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“sound Zero”, Mezzo Secolo D’arte A Tempo Di Musica

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"Sound Zero", mezzo secolo d'arte a tempo di musica

di Francesco Prisco

* Galleria fotografica

Pop, psichedelia, mainstream.

Sigle che, applicate alla musica, offrono una delle identificazioni possibili per fenomeni planetari come Beatles, Pink Floyd e U2. Concetti che, calati nel calderone bollente e a volte torbido dell'arte contemporanea, si propongono come valide chiavi di lettura per stagioni più o meno rivoluzionarie, la cui eco non si è ancora spenta. In pochi altri secoli come nel Novecento, d'altronde, la produzione musicale è stata così influente per non dire strettamente connessa con le arti figurative. Ad indagare questa prospettiva, adottata ormai anche dai manuali di storia dell'arte, ci pensa "Sound Zero/Arte e musica dalla Pop alla Street art", la collettiva in programma alla Galleria Kunst Merano Arte dall'8 settembre 2006 al 7 gennaio 2007.

Più che una mostra, una vera e propria galassia di happening: 150 opere esposte, tra manifesti, cover, performance, video e wall paintings. Si parte dagli anni Sessanta con la nascita della cultura Pop, fenomeno che influenzò tanto l'arte quanto la musica scegliendo un linguaggio universale e quindi accessibile a tutti. Si prosegue con un viaggio nell'arte psichedelica esplosa negli anni Settanta, per arrivare al periodo della street culture, a quella cultura di strada che è stata il terreno fertile per i graffitisti degli anni Ottanta. Al percorso espositivo si affiancherà l'attività di originalissimi artisti della cultura di strada come Kiddy Citny, Blu Erica e il Cane che con i loro wall paintings, eseguiti in tempo reale, decoreranno alcune pareti nel centro di Merano. Tre le sezioni della mostra, ciascuna con un titolo assai evocativo sul piano delle correlazioni tra musica ed arte: "Top of the pop", come la celebre trasmissione musicale della Bbc, "In a Gadda davida", come l'indimenticabile suite degli Iron Butterfly, e "Where the streets have no name", come il brando degli U2 che apriva l'album best seller "The Joshua Tree". Secondo l'ordine cronologico, si parte naturalmente con la rivoluzione Pop, che azzera il pensiero astratto e concettuale di avanguardie e neoavanguardie, rispondendo al bisogno di modi di espressione più diretti, liberatori e appaganti. Il Pop si impadronisce dello spazio circostante, sostituendo l'immagine dell'oggetto con l'oggetto stesso ed accentuando la dimensione grottesca di una società in cui la prepotenza martellante dei mass media annulla ogni giudizio autonomo. E' un'arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i quadri riprodotti in serie. Nell'epoca della riproducibilità tecnica dove la reperibilità è l'unico valore riconosciuto, la ripetizione seriale diventa un paradigma assoluto. La mostra di Merano ospita 40 cover realizzate da Andy Warhol, il più famoso e radicale rappresentante del movimento, ma anche "Swinging London" di Richard Hamilton, autore tra l'altro della copertina del "White Album" dei Beatles. Non manca l'esperienza della Pop art in Italia: la celebre copertina dell'album "Dedicato a", dietro al quale si celava l'estro organizzativo di Mario Schifano, segnò un vera svolta nella concezione di crossover artistico italiano. E poi ancora i "Tappeti natura" di Piero Gilardi e la "Lupa capitolina parlante" di Franco Angeli.

Con "In a gadda da vida" dalla Pop art ci si inoltra nei territori dell'arte psichedelica degli anni Settanta: una svolta straordinaria non solo nella musica. Ne raccoglie i semi anche il mondo dell'arte, che come il rock è funestato dalle prime vittime della cultura delle droghe. La psichedelia è un'arte fortemente figurativa, caratterizzata da linee ondulate, colori brillanti e acidi, esplosioni di linee luminose e piccole decorazioni. Nelle opere di Guy Harloff lo spazio rappresentato è ambiguo, contraddittorio, amorfo, originato dal contrasto fra tonalità e colori, piuttosto che dalla prospettiva convenzionale.

Con la terza sezione si approda quindi alla cosiddetta "Street art", importante movimento che ha aperto al concetto di città come ambiente naturale dell'uomo contemporaneo. I graffiti diventano rivendicazione di esistenze clandestine, di individualità nel caos indifferente della metropoli. Accanto all'arte di Keith Haring, espressione di una vita frenetica senza condizionamenti e inibizioni, troviamo, tra gli altri, Basquiat, noto ai più come Samo, l'acronimo con il quale siglava i suoi graffiti. Il suo linguaggio misterioso sfonda la tela, supera la mente e va dritto all'anima: i segni e i disegni di Basquiat somigliano a sofferte cicatrici impresse sulla tela che nascondono le urla di chi ha vissuto sulla propria pelle l'indifferenza, la discriminazione, l'emarginazione. Edo Bertoglio con la proiezione del video "Downtown 81", che ha come protagonista proprio Jean Michel Basquiat, racconta la scena musicale e artistica della New York tra gli ultimi anni Settanta e i primi anni Ottanta. Una ironica Laurina Paperina si presenta in ultimo con i suoi personaggi che vivono una sorta di "virtual reality", simile ad un video game dove l'apparenza sembra giocare a simulare la realtà.

"Sound zero/Arte e musica dalla Pop alla Street art", Merano, Galleria Kunst Merano Arte

Dall'8 settembre 2006 al 7 gennaio 2007

A cura di Valerio Dehò

Orari: da martedì a domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00

Ingresso: Intero € 4,50, ridotto (Anziani, studenti, gruppi) € 3,00, visite guidate € 2,00 (solo su prenotazione)

Catalogo: Damiani Editore

Per informazioni: 0473 212643

www.kunstmeranoarte.org

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