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cantack

Studio Legale "mahlknecht & Rottensteiner"

31 messaggi in questa discussione

non sò se ne avete già parlato su qualche forum, in questo caso mi scuso x il doppione... chiedo un vostro commento su questo:

qualche giorno fa ad un mio amico è arrivata una lettera dal summenzionato studio legale dove lo accusano di avere scaricato con software p2p un mp3 di "mousse T" e di aver violato di conseguenza il copyright.. Questo scherzetto gli costerà 300€... Sembra che non sia una truffa.. Voi cosa ne dite?

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Uhm... Interessante. Faccio qualche ricerca in merito e poi scrivo qui le mie considerazioni.

Comunque ricordo che tempo fa la casa discografica di Mousse T aveva dato mandato ai propri legali per l'individuazione e la diffida di molti utenti P2P.

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Si, e' sicuramente legata alla faccenda di cui si parlava qualche tempo fa

P2P, identificati quasi 4mila utenti italiani

Un discografico tedesco ha individuato numerosi file che ritiene siano diffusi abusivamente sulle reti del peer-to-peer. Ed ora il tribunale di Roma costringe Telecom Italia a fornire i nomi corrispondenti agli indirizzi IP rilevati online

Roma - Sono 3.636 i nominativi che Telecom Italia dovrà fornire entro 15 giorni alla società discografica di Hannover Peppermint Jam Records Gmbh, nomi di utenti Internet italiani e clienti Telecom che, secondo l'azienda tedesca, tramite le piattaforme di sharing hanno posto in condivisione un gran numero di brani musicali protetti da diritto d'autore e senza autorizzazione.

La consegna dei dati è stata decisa da una ordinanza del Tribunale di Roma (procedimento n. 81901/2006) con cui si è ribaltata una precedente sentenza che avrebbe invece consentito a Telecom di evitare il passaggio di quelle informazioni. I dati raccolti da Peppermint consistono sostanzialmente nel numero IP degli utenti che, ponendo in condivisione i propri file tramite piattaforme come eMule o BitTorrent, sono stati "intercettati". A svolgere questo lavoro di individuazione dei file abusivi è stata la svizzera Logistep, da tempo già impegnata anche in altri paesi per conto di produttori non solo di musica ma anche di film, videogame e via dicendo.

"Analizziamo tutte le più note piattaforme - spiega il direttore generale di Logistep Richard M. Schneider a Punto Informatico - come eMule, eDonkye o BitTorrent, non ci occupiamo di chi scarica perché ci focalizziamo su chi pone in condivisione materiale abusivo. In questo caso possiamo dire che mediamente abbiamo rilevato tra i 20 e i 30 file caricati e messi a disposizione di tutti dagli utenti".

"È la prima volta che tante persone in Italia vengono individuate - spiega a Punto Informatico l'avvocato Otto Mahlknecht, che per conto di Logistep-Peppermint ha seguito il caso - ed accade perché la direttiva europea cosiddetta IP enforcement ha aumentato i diritti dei danneggiati. In Italia è stata recepita ed ora per i provider diventa obbligatorio fornire i dati personali degli utenti" in caso di contestazione da parte dei detentori dei diritti.

L'ordinanza nei fatti riconosce queste novità e stabilisce una sorta di dovere di collaborazione degli ISP, un dovere che in precedenza i provider avevano solo rispetto all'intervento delle forze dell'ordine o di pubbliche autorità, e che ora invece è esteso anche a soggetti privati come, appunto, i discografici.

Il caso Peppermint, scaturito da una denuncia dello scorso settembre, rigettato a fine novembre ed ora invece promosso a pieni voti dal Tribunale romano, è stato istruito sulla base del lavoro di scouring di Logistep: collegandosi con i propri software scovafile alle maggiori reti di sharing, i tecnici dell'azienda hanno individuato una quantità di file che ritengono corrispondenti a musica Peppermint.

"Un'operazione - spiega Mahlknecht a PI - del tutto legittima sotto il profilo della privacy, come esplicita peraltro l'ordinanza stessa. Le persone che si collegano a quei circuiti e mettono in condivisione la propria cartella con i file, di fatto autorizzano che questa venga utilizzata da altri utenti", o da software come quello Logistep. "Un software - sottolinea il legale - che opera in modo del tutto diverso a certi altri programmi utilizzati negli USA, non invade in alcun modo il PC e non lede alcun diritto", semplicemente registra la tipologia e quantità dei file e l'indirizzo IP corrispondente. "Per verificare che si tratta di un file abusivo - aggiunge Schneider - si esegue un download di test, si verifica il valore hash del file. I nostri sistemi di verifica, già collaudati in diversi paesi, come Germania, Austria o Polonia, permettono di individuare con assoluta certezza quale sia l'origine del file."

Ma cosa accadrà ai 3.600 e rotti utenti italiani? Logistep-Peppermint, confida il legale a Punto Informatico, non è intenzionata ad aggredire questi utenti, piuttosto intende sfruttare quanto accaduto per inviare un messaggio alla comunità dello sharing e del peer-to-peer, che i discografici vorrebbero sensibilizzare ad un uso più consapevole degli strumenti di condivisione. L'idea dei produttori è quella ripetuta come un mantra da anni dall'intero settore, ovvero che l'uso abusivo delle piattaforme P2P si traduce in enormi danni per l'industria e per gli autori.

"Le persone - spiega Mahlknecht - riceveranno una diffida e una richiesta di cancellazione dei file. Inoltre dovranno promettere (con una scrittura privata, ndr.) che non metteranno più a disposizione opere protette da diritto d'autore". Tutto qui? Non proprio: verrà anche loro chiesto di versare quella che il legale definisce "modesta somma", un quantum nell'ordine delle centinaia di euro, denari che saranno utilizzati per compensare il lavoro tecnico e quello legale dietro l'iniziativa di Peppermint. "Non sono cifre - sottolinea il legale - equiparabili a quelle che richiedono ad esempio negli Stati Uniti", come a dire che sì, una punizione ci vuole ma che sia più che altro una sanzione simbolica, una sorta di avvertimento.

La legge italiana sul diritto d'autore, come noto, consente di procedere penalmente e civilmente contro chi pone in condivisione opere protette ma è una strada, assicura l'avvocato di Peppermint, che l'azienda prenderà in considerazione solo se qualcuna delle persone individuate non vorrà accettare la via indicata dal discografico tedesco.

FONTE

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Questo è quello che riporta l'art. 629 del Codice Penale.

Se non l'avete capito, l'articolo è riferito all'estorsione.

E, volendo, si potrebbe continuare con il 629/bis

Per completezza, ci metto anche il 416/bis (associazione di tipo mafioso)

Complimenti a Mousse T e allo zelante studio legale dei miei stivali. :giu:

Beh, beh...

Parlare di estorsione perpetrata mediante la lettera di diffida proveniente dallo studio legale mi sembra abbastanza fuori luogo, come - invece - mi sembra del tutto fuori luogo il riferimento all'art. 416/bis: leggiamo attentamente le norme del codice penale prima di esprimere un parere del genere.

La lettera di diffida inviata dallo studio legale ai 4.000 utenti italiani di sistemi P2P è un'attività del tutto legittima, e se c'è uno che ha subito un danno non è il destinatario della lettera e della richiesta di pagamento di 300 euro, ma proprio l'autore del brano che è condiviso in rete e che perde profitti per causa della mancata vendita della copia originale.

Non capisco poi perché si faccia riferimento all'associazione di tipo mafioso :leggi:

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Sapevo di questa lettera che era stata più volte annunciata sulla stampa specialistica, non conoscevo l'importo, sono piacevolmente sorpreso di apprendere che siano solo € 300,00

In realtà potevano essere chieste cifre ben superiori.

Quoto Matteo, i detentori dei diritti sono i danneggiati non vedo proprio cosa possa essere imputato allo studio legale Mahlknecht & Rottensteiner a cui bisogna riconoscere il merito di non voler perseguire penalmente gli accusati e di limitare ad € 300,00 la richiesta risarcitoria.

:)

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ti costringe a pagare ed eliminare il file incriminato (punto 2), con l'intenzione di fare cassa a danno dei poveracci che hanno scaricato (se non è un ingiusto profitto con altrui danno questo....)

Ma che stai dicendo? :)

Quei 4000 ai fini della legge italiana hanno sia commesso un reato penale che causato un danno da mancato guadagno scaricando gratuitamente invece che acquistare la musica degli autori dei brani. :giu:

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Giacomo, leggi bene per favore:

Chiunque (...) procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno

La frase principale è questa. Lo studio legale (anzi i miei colleghi bolzanini) non stanno procurando un ingiusto profitto con altrui danno: il danno lo fa chi condivide il brano, non chi lo ha scrito e/o eseguito.

E' la giusta tutela che ogni artista auspica, quindi non vedo proprio gli estremi dell'estorsione.

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Questi signori qui non si sono infiltrati abusivamente: hanno pagato una società svizzera perché svolgesse attività investigativa sui files posti in condivisione e corrispondenti a brani prodotti dal loro cliente; ottenuti i risultati che speravano, si sono rivolti al Tribunale di Roma per ottenere che la Telecom fornisse i nominativi nascosti dietro gli IP rilevati nelle maggiori reti P2P.

E' tutto perfettamente legittimo (stando alle attuali normative).

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Sia chiaro che con tutto questo cerco di capirne un po' di più su una storia che non mi sembra del tutto convincente.

Alla fine della storia, ammesso che paghino tutti i 330 euro, questo studio legale ricaverà la sommetta di 1.199.880 euro.

Considerando il tipo di causa, mi sa che non ci coprono neanche le spese. <_<

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allora.. il fatto dei 300 € è un "pseudo risarcimento" che chiedono come somma "simbolica" ed è "furba" nel senso che:

- se ti rivolgi ad un avvocato (correggetemi se sbaglio) solo x dirti buongiorno partono 100€;

- se niente niente hai intenzione di avviare una sorta di "ricorso" perché non intendi pagare, alla fine ti ritrovi invischiato in una causa civile (a meno che non li denunci per una fantomatica "diffamazione" e sfoci nel penale) e i costi sono notevolmente superiori;

- se fai mea culpa paghi i 300 €, ti rode il c***, ma la cosa finisce lì;

- sappiate che la legge per il diritto d'autore picchia forte per violazione del copyright; siamo nell'ordine delle migliaia di euri per chi condivide materiale sotto copyright..

Per quanto riguarda la legalità delle operazioni, purtroppo quando un giudice (anche se "civile") ordina, telecom deve rispondere...

se ho scritto inesattezze, accetto correzioni...

P.S. Concedetemi una piccola critica.. Facendo la ricerca sullo studio legale, in una pagina c'era +/- scritto: "al contrario di quanto gli utenti credono, gli artisti non sono milionari, ma devono fare molti sacrifici per affermare il loro lavoro"... Ogni commento è superfluo...

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allora.. il fatto dei 300 € è un "pseudo risarcimento" che chiedono come somma "simbolica" ed è "furba" nel senso che:

- se ti rivolgi ad un avvocato (correggetemi se sbaglio) solo x dirti buongiorno partono 100€;

Beh, non è proprio così, fidati :)

La somma richiesta serve a coprire forfettariamente le spese sostenute per la ricerca e l'individuazione dell'utente.

- se niente niente hai intenzione di avviare una sorta di "ricorso" perché non intendi pagare, alla fine ti ritrovi invischiato in una causa civile (a meno che non li denunci per una fantomatica "diffamazione" e sfoci nel penale) e i costi sono notevolmente superiori;

- se fai mea culpa paghi i 300 €, ti rode il c***, ma la cosa finisce lì;

- sappiate che la legge per il diritto d'autore picchia forte per violazione del copyright; siamo nell'ordine delle migliaia di euri per chi condivide materiale sotto copyright..

Nel caso specifico è molto più conveniente pagare i 300 euro e comporre bonariamente la vertenza proprio per le ragioni che hai spiegato: negli States sono giunti a chiedere anche $4.000 per ogni brano scovato in condivisione e non hanno risparmiato nessuno, denunciando bambini di 12 anni e anziani di 84.

Per quanto riguarda la legalità delle operazioni, purtroppo quando un giudice (anche se "civile") ordina, telecom deve rispondere...

Esatto. Ogni azione tesa a contrastare la pretesa della casa discografica nel caso in esame, sembra piuttosto un'avventura proprio perché prende le mosse da una disposizione dell'A.G., che è l'unica autorizzata ad ottenere i nominativi degli utenti di Internet dagli ISP come Telecom.

Appare piuttosto improbabile la dimostrazione che il file è finito in condivisione contro la volontà del destinatario della lettera di diffida, e comunque si dovrebbe instaurare un procedimento civile arduo e complicato, considerando anche la scarsa preparazione informatica di molti magistrati italiani (per fortuna io ne conosco alcuni, invece, molti preparati e documentati in materia :P ).

P.S. Concedetemi una piccola critica.. Facendo la ricerca sullo studio legale, in una pagina c'era +/- scritto: "al contrario di quanto gli utenti credono, gli artisti non sono milionari, ma devono fare molti sacrifici per affermare il loro lavoro"... Ogni commento è superfluo...

Beh dipende dall'artista e dalla percentuale che la casa discografica gli elargisce per ogni copia venduta: mediamente un cantante percepisce 2 euro per ogni CD venduto, quindi maggiore è il numero di CD venduti, maggiore è il guadagano. A questi, poi, vanno aggiunti i diritti d'autore provenienti dai biglietti dei concerti, e i compensi extra come i diritti SIAE per l'esecuzione del brano di cui si è eventualmente autori.

Se il cantante/autore non è molto famoso, il guadagno è poco.

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i 100 € erano intesi nel senso che se una persona si rivolge ad un avvocato per chiedere consiglio, non mi risulta che glielo dia gratuitamente..

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.. ah dimenticavo... ha deciso di pagare e di mandare il fax "dove prometti che non lo farai più"... spero non mi capiti mai una cosa del genere.. quasi quasi mi rode più per il fax "di penitenza" che non x i 300 euri... :ranting2:

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LEGGA ANCHE IL MODERATORE

Un consiglio:

si faccia molta attenzione a ciò che si scrive citando il comportamento tenuto da professionisti nell'esercizio delle loro attività.

Senza dimenticare infatti che esiste un codice deontologico degli avvocati (applicato anche ai praticanti), in ogni caso, dare delle definizioni sull'operato di un collega è violazione della norma deontologica, oltre a poter divenire una violazione penalmente rilevante.

Nel caso di questa discussione, dubito che lo studio legga alcune affermazioni fatte su questa lista. Ma se ciò accadesse ? Anche il moderatore dovrebbe intervenire ove occorre.

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Inviato (modificato)

LEGGA ANCHE IL MODERATORE

Un consiglio:

si faccia molta attenzione a ciò che si scrive citando il comportamento tenuto da professionisti nell'esercizio delle loro attività.

Senza dimenticare infatti che esiste un codice deontologico degli avvocati (applicato anche ai praticanti), in ogni caso, dare delle definizioni sull'operato di un collega è violazione della norma deontologica, oltre a poter divenire una violazione penalmente rilevante.

Nel caso di questa discussione, dubito che lo studio legga alcune affermazioni fatte su questa lista. Ma se ciò accadesse ? Anche il moderatore dovrebbe intervenire ove occorre.

chiedo scusa ma può essere più esplicito? a cosa si riferisce? Quoti per favore

Modificato da cantack

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Nel frattempo, la Adiconsum si offre di aiutare quanti abbiano ricevuto la famigerata letterina.

Riporto quanto scritto su HTML.it

L'Adiconsum chiama a raccolta i 4000 utenti che hanno ricevuto la lettera di diffida della Peppermint Jam, casa discografica che ha avuto a disposizione i dati dei privati responsabili di file sharing. La lettera chiede un risarcimento pecuniario

Nei giorni scorsi è emerso da alcune segnalazioni in rete come tutta una serie di lettere sia stata inviata a privati italiani con specifiche indicazioni relative al rischio di essere coinvolti in un processo per pirateria. Le minacce sono state confrontate e la matrice è risultata comune: la lettera è inviata dalla casa discografica Peppermin Jam e suggerisce di scendere a patti entro pochi giorni riconoscendo una penale (con tanto di espressa valutazione monetaria) evitando un aggravarsi della posizione con l'avventurarsi in un procedimento legale.

L'Adiconsum chiama ora a raccolta i 4000 cittadini che si son vista recapitata la missiva: unendo le forze l'associazione conta di sollevare l'opinione pubblica contro i provvedimenti che hanno messo la privacy dei navigatori alla mercè di quanti intendono far uso dei dati registrati durante la navigazione. In occasione dell'approvazione della IPRED l'Adiconsum notificava: «il cittadino deve avere la certezza che le intromissioni nella sua vita privata siano eseguite solo da forze dell'Ordine e dalla magistratura, le uniche che agiscono per il più alto bene collettivo e non rispondono a meri interessi di parte».

A distanza di poche settimane per l'Adiconsum giunge già l'occasione per far valere le proprie ragioni ed ora l'associazione si rivolge ai navigatori con il seguente comunicato:

«Oggi, migliaia di consumatori, inconsapevolmente controllati nel loro uso personale di Internet, sono accusati di avere violato la legge senza essere avvisati, sono costretti a difendersi, a proprie spese, dall'accusa di condivisione di file illegale mosse da una società tedesca detentrice di diritti d'autore, devono scegliere se accettare la proposta dello studio legale Mahlknecht & Rottensteiner che chiede di risolvere "bonariamente" con una transazione di 400 euro e la promessa di non ripetere più l'illecito (pena altri 10.00 euro di penale), per evitare che la Peppermint "provvederà a sporgere denuncia/querela penale e a intraprendere le azioni civili...".

Ecco lo sconvolgente risultato della pessima legge Urbani unitamente alla direttiva europea IPRED1 che Adiconsum ha sempre contestato. È inammissibile che un privato, in questo caso una società discografica, possa chiedere ad un provider tutti i dati relativi ai movimenti effettuati con il pc dai parte dei loro clienti senza che questi ne sappiano nulla, peraltro a seguito di una procedura di indagine non certificata da strutture dello Stato. Non esiste privacy e vengono meno i principi primari del diritto. È una vergogna che per colpire l'industria criminale della contraffazione ci rimetta, come al solito, il consumatore finale che effettua lo scambio di file senza scopo di lucro.

Adiconsum ha già chiesto l'immediato intervento del Governo, che nel suo programma elettorale aveva previsto l'abolizione della legge Urbani, per tutelare i cittadini colpiti; chiede l'intervento dell'Authority della privacy affinchè intervenga nei confronti della società tedesca Peppermint vista la palese violazione della privacy, condotta peraltro da una società, la Logistep AG, con sede a Steinhausen, in Svizzera, nazione non contemplata dalla normativa Ipred. Chiede l'intervento dei giuristi italiani affinchè intervengano in difesa del più elementare diritto, cioè quello di essere indagati solo se esiste la presunzione di reato rilevato dalla magistratura».

L'Adiconsum, dunque, chiama alla raccolta: «tutti i consumatori che hanno ricevuto la raccomandata da parte dello studio legale Mahlknecht & Rottensteiner che intendono opporsi alle richieste possono rivolgersi alle sedi di Adiconsum». Se gli utenti risponderanno, la vicenda potrebbe assumere importante connotazione politica offrendo ai 4000 univoca rappresentanza.

Questo il link alla notizia.

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Vorrei ricordare che in Italia, diversamente dagli USA, non esiste la class action, ossia l'azione legale di massa.

Sicuramente tenteranno di raggiungere un accordo per far pagare tutti e meno.

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Inviato (modificato)

chiedo scusa ma può essere più esplicito? a cosa si riferisce? Quoti per favore

Fa riferimento al fatto che un avvocato non può lavorare gratis ed è lo stesso codice deontologico a stabilire che il professionista deve essere compensato per la propria attività, quand'anche si trattasse di una semplice lettera.

Modificato da ZipGenius

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Per evitare qualunque tipo di polemica, ho cancellato tutti i miei post in questa discussione.

Tranne gli ultimi, ovviamente.

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.. ah dimenticavo... ha deciso di pagare e di mandare il fax "dove prometti che non lo farai più"... spero non mi capiti mai una cosa del genere.. quasi quasi mi rode più per il fax "di penitenza" che non x i 300 euri... :ranting2:

rettifica.. si è rivolto anche lui all'Adiconsum... :):P

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Il problema con queste faccende è che si scontrano diverse legittime esigenze.

Da una parte ci sono i detentori del copyright che hanno diritto a vedere tutelati i propri diritti, dall'altra gli utenti che pure posseggono dei diritti.

Ricordo tempo fa il problema della SONY che aveva rilasciato dei CD che installavano dei rootkit nei computer degli utenti per controllare che non copiassero la musica.

Un piccolo commento a coloro che osservano che gli avvocati si fanno pagare per dare consigli: visto che è il loro lavoro non vedo perchè non dovrebbero.

Se vai a comperare il pane il panettiere te lo fa pagare, per cui non capisco questo atteggiamento verso gli avvocati.

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Questi signori qui non si sono infiltrati abusivamente: hanno pagato una società svizzera perché svolgesse attività investigativa sui files posti in condivisione e corrispondenti a brani prodotti dal loro cliente; ottenuti i risultati che speravano, si sono rivolti al Tribunale di Roma per ottenere che la Telecom fornisse i nominativi nascosti dietro gli IP rilevati nelle maggiori reti P2P.

E' tutto perfettamente legittimo (stando alle attuali normative).

Uhm... non mi intendo di diritto ma mi sembra che prima dell'approvazione dell'ipred2 le attivita' investigative in tal senso, per la legge italiana, spettassero unicamente alla polizia postale.

Una prova acquisita in maniera illegale non mi sembra possa venire accettata da un tribunale... anche se in effetti la societa' che si e' occupata delle verifiche dice di aver utilizzato strumenti "non intrusivi ed in regola con le leggi vigenti".

@zipgenius

Avevo sbagliato pulsante ed invece di quotare avevo modificato :) ... dovrei aver rimesso tutto a posto, chiedo venia :popò:

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Uhm... non mi intendo di diritto ma mi sembra che prima dell'approvazione dell'ipred2 le attivita' investigative in tal senso, per la legge italiana, spettassero unicamente alla polizia postale.

Prima non spettava unicamente alla Polizia delle Comunicazioni (Postale) ma alle Forze dell'Ordine in genere. Qualasiasi ufficio di Polizia, Carabinieri, Finanzieri, ecc... Naturalmente, data la specificità dell'argomento, ognuno degli altri al 80% si appoggia alla Polizia delle Comunicazioni per svolgere le indagini :)

Io pure non vedo bene il precedente creato dal Tribunale di Roma... Non mi piace l'idea che un qualsiasi privato possa andare a chiedere l'identità che si cela dietro un IP...

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Quello purtroppo e' cio' a cui punta l'ipred2 recentemente approvata...

La cosa peggiore e' che di questo passo molte persone passeranno a programmi di p3p. Mentre gli attuali programmi di filesharing sono molto "limpidi" software come ant e mute tenderanno invece a favorire *realmente* i criminali. Mentre ora tutto cio' che passa sulla banda di una persona e' traffico (in uscita ed in entrata) "desiderato" con programmi di quel tipo sulla propria banda passa anche traffico "indesiderato".

Facciamo un esempio... se ora con torrent mi scarico una iso di linux e genero traffico in entrata ed in uscita per *quel* file (ed eventualmente gli altri su cui sono seeder o leecher) con il p3p sulla mia banda passerebbero non soltanto i dati che ho richiesto e che voglio condividere bensi' anche i dati di altri utenti. Se nel primo caso posso *legalmente* scaricare software con un certo tipo di licenza nel secondo scaricando un file *legale* ci sarebbe comunque il rischio di generare traffico "illegale"...

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