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Perché Non Ci Capiamo Mai? Colpa Della Natura Distratta

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Perché non ci capiamo mai? Colpa della Natura distratta

L’evoluzione ha fatto molti esperimenti con il nostro linguaggio. Ha favorito le soluzioni più immediate e non necessariamente quelle che funzionano meglio

GARY MARCUS

NEW YORK UNIVERSITY

Se la nostra mente fosse il prodotto di un «disegno intelligente», i nostri pensieri sarebbero razionali e la nostra logica impeccabile. Saremmo sempre capaci di dire esattamente quello che intendiamo dire, le nostre frasi sarebbero nette e prive di ambiguità, le nostre parole precise, il nostro linguaggio sistematico e razionale. Invece le nostre opinioni sono un caos e il nostro linguaggio è confuso.

Come hanno spiegato il premio Nobel Daniel Kahneman e il suo collaboratore Amos Tversky, i nostri giudizi sono «offuscati dal contesto». Preferiamo avere 100 dollari oggi anziché 200 fra tre anni e preferiamo 200 dollari fra nove anni anziché 100 fra sei. A fatica riusciamo a notare la differenza tra un sillogismo valido, come «tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, dunque Socrate è mortale», e uno fallace, come «tutti gli esseri viventi hanno bisogno d’acqua, la rosa ha bisogno d’acqua, quindi la rosa è un essere vivente» (l’illogicità è evidente se si sostituisce il termine «rosa» con «batteria per auto»). Volgendo l’attenzione al linguaggio, tutte le lingue sono flagellate da incoerenze, ambiguità, imprecisioni e irregolarità. E questa è una bellissima cosa. Come notò Stephen Jay Gould, dove c’è imperfezione ci sono opportunità: «I residui del passato non hanno senso in termini di presente. Ciò che è inutile, strano e incongruo, è segno della storia».

Addio perfezione

L’evoluzione manca di programmazione. Può inciampare nella perfezione, ma non la può garantire. Se una certa mutazione aumenta le possibilità di riproduzione, si diffonde, anche qualora fossero possibili soluzioni migliori in via di principio. L’evoluzione tende a favorire soluzioni che sono a portata di mano, non necessariamente quelle che funzionano meglio. Il mio nuovo saggio - «Kluge: The Haphazard Constructions of the Human Mind - and What we can Do About It» - è il primo a esplorare i lasciti della storia linguistica e cognitiva per scoprire le origini della mente umana.

Come scrive il filosofo Bertrand Russell, «in un linguaggio perfettamente logico sarebbe ci sarebbe una parola e non più di una per ogni oggetto semplice, e qualunque oggetto non semplice verrebbe designato da una combinazione di parole derivate dagli oggetti semplici che lo compongono. Un linguaggio del genere evidenzierebbe al primo sguardo la struttura logica dei fatti affermati o negati».

Nessun linguaggio, tuttavia, ci va nemmeno vicino. Una singola cosa può essere descritta in decine di modi. Fido può essere un cane, un golden retriever, un animale, un quadrupede, un mammifero, per non dire il migliore amico dell’uomo o una specialità culinaria. E non c’è quasi rapporto tra il suono e il significato. Le parole giaguaro, pantera, ocelot e puma suonano in modo differente, benché tutte designino felini, mentre in inglese non si riferiscono a felini tante parole che cominciano con «cat» (= gatto): cattle (bestiame), catapult (catapulta) o catastrophe (catastrofe).

Le trappole della logica

Oppure considerate la vaghezza. Un uomo con 10 mila capelli sicuramente non è calvo. Ma non lo è neanche se ne ha 9999 o 9998. Seguendo questa logica, a rigore non potremmo definire calvo nemmeno un uomo con un solo capello in testa (chi ha bisogno di lozioni per la crescita dei capelli quando c’è la logica?).

La mente umana è il prodotto della selezione naturale. Un ingegnere intelligente avrebbe costruito una mente sistematica, stabile e razionale. Ma la mente umana non è stata progettata. Si è evoluta.

La natura non bada al fatto che i suoi prodotti siano perfetti o eleganti. Se qualcosa funziona, si diffonde, e, se non funziona, muore. Quello che Richard Dawkins ha chiamato «Orologiaio Cieco» potrebbe essere definito come «Ciabattino Cieco», più attento alla comodità che alla bellezza.

La schiena umana, per esempio, è una soluzione difettosa al problema di sostenere in verticale il peso di un bipede. Sarebbe stato più sensato distribuire il peso su più colonne parallele e, invece, tutto grava su un’unica spina dorsale sottoposta a un enorme stress. Questo ci costa tremendi dolori e miliardi ogni anno. Se per la schiena dobbiamo accontentarci di una soluzione a malapena passabile, non è perché al momento di progettarla il designer intelligente è uscito per un caffè. Semmai la nostra schiena discende con una serie di modifiche da quella di creature a quattro zampe e riflette la realtà che l’evoluzione non aderisce necessariamente ai principi del buon design.

L’intuizione di Darwin

«Discendere con modifiche» è un’espressione coniata da Darwin (meno nota della «sopravvivenza del più adatto», ma non meno importante): ci dice che qualunque cosa esista oggi si è evoluta attraverso piccole modifiche da forme preesistenti. Mancando di pianificazione, talvolta l’evoluzione incappa in qualcosa di utile (che poi si diffonde nella popolazione) e altre volte no. Ed è un analogo processo di piccole modificazioni che porta il linguaggio e il pensiero - è la mia tesi - a essere quello che sono: caotici e non sistematici, tuttavia notevolmente efficaci.

+ Behavioral Genetics

+ Institute for Behavioral Genetics

+ Alfonso Caramazza - Università di Trento

+ Gary Marcus - New York University

FONTE

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