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I Cent’anni Di Rossellini: A Venezia L’omaggio Della Mostra

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I CENT'ANNI DI ROSSELLINI: A VENEZIA L'OMAGGIO DELLA MOSTRA E A STOCCOLMA IL RAPPORTO D'ARTE CON LA BERGMAN

Il figlio Gil accusa

«Quanto sei dura Roma con i deboli»

24/8/2006

di Simonetta Robiony

ROMA. E' la terza volta che Gil Rossellini va alla Mostra di Venezia. La prima fu nel 2004, quando accompagnò come produttore il film malese Puteri Gunung Ledang. In quell'occasione diede una festa con danze, costumi e cibo malese. La seconda volta fu l'anno scorso, quando arrivò in carrozzella, colpito a Stoccolma, due mesi dopo quella festa, dall'avvelenamento del sangue per uno staffilococco particolarmente aggressivo che l'aveva ridotto in coma. Venne per presentare il piccolo documentario Kill Gil, girato su se stesso e sulla sua rarissima malattia da cui, dopo infiniti interventi, era uscito vivo ma non più in grado di camminare. Quest'anno viene a Venezia per un doppio motivo. Da un lato per ricordare i cent'anni della nascita di suo padre Roberto Rossellini che Marco Müller, nella serata d'apertura, intende celebrare con la proiezione del Generale della Rovere con De Sica, l'unico film per cui prese il Leone d'oro. Dall'altro per mostrare «il secondo volume di Kill Gil», la storia del suo difficilissimo ritorno a una esistenza normale.

Cinquant'anni, separato, figlio di Sonali, la moglie indiana di Rossellini, cresciuto a Roma con suo padre che lo voleva fin da bambino seduto vicino a sé mentre lavorava alla moviola, Gil ha cominciato suonando come chitarra solista negli Usa, dove si era trasferito per studiare matematica all'università. Il set lo ha incontrato con Martin Scorsese, quando stufo di passare da un concerto a un altro, si trasferì a New York a casa di sua sorella Isabella, allora fidanzata con Scorsese. «Martin stava girando Re per una notte con DeNiro e Jerry Lewis. Era molto nervoso perché Isabella era in Italia e lui soffriva di gelosia. Parlava solo con DeNiro e con me: pensava che io potessi controllare Isabella da lontano. La troupe era disperata perché non riceveva ordini. Toccò a me far da mediatore tra loro che volevano sapere quel che dovevano fare e lui che non aveva voglia di discutere. Imparai moltissimo del cinema».

Tornato a Roma produce Lontano da dove, film sul mondo giovanile di Stefania Casini e Francesca Marciano con un Claudio Amendola adolescente e Monica Scattini giovanissima. Poi, senza abbandonare la produzione cinematografica, passa a girare documentari, filmare posti lontani e vicini, vedere e testimoniare quello che gli altri non vedono e non sanno. «Prendevo almeno cento aerei all'anno. Viaggiavo sempre. Ho una curiosità insaziabile che mi viene, credo, da mio padre e mia madre». La malattia non l'ha fermato.

In questo Kill Gil, volume 2, girato come il primo con l'aiuto di sua sorella Isabella, della sua collaboratrice Daniela Morreale e con i consigli di Müller, Gil documenta la difficoltà che un paraplegico incontra nel muoversi a Roma. «Le rampe per la carrozzella sono occupate dai motorini, gli autobus non hanno i gradini adatti, i bagni dei locali pubblici e degli alberghi non sono progettati per dare autonomia a chi l'ha persa, gli 800 euro di sussidio non bastano a pagare qualcuno che aiuti i paraplegici a vivere normalmente. Ecco, io voglio far vedere tutto questo».

Kill Gil, volume 1, pur prodotto dalla Rai, è andato in onda solo su Raisat, oppure la notte nella fascia di Ghezzi. Per il secondo volume, che ha ancora la Rai tra i finanziatori, Rossellini spera in un destino migliore, anche perché ha molti progetti con la RaiCinema di Leone. «Ho in mente la storia di una ragazza italiana che naufraga sulle coste albanesi quando c'era la dittatura comunista e l'Albania era una terra proibita che conosceva l'Italia solo attraverso la tv».

Costretto a vivere nella clinica svizzera dove è curato e fa riabilitazione, Gil resta legato ai suoi molti fratelli, alcuni dei quali, forse, saranno a Venezia con lui per ricordare il padre Roberto, morto a settantun anni, nel 1977. Gil lo seppe dalla tv. «Stavo mangiando con mia madre e mi infilai la forchetta nel palato. Mio padre è morto mentre stava scrivendo un articolo per Paese sera. Il pezzo non arrivava. La redazione chiamò a casa. La cameriera andò a vedere e lo trovò morto. La notizia si diffuse prima che noi familiari ne fossimo informati. Mio fratello Robertino la sentì dalla radio. Era a Montecarlo in automobile. Stava andando a sbattere».

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