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A Torino Il Libro è Tutta Un'avventura

19 messaggi in questa discussione

La sfida e le imprese fil rouge della fiera dell'editoria che parte giovedì

A Torino il libro è tutta un'avventura

Il ricordo del grande viaggiatore Tiziano Terzani, gli spazi per i più piccoli e gli appuntamenti più importanti al Lingotto

TORINO - Cinque giorni di incontri e dibattiti, romanzi e laboratori, viaggi e contaminazioni tra letteratura, cinema e musica. Cinque giorni di cultura con il premio Nobel Josè Saramago e il critico Claudio Magris, la scienziata Margherita Hack e lo scrittore Sebastiano Vassali, la regista e autrice Cristina Comencini e il musicista Mauro Pagani. Tutto questo sarà alla Fiera del Libro di Torino, che si terrà al Lingotto da giovedì 4 a lunedì 8 maggio, e che nasce quest'anno all'interno di un progetto più esteso: il capoluogo piemontese è stato infatti scelto dall'Unesco, insieme a Roma, per essere capitale mondiale del libro da questa primavera fino all'aprile del 2007, quando il testimone passerà a Bogotà. Sono oltre cento gli appuntamenti in calendario per questi primi quattro mesi.

L'AVVENTURA – L'edizione della fiera 2006, che sarà dunque una festa dentro una festa, ha come motivo conduttore l'avventura, intesa non tanto come genere narrativo ma nel suo significato più ampio e metaforico, che spazia dall'impresa sportiva alla ricerca scientifica. Se un tempo viaggiare era sempre un'avventura, oggi tutto il mondo è a portata di mano, con poche ore di aereo o un click nella Rete. Eppure c'è ancora chi sceglie di viaggiare con lentezza, di guadagnare la strada con fatica: domenica 7 maggio (ore 12.30, Caffè letterario Lavazza) Leonardo Bizzaro, Alberto Fiorin e Emilio Rigatti parleranno dei viaggi in bicicletta, e delle strade che hanno percorso e poi raccontato nei libri e nelle guide di Ediciclo, casa editrice specializzata in turismo su due ruote. Giovanni Vallone, autore del libro Angelo e le aquile (Cavallotto editore), ripercorrerà invece della vita di un avventuriero dei nostri giorni: Angelo d'Arrigo, il deltaplanista siciliano che ha sorvolato l'Everest, recentemente scomparso in seguito a un incidente aereo.

TERZANI - Testimone di un'avventura spirituale e giornalistica, Tiziano Terzani sarà ricordato domenica 7 maggio (ore 18.30, Sala Gialla), nell'ambito di un incontro a cui parteciperanno Angela e Folco Terzani, con letture di Giuseppe Cederna e la proiezione di Dentro di noi, un video di Marco Zanot ( ■ guardalo) dedicato a questo grande viaggiatore, profondo conoscitore del continente asiatico e "kamikaze di pace". Il tema dell'avventura sarà poi affrontato da Mauro Corona, autore di numerosi libri in cui narra la sua vita tra boschi e montagne, e dall'inviato speciale Ettore Mo, cacciatore di storie e autore di grandi reportage in ogni parte del mondo. Il pubblico degli adulti potrà dunque incontrare molti autori e scoprire la produzione di piccole case editrici di qualità, spesso invisibili in libreria, mentre gli editori e gli operatori del settore discuteranno le tendenze di mercato e si confronteranno sulle nuove tecnologie, dalle potenzialità del digitale alla nascita di Google Print.

LO SPAZIO RAGAZZI – Un intero settore sarà infine dedicato ai piccoli lettori, che potranno partecipare a giochi, laboratori e tornei di lettura. Tra gli ospiti dello spazio ragazzi, accanto agli autori Mino Milani e Silvana De Mari, Moni Ovadia e Teresa Buongiorno, ci saranno tantissimi illustratori, tra cui Nicoletta Costa e Gianni De Conno, Claude Ponti e Brad Holland. Quest'ultimo è considerato tra i massimi illustratori americani, nominato anche per il Premio Pulitzer, ma praticamente sconosciuto in Italia, dove è arrivato per la prima volta grazie alla pubblicazione dell'albo La notte di Q. (Orecchio Acerbo). Alla presentazione del libro (giovedì 4 maggio), la storia di un veterinario che in tempo di guerra viola il coprifuoco per nutrire gli animali dello zoo, sarà presente anche l'autore del testo, Michael Reynolds, e il veterinario palestinese a cui è ispirata la storia. Infine, la rivista Andersen - Il mondo dell'infanzia (un mensile dedicato alla letteratura per ragazzi e al mondo delle scuole e delle biblioteche) domenica 8 maggio alla Fiera di Torino festeggerà i 25 anni della testata e del Premio Andersen, l'Oscar italiano ai libri per ragazzi, che quest'anno ha scelto come miglior autrice Giusi Quarenghi e come miglior illustratrice Vittoria Facchini.

Mara Pace

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INAGURAZIONE LA FIERA SI APRE QUESTA MATTINA ALLE 10 AL LINGOTTO CON UN PROGRAMMA DEDICATO ALL' AVVENTURA: 800 INCONTRI E 1230 ESPOSITORI. MADRINA ELDA TESSORE

La capitale di Librolandia

4/5/2006 di Giovanna Favro

Un gigalibro marchiato Seat e un ruscello di volumi che sgorga, in un tripudio d'azalee, sotto una Mole traboccante pagine, accolgono dalle 10 al Lingotto il popolo dei lettori alla Fiera del Libro. L'edizione numero 19 di Librolandia, dedicata all'avventura, spalanca alla goduria dei bibliofili milioni di volumi, da scegliere tuffandosi in un palinsesto più bulimico che mai, con 800 incontri con gli autori in cui, oltre a scoprire la letteratura dei Paesi ospiti - Brasile e Portogallo - riflettere su qualsivoglia questione agiti il nostro tempo. L'editoria italiana è al completo, con decine, fra 1230 espositori, di sigle straniere - francesi ed elvetici in testa - a presentare ciò che è pubblicato e ad anticipare anche ciò che sarà tradotto, o diverrà un film.

Che ressa

Debutta in Fiera anche la città di Milano, e la ressa di proposte, quest'anno, è tale che «per la prima volta - fa notare il direttore Ernesto Ferrero - abbiamo sistemato alcuni editori pure nel padiglione riservato al pubblico professionale. Sono molto felice anche della bellezza dei padiglioni, grazie a una gara nell'abbellire gli stand». Novità assoluta, il grande spazio «Oltre» dedicato agli adolescenti e voluto da Rolando Picchioni, che prevede affluenza super anche grazie al successo del via a «Torino capitale mondiale del Libro». Colonna sonora di «Oltre» saranno le note di Radio Veronica One, che di qui trasmetterà in diretta con numerosi ospiti. Sempre in diretta, ma su maxischermo, si vedrà ciò che avverrà al Lingotto a cura di Extracampus, tivù digitale dell'Università.

Viva le donne

Non era mai successo: dell'edizione 2006 è madrina non una donna dell'editoria, ma della politica. E' Elda Tessore, in omaggio al suo impegno per la promozione di Torino. Tra le protagoniste al femminile, donne di tutti i continenti animano il ritorno di «Lingua Madre». Tra loro, le vincitrici del primo concorso letterario di Lingua madre, lunedì assegnato alla somala Farah Ubah A. Ali, la vietnamita Huynh Ngoc Nga, l'indiana Laila Wadia e l'italiana Michela Mannoni.

Arrivi capricciosi

A Paulo Coelho va la palma di autore più vezzeggiato della Fiera: pare sia abituato ad attenzioni cui gradisce non rinunciare. Complicatissimo l'arrivo dell'autore africano Mda Zakes, professore universitario nell'Ohio. Avere un visto per l'Italia per lui è stato piuttosto difficile, anche perché il consolato italiano più vicino si trovava parecchio lontano da lui, a Detroit. Comunque, la Fiera ce l'ha fatta ad averlo ospite. Mda ci sarà.

Tram letterari

Gtt e il Consiglio regionale organizzano due corse giornaliere (ore 15 e 16, partenza da via Bertola) di «Fahrenheit tram», in collegamento con la trasmissione di Radio3: a bordo delle vetture storiche autori, editori e naturalmente libri (si sale gratis, prenotazioni 011-5757. 69). Gratuite anche le navette per la Fiera con partenza e arrivi (ore 9-21) da Porta Nuova, stazione Lingotto, parcheggio Caio Mario.

Oltre il Lingotto

La Fiera quest'anno invade anche Mirafiori, in aggiunta alla Spina reale e a Borgo San Paolo. Le Circoscrizioni 2 e 10 sono coinvolte in un palinstesto di incontri ed eventi che faranno perno su una grande tensostruttura realizzata da Fiat in piazzale Caio Mario. Oggi alle 15 taglio del nastro con Antonio Saitta ai giardini di via Osasco 80, e alle 17,30 con il sindaco in piazza Caio Mario. Tra i primi appuntamenti: oggi alle 17 alla comunità alloggio di via Capriolo 18 c'è «Boosta» dei Subsonica. Domani alle 14 Margherita Hack incontra le scuole in piazza Giovanni XXIII 26, e alle 18 Alessandro Cecchi Paone sarà fra i malati del Martini.

Assaggiamo le pagine

Per la prima volta c'è un'area di «assaggi letterari», con degustazioni di prelibatezze, dai formaggi al barolo chinato, curate da Slow Food Editore, che presenta libri su libri e organizza l'area «Il gusto di leggere» (domenica Carlin Petrini, discuterà con George Ritzer su «La globalizzazione del nulla»). La chiocciolina festeggia qui il 20° compleanno.

Chi c'è e chi no

Oltre a José Saramago finito in ospedale, anche Giulio Andreotti ha dato forfait: diserterà la celebrazione dei 60 anni della Repubblica per partecipare alla votazione per il Capo dello Stato. Tra i 2 mila e 500 relatori, comunque, ci sarà da sbizzarrirsi lo stesso. Da segnalare: oggi alle 15,30 lectio magistralis su «L'avventura cristiana» del cardinale Severino Poletto.

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PLAYBOOK

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La "Fiera del libro" di Torino illustra al pubblico la scalata della tecnologia nel mondo dell'editoria.

Confermato il fallimento degli e-book, arriva l'audiolibro, che dalle musicassette e dai cd passa alle memory card, ai palmari e ai cellulari.

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Alla Fiera di Torino a caccia di opere che sondano il mondo

della letteratura: romanzi, racconti di fantascienza, confessioni

Quando i libri parlano di libri

Guida all'amore per la lettura

di DARIO OLIVERO

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TORINO - Accade a volte di trovare un modo per parlare di libri meno invadente di qualsiasi critica o recensione. Accade quando a parlare di libri sono i libri stessi. Nascosti tra gli oltre 1200 espositori della Fiera del libro di Torino, si riescono a trovare piccole guide che portano in modi diversi al traguardo che quasi tutti i visitatori del Lingotto conoscono bene: l'amore per la lettura, quel qualcosa di magico che obbliga a scegliere, tra le infinite alternative, di leggere. A volte sono romanzi, a volte racconti di fantascienza sulla scia di Fahrenheit 451, a volte confessioni di editori o librai o traduttori, gente del libro. Eccone alcuni.

Un po' Bradbury, un po' feuilleton, un po' fumetto è Il caso Jane Eyre (tr. it E. Bussolo e D. A. Gewurz, Marcos Y Marcos, 16 euro) di Jasper Fforde, più noto come sceneggiatore di Hollywood che come scrittore. La protagonista è una detective letteraria in un futuro in cui i libri sono diventati (davvero fantascienza) il bene più prezioso. Ha ferite d'amore ancora aperte, un fratello morto in una guerra infinita, un padre disertore e uno zio che si chiama Mycroft come il fratello di Sherlock Holmes e ha inventato una macchina meravigliosa che consente di entrare fisicamente nella trama di un libro. Un criminale se ne impadronisce e mette in piedi un piano diabolico: rapire la protagonista del romanzo di Charlotte Bronte e chiedere un riscatto.

Altra storia fantascientifica, più cupa anche se meno elaborata, che ha come protagonista l'arte dello scrivere è Il generatore di storie di Philippe Vasset (tr. it. L. Pieri, minimum fax, 10). Un uomo disperato e disposto a tutto viene a sapere dell'esistenza di un marchingegno in grado di inventare, pescando idee e situazioni da un immenso database, ogni tipo di storia rendendo superfluo l'apporto dell'autore, della scintilla creativa. Una macchina che ha previsto ogni tipo di variabile e in grado di adattare la storia per ogni tipo di supporto, dal cinema alla tv ai videogiochi, e che garantisce il successo sicuro perché offre al lettore l'originalità apparente, quella che non sconvolge e non confonde il pubblico. Quella così diversa dell'originalità delle grandi opere letterarie che proprio per questo sono poco commerciabili nel breve periodo.

Dietro lo pseudonimo di Hans Tuzzi si nasconde un grande esperto di libri di antiquariato. Ma Perché Yellow non correrà (Guanda, 8,50) non è una guida per raffinati bibliofili, è un giallo che incomincia con un omicidio a Milano nel 1980 e con il commissario Melis a spaccarsi la testa. Le ricerche lo porteranno sulle tracce di una biblioteca esoterica messa insieme durante la seconda guerra mondiale dai nazisti e dei pericolosi segreti che essa contiene.

Ecco la storia di un altro traduttore che si fa prendere la mano e finisce con l'aggiungere a piacere. E Claude Beton, di professione traduttore sa bene di che cosa si parla, così come sa fare bene i ritratti in nero di tutta la gente che spesso ruota intorno ai libri - editori, scrittori, critici - con tutti i loro tic e invidie da due soldi. Il problema è che quando si butta un granello di sabbia negli ingranaggi il sistema si difende. Anche se l'intenzione era buona. Perché l'amore per i libri a volte può portare conseguenze dannose. E' I negri del traduttore (tr. it. P. Carbonara, Voland, 11).

Probabilmente molti dei visitatori che affollano e affolleranno il Lingotto in questi giorni ci avranno pensato almeno una volta: "Vorrei tanto aprire una libreria". Ecco lo strumento che fa per loro: Vendere l'anima, sottotitolo, "Il mestiere del libraio" di Romano Montroni (storico libraio e poi direttore delle librerie Feltrinelli) con prefazione di Umberto Eco e interventi di scrittori come Stefano Benni, Michele Serra ed editori come Roberto Calasso (Laterza, 15). Nel volume si trova tutto, ma poprio tutto quello che serve, da come disporre i libri negli scaffali a come far tornare i conti a fine mese, da come togliersi dalla testa certi pregiudizi sulle grandi catene a come trattare con il cliente. E' un manuale d'amore.

(4 maggio 2006)

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Uno degli incontri più seguiti alla Fiera del Libro al Lingotto

"Perché le radici europee non possono essere quelle greche?"

Laici al contrattacco a Torino

tra scienza, storia e attualità

di DARIO OLIVERO

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Margherita Hack

TORINO - C'è bisogno di laicità e c'è bisogno di salvare la laicità dalla bolgia in cui i suoi detrattori l'hanno sprofondata. C'è bisogno di ripulire il campo dalle accuse che le piovono addosso, dagli attacchi di chi usa armi pesanti ed efficaci che prendono la forma di parole come "laicisti" o "relativisti" o "atei". Da chi propone come alternativa a un pensiero laico un paradigma rassicurante perché comodo, lineare, assoluto. Fatto di certezze private che diventano assolute, di consuetudini che diventano valori, di potere che si mostra bonario e rassicurante. Questa è l'esigenza che si avverte in uno degli incontri più sentiti dai visitatori della Fiera del libro di Torino. Un incontro organizzato da Einaudi per promuovere il volume Laicità, una geografia delle nostre radici (15,80 euro). Questo dicono i relatori, che sono anche gli autori del libro - da Walter Barberis a Giulio Giorello a Claudio Bartocci a Giovanni Boniolo - con un'ospite illustre come Margherita Hack. E questo vogliono sentirsi dire le persone venute ad assistere, tante e pronte al dibattito.

Ascoltando i ragionamenti dei relatori (che si ritrovano, insieme ad altri temi, più approfonditi e articolati nel libro) sorprendono alcune cose. La prima è che la ragione umana è semplice, molto più semplice di qualsiasi teologia perché si muove su un terreno comune e familiare. Esempio di Margherita Hack: "Se la vita è un dono di Dio, chi non crede in Dio ha il diritto di rinunciarvi se questa diventa insopportabile". Un altro: "Accusano i laici e gli atei di non avere un'etica, ma per me è così semplice pensare di non fare agli altri quello che non voglio sia fatto a me".

La seconda cosa è che queste idee semplici ci sono costate lacrime e sangue. Vengono i brividi a sentire parlare Barberis della nascita della storiografia ai tempi di Erodoto e Tucidide ("Chi l'ha detto - si chiede - che se proprio noi europei dobbiamo avere delle radici queste non possano essere quelle greche anziché quelle giudaico-cristiane?") quando cercarono di raccontare per la prima volta il grande scontro di civiltà che oppose greci e persiani e la grande guerra civile del Peloponneso. E raccontare la doppia intuizione che ebbero questi nostri lontani antenati: che la storia possa essere usata per scopi politici e di propaganda e che debba esistere un modo per raccontare gli eventi che sia razionale, oggettivo il più possibile e che non faccia risalire gli eventi degli uomini a cause tenute in mano da qualche divinità capricciosa. Così come vengono i brividi a notare quanto questioni millenarie siano ancora così attuali perché c'è bisogno di un'analisi profonda della storia ma nessuno è in grado di farla in modo laico e senza farsi sconti.

La terza è che queste idee semplici, proprio perché eternamente perfettibili e messe in discussione dall'interno e attaccate dall'esterno, sono fragili. I laici, stretti in un angolo - come segnalava in un libro recente Carlo Augusto Viano, Laici in ginocchio - sono costretti a definirsi, a chiedere tempo ai propri interlocutori per esercitare l'unica arma che hanno, la ragione. Ma nel fare questo arretrano, e i loro detrattori non vogliono o non sembrano avere tempo per starli a sentire. Un esempio ricordato all'incontro è la battaglia referendaria sulla fecondazione assitita e sulle cellule staminali che ha partorito, parola di Hack, una legge "antiscientifica, antidemocratica e classista". Una battaglia, dicono i relatori, che non ha mancato di far passare la figura dello scienziato come quella di un manipolatore genetico e fuori controllo perché laico e proprio per questo pericoloso.

Infine, l'ultima considerazione. I laici non hanno mai saputo pregare in pubblico e hanno sempre lasciato Dio fuori dalle questioni complicate degli uomini. Quello che cercano sono sempre state risposte. Qualcuna l'hanno trovata e continuano a tramandare il metodo attraverso i libri. E commuove questa fede così poco rassegnata che ancora si sente in un padiglione in mezzo a stand ricoperti di libri.

(4 maggio 2006)

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UNO SCRITTORE APPOSTATO TRA GLI STAND

Il Non Lettore cerca il libro che ha visto in tv

5/5/2006 di Giuseppe Culicchia

Mentre vaga lungo i corridoi formati dagli stand all'interno dei padiglioni del Lingotto, il Non Lettore cerca di ricordarsi qual è il libro per cui si è spinto fin qui, quell'unico libro che a un tratto si è deciso a comprare, il libro che nelle statistiche ufficiali dell'Associazione Italiana Editori lo proietterà di botto della categoria dei «lettori», ancorché «deboli» o «morbidi» che dir si voglia. Di quel libro il Non Lettore non ha letto una sola recensione, né sui quotidiani, né su riviste specializzate come ad esempio L'indice dei libri del mese, di cui il Non Lettore ignora serenamente l'esistenza. E, a dire la verità, non si è nemmeno accorto se l'hanno pubblicizzato o no. Lui quel libro l'ha semplicemente visto in tv. Non in una trasmissione sui libri, naturalmente, che per quelle nei palinsesti ormai da tempo non c'è più spazio. Ma, ne ha un vago ricordo, «tra un tot di tette e culi» (passatemi l'espressione: è proprio quella che formula tra sé il Non Lettore in quell'istante). Prevedibile, no? Sarà stato per via delle prime, o forse per via dei secondi, fatto sta che il Non Lettore rammenta sì a grandi linee l'episodio (districarsi tra le innumerevoli dichiarazioni di forme anatomiche in formato catodico previste in Italia non è obiettivamente facile), ma il libro in questione fa una certa fatica a focalizzarlo. Tanto più che qui in Fiera, ai suoi occhi, sembrano esserci davvero troppi libri.

Come trovare quello giusto, tra tutti questi stand? Stand minuscoli di due metri quadri dove a prima vista si vende un solo titolo di propaganda vegana e altri giganteschi, irti di marchi, testimonianza eloquente del potere delle grandi concentrazioni editoriali. E quindi valanghe di gialli, innazitutto. Ma anche manuali di giardinaggio, cucina macrobiotica, contabilità aziendale. E storie dell'aviazione, delle apparizioni mariane, delle amanti del Duce. Insomma: la percezione chiarissima, evidente, palpabile, del severo dato statistico secondo cui la metà dei libri pubblicati in Italia ogni anno vende più o meno tra zero e una copia. Qua e là intere classi in gita addobbate con cappellini e palloncini, e tenute per mano da insegnanti giustamente apprensive. Al passaggio di un bambino con la barba, o forse senza, con gli occhi chiari, no, scuri, abbastanza alto, tendente al basso, magro, cioè grasso, insomma somigliante al nostro eroe, il Non Lettore rivede se stesso trent'anni prima, all'epoca in cui a dire la verità leggeva. Non solo testi di scuola, ma anche fumetti: Topolino e Tex e il Comandate Mark. Poi però ha smesso.

Lo dicono di nuovo i dati ufficiali: è l'adolescenza l'età più a rischio, quella in cui, complici da una parte lo scatenamento degli ormoni e dall'altra le letture imposte dalla scuola, si registra la più alta percentuale di abbandono della lettura. Oggi poi, si sa, le cose si sono fatte ancora più difficili, la tecnologia ruba tempo prezioso che non restituirà mai, e la capacità di concentrazione è quella che serve per leggere un Sms, 164 caratteri: non un secondo di più. Ci fossero stati libri in casa, al tempo in cui il Non Lettore era ancora ragazzo e non esistevano né Playstation né i telefoni cellulari, magari, in un momento di noia, ne avrebbe preso uno in mano. Ma in casa sua di libri non ce n'erano. E' così facile perderli, i lettori. Riguadagnarli, al contrario, è difficilissimo. Un po' come quando, una volta lasciata la scuola e le due ore di educazione fisica alla settimana, smetti di fare sport. Ricominciare a distanza di anni richiede in genere una cerca volontà. La lettura è un esercizio, bisogna tenersi allenati. E altrove in Europa si sono fatte di recente campagne notevoli, per invitare i cittadini alla lettura. Anche per questo oggi l'Italia è messa malissimo nelle classifiche riguardanti il numero di libri venduti.

Comunque: il bambino ormai è scomparso nella folla, e il Non Lettore riparte. A un tratto sente un canto di guerra Maori, lo riconosce perché ha visto in Tv l'Haka degli All Blacks prima di un incontro di rugby. La danza e il canto guerriero vanno in scena all'Arena Piemonte. Il Non Lettore si ferma a guardare. Il maori più grosso, torso nudo e gonnellino, ha il faccione tatuato, però accanto a lui danza e urla un tipo parimenti a torso nudo e gonnellino ma, dalle fattezze occidentali, e infatti lì accanto una signora mormora: «Ma quello lì non è mica hawaiano». Giusto. Cammina cammina, il Non Lettore arriva di fronte a uno stand del Padiglione 2, nemmeno piccolo, dov'è seduto tutto solo un signore. Sopra il signore, c'è un televisore accesso su cui scorrono immagini di spiagge e ombrelloni. Finale Ligure, c'è scritto in alto, a caratteri cubitali.

Il Non Lettore si ferma davanti al televisore a guardare le spiagge e gli ombrelloni. Di libri, nello stand, nemmeno l'ombra. Tutto sommato, il posto che fa per lui. Del resto qui in Fiera c'è anche chi ha pagato il suo metro quadro di Lingotto solo per reclamizzare il metodo per ricaricare le cartucce delle stampanti dei computer. Sia come sia, a forza di vagare per i padiglioni dell'ex fabbrica il Non Lettore ha i piedi doloranti. Per oggi decide di fermarsi lì, al mare.

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Lo scrittore, ospite di punta al Lingotto, presenta il libro

appena uscito in Italia: 101 pensieri, ricordi e riflessioni

Un po' guru un po' rockstar

Paulo Coelho infiamma la Fiera

Torino è una delle tappe di un pellegrinaggio di 90 giorni

per il mondo a "stringere mani e guardare negli occhi" i lettori

di DARIO OLIVERO

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TORINO - Arriva vestito di nero come sempre, scortato da un servizio d'ordine che, una volta che lui è entrato in sala, si trasforma in una guardia pretoriana degna del backstage di un concerto di Vasco Rossi. Sala gremita, biglietti sold-out, gente che si accalca fuori e tenta di impietosire i boys. E' poco meno di una rockstar, è quasi un guru, è certamente più di uno scrittore qualsiasi Paulo Coelho, l'ospite di punta della Fiera del libro di Torino. E' qui per presentare il libro appena uscito in Italia, Sono come il fiume che scorre (tr. it. R. Desti, Bompiani, 16 euro), 101 pensieri, ricordi e riflessioni dal 1998 al 2005. Oppure, come spiegherà dal palco, è in una tappa del pellegrinaggio di 90 giorni in giro per il mondo a "guardare negli occhi e stringere le mani" dei suoi lettori. Ma lettori, si intuisce fin dall'inizio, è un termine decisamente riduttivo.

La prima barriera umana è all'ingresso della Sala azzurra dove è previsto quello che poi somiglierà molto a un happening. I biglietti erano gratis, ma andavano prenotati in anticipo e sono finiti. Perché si è scelta una sala così piccola per un personaggio con tanto seguito? Perché, rispondono gli organizzatori che si dannano l'anima correndo da un punto all'altro della sala, è stato lui a volere così, meglio un ambiente più raccolto. Vallo a spiegare a chi resta fuori e che comunque non si perderà una sillaba dai piccoli monitor fuori dalla sala.

O almeno non se la perderà chi conosce il portoghese. Perché, così ha voluto lui, niente traduttore sul palco: ognuno può prendersi le cuffie e sentire la traduzione simultanea. E così, ecco la seconda ressa per le cuffie con in più l'ansia che il maestro, qualcuno quando avrà occasione di rivolgergli una domanda lo chiamerà così, intanto incominci a parlare.

Finalmente ci siamo. "Non sono qui per dirvi cose che voi non conoscete già né per dirvi grandi verità", è l'esordio. Si richiama alla semplicità Coelho. Dice che lui, come molta gente che incontra, da tempo sta riscoprendo la semplicità: meno cose, meno impicci, meno acquisti, meno libri (dice che ha ridotto la sua biblioteca da 4.000 a 300 volumi). "Nei miei libri io non descrivo tutto, cerco di essere semplice e di lasciare al lettore il tempo di immaginare quello che io non dico", spiega.

La domanda pesante arriva subito. La fa dal palco Giovanna Zucconi: "Paulo, perché secondo te c'è così tanta gente che trova sollievo leggendo i tuoi libri?". Risposta, prima scherzosa: "Non ne ho la minima idea". Poi seria: "Mi faccio le stesse domande che si fanno i miei lettori. Siamo tutti diversi e ogni risposta che ci diamo è individuale, ma condividiamo le domande, per questo siamo in comunione". La comunione è così intensa che quando viene dato il via alle domande del pubblico, in molti scattano in piedi con il braccio alzato come ai blocchi di partenza.

La prima ragazza, dopo una premessa su quanto Coelho l'abbia colpita e le abbia cambiato la vita, chiede allo scrittore brasiliano quando arriveranno le traduzioni italiane dei molti suoi libri precedenti, in particolare Le valchirie uno dei libri, per la cronaca, che raccontano uno dei periodi più oscuri e difficili della vita dello scrittore. "Per un problema tecnico - risponde lui - Non si possono buttare troppi libri sul mercato per non farli cannibalizzare". La ragazza poi porge un piccolo regalo a Coelho, si gira verso chi è con lei e trattiene a stento la gioia.

Dal centro della sala: "Scusi, maestro, sto per fare il pellegrinaggio a Santiago che a lei cambiò la vita, che cosa mi consiglia?". Da destra: "Non voglio essere retorica ma la volevo ringraziare per quello che ha scritto e chiederle quali sono stati i momenti più importanti della sua vita". Ancora dal centro: "Che cosa pensa della situazione politica dell'America Latina". Da sinistra: "Che cosa fa lei per aiutare il suo Brasile?" Dal fondo: "Lavoro nella scuola, può darmi un consiglio, lei che è così insofferente alle regole, per mettere d'accordo bambini e insegnanti?".

E' un fuoco incrociato in cui tutti vorrebbero avere uno o due minuti di contatto diretto e individuale con l'uomo che li ha consolati, commossi, aiutati, resi più sicuri e forse più forti. Una di queste risposte racchiude il Coelho-pensiero: "Come ti chiami, Francesca? Francesca, l'importante è non sentirsi mai vittima. Devi accettare la sfida perché i guerrieri della luce accettano la sfida. Se cadi sette volte, il segreto è rialzarsi otto volte. Brucia le navi, non tornare indietro, segui fino in fondo il tuo sogno". Poi finisce. Coelho chiede che anche quelli rimasti fuori entrino per gli autografi. Ma, così ha deciso, solo firme, niente dediche. Ed è l'ultima ressa.

(5 maggio 2006)

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Presentati "Il Vangelo di Giuda" e la traduzione di "Il Mathnawi" del maestro sufi Rumi: opere che aprono una nuova prospettiva

Testi eretici alla fiera del libro

alla ricerca dell'altra verità

di DARIO OLIVERO

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Moni Ovadia

TORINO - Per la maggioranza sono semplicemente eretici. Non importa il valore del messaggio, sia esso di importanza storica oppure filosofica e spirituale. Ma gli eretici godono da sempre anche di grande simpatia come dimostrano le due iniziative presentate oggi alla Fiera del libro di Torino. Profondamente diverse ma entrambe guardate con sufficienza (se non disprezzo) dalle relative controparti ortodosse. Il primo è il già discusso Vangelo di Giuda, il testo gnostico più o meno coevo dei quattro vangeli canonici che sostiene che il grande traditore fu il migliore dei discepoli di Gesù e fece quello che fece perché gli fu ordinato dal maestro. Il secondo è la traduzione italiana che mancava da decenni di un'opera che viene giustamente considerata in una buona parte del pianeta che ha potuto leggerla patrimonio dell'umanità (per molti un dono di Dio): Il Mathnawi, la grande opera mistica e poetica del maestro sufi Jalal al Din Rumi, una delle voci più grandi dell'Islam e del pensiero religioso della storia.

Se, come sostiene Gabriele Mandel che ha curato la traduzione del Mathnavi, nulla avviene per caso e ogni coincidenza va guardata con stupore e fiducia, trovare nello stesso giorno e nello stesso posto, al Lingotto, due eventi così simili, merita qualche riflessione. Almeno una: prima non avevamo né questo importante documento scritto in un'epoca in cui il cristianesimo prendeva forma né quest'opera poetica smisurata composta di sei volumi e che per la cultura persiana, turca e araba rappresenta quello che per noi rappresenta la Divina Commedia. Ora li abbiamo.

Cominciamo da Rumi. Dice Moni Ovadia tenendo in mano uno dei volumi di provare a fare un esperimento: "Aprite il libro a caso e leggete con calma. Capirete che cosa è questa luce d'amore che si sprigiona da quello che è il cuore profondo dell'Islam. Sentirete come l'amore di Dio si può raggiungere solo attraverso l'amore degli uomini, sentirete la pietas e la magnanimità che scorrono in queste pagine". "E dimenticherete - conclude - tutte le stupidaggini che si dicono oggi nei confronti dell'Islam e l'estrema confusione tra un messaggio religioso e il fanatismo di chi cerca soltanto il potere per dominare gli uomini perché non sa vivere al loro fianco né a fianco di se stesso".

Proviamo: "Sai perché lo specchio della tua anima non riflette più nulla? Perché dalla sua superficie non è stata tolta la ruggine". Ancora, rivolto a Dio: "Ma tu hai detto: 'Pur se io conosco il tuo segreto, rendilo tuttavia evidente con la tua azione". Ancora, parlando della lotta contro il proprio ego: "E' facile spezzare un idolo, facilissimo, ma considerare che l'io è arrendevole è follia, follia. Figlio mio, se vuoi conoscere cos'è l'io, leggi la storia dell'inferno con le sue sette porte". Questa è la voce di uno dei più grandi spiriti dell'umanità, quello che fu chiamato il San Francesco dell'Islam e al quale, ma questa è solo un'altra delle coincidenze di cui parla Mandel, l'Unesco l'anno prossimo dedicherà dodici mesi di celebrazioni. Dobbiamo ringraziare Bompiani che non solo ha colmato un vuoto nella cultura italiana, ma è riuscita a contenere il prezzo (46 euro).

Del Vangelo di Giuda, da quando fu presentato in anteprima mondiale il 6 aprile scorso a Washington con una conferenza stampa della National Geographic Society si è parlato molto e ci si è divisi altrettanto. Senza entrare nelle questioni teologiche, la novità è l'uscita del libro di Herbert Krosney, Il Vangelo perduto, sempre edito dalla National Geographic (in edicola a 7,90 euro con la rivista) che racconta le infinite peripezie del manoscritto attraverso condanne, scomuniche, sparizioni, ritrovamenti, vescovi intransigenti, circoli gnostici, mercanti d'arte fino al suo incredibile ritrovamento, traduzione e pubblicazione. Fino alla scioccante frase, che solo poeti ed eretici avevano osato pensare, quella che Gesù rivolge a Giuda: "Tu sarai maggiore di loro (gli altri apostoli ndr). Poiché sacrificherai l'uomo che mi riveste".

(5 maggio 2006)

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L'autore di "Io e te tre metri sopra il cielo" e "Ho voglia di Te"

risponde ai suoi lettori durante un incontro al Lingotto

Alla Fiera il fenomeno Moccia

assedio dei giovanissimi fan

di DARIO OLIVERO

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TORINO - La situazione è questa: Fiera di Torino alle 10 del mattino. Sotto al palco ci sono 250 persone, più o meno. Il 99 per cento sono ragazzine, ragazze e qualche signora. A pochi metri da loro c'è il motivo: Federico Moccia, autore del milionario (in termini di copie vendute) Io e te tre metri sopra il cielo e del suo altrettanto fortunato sequel, Ho voglia di te. Accanto a lui, lo scrittore insegnante Marco Lodoli e Chiara Zocchi, al suo secondo libro. Sempre sul palco una rappresentativa di studenti delle superiori pronti a fare domande e Loredana Lipperini che modera. Chiaro l'intento dell'incontro: riproporre ancora una volta le eterne questioni: ma è vero che i giovani leggono poco? Ma è vero che leggono soltanto Moccia? Ma questi libri hanno un valore in sé oppure no? E se non ce l'hanno, servono almeno a invogliare alla lettura dei cosiddetti autori classici? Ma esiste poi davvero una tale distinzione nella letteratura? E' altrettanto chiaro che nessuna risposta soddisfacente arriverà neanche questa volta, ma le domande sono il pretesto per altre considerazioni. Sul fenomeno Moccia, per esempio.

Ecco una domanda molto imbarazzante per uno scrittore fatta da Andrea di Torino: "Dite sempre che noi giovani leggiamo solo certe cose e non altre, ma voi scrittori quando scrivete un libro avete o no in mente un target di riferimento che poi lo leggerà?". Che tradotto maliziosamente potrebbe suonare: "Scrivete o no per vendere libri?". Moccia ci pensa su un attimo perché la domanda è rivolta soprattutto a lui. Lui è stato definito lo scrittore che ha intercettato umori, amori e sensibilità soprattutto dei giovanissimi, il suo libro è stato notato dalla Feltrinelli dopo che si era diffuso come manoscritto tra migliaia di lettori attraverso il passaparola. Lui è quello che tiene un blog tra i più seguiti e nel quale i lettori gli parlano come a un amico, gli danno consigli e gliene chiedono, gli suggeriscono finali alternativi, si disperano se la trama di un libro non segue le loro aspettative.

"Dopo aver ascoltato quello che ti suggeriscono i lettori - risponde - dopo aver letto i loro commenti appassionati, devi, anche se faticosamente, prendere il largo e seguire la strada che hai in mente per la tua storia". Insomma, dipendente dal pubblico, ma soltanto fino a un certo punto. Poi c'è l'autonomia dell'autore. E poi, perché parlare di target? Moccia rivendica che i suoi libri sono letti anche da adulti che però si ricordano di aver vissuto da giovani le sensazioni e le situazioni che i suoi libri descrivono.

Non deve essere facile comunque per Moccia recuperare spazio vitale. Almeno, se può valere come indizio, a giudicare dall'aria quasi intimidita di fronte a tanta attenzione, seppur composta, dei fan. Siede e non guarda nessuno, preferisce guardare lontano. Intanto, con discrezione, si scattano dalla platea foto al cellulare.

Altra domanda non proprio agevole. Francesca, calabrese: "Perché nel primo libro si parla di una storia d'amore tenera e delicata e nel secondo invece si passa al sesso a volte anche duro?" "Perché - dice - la vita è fatta di momenti diversi e le esperienze cambiano e anche il modo di vivere le relazioni". Difficile trovarsi a parlare della vita che cambia a ragazzi che pendono dalle tue labbra. Eppure loro sono lì, tranquilli e per nulla turbati del fatto che sotto sotto li si accusi sempre di appassionarsi soltanto alle cose che più hanno a che fare con loro, con i mondi che conoscono bene.

E poi sarà vero? Forse ha ragione Lodoli quando fa notare che il bello del leggere è anche incontrare personaggi che non ci assomigliano per dare un volto a lati di noi stessi che ancora non sappiamo di avere ma che avvertiamo nascosti nell'ombra. Ma forse non c'è bisogno di farlo notare. La carrellata finale di domande: "che libri state leggendo?" rivela tutto sommato che lo sanno già: "Leggo Pavese per dovere e Fight Club di Palahniuk per piacere", dice una ragazza.

(5 maggio 2006)

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Coelho: il segreto è cadere sette volte e rialzarsi otto

6/5/2006 Mario Baudino

«Cerca la tua strada come se fossi una bambina, perché l'innocenza è fondamentale». Oppure, a scelta, «la stella che indica la via è la tua stella». Il giochino è: una di queste frasi appartiene al vangelo di Giuda, il testo gnostico del II secolo di cui si parla in altro articolo di questa pagina; l'altra - quale? - è invece di Paolo Coelho, il best seller dell'anima, il «guerriero della luce» brasiliano che ha venduto 65 milioni di copie in tutto il mondo, cinque in Italia (per Bompiani). Ed è stato ieri l'ospite di gran lunga più atteso della Fiera, altro che Giuda: era lui l'evangelista, bombardato dalle foto dei telefonini, accolto con grida da concerto rock, seguito amato adorato come un piccolo profeta. Questo è l'autore dell'Alchimista, del Cammino di Santiago, di innumerevoli aforismi sulla vita. Che dopo una giornata da divo, con esigenze complicate e adeguate al suo status, si scioglie in un elogio della semplicità, parlando a margine del suo libro appena uscito, Sono come il fiume che scorre.

I suoi scritti, infatti, non sono certo difficili, né complicati. E la frase che gli appartiene, fra quelle citate all'inizio di questo articolo, è la prima, a dimostrazione del fatto che quasi sempre estrapolare vuol dire rendere tutto equivalente. Bisogna rimetterla nel contesto, allora: un contesto, quello di Coelho, dove riaffiorano tutti i temi «New Age», l'amore per la natura e per il prossimo, i buoni sentimenti, la religiosità un po' anarchica, l'amore per un certo ordine e per un certo ribellismo. Lo scrittore brasiliano insegna ai suoi entusiastici lettori-ascoltatori a «condividere con amore gli stessi sentimenti degli altri», a «investire non nell'accumulare beni, ma nel vivere», ad «avere le stesse domande, perchè significa che siamo in comunione».

Una volta ci spiegò la sua nascita come autore: «Fu uno choc subito nel '74, quando scrivevo canzoni e credevo di essere all'apice del successo, di essere tranquillo e "arrivato". Invece mi arrestarono - in Brasile c'era la dittatura - accusandomi di essere un sovversivo. Quando uscii, avevo perso gli amici, il lavoro, tutto. Ero un paria. Si trattò di ricominciare da capo, faticosamente. Sono riuscito a sopravvivere vendendo dischi. E mi chiedevo: perché ti capita qualcosa di inatteso, nella vita, proprio quando pensi di avercela fatta? Dato che non c'erano risposte alla mia domanda, scrissi un romanzo». Coelho è un grande affabulatore: riesce a trasformare idee in fondo molto comuni, anche banali, in storie. Racconta benissimo, persino quando fa l'elogio del beduino che nel deserto «non ha bisogno di nulla e possiede la gioia di vivere», la Sala Azzurra strapiena viaggia con lui fra le dune; e quando dice: «come tutti voi ho sempre avuto il grande sogno di rendere il mondo migliore» e spiega di aver capito che non sarebbe riuscito a cambiare il suo paese o la sua regione o la sua città, «ma la strada dove sono nato sì», è inevitabile che a quasi scappi la lacrimuccia.

A chi gli chiede quali momenti della vita «abbiamo cambiato il suo cammino» elenca il manicomio, la prigione, il pellegrinaggio, il primo libro, e poi con intensità, fissando i suoi occhi chiari l'interlocutrice, scandisce: «Francesca, c'è una cosa importante: il segreto è cadere sette volte e alzarsi otto». Niente da fare, l'evangelista Coelho rende molto meglio dal vivo che trascritto. le sue massime, riportate, gli tolgono qualcosa. Il segreto è tutto nella voce, nel personaggio, nel suo essere cordialmente profetico oltre che, com'è noto, il più citato nelle interviste delle veline. Ma le veline non sono in Fiera, qui ci sono i ragazzi, i Coelhoboys, che ardono di fede divertita. Finisce così per cadere del tutto sotto silenzio l'unica affermazione inattesa dello scrittore brasiliano, che a una domanda sui cambiamenti politici in Sud America, risponde netto: «Non ho nessuna simpatia per il modello cubano».

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UNO SCRITTORE APPOSTATO TRA GLI STAND

Il Non Lettore vuole scrivere e cerca l'editore

6/5/2006 Giuseppe Culicchia

E chissà: forse perfino lui, il Non Lettore, anche se per leggere non legge, nei ritagli di tempo scrive. E dentro lo zainetto che porta a spasso per i padiglioni del Lingotto, stamattina prima di uscire di casa ha infilato il romanzo che fino a ieri teneva nel celeberrimo cassetto. Circola da tempo immemorabile tra i famosi addetti ai lavori una vecchia battuta: salta immancabilmente fuori ogni volta che si discute dello stato dell'industria editoriale italiana. La battuta è: «Sono più gli italiani che scrivono, che quelli che leggono». Il problema è che in quanto battuta non fa ridere, perché in effetti così stanno le cose.

Dato che siamo in Italia, c'è ovviamente chi ne approfitta: sono gli editori cosiddetti a pagamento, che fidando nell'ingenuità altrui e nell'altrui smania di pubblicare, stampano i romanzi e le poesie e le raccolte di racconti già rifiutate dalle normali case editrici in cambio di somme anche sostanziose. Il problema è che poi l'opera non circola, perché gli editori a pagamento non sono distribuiti, e dunque vende giusto le poche decine di copie comprate dall'autore medesimo e dai suoi amici e parenti. A quel punto, l'editore a pagamento fa un'offerta all'autore, di quelle che come nel Padrino interpretato da Marlon Brando non è possibile rifiutare.

Tu, o autore, dice l'editore a pagamento, sappi che le copie invendute della tua opera andranno presto al macero. E però potranno scampare tale rogo inglorioso, se tu stesso le vorrai comprare. L'autore solitamente le compra. E in genere a quel punto capisce che, forse, pubblicare libri a pagamento non è un'idea geniale. Sia come sia: ecco che il nostro eroe, il Non Lettore, si presenta nello stand di una grande casa editrice. E chiede a una standista ai suoi occhi particolarmente carina (la ragazza guadagna in media 5,60 Euro all'ora, che è comunque meglio dei 4,70 Euro che le danno per le promozioni nei supermercati; frequenta l'università, Scienze della Comunicazione; lavorando i cinque giorni della fiera per sei ore al giorno metterà insieme circa 170 Euro, comunque insufficienti all'acquisto dei testi per il prossimo esame; amen) se c'è qualcuno della casa editrice in questione con cui parlare.

La standista, che la stessa domanda se l'è già sentita rivolgere svariate volte, gli indica un signore nel bel mezzo dello stand, di solito l'addetto stampa, ma potrebbe anche trattarsi del direttore commerciale o addirittura di quello editoriale, anche se in genere è facile che si tratti di un agente di zona. Il Non Lettore allora inspira a fondo l'aria del Lingotto e punta dritto verso il signore indicatogli dalla standista, ed estrae contemporaneamente dallo zainetto il suo manoscritto. A questo punto si svolge uno scambio di battute che è facile immaginare: «Buongiorno, mi hanno detto di rivolgermi a lei», dice il Non Lettore. L'altro, il signore che a vario titolo rappresenta la casa editrice, già subodora di che cosa si tratta, e a sua volta abbozza un «Buongiorno».

Il Non Lettore gli mette allora direttamente in mano l'inedito. «Volevo farvi leggere questo mio romanzo, la storia di una sedicenne un po' ninfomane che s'innamora del ragazzo sbagliato il quale frequenta la scuola accanto alla sua e fa il bullo ma in realtà è un agente al servizio dei cinesi che vuole riciclare i soldi della camorra solo che in fondo è un gran romantico e alla fine non si accorge che…». A quel punto il signore che a vario titolo rappresenta la casa editrice lo interrompe e fa: «Grazie, lasci pure a me, le faremo sapere». Ora, il fatto è che nel corso degli ultimi dieci anni, taglia un costo di qua e tagliane un altro di là, le case editrici hanno in genere assai ridotto i loro ranghi. I lavori che un tempo si facevano all'interno della redazione vengono per così dire subappaltati fuori, ovvero a collaboratori esterni di norma sottopagati. I quali, per arrivare in qualche modo alla fine del mese, devono fare i classici salti mortali, lavorando di gran lena a correzioni di bozze, redazioni e traduzioni.

Ecco perché oggi come i oggi i libri che escono in Italia sono non di rado pieni di refusi. Ed ecco perché chi legge per mestiere manoscritti per conto delle case editrici dà di solito un'occhiata alle prime dieci pagine, poi alle ultime dieci, poi casomai ad altre dieci verso la metà, e legge il resto solo se questi primi assaggi lo convincono. E il Non Lettore, che in quanto tale però si azzarda a scrivere, ha a tutti gli effetti zero possibilità.

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Alla Fiera del libro indignazione e risate su riforme istituzionali,

invadenza della politica nella televisione, censura e altro ancora

Paolo Rossi e Travaglio show

"Salviamo la Costituzione e la tv"

di DARIO OLIVERO

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Marco Travaglio

TORINO - Vanno in scena vestendo panni ormai difficili da decifrare. Il pubblico stipato nella Sala gialla, la più capiente tra quelle della Fiera del libro, li applaude, si indigna e pende dalle loro labbra. E fanno ridere. E passi se fa ridere il primo, Paolo Rossi, che di mestiere fa il comico. Ma che faccia ridere tutti anche Marco Travaglio, che fa il giornalista, rende tutto più complicato e, appunto, indecifrabile.

Il tema dell'incontro è "Salviamo la Costituzione... e la televisione". Salvare la Costituzione dalla riforma federalista e dal suo stravolgimento nella prassi quotidiana, salvare la televisione pubblica dall'ingerenza totale dei partiti per trasformarla, dice Travaglio, "non dico nella Bbc, ma almeno in qualcosa che assomigli a una tv pubblica sul modello francese o spagnolo o tedesco".

Perché? E qui si comincia a ridere. Non si sforzano molto Rossi e Travaglio, si limitano a citare alcuni esempi. Rossi: "L'articolo 70 della Costituzione è composto da sette parole e stabilisce che le Camere hanno la funzione legislativa. Nella nuova bozza, quella elaborata da Calderoli e gli altri saggi nella loro baita in montagna sono cinque pagine e non si capisce niente". E giù a leggere commi, rimandi ed eccezioni.

Ancora Rossi: "La Costituzione dice che l'Italia ripudia la guerra. Dice ripudia, non all'Italia la guerra non sta tanto simpatica. Allora ci si è inventati il concetto di guerra preventiva, cioè io ti faccio la guerra prima che tu, terrorista, mi faccia un attentato. Allora il terrorista potrebbe dire: ah sì? Allora io ti faccio un attentato preventivo prima che tu mi faccia la guerra preventiva e l'attentato che tu pensavi ti avrei fatto dopo te lo faccio prima...". Risate.

Sulla Rai Travaglio si limita a leggere la scaletta del Tg1 delle 20 il giono in cui si aprì l'inchiesta su Antonveneta, Fiorani e i furbetti del quartierino che sarebbe poi sfociata nel terremoto che investì politica, finanza ed economia fino al vertice della Banca d'Italia. Il Tg1 quel giorno non diede la notizia, ricorda il giornalista, "ma in compenso parlò del rischio obesità, della pasta, di un uccello che negli Usa fece un uovo sul cornicione dell'edificio del ministero del Tesoro". Altre risate. E ancora risate al ricordo di certe trasmissioni sul covo di Provenzano e risate che si trasformano in indignazione e applausi quando si parla di inchieste e sentenze che già hanno portato alla luce tutte le complicità politiche del boss e che tutto il resto sono solo chiacchere, "armi di distrazione di massa", le definisce Travaglio.

Poi si parla di censura e soprattutto di comici censurati. Travaglio: "Molti chiedono come faranno adesso i comici senza Berlusconi? Ma perché con Berlusconi chi li ha potuti vedere in Rai?" E Rossi: "Non sarà più come prima, prima avevamo un fuoriclasse al governo che praticamente scriveva lui i testi. A me il numero del capò al Parlamento europeo non sarebbe mai venuto in mente". E aggiunge: "Con il centrosinistra non sarà più lo stesso. La satira deve prendere di mira il potere, ma questi mi sembra che abbiano più bisogno di un attore drammatico...".

(6 maggio 2006)

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IL SUCCESSO LA KERMESSE, CHE OGGI VIVE IL SUO ULTIMO GIORNO, VELEGGIA VERSO LA CIFRA RECORD DI 300MILA VISITATORI

Librolandia

una folla da paura

8/5/2006 di Giovanna Favro

L'edizione 2006 della Fiera del Libro sta riducendo in cenere ogni record dei 19 anni di vita della manifestazione, con cifre di affluenza di pubblico da paura: stasera alle 22, quando Librolandia chiuderà i battenti, il conto finale si avvicinerà a 300 mila visitatori.

I dati - più 90% la media della mattinata di ieri, scesa a +70% alle 16 - mai sperati né mai raggiunti (gli anni scorsi s'è oscillato fra 225 e 232 mila persone), si sono incarnati in un successo mai visto, e in una crisi di crescita. Per la prima volta al Lingotto infatti si sono posti nel weekend anche problemi di sicurezza (si rischia una denuncia penale se tra gli stand sono presenti contemporaneamente più di 14 mila persone).

Il boom ha fatto dichiarare ieri alla presidente della Regione Mercedes Bresso, così come al gran capo di Librolandia Rolando Picchioni, che «è urgente costruire la terza corsia dell'autostrada».

La soluzione passa dall'Oval, con una novità: probabilmente nascerà una società pubblico-privata che gestirà sia il nuovo impianto, sia il Centro Congressi, sia il Lingotto Fiere di Alfredo Cazzola. Per il 2007, quando la Fiera compirà vent'anni, si potrebbe ridisegnare così completamente la geografia della kermesse, rinunciando ad usare come ingresso principale la congestionata via Nizza - presto interessata dai lavori del metrò - e creandone uno nuovo verso la ferrovia, alle spalle dell'Oval.

Ieri mattina Maurizio Poma, il direttore di «Biella Intraprendere» che cura la logistica della Fiera, confidava tra i padiglioni del Lingotto all'assessore regionale Andrea Bairati: «Ho dovuto bloccare per diversi minuti le biglietterie: non voglio finire in galera violando i limiti consentiti per numero di visitatori. E' un problema da risolvere con urgenza, perché ovviamente è interesse di tutti far entrare più pubblico possibile». Se c'è troppa gente, in caso di incendio, una folla troppo pigiata non potrebbe infatti defluire in sicurezza: pare infatti che siano stati gli stessi vigili del fuoco ad invitare gli organizzatori ad un breve stop.

Il gran successo di Librolandia ieri si toccava con mano: vendite record tra gli stand da parte degli editori, code ovunque, bruciati con ore e ore d'anticipo i biglietti gratuiti per gli incontri con Fabio Volo e Roberto Vecchioni, ma anche con Gad Lerner a colloquio con Magris e Zagrebelsky, oltre che per il libro di Paolo Borgna dedicato ad Alessandro Galante Garrone, il concerto di Paolo Fresu e Antonello Salis, l'appuntamento con Aldo Cazzullo, Lucio Dalla e Massimo Gramellini.

Se il Lingotto ha rischiato il collasso, la trattativa in corso tra enti locali e Alfredo Cazzola, che riprenderà dopo l'elezione del sindaco, potrebbe condurre alla creazione di una nuova società, mista tra Comune, Regione, Provincia e la privata Promotor, per la gestione dell'Oval, del Centro Congressi e del Lingotto. Si cercherà in ogni caso di giungere ad un accordo che consenta l'integrazione dell'Oval e degli spazi espositivi del Lingotto, per creare continuità fra le due strutture, che diverrebbero un unico polo fieristico da 70 mila metri quadri. Alla presidente della Regione, Mercedes Bresso, così come a Rolando Picchioni, ma anche al patron del Lingotto Alfredo Cazzola, non spiacerebbe l'idea di unire i due poli creando una società mista pubblico-privata, che gestirebbe tutti gli impianti, compreso il Centro congressi appena acquisito da Regione, Comune e Provincia.

«E' indispensabile - ha detto ieri mattina in Fiera Mercedes Bresso - che l'Oval sia utilizzato per grandi eventi: gli accordi con il Coni ne prevedono l'uso sportivo solo in alcuni periodi dell'anno. Il Centro Congressi si pone necessariamente in dialogo con i padiglioni del Lingotto: qualsiasi grande convegno abbisogna per forza anche del padiglione 5». In questa nuova società, con gli enti pubblici e con Cazzola, entrerebbe come socio anche la Camera di Commercio.

Per collegare i due poli, distanti 600 metri, «si potrebbe creare un tapis-roulant», secondo Bresso, e per i giorni della Fiera, dicono Bresso e Picchioni, «strutture espositive leggere: padiglioni da rimuovere a fine Fiera, che accompagnerebbero i visitatori in una passeggiata tra Oval e Lingotto». I nuovi spazi potrebbero consentire una nuova e grande area tematica, un super-«Oltre» per i teen-agers, ma si potrebbe anche dar fiato agli stand: «Quest'anno abbiamo invaso anche i sottoscala», ha detto Ernesto Ferrero. Che, fin dal primo giorno, aveva previsto: «Quest'anno batteremo ogni record».

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UNO SCRITTORE APPOSTATO TRA GLI STAND

E il Non Lettore sognò di essere il nuovo Coelho

8/5/2006 di Giuseppe Culicchia

Oggi il Non Lettore se ne sta seduto su una delle panche nel lungo corridoio che taglia a metà i padiglioni del Lingotto nel bel mezzo degli stand. Il manoscritto che porta nello zainetto a questo punto l'ha proposto un po' a tutti, da Mondadori a Minimum Fax. E in fondo in fondo c'è una vocina dentro di lui che spera l'insperabile, ossia che qualcuno di quei signori a cui l'ha dato l'abbia letto nella notte, magari al Meridien, cercando di prendere sonno. Seduto sulla panca il Non Lettore osserva il pubblico che lo circonda, che poi è il pubblico dei lettori, quello che se viene alla Fiera di Torino per molti snob è un po' troppo cheap e se invece va al Festival di Mantova è per definizione un pubblico intelligente. Ad un tratto passano di lì due signorine, e il Non Lettore capta di sfuggita queste parole: «E chissà, magari tra tutti i manoscritti che riceveremo, scopriremo un nuovo Coelho». Lui, che da buon Non Lettore in effetti non ha mai letto nemmeno Coelho, sa comunque che Coelho esiste, non perché l'abbia visto in carne e ossa qui in fiera ma perché l'ha visto una volta alla tivù. E quella frase, colta per caso nel trambusto della fiera, attira la sua attenzione.

Così, d'impulso, e malgrado i piedi doloranti, lascia la sua panca e segue le due signorine. Cammina cammina, arriva con loro allo stand di Ibs Italia, dove per Ibs s'intende Internet Book Shop, portale e libreria on-line assai famoso non tra i Non Lettori ma tra buona parte dei lettori, che come ha detto Gianni Ferrari l'altro giorno alla presentazione del libro di Romano Montroni sono in Italia un'élite: circa cinque milioni di uomini e soprattutto donne con un buon livello di reddito e di buona volontà, il 10% della popolazione.

Davanti all'elegante stand giallo ocra di Ibs, il Non Lettore trova una signora minuta, dall'aria gentile. Le si avvicina alquanto timidamente, e dopo un istante d'esitazione le dice: «Scusi, ho sentito dire che cercate il nuovo Coelho». La signora dall'aria gentile, che di fiere del libro ne ha viste tante, non si scompone e gli sorride. Dopodiché gli spiega che da un paio di giorni a questa parte il sito di Ibs Italia è diventato un'altra cosa, una cosa di nome Wuz. Il Non Lettore la guarda perplesso. Lei allora spiega: «Su Wuz d'ora in poi non ci saranno solo i libri, ma anche gli spettacoli, i programmi televisivi, la stampa italiana e quella estera, il meteo e i trasporti, l'economia, la finanza, il lavoro, i dizionari on-line, e poi i dischi, i dvd, e le biografie e i siti degli scrittori, e i link con gli editori italiani, e con le biblioteche, e con le scuole di scrittura e traduzione, e poi con gli artisti e i gruppi musicali, le etichette discografiche e i distributori, e ancora le riviste specializzate, i festival, le associazioni, e anche con i registi, gli attori, i produttori, i premi, i festival, le scuole, una cosa unica in Italia, che ci è costata un lavoro mica male…».

Il Non Lettore a quel punto appare decisamente frastornato. La signora dall'aria gentile gli dice: «Vede, non è che cerchiamo proprio il nuovo Coelho… Però sappiamo che in Italia c'è un mucchio di gente che scrive. D'ora in poi, chiunque potrà pubblicare con noi il suo libro e venderlo on-line tramite Wuz». Il Non Lettore le fa: «Ah». «Lei - continua la signora dall'aria gentile -, non ha idea di quanti sono gli italiani con un libro nel cassetto». Il Non Lettore la interrompe: «Io veramente ce l'ho nello zainetto». La signora dall'aria gentile sorride. «Faccio per dire: sapesse quante sono le scuole di scrittura. Venga che le mostro». Il Non Lettore segue la signora dall'aria gentile fino a un terminale. Lei clicca alla voce «scuole di scrittura» e plop, ecco che subito compare una schermata. L'elenco è così lungo che sembra non finire mai: va dall'Associazione Teatrale Teatro di Gioia al Master in Scrittura Creativa e Sceneggiatura, passando per voci come Corso di Scrittura Creativa, Piccola Scuola di Scrittura Creativa, Officina della Scrittura, Officina del Racconto, Macchina dei Sogni…

Insomma: decine di indirizzi a cui rivolgersi per imparare a scrivere, in un Paese che però non ha ancora imparato a leggere (se non per quell'élite di cui sopra). Il Non Lettore s'inceppa, questa proprio non se l'aspettava. Lui il suo libro l'ha scritto non solo facendo a meno di leggerne altri, ma anche senza aver mai frequentato alcuna scuola di scrittura. Che poi, a ben vedere, è il famoso metodo Dostoevskij.

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Ben Jelloun, intervista col clandestino

8/5/2006 di Marco Neirotti

«Je suis Dia Alphadi». «Ciao, Dia. Je suis Tahar Ben Jelloun». Sorriso, stretta di mano. Questo è davvero un bell'incontro alla Fiera del Libro. Tahar è uno scrittore noto e amato, vive a Parigi e gira l'Europa, ha appena pubblicato Mia madre, la mia bambina (Einaudi) e ne parla con emozione e commozione all'Arena Piemonte. Dia, invece è un giovanotto di 28 anni, in Italia da due, che arriva da Tivaouane, nel Mali, «un po' più a sud del Marocco di Ben Jelloun», spiega. Parla bene italiano e francese, con tre amici paga 500 euro d'affitto per l'appartamento dove vive a dieci minuti da questo Lingotto internazionale. Ora vende libri, fuori dalla Fiera dove si comprano i titoli degli autori affermati ha venduto anche orologi e altro. «No reati», giura. «Davvero posso entrare? Sapete che sono clandestino». Per poco, Dia. Adesso devi incontrare lo scrittore che viene dal Nord Africa.

Nasce così questa stralunata intervista. Anziché un giornalista, un uomo delle carrette del mare. Ben Jelloun cattura la platea, sparge emozioni forti. E' sorpreso quando arriva il nero tutto nero a chiedergli direttamente come se la cava, come gli va la vita da scrittore fortunato. Dia non provoca, però sa bene quel che vuole conoscere. E il senso è, pur con una timidezza e un rispetto straordinari: «Mi racconti come funziona per uno che è partito bene?». E nel dialogo lo domanderà: «E come la mettiamo con quelli che hanno soltanto fame?».

Alphadi fa una sorta di inchino. Chiama «professore» tutti quelli che sembrano intellettuali. Però con il sorriso di Ben Jelloun va deciso subito: «Viene a prenderti un taxi, un autista, stai in un bell'albergo. Io non rubo e non mento, ma sto qui fuori tutto il giorno a vendere libri di autori italiani e africani che parlano di casa nostra».

Lo scrittore è prontissimo, anche curioso dei libri che Dia vende. Però è fermo su un principio: «L'Europa deve investire econonomicamente in Africa. E' là che si vince la battaglia. Non si può lasciare la gente in condizioni disperate che ti portano per forza alla fuga. Si devono creare condizioni sul posto».

In attesa, si fugge, dice il ragazzo del Mali. Il narratore è sincero: «Non si va in un Paese senza essere invitati a viverci». Alphadì è pacato ma impietoso: «Tu sei stato invitato perché avevi scritto dei libri, avevi un nome. Io sono partito, dopo aver studiato economia per due anni all'Università, perché io e la mia famiglia avevamo fame e nessuno ci invitava».

«Si spargono anche lacrime in queste scelte», dice Ben Jelloun. Non le nega, anzi, le raccoglie e affonda il colpo in una delle dolenti testimonianze di tutti gli emigranti come il giovanotto con i libri sotto il braccio - che fra poco tornerà alla sua storia di vu' cumprà che tutti snobbano - e con durezza pronuncia la parola «mafia». Guarda negli occhi il giovane nero che lo ascolta: «Non è retorica fare investimenti nei nostri Paesi. Tutt'altro. Fermare l'immigrazione clandestina serve a evitare illusioni, viaggi che portano al nulla, ai centri di raccolta. E fanno arrivare quantità di euro inimmaginabili a tutte le criminalità organizzate che giocano sulla disperazione. Ne sono convinto: si aiuta in Africa».

Senza mafie che rubano sul posto, dice Alphadi: «Sappiamo tutti che fine fanno gli aiuti di tanta gente generosa». Tahar su questo è allineato con lui: «Stiamo parlando di bisogni umani, di necessità reali, non di popoli da prendere in giro».

Dia, tu vieni dal Mali, che cosa ti sei lasciato alle spalle? «Affetti, amore, soprattutto un'educazione che è proprio della nostra terra». Ed è lui a girare la domanda al romanziere famoso: «Ti manca qualcosa?». Ancora una volta Ben Jelloun risponde guardandolo negli occhi: «Le radici non le lasci. Sono e saranno comunque tue, fanno parte di te. Quando ti sposti hai come primo bagaglio i valori che hai mangiato e digerito». Un esempio, chiede il ragazzo del Mali. Risposta: «Lo sai anche tu: il rispetto per gli anziani. Sembra poco ma è importante». E il ragazzo ti guarda e annuisce, come dire che ha fiduciain una risposta che sembrava attendersi.

Dia Alphadì sta per uscire e ritornare «vu cumprà», ma prima domanda - con i suoi libri tra le mani - che cosa può fare la cultura per quelli come lui. Tahar: «Cercare spazi per far vivere la cultura, ogni cultura». Sei marocchino? gli chiede prima di uscire: «Un po' marocchino, un po' francese, un po' europeo». Si salutano e non si incontreranno più. La cultura Dia va a venderla sul piazzale, qualche euro lo tirerà su. «Simpatico», dice, «se non altro ha avuto la pazienza di rispondere». Si allontana come uno che rientra nella sua realtà e non fa nemmeno caso a quelli che, vedendolo fotografato con lo scrittore noto, vogliono anche il suo, di autografo.

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Torino: in "Circostanze incendiarie" parole pesano, dice Ghosh lunedì, 8 maggio 2006 2.24 spacer.gif

di Roberto Bonzio

TORINO (Reuters) - Scrivere di tragedie e scenari di guerra è un mestiere difficile ma un imperativo morale. Soprattutto oggi che molte certezze sono cadute e anche i Paesi occidentali - gli Stati Uniti in particolare - dopo l'11 Settembre conoscono paura e violenze alle quali buona parte del resto del mondo è abituata da tempo. Un mestiere, quello del giornalista scrittore, da svolgere però con estrema attenzione nell'uso delle parole. Perché in circostanze incendiarie, le parole possono costare delle vite.

E' quanto afferma Amitav Ghosh, giornalista e scrittore indiano, studi ad Oxford e residenza attuale New York, a Torino in questi giorni per presentare alla Fiera Internazionale del Libro che si conclude oggi il suo "Circostanze incendiarie" (Neri Pozza), acclamato nel mondo anglosassone come mosaico eccezionale di reportage da luoghi sconvolti da disastri naturali e violenze.

Grande reporter nell'essere testimone degli eventi, respiro da scrittore nel saperli raccontare, dai conflitti del Medio Oriente alle violenze della madrepatria India al sudest asiatico sconvolto dallo tsunami, Ghosh racconta senza mai rinunciare a riflettere sul proprio ruolo di fronte agli eventi. Perché se la logica mortale del terrorismo è quella di innescare la repressione, dice, scriverne alla leggera così da apparire sostenitore del terrorismo o della repressione violenta può aggravare il problema.

"E' dunque solo giusto che quanti lavorano con le parole prestino scrupolosa attenzione", scrive Ghosh a proposito del suo lavoro.

"Aver iniziato a 19 anni come giornalista mi ha insegnato soprattutto ad ascoltare con attenzione cosa dice la gente", ha ricordato a Torino il giornalista-scrittore. Ammettendo che di fronte ad eventi sconvolgenti, scrivere è anche esperienza dolorosa. Come di fronte al primo test nucleare indiano ("una sofferenza, difficile ma dovevo farlo") o il dopo tsunami ("era come se il terremoto l'avessi dentro").

LA LEZIONE DI GANDHI: C'E' IDENTITA' TRA MEZZI E FINI

Nel riflettere sull'importanza delle parole, lo scrittore ricorda con orgoglio suoi articoli che servirono a bloccare un terribile progetto di sfruttamento turistico che avrebbe comportato una devastazione dell'ambiente. Ma ammette che in passato, di fronte a situazioni di sofferenza estrema, la parola gli era sembrata astratta, assurda da offrire a chi chiedeva aiuto, cibo, coperte. "Io avrei voluto aiutarli, altri giornalisti invece dissero: no. Noi scriviamo, è questo il nostro dovere. Anni dopo, i responsabili (delle sofferenze patite dalle vittime del disastro) furono processati grazie a quegli articoli".

Ma si può scrivere di situazioni violente senza che il proprio lavoro ne diventi complice? E' un interrogativo che Gosh si pone, rilevando con amarezza come le "circostanze incendiarie" di cui è stato per anni testimone abbiano perso oggi la loro eccezionalità, siano diventate purtroppo ordinarie.

Motivo in più, osserva, per soppesare le parole. Convinto che oggi il grande pericolo non sia l'integralismo islamico ma tutti gli integralismi religiosi che assumono un risvolto politico.

Per questo, ricordando la lezione di Gandhi, secondo il quale c'è un'identità fra mezzi e fini ed i mezzi sono essi stessi il fine, il ruolo del giornalista-scrittore è quello di essere testimone attento ed imparziale, distante dalle forzature di campagne e crociate.

Perché, dice Ghosh, se c'è qualcosa di istruttivo nell'attuale disordine del mondo è senza dubbio questo: "Che poche idee sono pericolose quanto la convinzione che ogni mezzo sia consentito in funzione di un fine auspicabile".

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Torino: giovani ed erotismo, un percorso tra i libri in Fiera lunedì, 8 maggio 2006 5.44

di Roberto Bonzio

TORINO (Reuters) - In un'edizione 2006 dedicata all'avventura, l'erotismo giovanile, tra sesso, abusi ed un tocco di umorismo nero, è uno dei tanti fili conduttori tra le novità in mostra alla Fiera del Libro di Torino, che chiude oggi i battenti.

"Mamma e papà a 15 anni non mi drogo e non vado in discoteca, però..." scrive la quindicenne Chiara P. in "Non pettino + le bambole" (Edizioni Biblioteca dell'Immagine), rifacendo il verso il modo esplicito al celebratissimo "Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire" di Melissa P.

"Conosco un'infinità di ragazzi che si mettono con una sola per il piacere di provare certe emozioni... naturalmente ci sono le oche che ci cascano... ma se devo dirla tutta, neanche noi ragazze siamo degli angeli scesi dal Paradiso..." scrive Chiara P. in un diario molto più brioso che scabroso.

Molto più esplicito, vero reportage nel sesso giovanile invece, "Sexy Kids - Diario erotico degli adolescenti italiani" (Castelvecchi) in cui Marco Gigliotti ha raccolto storie vere di 25 teenager, frutto di un "giro d'Italia" fra i giovanissimi di città e di provincia. Tra chi punta al fidanzato di un'altra, chi vuol solo liberarsi di un peso, chi vuole solo amanti stranieri e chi cerca invece solo tenerezza.

Molto più facile far parlare le ragazze che i ragazzi, dice l'autore, per il quale il filo conduttore sembra essere il bisogno di rapporti e sentimenti autentici, vitali. Meno virtuali dei videogiochi e dei contatti via sms o Internet.

RINASCERE DOPO GLI ABUSI DI UN PADRE PADRONE

Storia di abusi subiti in famiglia, raccontati in prima persona, è invece "Il corpo e il mare" (edizioni e/o) della portoghese Anna Lemos.

Sofferenze, paure ed umiliazioni sono inferte da un padre padrone che considera la figlia sua proprietà. Eppure la ricerca di una via di uscita da quella spirale diventa la molla per una vitalità esplosiva nella ricerca della propria identità e dignità, con dialoghi, ha scritto Dacia Maraini, dalla forma "che potremmo dire filosofica, tanto insistono, con una logica astratta e incalzante... sulle ragioni della libertà, del possesso, dei limiti e dell'autonomia di sè".

"Se ti aspetti una storia per sognare, o una vita da rubare, scordatelo": così si presenta invece "Tuttalpiù muoio" (Fandango Libri), scritta a quattro mani con un pizzico di ferocia da Edoardo Albinati e Filippo Timi.

"Se sei mezzo cieco, balbuziente, povero e fr**io, cosa puoi aspettarti dalla vita? Con quali espedienti riuscirai a cavarti dal buco di un paesino umbro dove non si fa altro che tirare il collo a polastri e cuniji?", scrivono gli autori presentando Filo, giovane protagonista non proprio baciato dalla sorte, che sopperisce ai suoi handicap con una micidiale carica di vitalità e di umorismo. "Bè arrivare al sesso di uno che ha addosso solo il perizoma non è poi così difficile", dice Filo che dalla provincia sa pure catapultarsi senza timori reverenziali nella Milano della moda e dei locali.

INNAMORARSI DI UN VAMPIRO

Solo un'anticipazione infine per un best seller internazionale in uscita in giugno per i tipi di Lain. "Di tre cose ero assolutamente certa. Primo, Edward era un vampiro. Secondo, c'era una parte di lui - e non sapevo quanto grande questa potesse essere - che era assetata del mio sangue. E terzo, ero incondizionatamente, irrevocabilmente innamorata di lui..." scrive Stephenie Meyer in "Twilight", di cui a Torino la casa editrice Fazi ha distribuito un libretto con solo i primi due capitoli.

Storia di un "amore al primo morso" tra la protagonista e l'affascinante vampiro Edward, di una stirpe che in realtà non perseguita gli umani, il libro già "cult" tra i giovani nel mondo anglosassone, celebrato su Internet (www.stephenmeyer.com, www.twilightlexicon.com, promette di arrivare presto anche sul grande schermo, dopo l'opzione sui diritti cinematografici rinnovata lo scorso gennaio da Mtv Films, Paramount e Maverick.

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Una festa per il pubblico e per gli editori

9/5/2006 di Giovanna Favro

Ha ridotto in cenere ogni precedente record l'edizione 2006 della Fiera del libro, che ieri ha chiuso i battenti a Torino con un bilancio che ha sopravanzato non solo le attese, ma i più rosei sogni degli organizzatori: hanno affollato i padiglioni del Lingotto, mai tanto al limite del collasso per la pressione della folla, 300 mila visitatori, 75 mila in più dello scorso anno. È il più alto totale mai realizzato nei 19 anni di vita della manifestazione. Al top le presenze di editori - 1263 -, che hanno totalizzato negli stand in media il 30% di vendite in più dell'anno scorso, ed è stata ressa negli 800 convegni animati da 2 mila e 500 relatori. I più apprezzati? Tra i molti, gli incontri con Enzo Bianchi, Claudio Magris, Gad Lerner e Gustavo Zagrebelsky, l'appuntamento con Paulo Coelho, quello con Amitav Gosh e l'«intervista impossibile» a Sigmund Freud da parte di Edoardo Sanguineti. La palma del successo va però forse soprattutto agli autori di Lingua Madre, con veri tributi per nomi emergenti e pressoché sconosciuti come Shirley Krenak, Patricia Grace o Paulina Chizane.

La classifica dei più venduti tra gli stand ruota intorno a Sellerio, con La vampa d'agosto di Andrea Camilleri, e a Mondadori con Un posto nel mondo di Fabio Volo, I segreti di Roma di Corrado Augias e ancora Il Codice da Vinci di Dan Brown. Ma non solo: Einaudi ha esaurito La diversità cristiana di Enzo Bianchi e Diario di un gatto con gli stivali di Roberto Vecchioni, e i titoli di Coelho hanno tirato la volata degli aumenti di vendite (+32%) nello stand di Rizzoli-Bompiani-Sonzogno. Exploit per Granata da legare di Massimo Gramellini, edito da Priuli e Verlucca e La Stampa (1500 copie vendute). Da Piemme (+20%) è andato a ruba Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, da Giunti (+20) gli Atlanti di Voyager di Roberto Giacobbo. Crescita del 25% da Adelphi, e pollice in su anche per Feltrinelli e per Mursia, tornato in Fiera dopo anni d'assenza. Buono pure l'esordio al Lingotto del marchio Mauri Spagnol, con La fine del mio inizio di Tiziano Terzani come titolo più caldo. Sono cresciuti del 10% anche i libri rubati: «Speriamo - ha scherzato il direttore della Fiera, Ernesto Ferrero - che almeno si tratti di ladri bibliofili».

Tutto in rosa, così, è stato ieri verso sera il bilancio degli organizzatori presentato dal presidente di turno della Fondazione che organizza la kermesse, Antonio Saitta. Ernesto Ferrero e Rolando Picchioni promettono un'edizione «ancora più forte per l'anno prossimo, quando la Fiera compirà vent'anni», e quando avrà a diposizione, oltre ai 50 mila metri quadri del Lingotto, anche i 20 mila dell'Oval, impianto olimpico che il sindaco Sergio Chiamparino ha promesso di mettere a disposizione la prossima primavera. Nel 2007, l'inaugurazione sarà una grande festa popolare, una nuova notte dei bibliofili simile alla «Bookstock» che ha inaugurato l'anno di «Torino capitale mondiale del libro». Quadruplicherà, divenendo forse un padiglione a sé, lo spazio «Oltre», novità di quest'anno dedicata ai teenager e presa d'assalto dagli adolescenti, e sarà ospite d'onore la Lituania. Tra gli autori di riguardo che parteciperanno alla festa da 20 candeline ci sarà il più grande romanziere turco, Oran Pamuk.

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VERSO IL 2007 CHIUSA L'EDIZIONE DEI RECORD, GIÀ SI PENSA ALLA PROSSIMA KERMESSE CHE APRIRÀ LE PORTE DAL 10 AL 14 MAGGIO E VEDRÀ LA LITUANIA QUALE OSPITE D'ONORE

La Fiera che verrà

9/5/2006 di Giovanna Favro

«E' andata al di là del pensabile», nelle parole del direttore Ernesto Ferrero, l'edizione 2006 della Fiera del Libro che ha chiuso le porte ieri sera al Lingotto. I 300 mila visitatori totalizzati da Librolandia - il più alto numero mai raggiunto in 19 anni di storia della manifestazione - hanno decretato il trionfo del palinsesto culturale da 800 convegni proposto da Ferrero e della formula cucinata da Rolando Picchioni, trainata secondo loro, e per il sindaco Sergio Chiamparino, «dal cono di luce acceso su Torino dai Giochi, e dalla gran voglia di partecipare a grandi eventi esplosa fra i torinesi con le Olimpiadi». Un trionfo frutto naturalmente anche della capacità di Librolandia di crescere in capacità d'attrazione e di rinnovare se stessa: ad esempio con l'invenzione, lo scorso anno, di Lingua Madre, compiutamente esplosa in quest'edizione divenendo secondo Ferrero «il vero cuore e valore aggiunto di una manifestazione che non propone il déjà vu, ma permette di scoprire nuove strade», o con la novità di «Oltre», l'area dedicata ai teen agers cui Rolando Picchioni per l'anno prossimo, quando Librolandia festeggerà il ventesimo compleanno, vuole dedicare uno spazio quadruplicato, o addirittura un padiglione a sé stante, ricco di proposte elettroniche e multimediali e forse anche addirittura di giochi.

Tutto, nel futuro della Fiera, dipenderà dalla squadra: e dunque, anche dalle voci che ieri circolavano al Lingotto sulla possibilità di novità al vertice. Ferrero alla direzione ha dato ottima prova, come dimostrano i risultati da record: ma anche ieri alla conferenza stampa di chiusura un nervoso presidente Picchioni ha premuto molto sul tasto dell'innovazione.

Di sicuro, ad aprire l'edizione del 2007 sarà una nuova notte bianca dei libri stile «Bookstock», che nei desiderata dell'assessore regionale Gianni Oliva potrebbe ripetersi, se non in ogni sera di Fiera, almeno nel week end.

I dati di botteghino hanno fugato anche il timore di veder calare il pubblico di visitatori professionali, quest'anno chiamati per la prima volta a pagare anch'essi il biglietto: domenica sono arrivati a quota 28 mila e 500 (29 mila il totale del 2005), e si prevedeva un afflusso di altri 6 mila sulla giornata di ieri. Il bilancio a tinte mai tanto rosee presentato ieri da Antonio Saitta - nei panni di presidente di turno della Fondazione che organizza la kermesse - è forte anche dei record di vendite degli oltre 1300 editori presenti (30 per cento in più di media), che già stanno presentando i loro desiderata per l'anno prossimo, a cominciare dai servizi da potenziare per evitare, in questa strepitosa crisi di crescita, che si formino code ovunque. Se Oliva evidenziava ieri la necessità di potenziare casse e botteghini, il sindaco Sergio Chiamparino ha confermato la disponibilità, per l'anno prossimo, dell'Oval, che porterebbe a 70 mila i metri quadri disponibili (circa 20 mila in più di oggi), e che potrebbe essere collegato al Lingotto, ha spiegato l'assessore regionale Andrea Bairati, da un tapis roulant o da padiglioni di collegamento tra le due strutture, distanti 600 metri. «Forse - ha detto Chiamparino - non sarà possibile avere già la nuova società pubblico-privata che gestirà sia il Centro Congressi che l'Oval e il Lingotto, in cui entrerebbe anche la Promotor di Alfredo Cazzola: mi piacerebbe però, se sarò ancora sindaco, firmare al più presto un protocollo d'intesa che garantisca alla Fiera la compresenza di Oval e Lingotto fin dal 2007».

Per quel tempo - le date sono già stabilite: Librolandia aprirà le porte dal 10 al 14 maggio, ospite d'onore la Lituania - la Fiera potrebbe abbandonare via Nizza come punto d'ingresso principale, sempre congestionata e destinata a peggiorare con i lavori del metrò, ed è tra i progetti allo studio la chance di piazzare le biglietterie alle spalle dell'Oval. Impianto che potrebbe consentire agli editori, secondo Picchioni, di aumentare gli spazi e l'offerta senza incrementare i costi, e che potrebbe dar fiato ai servizi oggi al collasso. Lorenzo Baraldi, responsabile dell'area Nord per Piemme, si diceva ad esempio felice del 20% in più di libri venduti, ed elogiava in toto la Fiera, sottolineando ad esempio che «agli espositori tocca far mezz'ora di fila per andare in bagno». Se il responsabile dell'area Rizzoli-Bompiani-Sonzogno (+32%), Agrippino Gulizia, parlava ieri di «affluenza mai vista», tanto da chiedere «apertura tutti i giorni fino alle 23» (quest'anno un paio di sere lo stop arriva alle 22, e Picchioni medita di anticipare alle 20), da Einaudi ha speso parole di elogio per la Fiera Silvia Parola, che domanda invece più controlli contro i furti di libri: tra i padiglioni sono cresciuti del 10%. «Servirebbero - dice - controlli a campioni nelle borse». Particolari. Dettagli, in un quadro più forte che mai. «L'anno prossimo - ha promesso Ferrero - sarà ancora meglio. Questo successo non sarà un'una tantum. Per i vent'anni ci sarà un gran botto».

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IL GIORNO DOPO LA CHIUSURA AL LINGOTTO SI APRE LA DISCUSSIONE SUL FUTURO DELLA KERMESSE DEL LIBRO

Baricco? No, grazie

10/5/2006 di Bruno Ventavoli

Baricco, no grazie. Gli editori, soddisfatti, molto soddisfatti, dalla cinque giorni di Torino, sono tiepidi verso l'idea di affidare la kermesse del Lingotto all'autore di Seta. Nessuno mette in dubbio il suo talento, la sua capacità di mobilitare le folle, di inventare nuovi modi per comunicare la cultura. Ma la Fiera del libro, pensano gli editori, non è Mantova, non è Massenzio. Innovare, come ha dichiarato ieri Picchioni nell'intervista alla Stampa, va bene. Mantenere anche. E non certo per gattopardismo. Perché 300mila visitatori, dopo diciannove anni di vita, sono una cifra che può suscitare invidia anche a un Festivalbar. «Tutto si può migliorare non dimentichiamo però che la forza di Torino è il suo essere una "libreria totale", editori e pubblico ci vengono per questo - dice Gian Arturo Ferrari, direttore generale della Mondadori -. E' l'idea forte della manifestazione fin dalla nascita.

Si possono fare piccoli aggiustamenti tecnici, come la cadenza dei convegni, o studiare luoghi per permettere ai "professionali" di parlare e incontrarsi. Ma la struttura della manifestazione è questa. Presenta enormi vantaggi, e condizionamenti dai quali non si può prescendere. Ridiscutere l'asse fondamentale della manifestazione ovviamente è possibile. La questione però va al di là delle persone». Baricco, come qualcuno sussurra? «Francamente, non mi permetto giudizi su di lui o sull'attuale direttore, che oltre tutto è un amico di lunga data. Mi sento di dire solo che ci vogliono figure professionali definite. Autori, promotori, organizzatori... sono ruoli precisi. Non amo i trasferimenti da una casacca all'altra». Stefano Mauri, amministratore delegato del gruppo Longanesi, chiede innanzitutto rispetto per Ernesto Ferrero, l'attuale direttore della Fiera del Libro. «Ha fatto molto bene, dargli contro nel giorno del trionfo mi sembra uno snobismo immotivato». Cambiare? «Certo, bisogna farlo sempre, ma senza buttare via il buono che c'è. Altrimenti è masochismo. Torino è ormai l'evento italiano più importante dell'anno per l'editoria. Dicono che le 300mila presenze siano fatte anche dalle scolaresche? Beh, tanto di cappello. Non ci vedo nulla di male che i ragazzini vengano a vedere e toccare i libri».

E Baricco? «E' utilissimo per contribuire al programma culturale. Gli si potrebbe dare una sala e dirgli "fa quel che vuoi". Ma non credo che possa svolgere una funzione ecumenica. Il libro non è solo letteratura, letteratura alta, è tante cose, tante realtà editoriali piccole e frammentate. Per gli autori-spettacolo ci sono esperienze più "calde" come Mantova. Torino deve continuare a mantenere un profilo più istituzionale».

Anche Antonio Sellerio crede che Torino funzioni bene così com'è. «Tra le piccole modifiche - dice -, si potrebbe dare più spazio alla lettura, che ancora manca. Ma puntare eccessivamente sullo show della cultura è rischioso. Anche perché la maggioranza dei libri non sono affatto spettacolari. Richiedono silenzio, meditazione, serietà. La formula attuale di stand più incontri è ottima. Consente agli editori, soprattutto se piccoli, una visibilità eccezionale. Ci sono colleghi che ritornano da Torino elettrizzati, s'"illudono" finalmente di svolgere un lavoro importante. Scherzi a parte, per molti il Lingotto è l'evento centrale della promozione di tutto l'anno. Magari non sanno quanto fatturano in dodici mesi. Ma l'incasso di ogni giorno della Fiera lo conoscono a memoria».

Mentre gli editori sono cauti sui futuri manovratori della Fiera, Antonella Parigi spezza decisamente una lancia a favore di Baricco, con il quale ha lavorato per anni alla «Holden». «Cambiare giova sempre - dice Parigi, oggi presidente di Torino Spiritualità, ideatrice di progetti di promozione della lettura per l'assessore Oliva -. E giova anche un rinnovamento generazionale. Uno dei limiti delle nostre istituzioni culturali è la mancanza di giovani. Baricco alla Fiera? Un'ottima idea. Ha dimostrato di saper fare bene molte cose. Anche nel campo del marketing culturale. E' una risorsa importante per questa città. Ed è un peccato che finora non sia stato utilizzato. Se il problema però si risolve in un "Baricco sì, Baricco no", la questione è di nuovo mal posta. La città ha bisogno di squadre, di persone che lavorino insieme. Senza esclusioni né guerre partigiane. Soprattutto se ci sono di mezzo soldi pubblici e progetti culturali di ampio respiro».

Sergio Fanucci, oltre a essere un grande editore di letteratura di genere, fa parte del comitato di indirizzo culturale della Fiera di Torino. E' d'accordo «d'accordissimo» con l'invito di Picchioni a innovare, innovare, innovare. «La Fiera ha dimostrato di essere un'ottima attrattiva come libreria. Deve ancora diventare opinion leader a livello internazionale. I temi degli ultimi anni, come il sogno o l'avventura... erano troppo vaghi, aleatori... ci potevi mettere dentro tutto e niente. Io mi aspetto nel futuro dibattiti culturali su temi forti legati all'attualità di un mondo che cambia, anche drammaticamente. La Fiera dovrebbe parlare di terrorismo, precariato, guerra, politica in maniera seria. Non serve portare i personaggi da bestseller, Coelho o Saramago, che ormai puoi incontrare dappertutto. Baricco? Non va bene per Torino. E' una figura limitativa, uno scrittore. Ci vuole un coordinatore sopra le parti, un pensatore, un grande critico».

Sandro Ferri delle edizioni «e/o» è stupito, quasi indignato, per l'intervista che ho letto sulla Stampa. «Ha il tono di uno che vuole buttare tutto via e "licenziare" un ottimo direttore. Mi ha colto in contropiede, sono uscito dalla Fiera soddisfatto. Non avevo mai visto un pubblico così attento. Le dichiarazioni di Picchioni sembrano un "veltronismo" malinteso. Veltroni a Roma porta i grandi eventi culturali, ma fa anche le manifestazioni dei piccoli editori, delle biblioteche, che sono più istituzionali di Torino. Baricco è bravo. Ma chi se ne frega. La Fiera non è un evento basato sul culto degli autori. Vedere persone che partecipano agli incontri di "lingua madre", famiglie che si incuriosiscono per autori africani o sudamericani che di glamour non hanno niente, è stata una grande vittoria».

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