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Indonesia, Guerra Ai Predatori

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Francesi e tedeschi rispondono che i beni sono già stati portati

a Giakarta. Migliaia di immersioni per individuare l'imbarcazione del X secolo

Il tesoro conteso di Giava

Indonesia, guerra ai predatori

</B>di LUIGI BIGNAMI

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ROMA - Nelle acque blu del Mare di Giava si sta consumando un dramma attorno ad un antico relitto carico di un tesoro valutato decine di milioni di euro. Ma con una burocrazia che in Indonesia sembra farla da padrone, la cronaca assomiglia più ad un racconto di Franz Kafka che a quello di Indiana Jones. Il tesoro sommerso infatti, che giaceva nel ventre di una nave inabissatasi circa 1.000 anni fa, sta scatenando una contesa diplomatica tra Francia e Germania contro l'Indonesia. Tutto inizia l'8 marzo, quando un archeologo francese, Jean-Paul Blancan e un suo collaboratore tedesco, Fred Dobberphul, vengono arrestati dalla polizia di Giakarta e incriminati di essersi impossessati impropriamente del tesoro sommerso.

"È incomprensibile e scandaloso. Si tratta di una violazione della libertà e dei diritti umani", ha dichiarato l'archeologo professionista parlando al telefono dopo 20 giorni di prigionia. La vicenda ha del surreale perché Blancan lavora attorno al relitto dal 2004 e con il suo team, ha già condotto migliaia d'immersioni. L'imbarcazione in questione, che si trova a circa 200 chilometri da Giakarta e a una profondità di 54 metri, risale all'epoca delle Cinque Dinastie cinesi che datano i primi decenni del 900 dopo Cristo. A bordo sono stati trovati e riportati in superficie 250.000 porcellane e ceramiche, 14.000 perle, 4.000 rubini, 400 zaffiri e 2.200 granati oltre che preziosi in oro e bronzo. Blancan inoltre, ha scoperto anche oggetti di arte araba mussulmana e reperti di una dinastia che tra il 9° e il 12° secolo regnò in Africa settentrionale.

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Questo scrigno sommerso ha comunque un valore che va ben al di là di quello puramente commerciale, valutato in decine di milioni di dollari. Secondo Jean-Paul Desroches, curatore del Museo Guimet di Parigi infatti, un relitto del 10° secolo è molto raro. Esso potrebbe offrire indizi sulle rotte alternative meridionali utilizzate dai mercanti cinesi dopo che le invasioni dei Mongoli avevano reso insicura la Via della Seta.

Ma ora ciò che è più importante è riportare a casa i due archeologi. Essi infatti, rischiano anche 10 anni di carcere. Eppure, secondo Francia e Germania, la spedizione era in possesso di tutte le autorizzazioni, provenienti da ben 11 ministeri. Una spiegazione all'intricata questione viene da Luc Heymans, responsabile belga del cantiere archeologico. "Sono convinto - ha detto - che qualcuno stia appropriandosi del tesoro riportato alla luce che ora si trova in un magazzino a Giakarta e questo che l'appoggio di qualche autorità indonesiana corrotta". Eppure la vendita dei reperti avrebbe fruttato all'Indonesia il 50% dei proventi.

Questa storia, pur nella sua drammaticità, dimostra una volta di più, che la ricerca di tesori sommersi può ancora essere molto redditizia. Secondo l'"Associazione per il recupero dei galeoni" solo al largo delle coste della Spagna giacciono navi affondate tra il 1496 e il 1822 che conservano tesori per almeno 30 milioni di euro. Ma c'è anche un'altra caccia ai tesori sommersi: essa punta alle navi con le stive gonfie di metalli. Ci sono più di 10.000 bastimenti affondati negli oceani di cui si conosce la posizione di inabissamento. Per 50 di essi il ricavo dovrebbe aggirarsi attorno ai 360 milioni di dollari. Alcune società che fino alcuni anni fa si dedicavano alle ricerche petrolifere hanno convertito la tecnologia per riportarle a galla.

Quest'anno la SubSea Resources, una di queste società, ha sperimentato il sistema puntando ad una nave del XIX secolo affondata nell'Oceano Atlantico a 1.000 metri di profondità. Al suo interno vi è un tesoro valutato tra i 5 e gli 8 milioni di dollari. Al momento, non si sa di più sul tipo di nave e del suo contenuto.

Il tutto sarà svelato quando nei prossimi mesi verrà riportato a galla il carico.

(29 marzo 2006)

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