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La Scala In Jeans Attende La «prima»

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La Scala in jeans attende la «prima» fonte

Oggi dalle 17 oltre cinque ore di musica con Barenboim sul podio. Attesi Napolitano e altri quattro capi di Stato

MILANO — Sono quasi trent'anni che Patrice Chéreau pensa a Tristan und Isolde. Che la insegue, la corteggia, la sfugge. E adesso che l'opera tanto amata e temuta gli ha detto sì, che la promessa contratta con Barenboim nel 1979, quando avrebbero dovuto realizzarla a Bayreuth, si è finalmente compiuta, adesso Chéreau muove sereno, agitazioni sindacali permettendo, verso la Scala del sette dicembre, ieri sera anticipato da un «regalo» per i più giovani, L'Histoire du soldat di Stravinskij. Una prima della prima festosa, informale, in jeans. Stasera tutt'altra musica con Tristan und Isolde. Regia di Chéreau, scene di Richard Peduzzi, costumi di Moidele Bickel. Sul podio Daniel Barenboim, maestro scaligero alla sua prima prova lirica al Piermarini. Inizio alle 17, inno di Mameli a salutare il presidente Napolitano, poi via con Wagner: 5 ore e 20' di grandi struggimenti e tensioni, mille rose rosse a decorare il teatro e ricordare la passione devastante degli amanti.

(TamTam)

«Ma sarebbe riduttivo definirla una storia d'amore. Amore è una parola troppo debole — precisa il regista francese —. Tristan e Isolde non sono simboli ma corpi vivi. Volevo raccontare la loro storia al di là del semplice incontro amoroso, indagare le origini delle loro pulsioni di morte. Nel secondo atto Wagner descrive con sottile dialettica e grande intelligenza quel che accade tra i due, il loro bisogno di conoscersi, di ripensare al passato, di trovare un linguaggio comune. Prima a unirli era solo l'odio. Lui le ha ucciso il fidanzato e la conduce come preda di guerra a sposare un altro uomo, re Marke. Lei voleva trafiggerlo ma non ce l'ha fatta, anzi l'ha guarito. Entrambi hanno bisogno di tornare allo sguardo senza parole del loro primo incontro. Solo dopo aver bevuto il filtro, si svelano l'un l'altra. Isolde insegna a Tristan a parlare, Tristan insegna a Isolde ad amare la notte eterna». «Il Tristan è un'opera speciale, un altro modo di pensare alla musica — interviene Barenboim —. Alla Scala sono quasi 30 anni che l'opera non viene eseguita, nell'Orchestra quasi nessuno l'aveva mai suonata. L'interesse era enorme. E per me è stato una grande fortuna vedere come ognuno scopriva la partitura. Un'orchestra è uno specchio di una società, c'è chi è più intelligente e chi meno, chi più curioso... Ma nessuno può uscire indenne dal Tristan. Neanche Patrice e io, che per tanti anni l'abbiamo atteso. L'averlo rinviato così a lungo ha fatto di quest'opera una sorta di colonna vertebrale del nostro legame artistico e affettivo».

Forse così doveva essere. «Nel '76 — ricorda Peduzzi — mentre lavoravo con Patrice alla Tetralogia di Bayreuth, Strehler, maestro di Chéreau, lo chiamò invitandolo a realizzare un Tristan alla Scala». Ma lui rifiutò. «Sono troppo giovane, è un'opera che richiede più vita alle spalle». Vista la familiarità di Chéreau con il cinema, non ha neanche mai pensato di farne un film-opera? «Mai. Cinema e opera sono modi di esprimersi antinomici. In passato ho detto no al Don Giovanni che poi fece Losey. Quando ho visto il film ho pensato: non male, ma c'è troppa musica». Ieri sera intanto Chéreau e Barenboim hanno regalato la sulfurea e scanzonata Histoire du soldat a quelli che, si spera, saranno il pubblico di domani. Il direttore alla guida di 7 solisti, il regista ironica voce recitante sono stati ricompensati dall'entusiasmo della fresca platea, in gran parte spettatori debuttanti, un po' intimoriti all'inizio, molto, molto divertiti alla fine.

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