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Goya, Forman E I Fantasmi Dell’inquisizione

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L'AUTORE DI «AMADEUS» TORNA DIETRO LA MACCHINA DA PRESA DOPO SETTE ANNI PER UN FILM SCRITTO INSIEME CON CARRIÈRE

Goya, Forman e i fantasmi dell'Inquisizione

9/11/2006 di Fulvia Caprara

MADRID. Il mistero del genio artistico, il puntuale ripetersi della storia, la battaglia della vita contro la morte. Dall'Inquisizione alla Rivoluzione francese, dall'avvento di Napoleone alla Restaurazione, tutto attraverso la prospettiva incredibilmente moderna del pittore spagnolo Francisco de Goya, vissuto tra il 1746 e il 1828, capace di ritrarre in quadri celeberrimi i regnanti di Spagna così come di dar corpo ai suoi incubi interiori e alle più profonde sofferenze umane nella fase creativa delle Pinturas negras. A sette anni di distanza da Man On The Moon, il premio Oscar Milos Forman torna dietro la macchina da presa per dirigere Goya's Ghosts, scritto con il collaboratore di sempre Jean-Claude Carrière, sceneggiatore di Buñuel, Malle, Schlondorff, Wajda, e prodotto da Saul Zaentz, figura storica della produzione internazionale che ha messo a segno successi come L'insostenibile leggerezza dell'essere e Il paziente inglese. Il film, da domani nelle sale spagnole e dal 19 gennaio in quelle italiane con il marchio Medusa, è stato presentato l'altra sera a Madrid in un'anteprima di beneficenza, presenti il regista, lo sceneggiatore, il produttore, l'attore di Lars Von Trier Stellan Skarsgard che interpreta il pittore, e Randy Quaid che fa Re Carlo.

Stregati dal fascino delle opere di Goya, Forman e Carrière, con il sostegno di Zaent («qui non c'è neanche un dollaro americano - fa sapere l'autore di Amadeus - la pellicola è prodotta solo con soldi europei»), hanno messo in piedi un film-epopea ambientato in un passato che somiglia all'oggi, ricco di accuratissimi costumi e scene di massa, ma anche interessato ai tormenti esistenziali dei personaggi e al dilemma filosofico sulle difficoltà della democrazia: «Non ho mai pensato di fare un film biografico su Francisco Goya, così come, quando ho girato Amadeus, non avevo mai pensato di raccontare la storia di Mozart. Trovo che le biografie siano noiose. M'interessava invece ambientare la vicenda in un periodo che io considero il più importante della storia moderna perchè ha visto il crollo di istituzioni che sembravano intramontabili e la necessità dell'affermarsi di nuove idee». Intorno ai fantasmi di Francisco Goya, alle sue paure, alle sue ossessioni, amplificate dalla sordità che lo accompagnò nella seconda parte della vita, Forman e Carrière hanno costruito la storia di Padre Lorenzo (Javier Bardem), membro dell'Inquisizione, estremo servitore della fede, travolto dall'incontro con Ines Bilbatua (Natalie Portman), figlia di un ricco commerciante, accusata di pratiche eretiche, processata, condannata dal tribunale dell'Inquisizione e destinata a ritrovare la libertà solo dopo l'avvento della Rivoluzione francese. In carcere Ines ha dato alla luce una figlia avuta da Padre Lorenzo che nel frattempo è fuggito in Francia, è diventato giacobino, ed è pronto a tornare in Spagna per incarcerare e condannare a morte quelli che in passato erano stati i suoi compagni di religione. Ma gli eventi della storia corrono veloci e imprevedibili, con il ritorno della monarchia spagnola gli inquisitori riprenderanno in mano il potere perduto e a morire di garrota sarà proprio Lorenzo. Dice Forman: «Avevo in mente questo soggetto da circa cinquant'anni, da quando avevo letto un libro sull'Inquisizione ed ero rimasto affascinato dall'argomento e dal pensiero di quello che può accadere nel momento in cui qualcuno viene accusato di un crimine che non ha commesso. Ho pensato che questo poteva essere il cuore di un film, anche perché ho visto molte somiglianze tra la società comunista in cui ho vissuto e quello che succedeva in Spagna in quel periodo. La paura è sempre stata il miglior modo per mantenere il potere. Sapevo naturalmente che sarebbe stato impossibile girare una storia del genere in Cecoslovacchia e così ho accantonato il progetto per molti anni».

Dopo vari film avviati e poi bloccati per motivi diversi, Forman ha ripreso in mano quell'idea, oggi quanto mai attuale: «Napoleone era animato da magnifiche convinzioni, agiva nel nome della "liberté, fraternité, egalité", arrivò in Spagna e mise fine all'Inquisizione, ma in questo modo non accontentò tutti. All'inizio fu ben accolto, soprattutto dagli intellettuali, ma per i poveri fu un disastro. Nelle mani della Chiesa cattolica c'era l'amministrazione della carità, con Napoleone il sistema venne spazzato via, un sacco di persone non ebbero più nulla da mangiare e a loro dei principi della rivoluzione francese non importava proprio nulla. Questo è un po' quello che è successo in Iraq, oggi c'è perfino chi vuole il ritorno di Saddam, che era certo un dittatore, ma garantiva un sistema di vita che gli americani non hanno reso in alcun modo migliore». I paralleli non finiscono qui: «Mentre scrivevamo la sceneggiatura io e Carriere abbiamo ricordato una dichiarazione di Napoleone alla vigilia della liberazione della Spagna. Per incitare i soldati aveva detto loro che sarebbero stati accolti con i fiori da ragazze sorridenti. Prima dell'invasione dell'Iraq il presidente Cheney ha usato esattamente la stessa frase». Tutto questo per dire che la democrazia non può essere imposta con la forza: «I regimi totalitari sono un po' come gabbie dorate, protette, le persone possono viverci chiuse dentro sognando, come animali in cattività, la libertà nella giungla. Poi arriva qualcuno che apre la gabbia, finalmente è possibile vivere la felicità del non avere catene, ma dopo un po' ci si accorge che la giungla è piena di pericoli, che la vita non è affatto facile e che forse è meglio tornare nella gabbie dove si stava prima». Forman è contrario alla pena di morte e questo vale anche per Saddam: «E' stato un dittatore terribile, ma Dio ha detto che non si deve uccidere e non ha fatto eccezioni di nessun tipo».

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