Roberto050646

I Racconti Di Nonnoroby

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Ai tempi delle caverne....

Ai tempi delle caverne il cervello degli uomini era poco più grande di quello di un cavallo e non gli consentiva di formulare pensieri astratti. La loro unica preoccupazione era quella della sopravvivenza. Durante il giorno i cavernicoli si ammazzavano di fatica per procurarsi il cibo, ma la sera si riunivano felici intorno al fuoco per cenare e raccontarsi le loro semplici avventure: di come una preda era sfuggita, di come pensavano di fregarla il giorno dopo, della prima notte di nozze di Haug andata in bianco per colpa della suocera bisbetica e del cane di Bongha che gli aveva soffiato sotto il naso il coniglio appena arrostito. Le donne sedevano accanto agli uomini ed acconciavano le pelli per l’inverno, mentre i bambini giocavano tutt’intorno. Infine, dopo un'ultima bevuta di acqua di fonte, ogni famiglia si ritirava nella propria caverna per trascorrervi la notte. L'indomani gli uomini sarebbero tornati a caccia e le donne avrebbero accudito ai bambini più piccoli e alle faccende domestiche. E così sarebbe durato chissà per quanto tempo, se l’evoluzione non stesse cominciando a fare capolino, almeno con qualcuno di loro. Infatti, un bel giorno.....

Un bel giorno, presso la tribù di Zhulhu, si presentò uno straniero che proveniva chissà da dove, messo male in arnese e claudicante. Lo zoppo chiese se potevano dargli qualcosa da mangiare, in quanto stava morendo di fame a causa della sua gamba balorda che gli impediva di inseguire le prede. Fu accolto con benevolenza e sfamato, e per la notte gli assegnarono perfino una caverna da scapolo. Dopo qualche giorno, durante una notte scoppiò un tremendo temporale, come quei cavernicoli non avevano mai visto. Nella caverna vicina a quella dello zoppo abitava Tonthu con la moglie e tre figlie. I cinque erano terrorizzati dai lampi e dai tuoni che aumentavano sempre più di intensità, tanto che ebbero paura che stesse per crollargli addosso il cielo. Ingenuamente, si infilarono stretti stretti sotto una pelle d'orso per cercare rifugio dalla caduta del cielo. Dopo circa mezz'ora, la moglie disse a Tonthu:

< Tu non senticere?>

< Como,no! Tuono stacere per rompere timpana meco!>

< No, no, io non dicere tuono. Io dicere urla bestialissima. Venicere da caverna di zoppo. Forse lui avecere troppa paura perchè essere solo. Tu andacere da lui per facere compagnia e facere coraggio.>

< Cavola sua, io non mi muovere da qui sotto.>

Dopo pochi minuti le urla ripresero più forti di prima.

<Poverino! Lui avecere troppa paura. Tu dovere andacere a fare compagnia lui. Portacere altra pelle d'orso per riparacere lui da caduta di cielo. Io pensare che tu dovere andacere!>

Brontolando contro la moglie perchè non si faceva i cavoli suoi, Tonthu di malagrazia prese un'altra pelle d'orso e, anche se terrorizzato dai lampi e dai tuoni sempre più forti, raggiunse la caverna dello zoppo. Lo trovò che stava chino sul fuoco in cui gettava manciate di una polvere che faceva levare le fiamme alte sino al soffitto. Dalla sua gola fuoriuscivano ululati tremendi.

< Ehi, zoppo, tu non avecere più paura, io facere te compagnia e portacere coperta per riparacere di caduta di cielo. Tu non urlacere più.>

< Io non urlacere per paura, io urlacere per facere sentire mie preghiere a dio di tuono, altrimenti lui non senticere me con questo casino!>

< Preghiere? Dio di tuono? Cosa essere?>

< Dio di tuono essere quello che facere questo casino, e preghiere essere di chiedere a dio di tuono di smettere questo casino.>

< ?!? >

< Dio di tuono dicere noi essere troppo cattivi e che non bastare sacrificio di polvere magica per perdonacere noi.>

< ?!? >

< Dio di tuono dicere che io dovecere pregare con donna, ma io non avecere donna....>

< Allora io mandacere te mia donna per pregacere con teco.>

< Si, si, tu mandare subito tua donna per pregacere con meco prima che cielo cadecere in testa.>

Tonthu, anche se non aveva capito una mazza di dei, di preghiere, di sacrifici e di cattivi, si affrettò a spedire la moglie dallo zoppo per paura che il cielo potesse precipitare loro addosso. Dopo pochi minuti, dalla caverna dello zoppo si levò un duetto di ululati che durò una mezz'oretta, poi silenzio. I lampi ed i tuoni, però, continuavano con la stessa intensità. 

Preoccupato, Tonthu raggiunse di nuovo lo zoppo.

< Cosa succedere?>

< Succedere che dio di tuono dicere che non bastacere preghiera con una donna sola. Lui dicere che io dovecere pregare con due donne, per smettere lui tuono.>

< Allora io mandacere te anche figlia.>

< Si, si, tu mandacere subito anche figlia. Tu mandacere figlia piccola, forse lei pregacere più bene.>

Tonthu quindi mandò anche la figlia minore e poco dopo dalla caverna dello zoppo si levarono i suoi ululati e quelli delle due donne. Poi, come era avvenuto prima, dopo una mezz’ora le grida cessarono. Ma non così il temporale, che continuava ad infuriare senza un attimo di tregua.

Tonthu raggiunse nuovamente lo zoppo.

< Cosa succedere, adesso?>

< Adesso succedere che dio di tuono dicere che volere anche sacrificio di carne, non bastacere più polvere magica. Ma io non avecere carne....>

< A me sembracere che dio di tuono ora rompere cocones....>

< Tu zittire! Se dio di tuono sentire te dicere così, lui mandacere te fulmine. Aha, dio di tuono dicere anche che non bastacere più due donne per pregare. Lui dicere quattro donne, ma io non avecere quattro donne....>

< Bah, se lo dicere dio di tuono.... Aggio capito, và...>

Rientrato nella sua caverna, Tonthu spedì dallo zoppo anche le altre due figliole, stracariche di carne di cinghiale e di cervo. Stavolta gli ululati a quattro durarono per tutta la notte, come pure il temporale. Tonthu, tremante di paura perchè era rimasto solo, alla fine cedette alla stanchezza e si addormentò.

All'alba il temporale cessò ed il sole cominciò a fare capolino tra le montagne. Quando si svegliò, Tonthu, tutto felice, corse alla caverna dello zoppo. Li trovò tutti nudi che ancora dormivano vicino al fuoco semispento. Tutt'intorno erano sparse le ossa spolpate del cinghiale e del cervo. Tonthu si avvicinò allo zoppo e lo scosse per una spalla.

< No, donna, adesso bastacere pregare, io non ce la faccere più...>

< Zoppo, essere io, Tonthu. Avecere funzionato! Non essere più lampi e tuoni!>

< Aha, essere tu... Credere bene che avecere funzionato! Noi pregato e sacrificato tutta notte. Tua moglie, poi, volere sempre pregare, ancora pregare, di nuovo pregare... Lei avecere me distrutto con sue preghiere...>

< Non importare questo, importare avere funzionato! Adesso donne potere tornare in mia caverna....>

< Ah, no! Dio di tuono dicere che loro diventate sacerdotesse. Lui dicere che loro rimanere sempre con me per pregacere tutti i giorni, altrimenti lui facere tornare lampi e tuoni.>

< Ma io rimanecere senza donne....Come facere?>

< Io non sapere, tu arrangiare...Ah, dio di tuono dicere anche che tu andacere da capo tribù e dicere lui che dio di tuono volere che lui mandacere ogni giorno sacrificio di carne, altrimenti facere tornare lampi e tuoni e facere cadere cielo in testa a tutta tribù. Dicere anche di dacere a me e a sacerdotesse caverna più grande e mandacere ogni giorno legna per facere fuoco di sacrificio. Se noi pregacere e facere sacrificio tutti i giorni, dio di tuono non facere più lampi e tuoni.>

< Beh, se dio di tuono dicere questo....>

Tutto mesto, a capo chino, Tonthu si diresse alla caverna del capo per riferire il messaggio. Tonthu fu il primo uomo della terra a bestemmiare e, poco dopo, il suo capo fu il secondo.

Quello fu l'ultimo temporale di una primavera inoltrata. Sarebbe subentrata un'estate torrida e lunghissima.

All'inizio dell'inverno, senza dir niente a nessuno, lo zoppo si trasferì presso un'altra tribù.  

 

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