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Avanguardie: Orge Di Colore

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BASILEA - Era come un eccitato balletto onirico. Un lucido delirio alimentato anche dall'alcool. Sulle musiche di John Cage, Strawinskij, o qualche pezzo schizofrenico da grande jazz, si muoveva intorno alla tela distesa a terra in una coreografia di gesti, facendo sgocciolare da quel pennello che teneva in mano come una penna da poeta le sue orge di colore, che non inseguono più figure razionali o surreali, ma il ritmo emotivo della vita di un quadro. Jackson Pollock, il padre dell'Action Painting, all'alba degli anni Cinquanta, aveva escogitato il suo linguaggio personale, molto esistenziale, fortemente rivoluzionario, violentemente visionario, forse, in una parola, mitico. Lui stesso affermava: "Sul pavimento mi sento più a mio agio, più vicino, più parte del quadro, posso camminarci intorno, lavorare da quattro lati diversi, essere letteralmente dentro al quadro".

Parole assai note, quelle di Pollock, com'è altrettanto noto il documentario di Hans Namuth che riprende l'artista mentre è al lavoro ed è grazie a quelle immagini che si è potuta misurare la furia creativa del gesto pittorico di Pollock, il suo virtuosismo quasi atletico. Perché vederlo all'opera è uno spettacolo quasi come il quadro finito.

Ed è con questo abbinamento d'autore, capolavori e video, che alla Fondazione Beyeler si apre la grande mostra sull'Action Painting, dal 27 gennaio al 12 maggio. Una supercollettiva di 27 artisti per un centinaio di opere con cui il raffinato museo di Basilea, che nel costruire un percorso espositivo sposa sempre un'acuta attenzione scientifica con un gusto temerario delle opere, rievoca il grande movimento star delle neoavanguardie storiche del secondo dopoguerra, emblema a tutti gli effetti della modernità.

Non bada ai confini, la mostra, nonostante l'Action Painting sia un fenomeno originariamente made in New York, ma indaga esponenti che hanno operato in Europa, così come in Asia, che trasfigurarono l'atto pittorico in azione, traduzione di un'energia mentale in gesto fisico e vitale, che trasformarono il quadro nello specchio vitalistico di un'azione. Ed è davvero un gran bel vedere.

Ci sono i capolavori di Pollock, in una sala mozzafiato, dove sfilano pezzi realizzati tra il 1946 e il 1953, opere come "Out of the web" (1949; Staatsgalerie Stuttgart), "Number 7" (1950; MoMA New York) e "Search" del 1955, l'ultima tela compiuta dell'artista (Courtesy Galerie Hauser & Wirth), lavori che raccontano tutta la sua parabola rivoluzionaria, in cui protagoniste assolute appaiono le tecniche, come il "dripping" (sgocciolatura) ed il "pouring" (rovesciamento) del colore sul supporto pittorico disposto a terra. Intuizioni geniali cui arriva dopo aver metabolizzato la passione per la filosofia orientale, la psicanalisi di Jung, i muralisti messicani, Orozco e Siqueirros, la lezione di Guernica di Picasso.

I metodi di Pollock faranno scuola. Gerhard Hoehme ed Eva Hesse proseguono la tessitura di fili di pittura di Pollock guardando all'effetto tridimensionale del colore, Helen Frankenthaler lascia penetrare il colore nella tela come una tintura, Morris Louis con i suoi "stained paintings" semplifica il gioco delle colate. Colori e linee diventano le performance inesauribili di questa mostra, che indaga come ogni artista abbia fatto dell'Action Painting una sua personale espressione.

C'è il colpo d'occhio mozzafiato della sala dedicata al tedesco Wols, che per Jean-Paul Sartre era l'archetipo dell'artista esistenzialista, con i suoi grovigli di calligrafie esilissime e le sue indeterminate macchie di colore, simbolo di un'esplorazione emotiva e intima della propria anima. Si incontrano le intricate ma eleganti grafie dell'americano Cy Twombly col cuore a Roma, e le orge di colore del giapponese Kazuo Shiraga, principale esponente del gruppo di artisti "Gutai", col vezzo a tratti mistico di dipingere con i piedi dopo un'intensa meditazione prima della performance.

Ed ecco la violenza gestuale di Willem de Kooning, l'olandese volato negli Stati Uniti, capace di recuperare nella convulsa esecuzione pittorica allusioni a un mondo antropomorfo stralunato con una materia pittorica densa e fitta. Ecco il tedesco Hans Hofman, cresciuto sotto la lezione di Matisse, ma trasfigurato dall'avventura astratta sullo sfondo di New York, costruita su un impasto denso e di raffinata esecuzione, legato alla sua famosa teoria sul colore del "push and pull", basata sul contrasto delle cromie. Ci sono Karel Appel e Asger Jorn, del gruppo Cobra, e Arshile Gorky, sopravvissuto al genocidio armeno ed emigrato negli Stati Uniti, che approda a una ricerca gestuale dopo aver metabolizzato i modelli europei di Cézanne e Picasso.

Da riconsiderare soprattutto Lee Krasner, a lungo liquidata come la moglie di Jackson Pollock, che rivela invece, con le opere selezionate in mostra, una virtuosa padronanza della pittura astratta. E Sam Francis, che visse a lungo in Europa, fomentato dalle suggestioni dell'impressionismo maturo di Monet che rivisita all'interno delle influenza della New York School New York School. Spicca la tela della Collezione Beyeler, "Round the World", che appare il cuore di un impressionante insieme di opere di questo artista, datate fine anni 1950. E il suo maestro, Clyfford Still, con le sue opere scure e romantiche come cieli in tempesta, che sanno esplodere a tratti in violenti sferzate di luce. Dalle suggestioni naturali di Still ai gesti atletici di Franz Kline, con le forme scatenate delle pennellate, prima nere su fondo bianco in un senso angosciante della condizione dell'uomo nel cosmo.

E con l'"action painting" la Fondazione Beyeler invita all'"action viewing", proponendo film prodotti nella stessa epoca di queste pitture, e che rivelano una visione autentica sui metodi di lavoro di questi artisti. Spiccano, i due film di Hans Namuth, realizzati nel 1950, mentre in una installazione spaziale spettacolare, concepita dallo studio di architetti new-yorchesi Diller Scofidio+Renfro, vengono proiettati altri documentari, come quello rimasto incompiuto che Alain Resnais ha dedicato a Hans Hartung nel 1947.

Notizie utili - "Action Painting", dal 27 gennaio al 12 maggio, Fondazione Beyeler, Baselstrasse 101, Comune di Riehen, presso Basilea. Come arrivare: Tram n. 6 da Messeplatz, in direzione Riehen Grenze (20 minuti dal centro).

Orari: tutti i giorni, 10-18, mercoledì 10-20, aperto la domenica e i festivi.

Ingresso: intero Chf 21, ridotto Chf 18, studenti under 30 anni Chf 12, ragazzi 11-19 anni Chf 6, bambini under 10 gratis (gli ingressi sono ribassati nei giorni di lunedì, 10-18, e mercoledì 17-20).

Catalogo edizioni Hatje Cantz.

Informazioni: +41-(0)61-645 97 00. Sito web: www.beyeler.com.

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