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Cento Lavori Orrendi. Storie Infernali Dal Mondo Del Lavoro

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Cento lavori orrendi. Storie infernali dal mondo del lavoro

di Stefano Natoli

C'è il controllore di piselli che dalle 4 dal mattino a mezzogiorno sta a guardare incessantemente il nastro trasportatore pieno di piselli per cercare di individuare quelli neri, ma c'è anche il manipolatore di maiali o l'ammazza-salmoni, il controbilanciatore di tubi o l'abbassa-prezzi di cibi danneggiati, l'allevatore di larve o l'addetto alle pulizie in una fabbrica di assorbenti interni. Sono alcuni dei 'Cento lavori orrendi' raccolti da Dan Kieran - direttore della rivista 'The Idler' - e mandati in libreria da Einaudi. 'Storie infernali', come recita il sottotitolo, da cui si ricava una precisa fenomenologia di quali possibili e molteplici forme possa assumere il lavoro nella società contemporanea. Racconti ai limiti dell'incredibile narrati direttamente dai protagonisti (lavoratori insoddisfatti, disillusi e avviliti) che riguardano sia lavori degradanti per loro stessa natura, come la 'pulitrice di sigmoidoscopio' (leggere per credere, 'lavoro orrendo numero 11, pagina 158), sia lavori - e qui sta la vera sorpresa del libro - apparentemente normalissimi, come quelli svolti da giornalisti, impiegati di banca, modelli, designer e dirigenti televisivi. Lavori, per certi aspetti anche prestigiosi, che possono diventare 'umilianti' o 'disgustosi', 'immorali' o 'alienanti', 'inutili' o 'pericolosi' – insomma 'infernali' - rendendo difficile la vita delle persone che sono chiamati a svolgerli. Storie che fanno ridere e piangere allo stesso tempo In mezzo ai racconti l'autore ha anche inserito delle brevi schede contenenti "alcuni dati sconvolgenti sull'effetto che ha lo sgobbare nella nostra vita". La prima di queste schede, 'Il lavoro uccide', riguarda delle statistiche - pubblicate di recente dalle Nazioni Unite - che dicono che ogni anno a causa del lavoro muoiono più di due milioni di persone: "è l'equivalente di un 11 settembre al giorno – dice Kieran – e supera di molto i 650 mila morti all'anno a causa delle guerre". Come se non bastasse, "la quantità di decessi causati da incidenti o malattie collegate al lavoro sono tre volte superiori al numero dei morti per droga e alcol sommati insieme". L'autore ha inoltre 'setacciato' gli archivi e individuato "alcuni dei lavori peggiori negli ultimi trecento anni", per scoprire che 'i cari vecchi lavori orrendi' non sono poi così dissimili dai 'nuovi': il minatore del diciottesimo secolo, la servetta di epoca vittoriana o l'operaio in una fabbrica di fiammiferi non percepivano – a parità di condizioni - salari più alti né conducevano uno stile di vita migliore. Alienati erano quelli, alienati sono questi. "Ne è venuta fuori una fotografia del Mondo Occidentale del Lavoro e dell'enorme differenza che c'è fra ciò che i lavori promettono e quello che poi si rivelano essere davvero. Salari molto, molto bassi, stupidaggini aziendali, prodotti spazzatura, ambienti ostili e capi ottusi", sottolinea l'autore del volume, che nel suo curriculum vitae vanta posizioni quali estirpatore di erbacce, sguattero, cameriere in una caserma, magazziniere e ammazza-tacchini. Il messaggio che manda il direttore di 'The Idler' non è l'invito a liberarsi dal lavoro e ad abbandonarsi all'ozio, come potrebbe suggerire ai più maliziosi il titolo della rivista (in italiano 'L'ozioso'), ma a riorganizzare il lavoro rendendolo più umano e civile. Certamente un'utopia. Ma di quelle che non fanno male a nessuno. Al contrario dello storie al centro del libro. Che fanno ridere e piangere allo stesso tempo.

(Dan Kieran, Cento lavori orrendi, Einaudi, pagg 178 – euro 11)

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