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Crewdson, Com'è Inquieta La Provincia

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Tutto sembra tranquillo: la strada silenziosa, le villette illuminate, il dondolo in giardino, gli interni arredati con quel gusto piccolo borghese così rassicurante, carte da parati, comodi divani, vasi di fiori e tende alle finestre. Peccato che il mondo provinciale americano, per il fotografo Gregory Crewdson sia il set di narrazioni inquietanti che sconvolgono proprio per la freddezza e per l'eccesso di bellezza e perfezione con cui sono costruite. Questa mostra, curata da Stephan Berg, raccoglie i suoi scatti dagli esordi negli anni Ottanta fino alle ultime, raggelanti inquadrature.

Ci sono donne nude immobili, assorte in chissà quali pensieri spaventosi, ci sono Ofelie annegate nei loro soggiorni immacolati, omini del bus della scuola che, nel cuore della notte, vengono a prendere bambine sgomente nei loro pigiamini, coppie che non si parlano da anni perché probabilmente ognuno dei due ha qualcosa di orribile da nascondere all'altro. Ci sono le pillole, tantissime, trasmigranti da una fotografia all'altra: saranno quelle per ritrovare la felicità e poi per non eccedere con questa, ma anche qualcosa per dormire e l'antidoto che serve per stare in forma la mattina dopo. Guardi queste immagini e stai a lì a domandarti per un bel po' di tempo cosa stia per succedere, o sia già accaduto, capace di comunicare quest'ansia, quale sia il mistero racchiuso in immagini così reali che, tuttavia, non hanno niente di verosimile.

L'artista americano, classe 1962, figlio di uno psicoanalista, racconta cose stravaganti e inspiegabili come se le avesse viste davvero. In realtà fanno parte di un inconscio collettivo. Sono le paure, i desideri, le angosce, le inquietudini, i sogni, le allucinazioni del mondo in cui viviamo. Incomprensibili, come certi film di David Lynch. O al confine tra fantascienza, fiaba e horror, tra Steven Spielberg e David Cronenberg. E il riferimento al cinema è tutt'altro che casuale. La serie di fotografie che ha realizzato nel 2002 Dream House ha come anonimi e smarriti protagonisti di solitudini e squallori attori noti come Gwyneth Paltrow, Jullien Moore, Philipp Seymour Hoffman.

Inoltre il suo modo di lavorare è esattamente quello cinematografico: tutto è ricostruito in un set, ha bisogno di una troupe, di settimane di produzione. Alla fine le sue «single frame movies», come le definisce, suggeriscono un racconto concentrandolo in un'unica immagine, eloquente nel suo silenzio e nella sua immobilità.

GREGORY CREWSDON

ROMA, PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI

FINO AL 2 MARZO

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