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Mel Gibson: "i Miei Maya Violenti? La Paura è Educativa"

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Mel Gibson: "I miei Maya violenti? La paura è educativa"

"Apocalypto è un thriller; una caccia all'uomo, ma fa anche riflettere su una grande civiltà"

LORENZO SORIA

Da quando è stato arrestato, a fine luglio, dopo una serata di troppa tequila a Malibu, le memorie di Mad Max e di Arma Letale, degli Oscar conquistati con Braveheart e del mega-successo de La Passione di Cristo sembrano essere svanite, sostituite da quelle di un divo ubriacone, antisemita, anche maschilista. Quella notte, in manette, Mel Gibson si lasciò scappare che «gli ebrei sono la causa di tutte le guerre» e poi, rivolto a una poliziotta, che aveva «le tette di zucchero». E nonostante il ricovero per disintossicarsi e il rituale del pentimento pubblico quelle parole sono rimaste. Ora in America è uscito Apocalypto, il suo film ambientato ai tempi dei Maya, alla vigilia dell'arrivo dei conquistadores spagnoli. Una produzione girata in lingua yucateca che, dicevano in molti, non sarebbe andato da nessuna parte. E invece non si parla d'altro. Il nuovo film diretto da Gibson ha un ritmo serratissimo e immagini estremamente potenti, una caccia all'uomo ai tempi dei Maya che da un lato è un thriller, dall'altro un film che vuole far riflettere sull'implosione delle civiltà. E che se non sembra avere le carte per bissare lo straordinario successo de La Passione, con il suo miliardo di dollari di incassi, potrebbe diventare un contendente per la stagione degli Oscar e confermare che Mel Gibson non va mai dato per sconfitto. Il film, intanto, fa già polemica: i critici accusano Gibson di aver descritto l'antica civiltà maya come troppo violenta e sanguinosa, sorvolando sul fatto che fu una delle più geniali e laboriose. Gibson arriva con un vestito grigio, la cravatta argentata, l'aria di uno sicuro di sé ma con molta amarezza dentro.

Mr. Gibson, un altro film ambientato nel passato, un altro film in una lingua quasi estinta. Perché questa scelta?

«Il primo obbligo di un regista è di intrattenere e da questo punto di vista Apocalypto è un thriller, una caccia all'uomo, un film di azione. Ma nello stesso tempo un regista deve anche educare e cercare di elevare le persone. Il film fa riflettere sui Maya, su questa grande civiltà molto avanzata nell'astronomia, nella letteratura, nella matematica e allo stesso tempo capace di atti tremendamente barbarici; su come le grandi civiltà non vengono conquistate ma implodono. E sulla paura, su come la paura guida molte decisioni e su come il potere la usa per manipolare le persone. Anche la guerra in Iraq, è stata lanciata grazie alla paura. E' triste, ma è così».

Perché non fare un film ambientato al giorno d'oggi?

«Mi metterebbero al rogo! Ma è vero, molti dei segnali che indicavano che la società maya era sull'orlo del collasso non sono molto diversi da quelli che vediamo nella caduta di altre grandi civiltà. La corruzione. Il degrado ambientale. L'eccesso dei consumi. Ci piace credere che siamo diversi. I cicli storici invece si ripetono».

C'è chi trova i suoi film molto violenti...

«Apocalypto è meno violento di Braveheart. Non vedi i cuori che vengono strappati, vedi i cuori già strappati. Abbiamo ingannato la gente facendo credere che è un film violento perché il nostro protagonista in realtà è un personaggio per il quale il pubblico sente affinità e simpatia».

Se potesse avere il suo Apocalypto, il suo nuovo inizio, che cosa farebbe?

«Vorremmo tutti poter tornare indietro e usare quello che abbiamo imparato. La vita è fatta di continue lezioni, impari dai tuoi errori, da quelli degli altri, dalla storia».

Si sente preso di mira?

«Io mi sento bene. Diventi un obiettivo se lo permetti, se ti vedi anche tu in quel modo».

Tornerà a recitare?

«Non credo, ho già fatto troppi film. In Apocalypto abbiamo usato solo indigeni, non solo non avevano mai recitato, ma nemmeno mangiato un gelato. Adesso li vedo sullo schermo e mi sento come un padre orgoglioso. Penso che per farmi tornare a recitare dovranno venire a cercarmi in un giorno in cui mi sentirò profondamente annoiato».

FONTE

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