno da maestro", realizzato dal giornalista americano Mario Biasetti e che verrà presentato a Roma all'Associazione stampa estera il 16 maggio. Arinze è molto energico. "La figura di Cristo - dice - non può essere usata liberamente. Quelli che bestemmiano Cristo approfittano della buona disposizione dei cristiani al perdono e all'amore anche verso coloro che li insultano". Ma ci sono altre religioni, ha soggiunto il cardinale con chiaro riferimento ai fondamentalisti islamici, in cui l'insulto al Fondatore viene ripagato "dolorosamente". Conclude Arinze: "Non sarò io a dire a tutti i cristiani quello che devono fare, ma ci sono i mezzi legali per reagire".

L'idea che sembra sottostare al suo intervento è quella di un ricorso in massa ai tribunali (all'anglosassone) per "offesa" al diritto individuale di credo. Pare difficile, tuttavia, che sia la Chiesa istituzionale a muoversi. Potrebbero però prendere l'iniziativa associazioni di fedeli come accadde in America con il boicottaggio pianificato del film di Martin Scorsese "L'ultima tentazione di Cristo".

La prima personalità di spicco della Curia a chiamare al boicottaggio è stato il Segretario del Sant'Uffizio, mons. Angelo Amato, noto teologo di strettissima fiducia di papa Ratzinger. Pochi giorni fa ha denunciato in una conferenza "offese, calunnie, errori" e falsi contenuti nell'opera di Dan Brown. Richiamandosi a quanto accadde con il film di Scorsese, monsignor Amato ha citato l'esempio di un "boicottaggio ai botteghini" che provocò negli Usa "una meritata bocciatura economica".

Anche l'Avvenire, giornale dei vescovi italiani, ha dedicato un inserto speciale alla campagna di boicottaggio, citando l'allora arcivescovo di New York O'Connor che nel 1988 invitò dal pulpito "i buoni cristiani" a disertare le proiezioni dl film di Scorsese. Intervennero allora anche gli arcivescovi di Boston e New Orleans.

Più flessibile la linea dell'Opus Dei, "bestia nera" del Codice da Vinci. Scartata alla fine l'idea di adire vie legali, l'Opus sta sfruttando via internet e con iniziative pubbliche la pubblicità (seppur negativa) sulla propria organizzazione e ha lanciato una campagna per raccontare "chi è Cristo, cos'è la Chiesa, cosa fa l'Opus Dei". Nell'era dei media e della navigazione in rete sembra la carta vincente.

(7 maggio 2006)

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Cinema. La Chiesa cattolica inglese chiede chiarimenti su "Il Codice Da Vinci"

Gran Bretagna, 9 maggio 2006

"Il Codice Da Vinci" è ancora nell'occhio del ciclone. La Chiesa Cattolica di Inghilterra e Galles ha chiesto alla Sony, responsabile della distribuzione del film, di chiarire, prima della proiezione, che si tratta di un'opera di finzione. Il film, diretto da Ron Howard e tratto dall'opera di Dan Brown, verrà proiettato nelle sale inglesi il prossimo 19 maggio.

Un gruppo di teologi capeggiati da Austen Ivereigh, portavoce del Primate cattolico d'Inghilterra e Galles Cardinale Murphy O'Connor, si metterà a disposizione dei cittadini e della stampa britannica, così da evidenziare e chiarire i passaggi in cui il libro e il film tradiscono la realtà dei fatti.

La richiesta era stata avanzata dall'Opus Dei, ma la Sony l' ha ignorata fino ad oggi.

La stessa Chiesa Anglicana ha creato una sezione speciale del sito della "Church of England" per rispondere alle questioni sollevate dal libro e dal film, organizzando anche dibattiti.

Per la Chiesa potrebbe trattarsi di un espediente per evangelizzare e far conoscere ai cittadini la vera storia del cristianesimo, evitando così dubbi e false verità.

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PARLANO ATTORE E REGISTA DEL FILM DAL BEST SELLER DI DAN BROWN , DUE «ALL AMERICAN BOYS» AL CENTRO DELLE POLEMICHE

«Il Codice? Solo un film»

Hanks & Howard, lo scandalo dei bravi ragazzi

10/5/2006 di Lorenzo Soria

LOS ANGELES. L'avvocato malato di Aids di «Philadelphia». Il ragazzone del Sud non troppo intelligente ma pieno di buon senso e sempre al centro di eventi straordinari di «Forrest Gump». L'ufficiale che sacrifica la sua vita per «Salvare il soldato Ryan». L'immigrato sperduto e che conquista tutti, pure la bellissima hostess Catherine Zeta-Jones, in «The Terminal». In 25 e più anni di carriera, Tom Hanks si è conquistato il titolo di Mr. Nice Guy, del bravo ragazzo americano, un po' ingenuo magari, ma sempre aperto e generoso e col quale il pubblico finisce inevitabilmente per simpatizzare. Giunto alla soglia dei 50 anni, Hanks si ritrova invece in una situazione per lui un po' insolita: a giorni sarà infatti sugli schermi di tutto il mondo nella parte di Robert Langdon, dell'esperto di simbologia protagonista de «Il codice da Vinci» e si è trovato così al centro di una controversia internazionale che ha scatenato passioni, proteste, dimostrazioni, inviti al boicottaggio. Ultimi sono scesi in campo i vescovi di Inghilterra e Galles che chiedono ai produttori una dichiarazione in cui si dica che la pellicola è pura invenzione, opera di fantasia che niente ha a che vedere con la storia del Cristianesimo. A una settimana dalla sua partenza per Cannes, dove il film apre il Festival il 17, lo abbiamo intervistato.

Tom Hanks al centro di passioni e ritorsioni e minacce. Chi lo avrebbe mai detto….

«Se qualcuno non è interessato al film non c'è proprio nessun problema, rispetto la sua scelta. E se c'è chi vuole usare le leggi contro il film, faccia pure, anche se vorrei ricordare loro che ci sono tanti film che la gente non va a vedere senza bisogno di intervento dei governi. Il cinema è una forma d'arte molto potente, che genera passioni molto forti. Ma queste prese di posizione non aiutano. E poi, non prendiamoci troppo sul serio. E' solo un film, due ore in cui scegliamo di sospendere la realtà, un po' come quando vai a vedere uno scimmione di venti metri in cima all'Empire State Building. Vorrei poter dire che siamo qui per curare il cancro, ma non è così. Il "Codice" è solo un film, una fantasia. E non un documentario."

Come è stata la sua esperienza personale? Il suo viaggio dentro «Il Codice»? Le ha fatto riesaminare alcune certezze?

«Io non passo la mia vita a pensare a ciò che potrebbe essere accaduto duemila anni fa. Cerco di guardare avanti e di capire quello che succede attorno a noi adesso. Capisco che molti sono rimasti affascinati dalle tesi del libro. Quando l'ho letto la prima volta, anche io sono stato preso dalla suspense, dal suo aspetto di caccia al tesoro, ma anche dai tanti "e se fosse andata davvero così?". Tante domande. Che mondo avremmo oggi se le cose fossero andate come le ha raccontate Dan Brown? Che tipo di Chiesa avremmo? E che cosa voleva davvero dire Da Vinci? Ma alla fine, lo ripeto, questo è solo un film, due ore e poco più di fantasia».

Ron Howard ha subito visto in Lei il personaggio di Robert Langdon e sostiene che se non avesse fatto l'attore avrebbe potuto essere un ottimo professore… «Sono un tipo curioso, ma non ho il rigore e la disciplina, per non parlare della conoscenza, per essere un accademico. Sospetto di tutti quelli che hanno delle certezze, di quelli che sanno esattamente come sono andate le cose ottocento o duemila anni fa. Mi piace mettere alla prova varie posizioni, esaminare le varie possibilità. Ma mi va bene fare il mio mestiere».

Niente cattedra, allora. E le sue aspirazioni politiche?

«Non ne ho e a dire il vero nessuno mi ha mai contattato chiedendomi di candiarmi per qualche carica. Ho altri film in arrivo, ho una casa di produzione e sono contento così».

Tra pochi mesi compie cinquant'anni...

«Non posso farci granchè e a dire il vero non mi sento molto diverso da quando di anni ne avevo 27. Quando mi guardo indietro non penso che tutto fosse idilliaco, mi sveglio anzi ogni mattina pieno di entusiasmo e pensando alle sfide ancora davanti a me. Okay, tutte bugie. Vuoi la verità? Mi alzo, mi guardo allo specchio e con orrore mi dico: "Tom, che cosa è successo?"».

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Parla il regista del controverso film a 10 giorni dall'uscita in tutto il mondo

"Non obbligo nessuno a vederlo, negare il diritto di farlo è però un atto fascista"

Ron Howard: "Il mio Codice da Vinci

è buon cinema non provocazione"

di SILVIA BIZIO

<B>Ron Howard: "Il mio Codice da Vinci<br>è buon cinema non provocazione"</B>

Tom Hanks e Ron Howard

LOS ANGELES - Ron Howard, l'ex Ricky Cunningham di "Happy days", oggi con barbetta rossiccia e baffi, sempre più calvo; Tom Hanks invece coi capelli sempre più lunghi come a voler sfidare il tempo (compie 50 anni a settembre): oggi sono la coppia regista/attore più sexy del momento, dato che il loro Codice Da Vinci, una produzione Sony da 125 milioni di dollari tratto dal mega-best-seller di Dan Brown, sta per uscire. Data fatidica per il thriller teologico è il 19 maggio, due giorni dopo il debutto in anteprima al Festival di Cannes. Mancano dunque 10 giorni: ma Howard confessa che il film non è ancora del tutto finito ed è per questo che a noi giornalisti della Hollywood Foreign Press ha mostrato solo 35 minuti dell'attesissimo film che sta facendo tremare l'Opus Dei.

35 minuti che però danno l'idea dell'opera, centrata su un delitto che svela l'esistenza di una società segreta devota da centinaia di anni a proteggere il mistero della vera identità femminile della discendente di Gesù Cristo e Maria Maddalena (che si suppone fossero sposati). Sì, l'Opus Dei viene menzionata nel film, e sì, il film segue molto fedelmente la trama del libro. Tom Hanks interpreta il professor Robert Langdon, un Indiana Jones della simbologia, mentre la francese Audrey Tautou ("Amelie") è l'esperta in criptologia Sophie Neveu, che aiuta Langdon nella sua formidabile inchiesta. Ian McKellen è lo studioso Sir Leigh Teabing, Jean Reno il capitano della polizia francese Bezu Fache, e a completare il cast internazionale c'è l'inglese Paul Bettany nei panni del monaco albino Silas.

Inutile stuzzicare Howard o Hanks sulle controversie che stanno accompagnando l'uscita del film, compresa la minaccia di certe organizzazione cattoliche di bandirlo dalle sale. Per loro il dibattito non sussiste perché il film è "fiction", come lo era il romanzo di Brown. Ma un po' di "rumore" fa sempre comodo alle sorti commerciali di un kolossal. "Di natura sono il contrario del provocatore", dice alla fine della proiezione Ron Howard, l'ex Richie Cunningham di "Happy Days". "Tuttavia ho scelto questa storia perché alcune idee nel libro sono decisamente intriganti. Se il cinema sa generare una discussione e un dibattito civili vuol dire che è buon cinema".

Signor Howard, non teme quindi l'eventuale boicottaggio della Opus Dei?

"Sono un regista, dunque uno che racconta storie: per me la libertà di espressione è sacra. Rispetto chiunque decida di non andare a vedere il film. Nessuno li obbliga a farlo. Ma negare il diritto di vederlo è un atto fascista".

Nessuno, oltretutto, ha ancora visto il film intero.

"Esatto. Come si può boicottare un film prima di averlo visto? Questo è odioso dogmatismo settario".

Ma il contenuto del romanzo di Brown è noto a tutti.

"Ma il film è un'opera a se. E comunque anche il libro è di finzione, non un trattato storico-teologico da prendere con fanatica serietà. Il contenuto del libro lo conoscono tutti e non sarebbe stato possibile soppiantare le idee più controverse per evitare eventuali critiche. Ormai sanno tutti che alcuni gruppi cattolici ci hanno chiesto di mettere all'inizio del film la scritta: questo è un film di finzione. Mi sembrava ridicolo. Come lo è sottovalutare l'intelligenza del pubblico".

Durante la realizzazione del film ha mai cercato di incontrare membri del Vaticano o dell'Opus Dei?

"No, anche perché ho affrontato la teoria cospiratoria al pari, che so, di un losco piano della CIA contro i voleri della Casa Bianca. E impostato la trama intorno al classico "What if?", cosa succederebbe se...".

Ci sono riferimenti alla realtà che stiamo vivendo?

"C'è una sottotrama con due personaggi pericolosi fondamentalisti militanti. Per loro la fede cieca è una virtù, che poi si trasforma in militanza che porta all'odio e al sangue. Il mondo in cui viviamo è testimone che quando la fede si trasforma in militanza le conseguenze sono disastrose".

Mr. Hanks, la pensa così anche lei?

"Si, Il codice Da Vinci non è un documentario ma nemmeno un'affermazione teologica. Offenderà qualcuno né più né meno di tanti altri film. E vi assicuro che se il romanzo di Brown avesse venduto solo 100.000 copie, non staremmo qui a parlarne tanto".

Vuol dire che anche come lettore, e soprattutto considerata la sua educazione cattolica, non si è posto i quesiti sollevati da Brown?

"Mi affascinano le speculazioni astratte, ma niente nel libro mi ha sorpreso più di tanto. E poi tutto è soggetto a interpretazione. Ogni libro in cui sostiene che Da Vinci, Isaac Newton o Scooby Doo appartengono a una società segreta che cerca di alterare il corso della storia diventa per forza un bestseller".

(10 maggio 2006)

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Cresce l’offensiva contro il Codice Da Vinci: sequestro e sciopero della fame

Una tensione che non accenna a diminuire nell’imminenza dell’uscita del film. Intanto il Tribunale di Strasburgo ha accettato il ricorso dello studioso che nega l’esistenza di Gesù. Nei prossimi mesi sarà discusso ed una decisione potrebbe essere presa dall’organo supremo in fatto di giustizia in Europa.

Non c’è giorno che ormai non si parla di Codice Da Vinci. Sarà strano ma proprio nell’imminenza dell’uscita del film l’arte della comunicazione e della pubblicità sta esprimendo al meglio le proprie potenzialità.

E così proprio chi lo avversa non fa altro che portare l’acqua al mulino di Dan Brown e dei produttori Sony che hanno finanziato il film che di sicuro sbancherà i botteghini.

E così oggi un avvocato di Napoli chiede il sequestro della pellicola.

«Sequestrate su tutto il territorio nazionale il film "Il Codice da Vinci"».

La richiesta, inoltrata alla procura della Repubblica di Napoli, attraverso un esposto, è stata avanzata da un avvocato partenopeo, Massimo Capasso, di 42 anni, perché nella pellicola di prossima proiezione nelle sale cinematografiche si riscontrerebbe la «manipolazione di elementi costitutivi della religione cattolica apostolica romana, tutti alterati subdolamente nella loro soggettività».

Capasso, nell'esposto presentato oggi alla Procura della Repubblica di Napoli, chiama in causa lo scrittore Dan Brown «che ha prestato il consenso per la realizzazione della produzione cinematografica», la società di produzione dell'opera cinematografica e la società che sta provvedendo alla distribuzione nelle sale italiane. A giudizio del legale partenopeo la pellicola va ritirata perché «i detrattori della cristianità ed i nemici della pacifica convivenza tra popoli e religioni possono trovare linfa vitale nei contenuti della produzione dell'opera cinematografica» e che lo stesso film «propone una rilettura di eventi storico religiosi che turbano chiunque si relazioni in ogni titolo con la religione cattolica apostolica romana ed i suoi rappresentanti».

E la fobia diventa planetaria.

La grande mobilitazione del mondo cattolico sconvolge anche l’India.

L'associazione Chatolic Secular Forum di Mumbai, in India, ha annunciato uno sciopero della fame per venerdi' prossimo se il governo non vietera' l'uscita del nuovo film di Ron Howard, interpretato da Tom Hanks, Jean Reno ed Audrey Tautou e ispirato al famoso libro di Dan Brown (l'anteprima mondiale e' prevista mercoledi' prossimo al Festival di Cannes).

Secondo quanto ha appreso l’agenzia Agi, i cattolici indiani avrebbero intenzione di fare pressione sulle autorita' affinche' introducano una legge contro le opere letterarie e cinematografiche che urtano la loro fede. Le ragioni della protesta di questo, cosi' come di altri movimenti cattolici, verso il pubblicizzatissimo film sono da rintracciare nella rivoluzionaria tesi in esso contenuta: dalla relazione carnale tra Cristo e Maria Maddalena sarebbe nato il figlio del Salvatore; un segreto questo che l'Opus Dei avrebbe protetto ricorrendo anche all'uso della violenza.

L’ALTRO FRONTE

Il Tribunale dei Diritti Umani di Strasburgo, intanto, ha accettato il ricorso di Luigi Cascioli, promotore di una denuncia contro la Chiesa, nella persona di don Enrico Righi, è stato accettato dalla commissione esaminatrice del Tribunale dei Diritti dell’Uomo, protocollato sotto: CASE N° 14910/06 Cascioli v ITALY. L’avvocato Giovanni Di Stefano sta preparando la relazione per il processo.

Luigi Cascioli è uno studioso che afferma che la figura storica di Gesù non è mai esistita.

Ennio Montesi, scrittore, si unisce alla tesi di Cascioli e chiede semplicemente «una prova storica che possa mettere fine alle “illazioni”».

«La Chiesa dice che Cristo è esistito in carne ed ossa? Bene, nessun problema, è sufficiente che la Chiesa esibisca una prova “sto-ri-ca” ammissibile che Cristo è esistito. La prova - sia detto per inciso - deve essere “sto-ri-ca” e non di catechismo. Se così fosse», aggiunge Montesi, «sarebbe capace anche il mio lattaio a inventarsi che so il personaggio Crasto o Crosta e dire che è un personaggio esistito nato in un pollaio e costruirci attorno la sua religione e magari mettersi un lungo cappello in testa e diventare colui che fa da ponte a Crosta».

«L’italiano Lorenzo Valla (1407-1457)», conclude Montesi, «mise in discussione la versione latina dei vangeli, confutandola con il testo greco e tolse legittimità al potere temporale della Chiesa, dimostrando che la Donazione di Costantino (il documento secondo il quale l’imperatore aveva concesso al papato la sovranità sui territori di Roma e dell’Italia) era un falso dell’VIII-IX secolo».

11/05/2006

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mah... mi pare che dopo lo scandalo e l'indignazione verso l'estremismo islamico per le vignette su Allah, si cada nello stesso equivoco, stavolta da parte del cattolicesimo. Ed è sbagliato anche, a mio parere, il pretendere prove inoppugnabili di una fede, proprio per l'essenza spirituale e mistica della fede stessa.

Sembra proprio che la gente non abbia altro da fare.... mah.

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Codice', esercente sfida la chiesa

Nella sua sala programmera' il film nonostante pressioni

(ANSA) - ROMA, 13 MAG - L'esercente del cinema di un piccolo paese siciliano, Ribera, ha respinto la richiesta della chiesa di boicottare il 'Codice da Vinci'. Massimo Lupo, proprietario della sala, programmera' dal 19 maggio il film. Il caso e' stato scoperto dall' emittente Play Radio che ha letto il volantino inviato a Lupo. In questo si parla dell'opera di Dan Brown e del film come di una 'accozzaglia di offese e errori teologici'.

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Guerra al film Codice da Vinci

Da Famiglia Cristiana alle Diocesi. Maxi mobilitazione

(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 13 mag - Anche Famiglia Cristiana si mobilita per contrastare la diffusione delle 'falsita'' contenute nel Codice da Vinci. Ad una settimana dall'uscita del film tratto dal best seller di Dan Brown , la testata dei Paolini si associa alla campagna 'verita'' per mostrare gli errori dell'opera cinematografica. Intanto la diocesi di Pistoia ha deciso di proiettare un film sui monaci il giorno d'uscita della pellicola di Ron Howard.

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Musulmani e cristiani uniti contro "Codice Da Vinci" lunedì, 15 maggio 2006 11.05 spacer.gif

MUMBAI (Reuters) - Oggi una influente organizzazione di rappresentanti mussulmani indiani ha promesso che aiuterà i gruppi cristiani a lanciare nuove proteste se le autorità non dovessero vietare la proiezione del controverso film "Codice Da Vinci".

In India fino a ora le proteste contro il film erano state ben poche, ma ora diversi gruppi cattolici hanno minacciato di andare nelle strade per manifestare e anche di chiudere le sale dei cinema che dovessero proiettarlo.

Adesso influenti rappresentati islamici si sono uniti ai cristiani nella lotta al boicottaggio del film dicendo che il "Codice Da Vinci" è blasfemo in quanto diffonde bugie sulla figura di Gesù Cristo.

"Il sacro Corano riconosce Gesù come un profeta. Quello che si dice nel libro è un insulto sia ai cristiani che ai mussulmani", ha detto a Reuters Maluana Mansoor Ali Khan, il segretario generale dell'organizzazione di rappresentanti religiosi mussulmani indiani Jamiyat-ul-Ulema.

"In India i musulmani aiuteranno i loro fratelli cristiani nelle proteste per difendere il credo religioso che ci accomuna".

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CODICE DA VINCI, UN SITO PER DIALOGARE CON IL VATICANO

In attesa dell'uscita del film in Italia (19 maggio) la Sony invita saggi e culturi della fede ad approfondire le tematiche religiose sul web

(ITnews) - Roma - Uscirà nelle sale italiane il 19 maggio ma è già aperta polemica con la Chiesa. Il film "Codice da Vinci", tratto dal romanzo di Dan Brown e prodotto dalla Sony Picture Entertainment, prenderebbe di mira - secondo quanto riferisce il Vaticano - associazioni cattoliche come l'Opus Dei.

Non è dello stesso parere Jim Kennedy, portavoce della divisione cinema della Sony: "Il racconto da cui è tratto ha ispirato molte conversazioni sulla storia e la religione, ma il film è un thriller, non un trattato religioso o un documentario storico. Molti leader e organizzazioni religiose, compresa l'Opus Dei - continua Kennedy, vicepresidente senior della Sony Pictures entertainment - sono d'accordo sul fatto che l'uscita del film può fornire un'opportunità unica per educare la gente sul loro lavoro e le loro convinzioni".

Per porre fine alle polemiche e per evitare una frattura con la Chiesa, la casa di produzione della Sony ha realizzato un apposito su Internet. Su http://www.TheDaVinciDialogue.com studiosi e scrittori cattolici e cristiani sono invitati a contribuire con saggi i fondamenti della fede e il suo impatto sulla storia e sulle vite degli uomini.

FONTE

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Il film di Dan Brown, con le sue tesi eretiche, mette in fibrillazione

il mondo cattolico. Ma oggi Ruini detta la linea e dice no al boicottaggio

Esce il "Codice", Chiesa mobilitata

dalle proteste al gioco online

Gli studenti di un istituto dell'Opus Dei lanciano un'iniziativa "leggera"

che sarà in linea dal 17: "Vi faremo divertire e vi condurremo alla verità"

di CLAUDIA MORGOGLIONE

ROMA - Non c'è - almeno finora - la furia censoria che investì Ultimo tango a Parigi, con tanto di sequestri a tappeto e roghi delle pellicole. Ma c'è sicuramente qualcosa di più, rispetto alla polemica e alle proteste per l'Ultima tentazione di Cristo. No. Stavolta, in questo megapolverone mediatico planetario che sta investendo Il Codice da Vinci versione film, la Chiesa sta mostrando una preoccupazione quasi senza precedenti. E se oggi il cardinale Camillo Ruini detta una linea ufficiale per nulla aggressiva ("no al boicottaggio della pellicola", dichiara), continuano a fiorire iniziative di ogni genere: condanne, appelli, mobilitazioni nelle parrocchie, campagne dei giornali cattolici. E perfino il gioco online.

Già, proprio così: un gioco internettiano. Chiamato, un po' ironicamente, Gratta da Vinci - Seek the truth here. E che apparirà, a partire da mercoledì 17 maggio - giorno dell'anteprima mondiale del film di Ron Howard, in apertura del Festival di Cannes - su una pagina web omonima (www.grattadavinci.it), con bella grafica finto-antica e immagine sfumata del volto della Gioconda (al centro dell'intrigo del Codice). In attesa della pubblicazione online, sul sito appare solo un comunicato di annuncio dell'iniziativa, che - assicurano i curatori - "vi farà divertire e vi condurrà attraverso i misteri del libro alla scoperta della verità".

E fin qui, sembrerebbe un'iniziativa tutta a supporto del romanzo, e dell'attesissima pellicola che ne è stata tratta. Solo che poi si scopre che a realizzarlo sono stati gli studenti del corso Linguaggi e tecnologie multimediali del centro Elis di Roma. Vale a dire, di un istituto che fa capo all'Opus Dei. E allora la curiosità per il gioco diventa ancora più forte: sarà tutto a confutazione, oppure no? Anche perché, ricordiamolo, nella storia di Dan Brown il killer agisce proprio per conto dell'Opus dei.

Al di là dei contenuti, quella dei ragazzi del Centro Elis resta comunque una maniera "leggera" di affrontare l'uscita del film, considerata da buona parte della Chiesa una sciagura: un'opera che sarà vista da milioni di persone in tutto il mondo (oltre 40 milioni hanno già letto il romanzo), e che - secondo l'ottica cattolica - infanga la verità di Cristo sostenendo la sua unione con Maria Maddalena. Con tanto di discendenza.

Da qui una serie di dichiarazioni preoccupatissime, rilasciate, nelle ultime settimane, da alti esponenti del clero. La più dura è stata quella di monsignor Angelo Amato, numero due della Congregazione per la dottrina della fede, che ha invitato al boicottaggio. Una posizione sostenuta anche da molte parrocchie sparse sul territorio italiano.

Ma oggi la linea ufficiale è cambiata. Il numero uno della Cei, Camillo Ruini, infatti ha espresso il suo no al boicottaggio del film. Perché il Codice è in realtà "un'opportunità": "L'occasione - ha spiegato il cardinale - di un'opera capillare di catechesi, e prima ancora di informazione storica". Pur restando ferma, ovviamente, la condanna di "una moda editoriale e cinematografica che ha primariamente uno scopo commerciale, ma che costituisce anche una radicale e del tutto infondata contestazione del cuore stesso della nostra fede. A cominciare dalla croce del Signore".

Con queste dichiarazioni, dunque, i vescovi italiani si dissociano dalle forme di protesta più estreme, e si attestano sulla linea già espressa dall'Opus Dei. Anch'essa contraria al boicotaggio, e convinta - come ha dichiarato in un'intervista il leader Javier Echevvaria - che in realtà il Codice "rafforzi l'Opus Dei", perché "rende popolare la nostra organizzazione".

Ma, al di là delle dichiarazione dei vertici, c'è una fetta di società civile cattolica che sembra essere meno tollerante. Lo stesso quotidiano dei vescovi, Avvenire, nel suo inserto E-Vita ha già invitato al boicottaggio. E ci sono posizioni ancora più radicali. Come quella di Riccardo Robuschi dell'Aiart, l'associazione cattolica degli utenti radiofonici e televisivi: "Boicottare il film è ancora troppo poco", ha dichiarato.

Intanto, dal nord al sud della Penisola, continuano a giungere notizie pro o contro la pellicola di Ron Howard. Un avvocato napoletano, Massimo Capasso, ha chiesto alla Procura della Repubblica partenopea il sequestro su tutto il territorio nazionale. Più serena l'iniziativa della diocesi di Pistoia, che il 19 maggio, giorno dell'uscita del film nelle sale, riproporrà la visione del Grande silenzio, film documentario di Philip Groening sulla vita in un monastero. Ancora, nell'estremo meridionale del nostro Paese - a Ribera, provincia di Agrigento - i gestori della sala cinematografica hanno rifiutato l'invito della chiesa locale al boicottaggio: loro, Il Codice da Vinci, lo programmeranno regolarmente. Per amore e (probabilmente) per denaro.

(15 maggio 2006)

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Card.Ruini sul Codice da Vinci

'Occasione per aiutare gente a distinguere falsificazioni'

(ANSA)-VATICANO, 15 MAG- 'Il Codice da Vinci offre alla Chiesa l'occasione di un'opera capillare di catechesi': lo ha detto il card. Ruini all'assemblea della Cei. Per il presidente dei vescovi italiani il film tratto dal libro di Dan Brown e' anche occasione 'prima ancora, di informazione storica' per aiutare 'la gente a distinguere con chiarezza i dati certi delle origini e dello sviluppo storico del cristianesimo dalle fantasie e dalle falsificazioni'.

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Codice Da Vinci: Opus Dei critica

'Contro marketing noi facciamo comunicazione

(ANSA) - ROMA, 17 MAG - L'Opus Dei, di fronte all'attacco portato dal codice da Vinci, ha deciso di rispondere sullo stesso terreno: comunicazione contro marketing.Il responsabile comunicazione della prelatura, Juan Manuel Mora, ha detto che stiamo vivendo una specie di reality show mondiale e la risposta dell'OD e': contro marketing e intrattenimento noi facciamo comunicazione. Vediamo chi vince. Se passano certe idee romanzate perché non le nostre? Basta trasmetterle in modo professionale e gentile.

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LO SCENEGGIATORE

«Ho scritto 4 versioni del film pensando anche a Hitchcock»

CANNES — «Non è stato certo un lavoro facile tramutare il libro di Dan Brown in una sceneggiatura: ne ho fatte quattro versioni e per un anno e più l'ho giudicato un impossibile, destabilizzante work in progress », dice Akiva Goldsman, che spiega di essere stato fedele al «trinomio fede, religione, indagine storica» del bestseller più discusso degli ultimi anni.

« Mi sono sempre trovato in sintonia con il regista Ron Howard — spiega lo sceneggiatore — nella convinzione che mai avremmo accettato censure cattolico-cristiane e che sempre avremmo preso le distanze da qualsiasi polemica dell'Opus Dei o da controversie di parte. Siamo entrambi convinti che questo romanzo abbia aiutato molti lettori in una sorta di ricerca spirituale, una individuale crescita religiosa molto simile al viaggio che compie il protagonista Robert Langdon».

Goldsman è uomo spiritoso, con mille interessi, lettore appassionato dei thriller di John Grisham e attivissimo produttore di film, come Mr. Mrs Smith e Poseidon, nonché prossimo al debutto nella regia. «Perché - racconta - amo stare sul set, entrare nella macchina del cinema e non soltanto affidare le mie parole a un regista, ma anche vederle spesso mutare in ogni ciak».

E' oggi tra i più pagati sceneggiatori di Hollywood. Prima di approdare a Hollywood ha scritto, come confessa lui stesso «pessime storie pulp-fiction». Ha fatto esperienze nel campo della psicoanalisi, per l'influenza dei suoi genitori impegnati da anni a New York in una associazione che si occupa di schizofrenia e di psicosomatica infantile. «Sì - dice sorridendo - scrivere il copione per me è stata una sorta di lunga, adulta e complessa analisi, che spesso è partita da una mia convinzione: la dicotomia tra la realtà dei fatti e la fiction appartiene da sempre alla letteratura, da Shakespeare in poi, passando per Re Artù e il Sacro Graal per approdare ai romanzi dei nuovi scrittori-avvocati».

Racconta: «Ron ed io, nelle varie fasi di preparazione, abbiamo rivisto Rosemary's Baby e L'esorcista. Abbiamo concluso che, se proprio dovevamo riconoscere una influenza cinematografica, ebbene sarebbe stata soltanto quella di sir Alfred Hitchcock e del suo straordinario North by Northwest (Intrigo internazionale)». Spiega che come nel cinema di Hitchcock, il romanzo di Brown parte da brevi scene con uno o due personaggi — tipo Langdon e Sophie in fuga — per approdare a situazioni complesse, sempre in scenari diversi. «E' questo lo stile del film. Ron ha spesso ricordato Hitchcock lavorando sul personaggio da lui prediletto di Silas (Paul Bettany), il monaco dell'Opus Dei, un carattere centrale per il suo viaggio contrapposto a quello di Langdon».

Akiva e Dan Brown hanno strettamente collaborato e lo sceneggiatore scherza: «A Dan, come a me, piace vivere il set: era sempre tra i piedi, con sua moglie». Sono diventati tutti amici nei tre anni di preparazione del film, come le loro mogli, entrambe scrittrici, e quelle di Ron Howard e del produttore Brian Glazer. Quest' ultima ha appena chiesto il divorzio. «Le nostre mogli sono state utilissime con le loro osservazioni — puntualizza Goldsman — sul cosiddetto "sacro femminino", non disgiunto dal sesso. Perso nel cristianesimo, ritrovato nel libro attraverso Maria Maddalena».

Dietro il film ci sono anche storie personali, amicizie, interessi tra i più svariati (Akiva mentre scriveva produceva Constantine, Ron dirigeva Cinderella Man) nonché legami di lunga affinità. Come quello tra il regista, Akiva e Glazer, che hanno conquistato insieme gli Oscar per A Beautiful Mind.

«Senza dimenticare - confessa Goldsman - lo zampino onnipresente di Tom Hanks, che nelle fasi di lettura del copione ci rimbrottava per aver minimizzato particolari del libro da lui amatissimi... Ognuno ha dato qualcosa alla stesura anche se poi, con dodici ore di lavoro al giorno, sono stato io che ho firmato questa impresa titanica. Dan mi ha raccontato che aveva provato a scrivere una sceneggiatura rivelatasi una catastrofe perché per condensare trenta pagine del romanzo ne aveva scritte sessanta di dialoghi: avrebbe avuto bisogno di almeno venti ore di film».

«Sapevo che il nostro lavoro avrebbe scatenato moltissime polemiche — conclude l'autore del copione — Ma non pensavo che fossero di questa portata. Io giudico Il Codice da Vinci una sorta di sonata d'ensemble con diverse opinioni ed emozioni contrapposte».

Giovanna Grassi

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Ron Howard si difende: il Codice fa discutere? E' un regalo di Dio

18/5/2006 Fulvia Caprara

CANNES. Ci vuole una buona dose d'ironia per affrontare la platea dei giornalisti del mondo dopo la fredda accoglienza alle proiezioni e con l'eco delle stroncature sui giornali americani. Così Tom Hanks e Ian McKellen, mattatori del «Codice Da Vinci», accanto all'esile Audrey Tautou e al timido Paul Bettany, s'impegnano per dare il meglio. L'autore del libro Dan Brown ha preferito evitare l'incontro con la stampa, Jean Reno gioca in casa e sta tranquillo, Alfred Molina risponde a un'unica domanda e a Ron Howard, l'antico ragazzo di «Happy Days», pluripremiato e amatissimo per film celebri come «Apollo 13» e «A Beautiful Mind», tocca la difesa d'ufficio dell'ultima creatura. Un brevissimo battimani accoglie il gruppo, parte il fuoco di fila, Hanks strappa la prima risata. Qualcuno gli chiede se crede davvero che Gesù si sia sposato, lui, prontissimo, ribatte: «Non so, non ero da quelle parti».

Qualcun altro gli ricorda che Leonardo Da Vinci ha firmato il suo capolavoro a 51 anni e che anche lui è vicino a quella data: «Sì, ho solo un anno per fare il mio capolavoro, ma sono calmo, ho appena deciso di prendere parte a "Scooby Doo III"». Quando si entra nel vivo e si comincia a parlare delle critiche ecclesiastiche, McKellen mette i puntini sulle i: «Ho creduto a tutto quello che c'è nel libro e sono felice di aver contribuito a dimostrare definitivamente, visto l'atteggiamento della Chiesa nei confronti dell'omosessualità, che Gesù Cristo non era gay, visto che si era sposato e aveva anche messo al mondo una figlia». Secondo Ron Howard è assolutamente comprensibile che «alcune persone possano provare una certa ansia di fronte alla storia che raccontiamo, il mio consiglio è di informarsi, di parlare con chi ha effettivamente visto il film e poi decidere se andare o meno». Comunque, sottolinea il regista, «non stiamo parlando di un trattato di teologia, questo è un film che racconta una storia con un finale in positivo».

E comunque, prosegue Howard, «il pubblico è assolutamente in grado di tirare le proprie conclusioni. Uno dei doni che abbiamo ricevuto da Dio è la mente e con essa la curiosità e la possibilità di indagare ponendoci domande in tutte le direzioni. Sono profondamente convinto che un'opera capace di stimolare l'immaginazione e la discussione abbia in ogni caso un valore costruttivo». Convinto che nessun film possa «modificare le radici culturali che ognuno di noi porta dentro di sé», Hanks spiega di preferire le persone che si «aprono al dubbio rispetto a quelle troppo concentrate sulle proprie convinzioni». Più o meno la stessa posizione del Vescovo di Nizza, che ha promosso un grande dibattito per domani sera, dopo la proiezione della pellicola dello scandalo: «Stiamo cercando di incoraggiare la discussione piuttosto che la cieca opposizione».

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Cristo, la Maddalena, il mistero

Alla fine è solo un brutto thriller

18/5/2006 di Lietta Tornabuoni

CANNES. All'inizio non sembra male, «Il Codice da Vinci» di Ron Howard. Musica altisonante, un uomo che corre inseguito nella semioscurità dei saloni del Louvre e che viene ucciso; un albino nudo che è Paul Bettany prima inginocchiato davanti al Crocefisso e poi intento a frustarsi a sangue, a torturarsi con il cilicio. Interessante. Poi però il film diventa subito statico: salvo qualche carosello in auto della polizia francese sempre perdente e un'unica corsa per strada dei protagonisti, per quasi tutto il tempo «Il Codice da Vinci» consiste in due persone (massimo tre) che, in un ambiente chiuso e deserto (cattedrale, furgone, villetta di campagna, Bois de Boulogne), parlano di cose confuse, spesso incomprensibili. Il Priorato di Sion, il Fibonacci, Gesù, la Maddalena, il vescovo dell'Opus Dei Aringarosa, il Concilio di Nicea, il Santo Graal, chi sedeva alla destra del Cristo nell'«Ultima cena» di Leonardo, l'Inquisizione «il libro più sanguinoso della Storia», la Chiesa cattolica che «da duemila anni infligge oppressione e morte».

Il libro di Dan Brown da cui il film è tratto, con tutti i suoi discorsi e spiegazioni, non era forse il più adatto al cinema. Il passato è evocato con immagini in bianconero tremolanti alla «Cabiria», sia pubbliche che private. La coppia protagonista è composta da un professore americano studioso di simbologia (Tom Hanks) e una poliziotta francese studiosa di criptologia (Audrey Tatou). Recitano le loro battute come se non sapessero bene cosa stiano dicendo; nonostante siano poi presenti altri docenti, storici o teologi, circola l'aria smarrita degli attori quando si trovano ad avere a che fare con la cultura impopolare. Si conosce qual è la storia dal libro di Dan Brown (con l'ultima edizione economica ha raggiunto i 47 milioni di copie, uno straordinario fenomeno editoriale). La coppia e l'assassinio su cui è chiamata a indagare sono travolti da Vangeli apocrifi, indizi e simboli occultati nelle opere di Leonardo da Vinci, in una cristologia diversa da quella ufficiale: Gesù era sposato con Maria Maddalena, sua prima discepola e apostola; Maddalena era incinta al momento della Crocefissione, mise al mondo una figlia; la discendenza in linea femminile di Gesù visse per secoli in Francia, protetta da alcuni Ordini religiosi e perseguitata da altri Ordini che consideravano offensiva l'irruzione del sacro femminile e delle donne nella Storia della Chiesa. E chi è l'ultima discendente vivente di Gesù? Audrey Tautou, naturalmente.

Si conosce il successo del libro di Dan Brown (il film ha avuto ieri sera a Cannes la sua prima mondiale). Le gerarchie cattoliche, dopo alcuni iniziali atti dalle intenzioni censorie e aggressive, hanno pensato bene di cogliere l'occasione «per ripristinare la verità, come è nostro dovere», nonostante gli «aspetti blasfemi» della vicenda. Il libro si è trasformato in una miniera d'oro per negozianti e soprattutto per i tour operators che organizzano viaggi a Saint-Sulpice a Parigi o alla Roslyn Chapel in Scozia. Non parliamo poi di show radiofonici o televisivi: del resto anche la coppia di protagonisti, nel film, si diverte a sottolineare certi errori dello scrittore.

Film di parola, film mediocre di un buon regista medio come Ron Howard, «Il Codice da Vinci», imparagonabile ai libri di Umberto Eco ai quali tenta di somigliare, recitato male da Tom Hanks-Audrey Tautou e bene dagli altri, è un thriller kolossal (148 minuti) mal riuscito.

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Secondo mè l'autore, ormai noto ha sfruttato la finzione/realtà per suscitare scalpore e vendere molto di più nei libri e per guadagnarci moooolto nei diritti chiesti dai produttori del film e del videogioco, se era meno importante nessuno gli avrebbe fatto il film! o il videogioco!

Per esempio Harry Potter o Il Signore Degli Anelli si sono veramente guadagnati il podio del cinema e del PC(con i videogiochi e i film), in merito alla bravura e fantasia dello scrittore e della scrittice! :)

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Codice Da vinci, è subito record

Primo giorno: 2 mln euro al botteghino

Dopo giorni di attesa, polemiche e accuse, arriva puntuale il record assoluto per il primo giorno di programmazione in Italia per il film "Codice Da Vinci". L'opera del regista Ron Howard, tratta dal best-seller di Dan Brown, ha subito incassato due milioni di euro. Si tratta della cifra più alta per un primo giorno di programmazione al box office italiano. La pellicola è proiettata in ben 910 sale.

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Codice Da Vinci: 50 mln in Usa

Secondo servizio biglietteria, 81% prevendite per film

(ANSA) - CANNES, 19 MAG - Almeno 50 milioni di dollari nel primo weekend negli States sono la previsione di incasso del Codice da Vinci per il quotidiano Variety. Il Codice starebbe ancora dietro a 'Harry Potter e il calice di fuoco' (68 milioni) ma davanti a Star wars Episodio III (48). Analoghe previsioni positive, sempre secondo Variety, sono state fatte per i mercati di Francia e Italia. Il servizio di biglietteria americano Fandango sostiene che l'81% della prevendita del week end e' andato tutto al Codice.

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