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Da Camilleri A Saviano, Figure E Figuri Del Noir All'italiana

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Da Camilleri a Saviano, figure e figuri del noir all'italiana

di Francesco Prisco

Il noir è il genere più prolifico sulla scena editoriale italiana. Il noir, inteso come genere in senso stretto, praticamente non esiste nell'Italia contemporanea. Apparentemente in contrasto, i due assunti a tirare le somme esprimono bene la realtà dei fatti. Un paradosso bello e buono che esemplifica le alterne vicende attraversate nel Bel Paese da un genere che di paradossi si nutre. I prodotti editoriali più o meno dichiaratamente noir vendono bene, costituiscono quasi sempre una sicurezza di investimento per le major del mercato nazionale e spesso offrono una boccata d'ossigeno alle case editrici indipendenti che hanno la fortuna di scommettere sul "cavallo" vincente, o riuscire ad aggiudicarsi qualche opera minore di qualche grosso nome. Eppure editori, critica e pubblico servendosi dell'etichetta noir accomunano autori lontanissimi che raccontano storie diverse con stili disparati e, per giunta, finiscono per ottenere risultati di spessore letterario diversissimo. Per intenderci, passa più strada tra un De Cataldo, un Faletti e un Saviano di quanta non ne passasse tra un Cornell Woolrich, un James M. Cain e un Raymond Chandler, per restare ai numi tutelari a stelle e strisce del genere. Eppure sono in molti ad etichettare come noir tanto De Cataldo, quanto Faletti e Saviano, libri buoni, cattivi e pessimi.

C'è chi non esita a definire noir Andrea Camilleri, il romanziere siciliano classe 1925 che con la lunghissima saga del commissario Montalbano, partita nel '94 con il romanzo "La forma dell'acqua" e trasformatasi in una fortunata serie televisiva, ha contribuito al rilancio sul panorama nazionale dell'editore palermitano Sellerio. Per gli aficionados è semplicemente il "Sommo". Se non altro "somme" sono le sue performance di vendita: il catalogo di Camilleri ha da tempo superato i due milioni di copie e l'ultimo suo lavoro narrativo, "Il colore del sole" edito da Mondadori, risiede stabilmente nella top ten. Impressionante la mole della sua produzione, caratterizzata da testi di agile lettura ma mai banalmente commerciali. Ha appena sformato il chiacchieratissimo saggio storico "Le pecore e il pastore" (Sellerio) ed è in procinto di dare alle stampe "La novella di Antonello da Palermo", apocrifo boccaccesco per l'editore Guida, e "La pista di sabbia", nuova avventura del commissario Montalbano, ancora per Sellerio. Più che noir, il "colore" di Camilleri è il giallo, seppure caratterizzato da particolarissime sfumature mediterranee.

Solitamente accostato al noir ma meglio riconducibile al sottogenere del "legal thriller" è Gianrico Carofiglio, che come Giancarlo De Cataldo ha dalla sua le origini pugliesi e l'attività di magistrato. Ha esordito per Sellerio nel 2002 con "Testimone inconsapevole", accolto favorevolmente da critica e pubblico, ed ha infilato una fortunata serie di lavori, l'ultimo dei quali è "Ragionevoli dubbi" (Sellerio, 2006) che ha venduto circa 200mila copie. Per i suoi testi nel 2007 si profila un passaggio su piccolo e grande schermo, passo che per i cosiddetti autori di genere equivale un po' alla definitiva consacrazione.

Chi, invece, ha fatto dei rapporti con televisione e cinema la propria fortuna è l'emiliano Carlo Lucarelli che è soprattutto un grande divulgatore della cultura noir. L'esordio narrativo risale al '90 ("Carta bianca" per Sellerio) ma l'opera del grande salto arriva sette anni più tardi con Einaudi: quell'"Almost blue" che è diventato un film per la regia di Alex Infascelli ed in dieci anni ha portato l'intero catalogo dell'autore sul milione di copie vendute.

Numeri noti anche al cabarettista, cantante e romanziere piemontese Giorgio Faletti, caso letterario nel 2002 con "Io uccido" (Baldini Castoldi Dalai) cui hanno fatto seguito altre due fatiche letterarie, l'ultima delle quali è "Fuori da un evidente destino" (ancora per Baldini Castoldi Dalai, 2006). Uno scrittore che produce opere voluminose quanto di facile lettura, nella tipica tradizione "mainstream" dei best-seller americani. Thriller, più che noir.

Al genere "nero" è stato ricondotto anche "Gomorra", docu-fiction del napoletano Roberto Saviano, caso letterario del 2006 edito da Mondadori. Un collage di pezzi giornalistici infilati in un romanzo stile Grand Guignol sulla camorra napoletana che a seguito di una potente campagna mediatica e, soprattutto, delle minacce ricevute dall'autore da parte della malavita organizzata è passato in una manciata di mesi da 100mila a 600mila copie vendute. Nulla di più errato che definire Saviano autore di genere: non "scompare" nella narrazione concentrandosi nel lavoro di "cucina" ma addirittura interpreta, in prima persona, il ruolo di protagonista.

Nell'Italia letteraria postmoderna il noir deve essere una "casa comune" molto accogliente, se è vero che si moltiplica esponenzialmente il numero di quanti aspirano ad abitarla. Il guaio è che l'indirizzo non è proprio lo stesso dell'edificio cupo, gelido ed essenziale che ospitò il grande Giorgio Scerbanenco. Ma quella è storia di oltre quarant'anni fa.

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