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Harrison Ford: «non Sono Troppo Vecchio Per Un Altro Indiana Jones»

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L'ATTORE STAR DELLA SERATA ORGANIZZATA DA «VANITY FAIR» PER IL «PAT MCQUEENEY AWARD», PREMIO PER IL MIGLIOR AGENTE

Harrison Ford: «Non sono troppo vecchio per un altro Indiana Jones»

21/10/2006

di Maria Corbi

ROMA. Harrison Ford arriva a Roma pilotando da sé l'aereo per regalare alla festa del Cinema di Veltroni un'altra spolverata di glamour made in Hollywood e la sua consacrazione definitiva: «Quella di Roma è una cornice stupenda, mi dispiace solamente per Venezia». E durante le chiacchiere capitoline svela anche un mistero: «Nella quarta puntata di Indiana Jones Sean Connery sarà ancora mio padre, credo che accetterà».

Il divo americano, sorride mentre risponde da lontano a Sean Connery che aveva detto di essere troppo giovane ormai per fare suo padre. «Questo si chiama vendicarsi - ha commentato Harrison Ford - perché una volta ho detto che presto sarei stato troppo giovane per essere suo figlio». Scontro a distanza di due sex symbol a cui l'età non ha tolto fascino. E quando ieri Harrison si è tolto la giacca in un innocente spogliarello causa caldo, gli occhi delle donne presenti nella sala dell'Auditorium ad ascoltarlo erano ipnotizzati dallo spettacolo. Segnale che è ancora lui, come decretò la rivista People, l'uomo più sexy del pianeta. E chi se ne importa se i denti sono finti come ha confessato lui stesso al David Letterman Show.

Le illusioni vengono immediatamente depresse dalla dichiarazione d'amore del divo per la compagna, Calista Flockhart, «l'attrice più affascinante e bella del mondo», la donna per cui si è separato dopo 18 anni dalla moglie Melissa. Ed è per lei, attrice di serial tv, magra come un chiodo, espressione determinata da gatta morta, che Harrison ha anche deciso di dare una ringiovanita al suo look. Così eccolo con l'orecchino al lobo destro, una piccola pallina d'oro, che stona con il blazer blu, i pantaloni di flanella grigia e le scarpe inglesi. Ma che piace tanto a Calista.

Le signore che ieri hanno pagato mille euro per sedersi accanto al divo al party organizzato da Vanity Fair Italia per la prima edizione del «Pat McQueeney Award», riconoscimento per il miglior agente, nella cornice di Villa Giulia, indagano sulla belezza senza tempo dell'invitato speciale. E alla fine il verdetto è unanime: finalmente un americano che non si massacra con il botulino.

Qualcuno tra i tavoli sontuosi apparecchiati nel cortile in stile rinascimentale con trionfi di glicine e candelabri si chiede anche perché mai il festival del Cinema di Roma abbia istituito un premio in nome di un'agente di spettacolo americana consegnando il primo premio a un agente americano. «E gli italiani?» La risposta è fin troppo ovvia visto che Harrison Ford è qui a premiare il suo agente Jim Berkus della United Talent Agency e a ricordare la memoria della sua ex manager. Di lei dice: «Pat ha condiviso con me 30 anni di carriera e sento molto la sua mancanza».

Sul futuro professionale Harrison ha una certezza: «Non farò mai il regista, si lavora troppo. Un attore è impegnato su un film 5 mesi, un regista 2 anni». Non è ossessionato dal vincere l'Oscar a cui preferisce gli incassi del botteghino. E delle sue colleghe di Hollywood non più ragazzine che si lamentano di non trovare parti adatte alla loro età, mentre gli uomini maturi non hanno di queste problemi, dice: «Non mi sembra che ci siano differenze, solo che quando si invecchia occorre cercare le opportunità con maggior rigore. La cosa migliore poi è prodursi le occasioni».

La star americana parla di tutto con quel sorriso che sembra una smorfia storta e che è uno dei segreti del suo essere un sex symbol («mai sentito tale»). A chi gli chiede cosa ne pensa di Schwarzenegger risponde laconico: «Sono da sempre un democratico». A Costa Gavras secondo cui il cinema non può salvare il mondo, Harrison obietta: «Il grande potere del cinema è la capacità di emozionare e questo può avere sicuramente un impatto politico». Spiega che va raramente al cinema, che ammira anche quello italiano ma che non ha una memoria così buona da ricordare i nomi dei registi e degli attori che lo hanno colpito. Ai giovani interpreti un consiglio: «Dovete capire da soli come cavarvela, non cercate di imitare il successo di qualcun altro».

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