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Carlo Lucarelli: Il Mio Giallo D’amore Sulle Tracce Di Tenco

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Carlo Lucarelli "Il mio giallo d'amore sulle tracce di Tenco"

Storia teatrale di un uomo disperato e ironico

SIMONETTA ROBIONY

ROMA

Carlo Lucarelli, celebre giallista ma altrettanto celebre conduttore di Blu notte, qualche tempo fa si è improvvisato commediografo scrivendo Tenco a tempo di tango, uno spettacolo con musica interpretato da Adolfo Margiotta e Mascia Fosci, attualmente in scena al Parioli per la regia di Gigi Dall'Aglio. Nel frattempo ha registrato la prossima serie per Raitre di Blu notte, si prepara a fare per Fox Crime i suoi «gialli in pillole», scrive altre avventure per la fiction sul Commissario Coliandro dei Manetti Brothers prevista su Raidue, sta terminando un romanzo storico.

Il mestiere di commediografo la tenta, Lucarelli? «Non ci penso per niente. Mi ha proposto questo esperimento il festival di Borgio Verezzi: dal momento che le canzoni di Tenco arrangiate al ritmo del tango c'erano già, a me è toccato solo immaginare un racconto». Lo spunto è reale. Nel dicembre del 1965 Tenco andò in Argentina per festeggiare la fine di una telenovela che aveva scelto come sigla la sua canzone Ho capito che ti amo. In quel momento Tenco faceva il servizio militare, uscire dall'Italia per un soldato non era facile, ma l'accoglienza in Argentina lo ripagò delle difficoltà burocratiche. Due anni dopo, al festival di Sanremo, Tenco si tirò un colpo di rivoltella. Lucarelli ha immaginato che un ispettore, indagando sulla sua fine, vada in Argentina sulle sue tracce: incontra la stessa donna che aveva affascinato Tenco, ne resta ammaliato anche lui, si infila in questo amore, trova il coraggio di cambiare la sua vita.

Difficile scrivere per il teatro?

«Stavolta è stato molto semplice: sapevo che il testo l'avrebbe interpretato Margiotta, quindi ho costruito il personaggio dell'ispettore su di lui. E' stato come mettere un po' di carne su una ossatura ben strutturata».

Di Luigi Tenco conosceva le canzoni.

«Mi piacciono molto. Si sente che le ha composte un uomo contradditorio, disperato, ironico».

Da giallista, esperto di morti misteriose, che idea s'è fatto su quella di Tenco?

«Credo non ci sia alcun mistero. S'è ammazzato in un momento di depressione. Per questo nello spettacolo ho voluto che la morte di Tenco fosse un pretesto».

Quali sono le storie che preferisce raccontare?

«A me interessano soprattutto quelli a sfondo politico. La Strage di Brescia, per esempio. Dopo quattro, cinque processi in cui è stato tirato dentro il movimento di estrema destra Ordine Nuovo siamo ancora senza i colpevoli».

C'è ancora chi pratica il depistaggio?

«Non credo. Ma quando nei primi momenti le prove vengono alterate dall'inesperienza delle forze dell'ordine oppure dalle manovre dei servizi segreti, non se ne viene più a capo».

La intriga di più raccontrare un caso irrisolto o uno che è stato definitivamente chiarito?

«Quello di cui si sa tutto. Mi piacciono le storie che hanno un inizio e una fine».

Molti dicono che la gran fioritura di giallisti in Italia è dovuta alla capacità di spiegarci meglio di un saggio sociologico cosa siamo diventati: è d'accordo?

«No. A mio avviso il successo dei gialli italiani si deve al fatto che sono in molti oggi a saperli scrivere. Da ragazzino leggevo Scerbanenco che era bravissimo. Ma come lui erano pochi. Oggi siamo in tanti».

FONTE

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