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La Storia Di Tony, Il Pirata Sconfitto Dal P2p

3 messaggi in questa discussione

La storia di Tony, il pirata sconfitto dal P2P

LUCA CASTELLI pixel.gif Una bella casa, macchine veloci, viaggi in paesi esotici, buon vino. Poi, improvvisamente, la crisi. I clienti smettono di comprare, gli incassi evaporano, le spese lievitano fino a costringerti a gettare la spugna. Dipendenti licenziati, addio lusso e bella vita: si torna a lavorare in fabbrica e a bere vino in cartone. E' una storia piena zeppa di stereotipi, quella di Tony. Ricalca le tristi vicende di chi alla fine degli anni '90 si è tuffato nella bolla della New Economy per poi ritrovarsi annegato o di qualsiasi piccolo imprenditore preso a sberle dal destino e costretto a chiudere la propria impresa. Con una piccola differenza di natura legale. Il ramo scelto da Tony era la pirateria informatica: software, applicazioni, videogiochi, tutto rigorosamente contraffatto. Un business d'oro, ucciso dal peer-to-peer.

"Ricordo ancora il sabato e la domenica al mercato delle pulci", racconta Tony. "Arrivavamo con sessanta casse nel furgone, tutte piene di dischi masterizzati, e appena le scaricavamo la gente iniziava a farsi avanti. In trenta minuti il 90% della merce era venduta. Nel giro di tre ore avevamo finito tutto e tornavamo a casa pieni di soldi". Quanti soldi? Parecchi. Nel periodo migliore il profitto raggiungeva le 1000 sterline alla settimana. Al cambio attuale sarebbero circa 5800 euro al mese. E si parla di qualche anno fa, gli euro non esistevano neanche. Spinto da tali guadagni, nel 2001 Tony decise di fare il salto di qualità: aprire una vera e propria fabbrica di dischi pirata, con tre dipendenti al suo servizio e una serie di masterizzatori a sfornare copie 7 giorni su 7, 24 ore su 24.

L'età dell'oro era però destinata a finire. E a farlo molto in fretta. Dopo i primi segnali di rallentamento, nel 2004 gli affari crollarono vertiginosamente. Bisognava vendere sempre più dischi e chiedere sempre meno soldi in cambio. Il business non reggeva più. Nel 2005, la fabbrica clandestina venne chiusa, i dipendenti salutati. Per qualche mese, il pirata continuò a masterizzare nel suo appartamento, con l'aiuto della moglie e della sorella. Quindi gettò la spugna. E oggi si ritrova come operario in una fabbrica di scatole, con la moglie che lo aiuta a pagare le bollette lavorando come pettinatrice.

Potete leggere la storia di Tony in versione originale e con qualche dettaglio in più sul sito TorrentFreak. A renderla interessante è lo svelamento dell'arcano: perché la sua attività è fallita? Perché i clienti hanno smesso di comprare i suoi dischi? "E' stato il P2P, il filesharing, o comunque lo si voglia chiamare", risponde Tony. "Quando chiedevo a un cliente perché non comprasse più niente, in nove casi su dieci mi rispondeva citando BitTorrent o Limewire. Se si considera anche la diffusione dei masterizzatori domestici e della banda larga, diventa evidente perché ho dovuto mollare e cercarmi un lavoro da qualche altra parte".

Sapevamo che le case discografiche e i produttori di contenuti vedono nel filesharing il loro nemico numero uno. Adesso scopriamo qualcosa di più anche sui rapporti tra la pirateria tradizionale e la condivisione di file su Internet. Una materia su cui non si è mai indagato troppo a fondo e della quale si è sentito parlare solo in termini di connivenze malcelatamente denunciate dai produttori in base al seguente sillogismo: il P2P è pirateria, la pirateria si basa su organizzazioni criminali, il P2P si basa su organizzazioni criminali.

La storia di Tony dimostra una realtà ben diversa. Non può essere presa come simbolo universale (nei commenti dei lettori di TorrentFreak,c'è anche chi ne mette in dubbio la veridicità), ma ci aiuta a comprendere come le due "piraterie" viaggino in realtà su binari assolutamente separati e addirittura concorrenziali. Lo scambio di opere protette su Internet raramente si basa su meccanismi di lucro o coinvolge movimenti di denaro. Sui network P2P circolano ogni giorno milioni di file ma non c'è traccia di sterline, dollari o euro. E' un sistema che coinvolge milioni di utenti in tutto il mondo e che non guarda in faccia a nessuno: non ai legittimi proprietari dei contenuti, neppure ai pirati del mondo fisico.

Ciò non vuol dire che le vie della contraffazione non possano essere adattate alle nuove tecnologie. Mentre Tony sperperava i suoi guadagni in macchine veloci, c'é chi ha pensato a un aggiornamento della propria attività. Sempre lasciando stare le grandi organizzazioni criminali e rimanendo in tema di piccoli-imprenditori-della-pirateria, basti citare il caso dell'uomo denunciato nel weekend dalla Guardia di Finanza di Trieste, per un sofisticato sistema di smercio di Dvd contraffatti che coinvolgeva anche il Web (ne parla Punto Informatico).

Tuttavia, sembra abbastanza evidente come il P2P e la condivisione di file in Rete siano tutt'altro che preziose alleate della pirateria tradizionale. Anzi, se il filesharing è in grado di provocare parecchi malumori alle major discografiche e di Hollywood, è probabile che il suo effetto nei confronti del mercato dei dischi contraffatti sia ancora più dirompente. D'altronde, la forza della pirateria è sempre stata il prezzo dei suoi prodotti, notevolmente ridotto e competitivo rispetto a quello degli originali. E in quanto a prezzi il P2P non ha davvero rivali. E' uno dei mille paradossi di Internet: a lungo andare il filesharing potrebbe addirittura uccidere la vecchia pirateria. Per i produttori di contenuti sarebbe un trionfo o una vittoria di Pirro?

FONTE

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E' ovvio che il filesharing sia in grado di danneggiare piu' la pirateria tradizionale di quanto faccia con il mercato legale... si tratta sostanzialmente dello stesso prodotto, in un caso si paga (anche se poco) nell'altro no. La differenza tra un prodotto scaricato ed uno originale e' invece lampante.

La storia di "tony" puo' anche essere un pochino romanzata ma e' altrettanto vero che molti pirati stanno vedendo scendere sempre di piu' i propri guadagni proprio a causa del p2p.

C'e' chi vorrebbe far passare l'equazione filesharing=criminalita' organizzata ma e' piuttosto evidente che chi riceve il maggior danno dalla situazione attuale e' proprio la stessa criminalita' organizzata che fatica sempre piu' a trovare clientela per i prodotti taroccati...

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C'e' chi vorrebbe far passare l'equazione filesharing=criminalita' organizzata ma e' piuttosto evidente che chi riceve il maggior danno dalla situazione attuale e' proprio la stessa criminalita' organizzata che fatica sempre piu' a trovare clientela per i prodotti taroccati...

Non posso che quotare. Chi si scarica da solo tramite il p2p le cose che guardare o ascoltare non andrà a comprarle a 5 € dall'extracomunitario di turno. :)

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