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La Musica Dei Pirati

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E' INUSCITA «ROGUE'SGALLERY», ANTOLOGIA NATA DA UN'IDEA DI JOHNNY DEPP, CORSARO PER LA DISNEY, CHE SI CONFESSA AL MENSILE «ROLLING STONE»

La musica dei pirati

Vita di bordo, fantasmi, cannibali, sbronze

In 43 canzoni il mondo crudele della filibusta

23/8/2006

di Bruno Ruffilli

Per vedere La maledizione del forziere fantasma bisognerà aspettare fino al 13 settembre, quando il film uscirà nelle sale italiane, ma per sentirlo basterà andare fra un paio di giorni in un negozio di dischi. Il 25 agosto, infatti, esce Rogue's Gallery - Ballads, Sea Songs and Chanteys, doppio album con 43 brani per oltre due ore di musica, tutto dedicato ai canti dei pirati. Non è la colonna sonora del film (che è composta da Hans Zimmer, già Oscar per le musiche di Gladiator), ma ne cattura perfettamente l'atmosfera. Il disco è nato da un'idea del regista Gore Verbinski e dello stesso Johnny Depp-capitano Sparrow, che prima di diventare un attore di successo è stato un promettente chitarrista in una band. «Ero convinto che la musica fosse la mia vita. Ne ero convinto anche dopo aver girato i primi film», rivela oggi in un'intervista pubblicata dal mensile Rolling Stone. «Facevamo una specie di pop punkeggiante. Una via di mezzo tra i Clash e gli U2. Abbiamo suonato con i Pretenders, i Ramones e i R.E.M».

Ma Rogue's Gallery, prodotto da Depp e Verbinski, non ha nulla di pop e pochissimo di punk, anche se vi figurano nomi come Sting, Bono, Andrea Corr dei Corrs, Lou Reed, Nick Cave, Jarvis Cocker dei Pulp, Bryan Ferry e molti altri. E nemmeno ha pretese filologiche: ognuno interpreta i canti dei pirati con la propria sensibilità e la propria esperienza musicale, ma sempre nel massimo rispetto degli originali. Qua e là riaffiora perfino la memoria di Alan Lomax, l'etnomusicologo americano che fu tra i primi a raccogliere i vecchi «chanteys» dei marinai, spesso risalenti al XVIII o al XIX secolo: la struttura delle canzoni di Rogue's Gallery è quasi sempre il call-and-response, che poi sarà tipico del blues (e più tardi del rock), con la voce solista che intona una melodia e il coro che risponde. Pur mancando basso e batteria, la scansione ritmica è netta, perché questi canti servivano ad accompagnare lavori duri, da eseguire in gruppo, come remare o pompare l'acqua dalla stiva.

Nelle note di copertina Hal Willner, coordinatore del progetto, spiega che il disco è stato pensato a lungo, ma inciso assai rapidamente: mesi di ricerche negli archivi e sul web, seguiti da sessioni di qualche giorno a Seattle, Los Angeles, Londra, Dublino e New York. In ogni città c'era una band di supporto, cui si aggiungevano di volta in volta le voci dei cantanti: in un solo giorno sono state registrate anche otto canzoni diverse, tanto che il materiale raccolto alla fine è risultato sufficiente per quattro cd (un secondo volume è infatti previsto per il prossimo anno, in occasione della terza parte della saga dei pirati di Verbinski, cui parteciperà anche Keith Richards dei Rolling Stones).

In Rogue's Gallery, Willner conferma la sua abilità nel realizzare album tematici coerenti e assai stimolanti musicalmente (in precedenza si era cimentato con Brecht e Weill, Nino Rota, Thelonious Monk, Charlie Mingus, ma anche con le sigle dei cartoons Disney). Nonostante la quantità spropostata delle canzoni, la qualità media è buona: strepitoso il duetto tra Bryan Ferry e Antony (Lowlands Low), convincenti le due prove di Nick Cave (Pinery Boy e Fire Down Below, dove si passano in rassegna i disagi delle malattie veneree). Forse troppo soft l'approccio di Rufus Wainwright in Lowlands Away, accompagnato dalla madre Kate McGarrigle (ma in altri due brani compare anche il padre, Loudon Wainwright III), cupissimo invece Lou Reed in Leave Her Johnny. Perfetto Sting, che tocca toni insolitamente bassi in Shallow Brown e offre un'ottima prova vocale in Blood Red Roses, una canzone che ancora conserva echi dell'antica origine irlandese. Poche, ovviamente, le donne, che sulle navi non erano ammesse perché sospettate di portare sfortuna: qui ricordiamo Mary Margaret O' Hara in The Cry Of Man e il violino di Joan as a Policewoman. Menzione d'onore, poi, per la chitarra di Bill Frisell, spesso presente nei progetti di Willner.

I testi si riferiscono spesso a momenti della vita di bordo: vi si parla di fantasmi e cannibali, denaro e nostalgia, battaglie e morti, come quella del marinaio che sta per essere gettato a mare avvolto nella bandiera del suo paese, interpretata magistralmente da Bono (Dying Sailor to his Shipmates).

Con tanti brani che hanno per oggetto l'ubriachezza, stupisce però che tra gli ospiti di Rogue's Gallery manchi Shane McGowan, citato da Depp nell'intervista a Rolling Stone come suo compagno di memorabili bevute. E chissà se l'influenza di McGowan non sia stata più profonda: già nel 1985, infatti, aveva inciso con i suoi Pogues Rhum Sodomy And the Lash, un album ispirato alla vita e alle canzoni dei marinai. E dei pirati, naturalmente.

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