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Bestseller Per Joe King, Figlio Di Stephen

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Dopo racconti di successo in Gran Bretagna, è arrivato il primo romanzo

Bestseller per Joe King, figlio di Stephen

Per 10 anni si è firmato Joe Hill: non voleva scrivere con la pressione del figlio di un autore famoso. Ora è uscito allo scoperto

NEW YORK – Nel 1982, quando aveva 9 anni, fu scritturato da George Romero in «Creepshow» il thriller mozzafiato scritto da suo padre, Stephen King, che 15 anni più tardi gli dedicò il semi-autobiogafico «The Shining», la storia di uno scrittore alcolizzato e del figlio ipersensibile e geniale. Con un pedigree del genere, il secondogenito del romanziere più conosciuto del pianeta avrebbe potuto fare la fine di tanti precoci «figli di papà», talentuosi ma incapaci di misurarsi con l'ombra troppo ingombrante di un famosissimo padre. E invece è successo il contrario.

Diventato ormai adulto, non solo Joe ha deciso di seguire le orme del padre, ma è riuscito anche a emularne il successo. Prima con una serie di racconti intitolati «20th Century Ghosts», che nessuno in America voleva ma che, pubblicati in Inghilterra, hanno vinto due Bram Stoker Awards, un World Fantasy Award e un International Horror Guild Award. E adesso con il suo primo romanzo, «Heart-Shaped Box», la storia di un musicista rock sulla via del tramonto che decide di comprare un fantasma a un'asta online. Il libro è stato acclamato dai critici, svettando in cima alla lista dei best seller del New York Times, che gli ha dedicato un lungo servizio sul suo prestigioso Magazine.

Un vero trionfo, per il 32enne Joe, che segna anche ciò che il Times definisce «la fine di un elaborato gioco d'identità»: il debutto pubblico dell'uomo dietro uno pseudonimo adottato più di dieci anni fa. Sì, perché fino ad oggi Joe King si faceva chiamare Joe Hill, come il sindacalista organizzatore del movimento operaio, autore di canzoni popolari e rivoluzionarie, vissuto in America tra il 1879 e il 1915. Seguire l'esempio di un genitore famoso non è certo una novità nel mondo delle lettere Usa, come testimoniano gli eredi di Bellow, Mailer, Malamud, Walker, Wolfe e Jong, tanto per menzionarne alcuni. Ma Joe è l'unico ad aver stretto un patto con se stesso: nascondere a tutti la propria origine, fino al giorno in cui sarebbe diventato anche lui famoso. Senza l'aiuto del padre.

«Abbiamo appreso la sua vera identità soltanto dopo aver firmato il contratto» giurano Jennifer Brehl, sua editor alla William Morrow, e Akiva Goldsman, sceneggiatrice e premio Oscar dietro «A Beautiful Mind» e «Il Codice Da Vinci», che ha acquistato i diritti cinematografici del libro. Oltre a dover fare i conti con un padre che ha venduto oltre 300 milioni di libri in tutto il mondo, Joe deve misurarsi con una famiglia dove la scrittura è nel sangue. Dalla madre Tabitha, autrice di una decina di romanzi di successo al fratello Owen, stimato romanziere come sua moglie Kelly Braffet. L'unica non scrittrice di casa è la primogenita Naomi, pastore protestante. Ma a rendere particolarmente arduo il suo anonimato è l'incredibile somiglianza allo Stephen King della famosa copertina di «Danse Macabre», pubblicato nel 1981, quando l'autore aveva la sua stessa età. E se ha trascorso la vita a cancellare il padre, che peraltro adora, Joe ha finito per essere identico a lui in tutto.

Si è sposato giovane, con la scrittrice Leanora, ha anche lui tre figli e vive in una area isolata del New England. E, se non bastasse, mostra i suoi manoscritti alla moglie prima di darli alle stampe. King fa lo stesso con Tabitha. «Molte persone sposano la loro madre - scherza Joe - Io ho sposato mio padre». Un padre molto diverso dagli altri. «Da piccoli ci sedevamo in cerchio nel salotto, come si usava in America nell'800, e, a ruota, leggevamo ognuno un capitolo dello stesso libro». Coi tre figli lo scrittore inventava i giochi più insoliti e creativi. Come il «Writing game», versione letteraria di "chiapparello", dove uno dei fratelli scriveva per alcuni minuti per poi passare la storia all'altro. I suoi genitori non gli hanno mai detto quali libri e programmi tv poteva vedere e quali, invece, erano off limit. «A 12 anni, per il mio compleanno, invitai tutta la classe a vedere L'alba dei Morti Viventi racconta, «La maggior parte dei miei compagni scapparono a metà film, pallidi e sconvolti di paura. Io me la godevo come un matto a rivedere quel film per la decima volta». E anche la sua riservatezza estrema ricorda quella del padre. «A 12 anni mi sono trovato alla porta un detenuto appena uscito di prigione - ricorda - Mi disse che i libri di papà erano l'unica cosa che l'avevano aiutato a non uccidere in carcere. Me la feci sotto».

Alcuni anni più tardi dei fan ossessionati fecero irruzione in casa, di notte. «Da allora sono diventato molto guardingo. E gelosissimo della privacy». Eppure la sua scelta di anonimato non ha nulla a che fare con la paura. «Ho avuto più di 10 anni per scrivere senza la pressione di essere il figlio di un autore famoso - racconta -.Adesso posso finalmente uscire allo scoperto».

Alessandra Farkas

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