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Diablo

[LIBRI]quello Che Non Sappiamo Dell'islam

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LIBRI / I tanti modi di conoscere chi sono i musulmani

dalle allucinazioni di Ellroy al viaggio di un'iraniana laica

Violento, oscuro, inquieto. Oppure no?

Quello che non sappiamo dell'Islam

Le origini dei movimenti jihadisti, l'ignoranza americana sul Medio oriente

e la vera storia di un uomo dipinto come nemico pubblico. Forse troppo in fretta...

di DARIO OLIVERO

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James Ellroy

POLITICAMENTE SCORRETTO

Complicato capirci qualcosa. James Ellroy, genio assoluto, autore di quell'American Tabloid che ha segnato un secolo di storia letteraria (e non solo) americana, ha scritto un'opera oscura. Ancora più oscura delle sue note atmosfere senza redenzione di ricatti, poliziotti corrotti, egoismo, complotti e meschinità. Perché stavolta è soprattutto lo stile del libro a essere faticoso e allucinato. Non piacerà a tutti questo Jungletown Jihad (tr.it C. Prosperi, Bompiani, 13). E' una short novel messa insieme con elementi esplosivi. I primi due sono una banda di arabi che compie rapine e omicidi e che potrebbe essere una cellula di terroristi dormiente e i nervi tesi dell'America post 11 settembre. L'altro elemento è il detective che si trova tra le mani questo caso. Già essere un poliziotto del Los Angeles Police Department è una carta da visita devastante per come la vede Ellroy. Inoltre il protagonista, come i suoi colleghi, non è di certo l'uomo più adatto per dare lezioni di politically correct quando si tratta di definire le minoranze etniche, figurarsi poi quelle mediorientali. In più si aggiunga che il poliziotto vive in un mondo parallelo in cui la sua unica preoccupazione è riconquistare un'attrice di Hollywood con la quale ha avuto in passato una relazione. Che è disposto a tutto per riaverla, che gli unici compagni con cui divide la casa sono un branco di pitbull. E' chiaro che, essendo lui la voce narrante, esce fuori questo curioso affresco dipinto con un linguaggio che fa fatica a trovare spazio nel consesso civilizzato.

CANE DI PAGLIA

Loretta Napoleoni scrisse l'anno scorso un libro fondamentale: Terrorismo Spa, un'analisi dell'economia della grande multinazionale del crimine, dei suoi rapporti con gli Stati, dei suoi meccanismi di potere e intrecci con il mercato. Ora è uscito Al-Zarqawi. Storia e mito di un proletario giordano (tr. it. S. Rota Sperti, Tropea, 16,50). E' un'inchiesta su un uomo il cui identikit fa troppo comodo a tutti per essere vero. L'America lo considera il nemico pubblico numero due dopo Bin Laden. L'allora segretario di Stato Colin Powell lo definì l'anello di congiunzione tra Saddam Hussein e Al Qaeda, la prova vivente che l'Iraq doveva essere attaccato. I media di tutto il mondo usano per lui il titolo di uomo di Bin Laden in Iraq come se la guerriglia irachena fosse omogenea e soltanto diretta dall'esterno. L'esposizione mediatica di quest'uomo e delle sue azioni contro gli sciiti hanno consentito a questi ultimi di usarlo come strumento per innescare una guerra civile e religiosa che oggi è sotto gli occhi di tutti. Le sue orgini proletarie e il suo addestramento in Pakistan lo rendono, ma solo agli occhi dell'Occidente, un Che Guevara perverso e pericoloso. Ma esiste davvero quest'uomo? O meglio, quell'Al Zarqawi che sarebbe dietro ai grandi attentati suicidi, all'esecuzone di inermi civili trasmessi via Internet, è davvero questo concentrato di suggestioni, questo crocevia di poteri e coscienze terroristiche? O è un cane di paglia creato ad arte per rendere il nero più nero e distinguerlo meglio dal presunto bianco da opporgli in uno scontro di civiltà che in molti vorrebbero?

LE ORIGINI

Il profeta e il faraone apparve per la prima volta in Francia nel 1984. Il giovane studioso Gilles Kepel fu uno dei primi europei a mettere il naso in un fenomeno che appariva tanto spaventoso quanto poco era davvero conosciuto: il movimento islamista dal quale tre anni prima era nato l'assassinio del presidente egiziano Sadat, reo di aver abbozzato il dialogo con Israele. Oggi Laterza (tr. it F. Galimberti, 18) ripropone quel saggio arricchendolo di una prefazione dell'autore che vent'anni dopo fa il punto sull'evoluzione di quelle teorie che aveva sentito a Damasco al Cairo. Vi si ritrovano, più giovani di due decenni, nomi di gente che oggi ha fatto carriera come Al Zawahiri, il numero due di Bin Laden o Abu Hamza, che dopo aver dato matrice ideologica allo spietato Gia algerino dei tagliatori di teste, ha diretto una delle più importanti moschee di Londra prima di essere arrestato per terrorismo. O il suo braccio destro Al Sirri, giornalista militante che fornì gli accrediti stampa ai falsi cronisti che ammazzarono il capo dei mujahiddin afgani Massud poco prima dell'11 settembre 2001. O l'evoluzione delle idee dei grandi teorici del ritorno all'islam radicale e al Corano come rimedio ai mali del mondo come Sayyid Qutb dei Fratelli musulmani, fatto impiccare da Nasser e pertanto reso martire. Una lunga scia di integralismo e violenza che mai, sottolinea Kepel, con l'eccezione dell'Iran di Khomeini, è riuscita a prendere il potere attraverso il consenso. Una teoria che dopo vent'anni resta valida e costringe a ripensare quanto sia davvero diffusa in termini numerici la civiltà che qualcuno vorrebbe in campo contro un'altra.

MUSULMANI SENZA SAPERLO

Jasira è una ragazzina che la madre manda a vivere con il padre dal quale è separata il giorno esatto in cui si accorge che il suo attuale convivente incomincia a essere troppo attento al corpo della figlia. Il padre di Jasira è un libanese cristiano che lavora a Cape Canaveral. Con il senso di impotenza e la frustrazione che hanno gli immigrati fa di tutto per apparire più americano degli americani soprattutto in questo periodo, durante la prima Guerra del Golfo. Ma il suo lato mediorientale si manifesta nella rigida educazione che subito cerca di imporre alla figlia condendo ai rimproveri sulla morale sessuale, una buona dose di schiaffi e di rigida autorità patriarcale. Jasira si ritrova immersa tra vicini di casa riservisti dell'esercito che leggono "Playboy", altri progresssisti e liberal, compagni di scuola e ragazzini che la chiamano beduina perché certe distinzioni di luogo, religioni e culture non ha mai avuto senso nella percezione piccolo-borghese. Jasira cresce e scopre il suo corpo, il sesso, il mondo esterno. Ed è l'unica, in mezzo a questo piccolo universo, a non essere cieca e sorda. Si intitola Beduina di Alicia Erian (tr. it. G. Oneto, Adelphi, 18).

A CASA NOSTRA

Un reportage che passa anche attraverso se stessa, iraniana di nascita italiana di adozione, cosmopolita di elezione. Farian Sabahi ha scritto Islam: l'identità inquieta dell'Europa. Sottotitolo: Viaggio tra i musulmani d'Occidente (il Saggiatore, 17,50). Parigi, Londra, Ginevra, Amburgo, imam illuminati o ignoranti, italiane convertite all'Islam più radicali dei muslmani di nascita, intellettuali francesi troppo precipitosamente bollati come interlocutori per il dialogo, il velo sì, il velo no, la rabbia delle banlieu, la fede vissuta, come moltissimi cattolici, come vicenda personale e rifiuto del dogma, la fiducia nello stato laico. E poi la minoranza battagliera e oscurantista, il piccolo cinque per cento di musulmani che fa più rumore della maggioranza silenziosa. Un libro che è un altro antidoto alla superficialità dei manichei di oggi.

(2 marzo 2006)

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