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Grandi Mostre : L'ultimo Tiziano A Venezia

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VENEZIA - Una "feritoia" all'inizio della mostra è come un cannocchiale puntato sul Cristo abbandonato sulle ginocchia di Maria che è il punto focale dell'angosciante capolavoro della "Pietà" che Tiziano voleva sulla propria tomba e che conclude l'esposizione. Comincia con questa scossa "L'ultimo Tiziano e la sensualità della pittura" alle veneziane Gallerie dell'Accademia (fino al 20 aprile). Il primo spazio della mostra dà invece il senso di un "salotto". Con alle pareti color grigio antracite ritratti e soggetti mitologici del Tiziano. I trionfanti colori di "Venere che benda amore" e la pelle calda della Danae, gli incroci delle braccia armate di Tarquinio e indifese di Lucrezia in cui i colori e la tecnica sono cambiati, quasi sfatti. Per i ritratti basta girarsi ed ecco gli incroci di sguardi da Paolo III Farnese di Capodimonte allo stesso Tiziano, il famosissimo autoritratto del Prado, all'unica donna presente, forse Lavinia, la figlia del maestro.

Siamo nel grande spazio gotico della chiesa della Carità inglobata nelle Gallerie, uno spazio in grado di annichilire i 28 dipinti di Tiziano che costituiscono la mostra, che invece l'architetto Barbara Accordi ha trasformato in tre spazi raccolti che proteggono i visitatori, creano attenzione. Il "salotto" per i temi profani e con una nicchia per i ritratti; una parete curvilinea color rosso Tiziano per i pannelli delle indagini scientifiche che rivelano i segreti dei dipinti, le tele usate due volte, i pentimenti; e il terzo spazio per la pittura sacra dominato da "Santa Margherita" e "L'Annunciazione" di San Domenico Maggiore di Napoli e concluso dalla "Pietà". Con l'inserimento dell'atroce punizione di Marsia e dell'incontro amoroso de "La ninfa e il pastore" del Kunsthistorisches di Vienna, uscito da un restauro di cinque anni. L'intimità degli spazi raccolti è aumentata dall'altezza a cui sono posti i dipinti: i ritratti a un metro e 60 che è l'altezza media degli occhi, mentre l'altezza ideale delle altre opere è stata studiata opera per opera.

Siamo all'ultimo dei tre atti della cosiddetta "guerra di Tiziano", tutti e tre dedicati all'"Ultimo Tiziano" vale a dire al periodo 1550-1576 (27 agosto, giorno della morte a 88-86 anni a Venezia nella casa-studio di Biri Grande, ufficialmente per febbre, più probabile per peste). Il primo atto a Belluno, a cura di Lionello Puppi, una mostra coraggiosa che è stata premiata, al di là delle aspettative, da 104 mila visitatori (più i venti mila di Pieve di Cadore). Il secondo a Vienna, al Kunsthistorisches, a cura di Sylvia Ferino-Pagden, responsabile del "Rinascimento italiano" al museo: una mostra imponente con 50 Tiziano da mezzo mondo. Questa mostra è in collaborazione con il polo museale veneziano diretto da Giovanna Nepi Scirè ed ora si è trasferita in forma ridotta alle Gallerie (catalogo Marsilio). A chi fa osservare le assenze, una furente soprintendente ribatte che "la mostra non ha sponsor, perché a Venezia nessuno investe sulle mostre, ma solo sui restauri". E che "solo le Assicurazioni Generali l'hanno aiutata" per i costi crescenti delle assicurazioni.

A chi ha presente le masse plastiche e incise di Tiziano, "linee chiare e definite", nette nel disegno, colori chiari e luminosissimi di una materia non manipolata, si prepari. Negli ultimi venticinque anni la pennellata di Tiziano si fa sempre più aperta fino ad arrivare alla "pittura di macchia" secondo il Vasari, si disfa, si scioglie, colore fra colori e su colori. Opere "talmente multicolori da sembrare monocrome" (come "Ninfa e pastore" in mostra). E i profili si fanno indistinti. L'atmosfera si fa carica di proiezioni. Un capovolgimento che "stupiva, irritava e persino scandalizzava" con quelle opere sentite "non finite". E bisognava arrivare ai nostri tempi affinché un "operare così vario anche all'interno di uno stesso dipinto" venisse interpretato (ma non da tutti) "come uno strumento efficacissimo per enfatizzare il dramma, la poesia e i sentimenti".

La sensualità della pennellata di Tiziano ha il fulcro nella bellezza del corpo femminile. "Col tempo essa si carica sempre più di un'espressività spirituale e mistica del dolore, che preannunciano la visione della morte dell'anziano artista". Tiziano continua la meditazione sulla propria esistenza ed arte anche nella "Punizione di Marsia", opera del 1570, capolavoro celeberrimo (2,20 per 2,04), arrivato dall'arcivescovado di Kromèriz. Lo scuoiamento del satiro frigio che ha sfidato Apollo in gara musicale. Seduto meditabondo è il re frigio Mida che, chiamato a giudicare fra il dio e Marsia, aveva scelto il satiro guadagnandosi le orecchie da asino. Sarebbe il ritratto dello stesso Tiziano che si interroga sul ruolo di artista. La scena rossastra, cupa, affollata di figure, è fatta di una pittura senza segno, di colori indistinti. Questo può essere uno dei primi dipinti moderni, espressionista.

All'inizio della mostra gli occhi possono bearsi di "Venere che benda Amore" della Borghese e della "Danae" di Vienna. Alla rarità e alla bellezza del primo dipinto si aggiunge il mistero dell'interpretazione. Anche Tiziano deve aver avuto qualche incertezza. Le radiografie hanno rivelato che al posto delle due ninfe c'erano tre donne e che al posto di Venere (la cui posizione degli occhi è stata mutata più volte) c'era una donna con cappello elegante con piuma.

La "Danae" è l'altro importante restauro del museo viennese, storico perché il dipinto non veniva toccato da quasi un secolo. L'opera è l'unica firmata dal "Tiziano cavaliere" fra le sei versioni di un soggetto richiestissimo, ripetuto a distanza di anni. Danae, segregata dal padre re di Argo che voleva impedire l'avverarsi della predizione per la quale il figlio di lei lo avrebbe cacciato dal regno, è distesa nuda su di un giaciglio bianco con rose e monete d' oro fra le gambe che sono lo stratagemma di Giove per unirsi a lei. Nascerà Perseo e caccerà Argo. Accanto a Danae una serva si illude di raccogliere le monete con un bacile. Il dipinto è stato ridotto di dimensioni e il cielo ha subito una violenta "spulitura". Tiziano ha ri-lavorato la tela più volte, aggiungendo ed eliminando figure. Il restauro ha recuperato la profondità cromatica e il senso plastico del modellato.

I ritratti sono introdotti da Paolo III, dipinto a 75 anni, senza delicatezze, uno dei capolavori di Tiziano "per le eccezionali qualità plastiche e di resa psicologica" (copiato più volte). La "pallida mano destra del pontefice", appoggiata ad una borsa di velluto rosso, è "probabilmente il dettaglio pittorico che più spicca", ma anche "i più svariati toni del rosso" (sedia, borsa e i cangiantismi della mozzetta) sono un gran bell'esercizio. Ultimo è l'autoritratto in cui Tiziano è di profilo, formula lunga e faticosa. Il Prado lo ha restaurato per la mostra scoprendo che Tiziano ha usato solo quattro colori e che la pittura è stata applicata in strati molto sottili, quasi come in un acquerello: nulla che faccia pensare alla pittura spessa, a macchie, che di solito si trova nei lavori tardi. Un altro restauro ("La ragazza col ventaglio" di Dresda), rende meglio i particolari del vestito da sposa e la vivacità della giovane donna che dovrebbe essere Lavinia, la figlia di Tiziano che le regalerà il ritratto in occasione del matrimonio. E poi Jacopo Strada, antiquario imperiale, amico di Tiziano che lo ammirava per la scaltrezza ("cacciava tante carotte a quelli Todeschi"). Qui lo raffigura "sicuro di sé", fra oggetti costosi. E Fabrizio Salvaresio, "console di Mare", felice e autorevole, con la destra che stringe la cintura intessuta di fili d'oro e alle spalle un orologio da tavolo dipinto con minuzia (Tiziano era molto appassionato di orologi). Francesco Venier, considerato "fra i più eccellenti realizzati da Tiziano negli ultimi decenni" per la capacità di trascenderne la rappresentanza statica e sviscerarne piuttosto il carattere, nelle vesti maestose di doge, ma vecchio e malato.

La "Maddalena" è irresistibile attrazione di peccato e pentimento: sguardo ieratico, lunghi capelli "scapigliati" sulle spalle nude perché la camicia è scivolata nell'estasi e non riesce a coprire bene i seni. In mostra ce ne sono due affiancate. Una da collezione privata romana (già in collezione Candiani di Busto Arsizio), con la qualità di replica autografa della versione dell'Eremitage ed esposta per la prima volta. Augusto Gentili, uno dei più noti specialisti del Tiziano, osserva che la camicia non regge il confronto "con le mirabili pieghe bagnate della versione russa", uno dei dipinti conservati da Tiziano alla morte, venduti nel 1581 dal figlio Pomponio, la "pecora nera" della famiglia, alla collezione Barbarigo e da questa nel 1850 allo zar. La seconda Maddalena, da Capodimonte, è considerata replica di bottega anche sulla base della "mediocre qualità" rivelata da un restauro. Gentili non è d'accordo perché il dipinto era per il cardinale Alessandro Farnese al quale Tiziano non poteva dare un'opera di bassa qualità, ma un'opera "finita e rifinita". Da questo dipende l'espressione insoddisfacente mentre il maestro sta elaborando la pittura del "non finito". Tiziano ebbe l'accortezza che la camicia coprisse accuratamente i seni.

Da Vienna è arrivato "Ninfa e pastore" (mai prestato), considerato come "l'incarnazione della personalità e virtuosismo artistico" di Tiziano. Una doppia "prima" perché il dipinto è stato anche sottoposto ad un complesso restauro che ha permesso il viaggio ed ha fatto comprendere la tecnica innovativa di Tiziano nel rendere forme e atmosfere. E che si può sintetizzare così: "Tiziano ha usato un sacco di colori per creare l'impressione di un monocromo". Le analisi hanno rivelato che Tiziano usava vari tipi di colori dall'inizio del dipinto che nello sviluppo soffocava o riduceva o mitigava. Sugli alberi ci sono verdi intensi modificati da marroni e neri. E nel cielo e nella pelle della ninfa è stata scoperta una profusione di colori. L'ambientazione nel bosco è la parte più affascinante. In una materia colorata senza segno e consistenza, piena di bagliori rossastri e azzurri, un baluginamento di luci che fa pensare ad una tempesta, appare un albero troncato di netto, rami spezzati e una "ardita capretta" intenta a mangiare le foglie dell'unico ramo frondoso. Il dipinto è intitolato "Ninfa e pastore", ma Gentili afferma dal 1980 che si tratta di "Bacco e Arianna" perché la "ninfa è distesa su di una pelle di leopardo e quelli che il pastore ha in testa sono pampini di vite" che richiamano piuttosto la figlia di Minosse e Bacco che l'amò e rese immortale.

C'è una bella storia dietro a questo dipinto e interessa l'Italia. Giovanna Nepi Scirè ricorda che alla fine del Settecento il dipinto arrivò agli Uffizi quale scambio per disegni toscani che mancavano al museo di Vienna. Solo che l'allora direttore non lo giudicò all'altezza, lo rimandò indietro e al suo posto accettò "un 'crostone' attribuito al Giorgione: il ritratto del cosiddetto Gattamelata".

La mostra chiude con quello che potrebbe essere l'ultimo dipinto di Tiziano, la grande "Pietà" (3,78 per 3,47), dipinta anche con i polpastrelli per la fatica di tenere il pennello fra le dita, datata all'anno della morte. Tiziano la voleva sulla propria tomba ai Frari, affiancata da altri due suoi capolavori. La "Pietà" ha una monumentale architettura, colori spenti, atmosfera angosciata e angosciante. Nella mostra è ancora più impressionante perché la tela non ha cornice e fa corpo unico con la parete grigio antracite dell'allestimento. Figura dominante in primo piano è la Maddalena che urla all'umanità (a noi) che Cristo è morto per salvarci. E il San Girolamo ai piedi del corpo livido del Cristo ha il volto del vecchissimo maestro. Per le divergenze con i frati che non volevano coprire un Crocifisso al quale la gente era molto devota, Tiziano lasciò incompleto il dipinto che fu portato a termine "reverenter" da Palma il Giovane come si ricava dalla scritta in basso. Palma dipinse anche l'angelo volante reggicero, ma le analisi del restauro del 1954 hanno dimostrato che il suo intervento è minore di quanto le fonti facevano supporre. Nel 1814 la "Pietà" è arrivata alle Gallerie dell'Accademia.

Notizie utili - "L'ultimo Tiziano e la sensualità della pittura". Dal 26 gennaio al 20 aprile. Venezia. Gallerie dell'Accademia (ponte dell'Accademia). Collaborazione fra Kunsthistorisches Museum di Vienna e Polo museale veneziano diretto da Giovanna Nepi Scirè. A cura di Sylvia Ferino-Pagden e Giovanna Nepi Scirè. Organizzazione Venezia Accademia. Coordinamento Ingegneria per la cultura, Gruppo Civita. Catalogo Marsilio (traduzione del catalogo della mostra di Vienna con 50 Tiziano).

Biglietti: intero 10 euro; ridotto 7 per visitatori tra 18 e 25 anni; gratuito per i minori di 18 o maggiori di 65 anni.

Orari: aperto tutti i giorni. Lunedì 8.15-14; da martedì a domenica 8.15-19,15. Informazioni e prenotazioni 041-5200345 - 199 199 100 dal lunedì al venerdì 9-18, sabato 9-14.

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