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Bernini, Gran Teatrante Del Ritratto Barocco

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ROMA

Curiosa congiuntura, certo casuale ma non meno stimolante, che ci permette di vedere insieme, come in un rimbalzo di flipper, Filippo Napoletano e Furini a Firenze (che di Bernini fu un grande iniziato), Velazquez al Prado, che lo conobbe e ammirò e influenzò, venendo in Italia nel suo primo viaggio, nel 1629 (e che talvolta dipinse fulvi ritratti alla svelta, che qualcuno non sbadatamente attribuì al nostro scultore) in attesa infine della mostra dedicata a Sebastiano del Piombo, il grande tenebrista della pittura chiaroscurale veneto-romana, che certo non fu estraneo (insieme al Tiziano estremo, ora a Vienna e Belluno) al complesso cammino pittorico del grande teatrante del ritratto, Gian Lorenzo Bernini - il Rubens «italiano» sullo sfondo.

Mancano all'appello, soltanto, il Guercino e Andrea Sacchi, il Borgognone e Pietro da Cortona, così saremmo al gran completo, per capire il percorso di questo straordinario artista dell'attimo, dell'immediatezza, della sorpresa, che non aveva da imparare da nessuno, dopo esser uscito dalla bottega di scultore del Mochi, e che apparentemente si dedicò soltanto per una breve stagione alla pittura, subito travolto da altre marmoree incombenze (ma anche i suoi folgoranti busti «parlanti» devono moltissimo alla sua sapienza di virtuoso del cangiantismo delle forme disfatte e non imbustate entro la linea fiorentina del contorno rigido). È probabile non sia vero che la sua stagione sia stata sì breve, come dimostra il curatore Tomaso Montanari, nel catalogo Silvana, tanto è viva la passione nell'autoritrarsi a tutte le età, inseguendo l'incrudelire del tempo e lo scheggiarsi del burbero carattere (anche se il suo catalogo pittorico risulta davvero esiguo).

Così, proprio come Rembrandt, anche lui si divertì a camuffarsi e grazie ad abili ma stellarmente impari allievi, travestirsi in curiosi «autoritratti», dipinti da altri. Però basta guardare quell'auto-scatto giovanile (ritrovato in Vaticano, dalle parti delle Fonderie) vera sfida dipinta, che c'interpella con gli occhi vispi e dispettosi, la grande slavina svogliata del mantello strisciato di fango e come buttato sulla pelle pegamodie della tela, per coprirsi dal vento freddo della nostra curiosità petulante, per capire che Bernini era un pittore nato, un maestro senza tempo dell'istantanea bruciante, in competizione con Velazquez. Anche se bisogna ammettere che la vera sorpresa è il travolgente busto scolpito (pare già una terracotta settecentesca francese) della sua amante Costanza, «rapita» a un suo assistente e a sua volta sottrattagli da un fratello minore. Con escandescenze da basso partenopeo (e mamma che deve metter di mezzo un cardinal-nipote Barberini per salvar la famiglia).

BERNINI PITTORE

ROMA. PALAZZO BARBERINI

SINO AL 20 GENNAIO.

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